samanta
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giovedì 11 aprile 2019
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oxford e la pazzia
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Ogni tanto ci si imbatte in un film intelligente, in questo caso tratto dal una vicenda reale.
Il film inizia nel 1872 quando l'Università di Oxford dopo 20 anni di insuccessi, incarica con una scelta audace anche se contrastata, il sig. James Murray (Mel Gibson) autodidatta senza titoli accademici, ma gran conoscitore delle lingue nonché filologo che insegna grammatica in un collegio, a redigere l'Oxford English Dictionary. L'autore con il sacrificio della famiglia (moglie e 4 figli) che deve abbandonare un esistenza tranquilla ma lo segue e lo sostiene in un lavoro che si rivela ben più difficile del previsto. Non si tratta infatti di una semplice elencazione di termini, ma di ogni parola si deve definire il significato etimologico, i sinonimi, le citazioni che si hanno nella letteratura inglese a partire dal 1300, insomma un lavoro immenso.
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Ogni tanto ci si imbatte in un film intelligente, in questo caso tratto dal una vicenda reale.
Il film inizia nel 1872 quando l'Università di Oxford dopo 20 anni di insuccessi, incarica con una scelta audace anche se contrastata, il sig. James Murray (Mel Gibson) autodidatta senza titoli accademici, ma gran conoscitore delle lingue nonché filologo che insegna grammatica in un collegio, a redigere l'Oxford English Dictionary. L'autore con il sacrificio della famiglia (moglie e 4 figli) che deve abbandonare un esistenza tranquilla ma lo segue e lo sostiene in un lavoro che si rivela ben più difficile del previsto. Non si tratta infatti di una semplice elencazione di termini, ma di ogni parola si deve definire il significato etimologico, i sinonimi, le citazioni che si hanno nella letteratura inglese a partire dal 1300, insomma un lavoro immenso. Murray trova la collaborazione di uno strano individuo il dottor William Minor (Sean Penn) medico militare americano in pensione. Minor è affetto da mania di persecuzione ed è convinto che un soldato a cui era stato costretto a marchiare a fuoco la guancia con la D di disertore lo perseguiti per ucciderlo, in realtà non c'é persecuzione solo che il dottore è rimasto sconvolto dagli orrori della guerra civile. Minor fugge a Londra e una notte uccide confondendolo con il suo persecutore immaginario, un poveraccio che lascia la giovane moglie Eliza (Natalie Dormer) e sei figli, condannato al manicomio criminale in quella struttura salva un guardiano che stava per morire dissanguato, ottenendo l'amicizia dei guardiani e la benevolenza del direttore sanitario. Per caso risponde ad un appello di Murray che cercava collaboratori volontari e grazie alla sua conoscenza della letteratura inglese e al suo metodo di ricerca Murray riesce a sbloccare il dizionario. Lascio i vari episodi che drammatizzano la vicenda, il dizionario uscirà nel 1928, Murray diventato Sir e dottore morirà 13 anni prima quando era già arrivato alla lettera T.
La narrazione è avvincente e storicamente corretta nei punti essenziali e rivela il genio di Mel Gibson che riesce a creare sempre opere originali (innanzitutto i capolavori Passion e Apocalypto oltre che Braveheart e Il Patriota). Si è evidentemente ripreso dalle turbolenze personali che avevano compromesso la carriera e fa un intepretazione sofferta ma riuscita di un amante della cultura compassato e ostinato ben lontano dagli schemi recitativi in passato, accanto a lui Sean Penn fa un'interpretazione superlativa di un uomo pazzo ma di una profonda sensibilità e cultura che riuscirà a riappacificarsi e diventare amico della vedova (che lui assiste economicamente dopo un iniziale rifiuto di lei) interpretata bene da Natalie Dormer famosa per il suo mettersi nuda in TV o nei film (Vedi Il Trono di Spade e In Darkness) ma una volta tanto vestita. Il regista è il persiano Shemran collaboratore di Mel Gibson sia in Passion che in Apocalypto, come sceneggiatore e coproduttore, buona la sua direzione e ottima la ricostruzione dell'ambiente vittoriano.
