mary
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martedì 14 novembre 2023
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una perla nascosta
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Recensione a caldo: film commovente ed emotivo, che ti incanta con la poesia creata dall'universo delle parole, in grado di mostrare come può essere coraggioso e compassionevole l'animo umano quando è messo alla prova, questo film presenta un cast vecchia scuola che dimostra, ancora una volta, quanta differenza può fare nel mondo del cinema moderno, ti fa immedesimare nelle sofferenze dei protagonisti nonostante la poca familiarità con gli avvenimenti, ti fa sudare il sorriso nel finale dolce amaro.
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roberto67
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domenica 4 dicembre 2022
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film di formazione
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Un film straordinario pur con le sue pecche, Sean Penn da Oscar e bellissima sceneggiatura, tratta da un libro e
da una storia vera, da far vedere ai propri figli.
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roberto67
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domenica 4 dicembre 2022
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filmi.
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Un film straordinario pur con le sue pecche, Sean Penn da Oscar e bellissima sceneggiatura, tratta da un libro e
da una storia vera, da far vedere ai propri figli.
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silver90
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lunedì 5 luglio 2021
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l'elegia (fallita) della parola
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Il professore e il pazzo
Mel Gibson, capace di abbandonare il progetto in corso d'opera e fare causa alla produzione per aver continuato la lavorazione senza di lui, è il lessicografo scozzese James Murray, che si innamora della sua intelligenza e di un'idea: raccogliere tutte le parole inglesi, con il relativo etimo, in un'opera monumentale dal titolo ancora oggi conosciuto come Oxford English Dictionary. Sean Penn è, invece, il dottor Minor, un ex medico militare che arriva a Londra, spinto dai suoi demoni interiori. Nel 1872, a Lambeth, uccide un uomo pensando che questi lo stia perseguitando e finisce internato nell'ospedale psichiatrico di Broadmoor. Qui viene a sapere della ricerca di Murray e diventa il suo più prolifico collaboratore, arrivando a catalogare oltre 10.
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Il professore e il pazzo
Mel Gibson, capace di abbandonare il progetto in corso d'opera e fare causa alla produzione per aver continuato la lavorazione senza di lui, è il lessicografo scozzese James Murray, che si innamora della sua intelligenza e di un'idea: raccogliere tutte le parole inglesi, con il relativo etimo, in un'opera monumentale dal titolo ancora oggi conosciuto come Oxford English Dictionary. Sean Penn è, invece, il dottor Minor, un ex medico militare che arriva a Londra, spinto dai suoi demoni interiori. Nel 1872, a Lambeth, uccide un uomo pensando che questi lo stia perseguitando e finisce internato nell'ospedale psichiatrico di Broadmoor. Qui viene a sapere della ricerca di Murray e diventa il suo più prolifico collaboratore, arrivando a catalogare oltre 10.000 parole. Se la prima parte del film è buona a costruire un certo tipo di personaggi funzionali al dramma - il veterano di guerra che perde il senno, il professore che sfida le convenzioni della gentry della sua epoca - da un certo punto in poi, e cioè dall'incontro tra Murray e Minor a Broadmoor, il cote è prevedibile, stucchevole e permeato da una forte tensione morale; data la difficile gestazione dell'opera, in cui purtroppo nessuna deviazione è concessa al regista Farhad Safinia, assistiamo a una lezione cattedratica, utile soltanto a rinfrescare la memoria e i fasti della moderna filologia. . Se oggi siamo quello che siamo, si vorrebbe dire, è grazie alle parole che abbiamo coltivato, raccolto e curato nel tempo. Tuttavia, Minor svolge il suo ruolo con impegno e dedizione encomiabili, aiutando l'amico e suggerendogli la chiave per portare a termine il lavoro, ma nessuno arriva a salvarlo dall'aggravarsi della sua malattia. Persino la stereotipata love story tra Minor e la vedova della sua vittima si inscrive in questo panorama asfittico, chiuso come un dedalo di parole. E dietro le travagliate vicende della compilazione del dizionario, c'è un certo compiacimento della parola (data e non), che diventa ben presto una storia di missione e redenzione.
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topomicio
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sabato 29 febbraio 2020
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toccante
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Spesso leggo su pagine di critica cinematografica giudizi di elogio sperticato a lavori che dal mio punto di vista non valgono il prezzo del biglietto o sono destinati a una elite molto ristretta (e forse troppo radical chic). Dagli stessi arrivano invece giudizi dati con sufficienza a film come questo che sono di ottimo livello.
Il cinema è divertimento o emozione e magari uno e l'altro; questo film mi ha profondamente emozionato e credo che sia stato diretto e interpretato in modo ineccepibile.
Nessun lavoro è perfetto, e anche se il soggetto è di sfondo biografico un film non deve essere un documentario noioso o un racconto asettico.
