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Earwig e la strega, una rivoluzione estetica che fa rimpiangere l'audacia e la poesia del disegno

Lo Studio apre al digitale, tecnica che sembra al momento incompatibile con la poesia delle sue eroine dai grandi occhi brillanti e le gonne a balze. Da mercoledì 21 luglio al cinema.
di Marzia Gandolfi

venerdì 16 luglio 2021 - Recensioni

Adattamento del romanzo omonimo di Diana Wynne Jones, autrice inglese che aveva già ispirato Il castello errante di Howl di Hayao Miyazaki, Earwig e la strega è una rivoluzione estetica per la Ghibli. 

Figlio e co-fondatore del celebre studio giapponese, Goro Miyazaki ritorna nove anni dopo La collina dei papaveri con un film d’animazione digitale. Come in numerose opere di suo padre, Earwig e la strega ha per eroina una ragazzina dal carattere temprato, spigoloso e temerario. Fatta della stessa determinazione di Kiki, coltiva come lei il desiderio di fare stregonerie e amicizia con un gatto nero che parla. Poche cose la spaventano e forse è questo il limite dello script, la mancanza di reazione del personaggio davanti ai prodigi che scoprirà progressivamente nella casa di Bella Yaga e Mandragora. 

Se il digitale sembra per il momento, e in questo primo esperimento, incompatibile con la poesia delle eroine Ghibli dai grandi occhi brillanti e le gonne a balze, il mondo di Erica Wigg sortirà tuttavia il medesimo effetto: piacere ai bambini. 
 

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