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camilla giorgi
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venerdì 5 aprile 2019
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grande sean
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Bravissimo Sean Penn, una carrellata di personaggi positivi e lasciano qualcosa!
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kimkiduk
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martedì 2 aprile 2019
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gran bel film
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Ormai vengono cercate sceneggiature da storie vere, spesso anche brutte e spesso sconosciute.
Questa almeno per me era sconosciuta, ma sicuramente non brutta.
Il pazzo più colto del mondo che incontra il professore altrettanto colto da cui nasce una simbiosi fino alla salvezza della persona.
Una storia a tratti coinvolgente, a tratti drammatica e spesso commovente.
Interpretazione di Penn molto importante, anche se a volte calante, ma con picchi di assoluto rilievo. Interpretazione di Gibson molto meno calante, ma forse più piatta.
Certo le due figura prestavano ad interpretazioni diverse, il pazzo si sa forse è anche più semplice, ma sicuramente più appariscente e più invadente nelle schermo e nella storia.
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Ormai vengono cercate sceneggiature da storie vere, spesso anche brutte e spesso sconosciute.
Questa almeno per me era sconosciuta, ma sicuramente non brutta.
Il pazzo più colto del mondo che incontra il professore altrettanto colto da cui nasce una simbiosi fino alla salvezza della persona.
Una storia a tratti coinvolgente, a tratti drammatica e spesso commovente.
Interpretazione di Penn molto importante, anche se a volte calante, ma con picchi di assoluto rilievo. Interpretazione di Gibson molto meno calante, ma forse più piatta.
Certo le due figura prestavano ad interpretazioni diverse, il pazzo si sa forse è anche più semplice, ma sicuramente più appariscente e più invadente nelle schermo e nella storia.
Bella la storia d'amore che nasce dall'odio e continua nella comprensione e nell'impossibilità.
Un film che dice molto e che almeno io non mi aspettavo così piacevole.
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franco barbagallo
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lunedì 1 aprile 2019
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storia straordinaria per un film eccellente
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Non ero certo di voler vedere questo film dopo la recensione ufficiale. Poi ho letto quelle dei lettori e, a parte un paio dei soliti cinepanettonari che non sono in grado di vedere altro, mi hanno convinto ad andare: non me ne sono affatto pentito, anzi. Questo film non sarà un capolavoro ma è un ECCELLENTE film, su una storia vera straordinaria, realizzato benissimo, con attori che hanno dato il meglio di se. Ma ve lo ricordate Mel Gibson? Raramente si è rivelato poco più di un buon attore di film di azione e di commedie. Qui, dove il suo viso è nascosto dalla folta barba, recita con gli occhi, la postura, l’atteggiamento, rendendo il suo personaggio assolutamente credibile.
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Non ero certo di voler vedere questo film dopo la recensione ufficiale. Poi ho letto quelle dei lettori e, a parte un paio dei soliti cinepanettonari che non sono in grado di vedere altro, mi hanno convinto ad andare: non me ne sono affatto pentito, anzi. Questo film non sarà un capolavoro ma è un ECCELLENTE film, su una storia vera straordinaria, realizzato benissimo, con attori che hanno dato il meglio di se. Ma ve lo ricordate Mel Gibson? Raramente si è rivelato poco più di un buon attore di film di azione e di commedie. Qui, dove il suo viso è nascosto dalla folta barba, recita con gli occhi, la postura, l’atteggiamento, rendendo il suo personaggio assolutamente credibile. Che dire poi di Sean Penn nella parte del pazzo: davvero grandioso, questa si una interpretazione da oscar. Tutto è ricostruito con estrema fedeltà e verismo. Qualcuno del pubblico all’uscita obiettava: “troppo lento”: ma quando mai. Il film aveva i tempi giusti di quell’epoca, anzi nel secondo tempo tende a correre un pò troppo. E' un film dove sono protagoniste, incredibilmente, le parole e poi l’amore, l’amicizia, la forza di volontà, l’abnegazione, il perdono, il sogno, l’eccellenza. Andate subito a vederlo, non ve ne pentirete neanche voi se, come me, non … amate i cinepanettoni (io non ne ho mai visto nemmeno uno).