Se vi capita andate a vederlo.
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Spesso leggo su pagine di critica cinematografica giudizi di elogio sperticato a lavori che dal mio punto di vista non valgono il prezzo del biglietto o sono destinati a una elite molto ristretta (e forse troppo radical chic). Dagli stessi arrivano invece giudizi dati con sufficienza a film come questo che sono di ottimo livello.
Il cinema è divertimento o emozione e magari uno e l'altro; questo film mi ha profondamente emozionato e credo che sia stato diretto e interpretato in modo ineccepibile.
Nessun lavoro è perfetto, e anche se il soggetto è di sfondo biografico un film non deve essere un documentario noioso o un racconto asettico.
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pino orta
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domenica 12 gennaio 2020
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filmissimo
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Sicuramente un film da non perdere, gradi i due protagonisti. Mi sono commosso. Da vedere assolutamente.
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auc
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sabato 9 novembre 2019
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icona della cultura
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È stato un vero momento di trasporto interiore, emozione allo stato puro vedere questo film che non esito a definire un capolavoro. Superba interpretazione di Sean Penn. Provo gratitudine verso chi ha deciso di portarlo sugli schermi. Da vedere assolutamente per chi ama la cultura e ha la casa piena di libri.
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felicity
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sabato 5 ottobre 2019
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potenziale sprecato, sceneggiatura grossolana
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Non è un film di regia, Il professore e il pazzo, a meno che per regia non si intenda l'indubbio talento di rendere l'agiografia o il didascalismo un pregio, una tonalità che definisce la natura stessa e il registro dell'operazione. E non è neanche strettamente un film di sceneggiatura. È un film, semmai, di personaggi, sempre pedinati e sempre al centro dell'inquadratura. Queste importanti focalizzazioni sono la carta vincente del prodotto, il sotterfugio con cui si sopperisce all'inevitabile prevedibilità e al patetismo: da un lato relativizzano l'ambientazione ottocentesca, che diventa tanto superflua quanto universale e dunque attuale, adatta a qualunque tipo di pubblico e di palato; dall'altro favoriscono l'empatia e l'immedesimazione, restituendo in chi guarda l'idea di aver assistito a qualcosa di nobile e umano.
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Non è un film di regia, Il professore e il pazzo, a meno che per regia non si intenda l'indubbio talento di rendere l'agiografia o il didascalismo un pregio, una tonalità che definisce la natura stessa e il registro dell'operazione. E non è neanche strettamente un film di sceneggiatura. È un film, semmai, di personaggi, sempre pedinati e sempre al centro dell'inquadratura. Queste importanti focalizzazioni sono la carta vincente del prodotto, il sotterfugio con cui si sopperisce all'inevitabile prevedibilità e al patetismo: da un lato relativizzano l'ambientazione ottocentesca, che diventa tanto superflua quanto universale e dunque attuale, adatta a qualunque tipo di pubblico e di palato; dall'altro favoriscono l'empatia e l'immedesimazione, restituendo in chi guarda l'idea di aver assistito a qualcosa di nobile e umano.
Il professore e il pazzo spreca però quasi tutto il suo potenziale a causa di un sceneggiatura approssimativa e di due interpreti di lusso, Mel Gibson e Sean Penn, alle prese con due prove d’attore deficitarie.
Il professore e il pazzo nell’insieme non si discosta affatto da quella tipologia di produzioni dal sapore biografico in cui il soggetto narrato è così ingombrante da divorare la rappresentazione cinematografica che se ne vorrebbe fornire.
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francesca meneghetti
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sabato 17 agosto 2019
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una folle, e in fondo sana, avventura
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Ho idea che i dizionari di lingua madre stiano diventando oggetti sempre più esotici. Una volta, da noi, ma suppongo anche in altre realtà, era quasi d’obbligo l’acquisto, iniziate le medie. Così un mattone cartaceo entrava a far parte dell’ambiente domestico, e magari qualcuno, sfogliandolo alla ricerca delle parolacce, scopriva termini nuovi e allargava il proprio bagaglio culturale.
Nessuno però si chiedeva che cosa c’era dietro a quel mattone.
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Ho idea che i dizionari di lingua madre stiano diventando oggetti sempre più esotici. Una volta, da noi, ma suppongo anche in altre realtà, era quasi d’obbligo l’acquisto, iniziate le medie. Così un mattone cartaceo entrava a far parte dell’ambiente domestico, e magari qualcuno, sfogliandolo alla ricerca delle parolacce, scopriva termini nuovi e allargava il proprio bagaglio culturale.
Nessuno però si chiedeva che cosa c’era dietro a quel mattone. Non ci si interrogava sulla mole di lavoro, sul progetto, sulle persone che l’avevano redatto (pensandoci, non potevano che essere grigi topi d’archivio, sagome senza spessore, vecchi tromboni.