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fabio
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lunedì 1 aprile 2019
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una storia avvincente ben interpretata
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Il film presenta diversi temi interessanti: la possibilità di redenzione, la fiducia tutta positivistica nel lavoro e nell'impegno individuale, i cambiamenti epocali della seconda metà dell'ottocento. L'eccellente interpretazione di Sean Penn è il valore aggiunto di questo film che merita attenzione anche per il tentativo, riuscito solo in parte, di cogliere l'aspetto politico della vicenda. Il dramma riesce ad essere intenso e coinvolgente: cosa niente affatto scontata per un un film che parla della creazione di un vocabolario. Da menzione anche la colonna sonora e le scenografie che contribuiscono molto al risultato finale.
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loland10
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sabato 30 marzo 2019
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linguaggi e lunghe barbe
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“Il professore e il pazzo” (The Professor and the Madman, 2018) è il primo lungometraggio dello sceneggiatore-regista di Teheran Farhad Safinia (noto come P. B. Shemran).
Opera prima, sceneggiatura statuaria, ambienti silenti e voci altisonanti.
Storia vera che parte dal 1872 in quella Oxford simbolo di bella cultura, rigorosità, onore e rivalità con altri e alti mondi accademici.
La verità di ciò che si vede pare diluirsi in trucchi dei visi, in barbe allungate, in corpi poco sinuosi e in una consorte sagace che tira avanti il cruccio di un marito stupito dalle sue forze innate.
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“Il professore e il pazzo” (The Professor and the Madman, 2018) è il primo lungometraggio dello sceneggiatore-regista di Teheran Farhad Safinia (noto come P. B. Shemran).
Opera prima, sceneggiatura statuaria, ambienti silenti e voci altisonanti.
Storia vera che parte dal 1872 in quella Oxford simbolo di bella cultura, rigorosità, onore e rivalità con altri e alti mondi accademici.
La verità di ciò che si vede pare diluirsi in trucchi dei visi, in barbe allungate, in corpi poco sinuosi e in una consorte sagace che tira avanti il cruccio di un marito stupito dalle sue forze innate.
Incontro tra un professore pazzo e un pazzo professore: il discernimento tra corpi e vite, borghesi e pezzenti, linguaggio e pochezze, volumi e miserie.
È la corsa fuori tempo di un duo anomalo: un letterato senza laurea e uno straniero senza dimora. Due opposti che coincidono in una ‘Università’ fatta di parrucche, aforismi massimi, lezioni dirompenti e sapere per pochi. Ma per raggiungere l’impero di tutti i paesi dove l’inglese è la lingua madre si può e si deve scrivere il voluminoso vocabolario di tutte le parole, i termini e i linguaggi conosciuti. Lettera per lettera, rigo per rigo e tomo per tomo. I sette anni sono il limite massimo: tutto va oltre e le didascalie finali spiegano ciò che è avvenuto e quando il tutto è stato concluso.
Film classico, impostato, statuario, parlato e intriso: pieno di rapporti, umori e tantomeno di livori e fermenti letterari.
Una pellicola dove il gusto al piacevole e al dilettantismo viene, peraltro si soggiunge che la composizione della storia appare coinvolgente negli argomenti, un po’ nella successione episodica e nella regia non sempre avvolgente e piena delle cose raccontate.
Una finezza di composizioni e di alfabeti che si perdono in dicotomie lunghe e riprese aggiustate; pare qualcosa di troppo racchiuso, contenuto, glassato e freddino. Sbavature e scompensi, finezze e lungaggini si notano e non aggiustano il tiro.
Nonostante l’argomento manca la spinta verso l’alto, di film a posteriori, di slancio e di morbidezza narrativa. Tutto appare bello ma mal costruito o, meglio, tutto appare bloccato e non ben amalgamato. Si legge della produzione faticosa e della volontà di Mel Gibson (lui australiano) di fare il film (donato al suo fidato sceneggiatore di ‘Apocalypto’). I volti, le barbe allungate e molti musi paiono faticosamente duri sul set: si saranno divertiti a farlo ma oltre lo schermo non si ‘gusta’ pienamente.
L’inglesismo, la beltà dell’impero, il colonialismo, la Regina, i modi e il vezzo ad ogni costo giocano un ruolo pieno di intenti, ma il sarcasmo, l’ironia, il raccontare la storia universitaria più prestigiosa tende al compiacimento fine a se stesso e alla lungaggine melensa di rivalità meste e minime
Mel Gibson (James Murray): appare troppo in se, voluminoso archetipo, lettu(e)ra incompleta e originalità trattenuta, fin troppo dentro il personaggio quasi da non essere credibile. Pur tuttavia rimane il volto corrugato e una barba finta nel bel mezzo di un visionario mondo da scrivere in ordine alfabetico (cosi in ‘arte’ da bloccare tutto il linguaggio che ne consegue).
Sean Penn (William Chester Minor): irrequieto e irriconoscibile, sconquassato e scheletrico, umido e poco salutare. Il vile gioco della peluria facciale scansa ogni destino per un bacio di amore incompreso (mentre il passo d’addio rimane un disegno già scritto tra il professore dotto e lo scribano pazzo).
Da dire che il cast è ben variegato ma lo sviluppo non apre alla ribalta personaggi importanti (dispiace dire che la presenza di John Boorman nella scrittura non risolleva il tutto).
Regia: liscia e levigata, patinata e oziosa, parsimoniosa come nelle vite a due di pazzi angosciati.
(e si legge dopo le diatribe legali di produzione anche la regia ha avuto problemi e passaggi).
Voto: 6,5/10 (***). -voto per l’idea centrale-
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michelecamero
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venerdì 29 marzo 2019
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due storie in un unico film
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Buon film che racconta una storia vera all'interno di un’altra storia vera che è, quest’ultima, l’avventura dell’Oxford English Dictionary. La storia è quella del rapporto epistolare e poi di amicizia tra il curatore del Dizionario, il professor Murray, scozzese, ed un medico americano internato in un manicomio criminaleinglese per aver ucciso un uomo innocente confondendolo per il demone che gli torturava la mente disturbata a seguito delle atrocità che aveva dovuto vedere nel corso della guerra di secessione. W.C. Minor, come si firmava il medico-pazzo, diventerà, per un certo periodo, il più assiduo, il più utile, il più prolifico ed il più prezioso dei collaboratori volontari ai quali Murray si era rivolto per mandare avanti quell’opera monumentale.
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Buon film che racconta una storia vera all'interno di un’altra storia vera che è, quest’ultima, l’avventura dell’Oxford English Dictionary. La storia è quella del rapporto epistolare e poi di amicizia tra il curatore del Dizionario, il professor Murray, scozzese, ed un medico americano internato in un manicomio criminaleinglese per aver ucciso un uomo innocente confondendolo per il demone che gli torturava la mente disturbata a seguito delle atrocità che aveva dovuto vedere nel corso della guerra di secessione. W.C. Minor, come si firmava il medico-pazzo, diventerà, per un certo periodo, il più assiduo, il più utile, il più prolifico ed il più prezioso dei collaboratori volontari ai quali Murray si era rivolto per mandare avanti quell’opera monumentale. La pellicola esalta i valori della cultura, della caparbietà, dell’amicizia che nasce per affinità culturali e forse anche caratteriali, dove meno uno se l’aspetta, dell’espiazione del proprio senso di colpa, della potenza del perdono, della famiglia, quella del professore e quella della povera vedova rimasta con sei orfani di padre. Molto apprezzate le ricostruzioni d’ambiente, più che buone le interpretazioni non solo quelle dei due protagonisti, ma anche quelle dei personaggi di contorno, ottimo il doppiaggio, a conferma di quello che si dice a proposito della bravura dei doppiatori italiani.
MICAM
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franco barbagallo
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venerdì 29 marzo 2019
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mi avete convinto
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dopo aver letto le prime tre recensioni mi sono convinto di andare a vederlo.
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lbavassano
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domenica 24 marzo 2019
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quanto mi piacerebbe...