Questo film ci racconta quanta vita (passione, pulsione, sofferenza) possa essere invece celata da pagine dall’aspetto monotono. Nella fattispecie in quelle dell’Oxford English Dictionary, promosso nel 1857 dalla Philological Society di Londra (una congrega, in effetti, di vecchi tromboni), ma avviato quasi vent’anni dopo dal genio di James Murray, uno scozzese senza laurea che ottiene l’incarico della redazione a fatica, in mancanza di titoli accademici, solo dopo aver dimostrato sul campo la sua vasta conoscenza delle lingue, acquisita da autodidatta. Murray, trascinando moglie e figli a Oxford, al proprio seguito, avvia il lavoro con un progetto geniale e, in qualche modo, democratico: mettere in rete le competenze di volontari di tutto il mondo di lingua inglese, colonie incluse, chiedendo loro di segnalare parole e citazioni. I mezzo di comunicazione delle informazioni sono quelli del tempo: giornali e poste (funzionanti!). Tuttavia il progetto parte bene, ma poi si arena, un po’ per la fatica di gestire un enorme data base, un po’ per la difficoltà a colmare alcune lacune.
Provvidenzialmente, a consentire la prosecuzione dell’impresa, entra in scena un personaggio (che, tuttavia, nel film, che procede a montaggio alternato, si annuncia prima): William Chester Minor, un chirurgo medico americano, segnato drammaticamente dalle efferatezze della guerra civile (o di Secessione), tanto da restarne segnato nella psiche. Ossessionato da allucinazioni (e da schizofrenia), aveva ucciso un uomo, scambiandolo per il suo immaginario persecutore, e lasciato sul lastrico la giovane vedova e i suoi sei bambini. Finito in manicomio, e non in prigione, a causa della sua “pazzia”, William fa i conti ogni giorno con i sensi di colpa, che lo tormentano al pari delle sue allucinazioni. A un certo punto viene a conoscenza del progetto di James Murray e ci si butta, anima e corpo, per guarire mediante il lavoro. E così avviene l’incontro del professore e del pazzo: due uomini, due storie, in un certo senso due diverse follie, una comune passione per le parole e la letteratura, ma anche per l’esplorazione dell’animo umano. Nasce un’amicizia che va oltre le convenzioni e che si basa sul rispetto, per le competenze, ma anche per la sincerità e l’umanità. Raccontare le successive, anche drammatiche traversie, che preludono a un lieto fine non è bello. Va sottolineato però che la storia è vera ed è stata narrata nel 1998 da Simon Winchester (The Surgeon of Crowthorne: A Tale of Murder, Madness and the Love of Words).
Mel Gibson, che qui interpreta magistralmente il Professore, ha avuto il merito di aver puntato su questo libro e aver avviato un adattamento cinematografico, lasciando poi la regia al persiano Shemran. Ma è Sean Penn a essere superlativo come interprete, senza tralasciare altre figure, come l’attore che interpreta il secondino. Il film è davvero variopinto nei toni e nei generi: non tralascia suspense, l’horror, il gotico (che non è solo quello dell’Università di Oxford), ma sa anche creare, con luci e soprattutto con ombre, atmosfere tipicamente inglesi e vittoriane, sia che si tratti di spazi interni, specie le biblioteche, sia che si tratti di giardini o del prato del manicomio. Da non perdere.
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max821966
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giovedì 8 agosto 2019
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film da oscar
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Ciao a tutti, non mi perdo nella narrazione della trama , dato che, un minimo di cultura umanista, dovrebbe bastare per conoscere la storia di Sir james Murray.
Preferisco parlare della trasposizione cinematografica tratta dal libro: " The Surgeon of Crowtone: A tale of Murder, Madnes and the Love of Words" di S. Winchester .
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Ciao a tutti, non mi perdo nella narrazione della trama , dato che, un minimo di cultura umanista, dovrebbe bastare per conoscere la storia di Sir james Murray.
Preferisco parlare della trasposizione cinematografica tratta dal libro: " The Surgeon of Crowtone: A tale of Murder, Madnes and the Love of Words" di S. Winchester .
La sceneggiatura è al limite della perfezione, la regia rigorosa, la fotografia stratosferica....... se questo non basta, costumi, location, trucco, tutto perfetto.
Mel Gibson, ottima interpretazione del protagonista, peccato che rubi la scena un favoloso Sean Penn, sempre con interpretazioni da Oscar, si vede tutta la differenza tra un ottimo attore e un fuoriclasse!
bravissimi anche Natalie Dormer, una conferma, e Eddie Marsan, grande interpretazione a livello dei mostri sacri interpreti principali.
Film da vedere e rivedere almeno una volta in lingua originale, dove l'interpretazione di Penn rende al massimo.
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