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Disciplina quanto mai affascinante la lessicografia, per gli amanti delle parole, altrettanto difficile da rendere spettacolare, da tradurre in immagini. Riesce nell'azzardo Farhad Safinia, puntando tutto sulla storia, sui retroscena, sui loro eccessi, anche troppo, oltre che sul carisma degli interpreti.
Da un altro punto di vista non si può che rimanere ancora una volta stupefatti di fronte alla sovrumana energia di chi, con mezzi artigianali, soprattutto di fronte alle straordinarie possibilità oggi offerte dall'informatica, si proponeva imprese titaniche.
Quanto mi piacerebbe che un regista italiano potesse trovare le risorse, e il coraggio, per proporre un'opera analoga dedicata, chessò, ad un Bruno Migliorini, che pazzo non era, ma che in condizioni impossibili riuscì a condurre a termine un'opera ancor oggi insostituibile per la conoscenza della lingua italiana.
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Disciplina quanto mai affascinante la lessicografia, per gli amanti delle parole, altrettanto difficile da rendere spettacolare, da tradurre in immagini. Riesce nell'azzardo Farhad Safinia, puntando tutto sulla storia, sui retroscena, sui loro eccessi, anche troppo, oltre che sul carisma degli interpreti.
Da un altro punto di vista non si può che rimanere ancora una volta stupefatti di fronte alla sovrumana energia di chi, con mezzi artigianali, soprattutto di fronte alle straordinarie possibilità oggi offerte dall'informatica, si proponeva imprese titaniche.
Quanto mi piacerebbe che un regista italiano potesse trovare le risorse, e il coraggio, per proporre un'opera analoga dedicata, chessò, ad un Bruno Migliorini, che pazzo non era, ma che in condizioni impossibili riuscì a condurre a termine un'opera ancor oggi insostituibile per la conoscenza della lingua italiana.
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inesperto
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domenica 24 marzo 2019
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la cultura è vita, la vita è cultura.
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Questo film biografico, per nulla piatto ma anzi molto vario nell'arco della sua narrazione, riempie gli occhi ed il cuore. La volontà del professore autodidatta che insegue un'impresa titanica (per usare un eufemismo) spinge l'animo a schierarsi dalla sua parte, contro i parrucconi meglio titolati. Il costante ed incessante sostegno della moglie e l'allegria contagiosa dei suoi figli lo accompagnano ininterrottamente, donandogli serenità e forza. La figura del pazzo è alternativamente caratterizzata da una lucida consapevolezza, che lo costringe a provare un profondo e potentissimo senso di colpa per l'uccisione di un uomo innocente, a delle acute crisi schizofreniche.
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Questo film biografico, per nulla piatto ma anzi molto vario nell'arco della sua narrazione, riempie gli occhi ed il cuore. La volontà del professore autodidatta che insegue un'impresa titanica (per usare un eufemismo) spinge l'animo a schierarsi dalla sua parte, contro i parrucconi meglio titolati. Il costante ed incessante sostegno della moglie e l'allegria contagiosa dei suoi figli lo accompagnano ininterrottamente, donandogli serenità e forza. La figura del pazzo è alternativamente caratterizzata da una lucida consapevolezza, che lo costringe a provare un profondo e potentissimo senso di colpa per l'uccisione di un uomo innocente, a delle acute crisi schizofreniche. Queste ultime vengono momentaneamente sconfitte grazie alla lettura di numerosi libri che egli richiede al direttore del manicomio, allo scopo di contribuire all'opera del succitato letterato. Infine, il personaggio più complesso dell'intera vicenda, la vedova della vittima assassinata dal folle: è colei che attraversa, forse, il maggior cambiamento interiore. Dall'intenso odio al più tenero amore per colui che la privò del consorte, lasciandola coi figli in condizioni di povertà assoluta. Ebbene, la trama, tenuta insieme in maniera splendida, è tutta da seguire con partecipazione; Sean Penn è entusiasmante nella sua interpretazione e conferma di essere uno dei migliori attori in circolazione (se non il migliore, ma è opportuno evitare sbilanciamenti); superbo anche Mel Gibson, nelle inedite vesti del dotto e bravissima, altresì, la sempre bellissima Natalie Dormer.
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