Una questione privata

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I Fratelli Taviani e Fenoglio Valutazione 3 stelle su cinque

di Eugenio


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mercoledì 21 marzo 2018

Ottantaquattro minuti di ricerca che è anche scoperta di sé tra eventi ineluttabili, guerra e dolore.
Ottantaquattro minuti di rimandi continui all’innocenza perduta tra presente e passato.
Ottantaquattro minuti di scambio, inquietante furia amorosa, passioni e amore.

Ottantaquattro minuti di cinema “firmato” fratelli Paolo e Vittorio Taviani che dopo l’esperimento di Cesare deve morire, tornano a una dimensione cara alla loro produzione: la guerra e il ricordo (come dimenticare La notte di San Lorenzo, capolavoro del 1962?).
I due cineasti adattano nel loro percorso analitico di un’Italia rurale e nostalgica Una questione privata, del piemontese Beppe Fenoglio, pubblicato postumo nel 1963. E come nel romanzo, la storia di una passione che travalica sino alla lucida follia il male della guerra, si insinua nelle pieghe di una storia robusta, intensa e viva.
Tra le Langhe, quelle in cui lo scrittore visse, quelle in cui lottò come partigiano la resistenza della sua vita, si muove affamato il giovane Milton, innamorato della borghese Fulvia, conosciuta insieme al suo amico Giorgio, amico d’infanzia e compagno partigiano, nell’elegante casa di campagna di lei sopra Alba, paese natale di Fenoglio.
1943. Armistizio, Italia sotto scacco. Stacco improvviso. Milton si trascina in una proustiana researche, nei luoghi dell’idillio adolescenziale, tra le nebbie di un arcobaleno che sembra non vedere mai. Si inoltra nostalgicamente nei giorni del platonico amor vissuto ma il tarlo di un sospetto, quello della governante che tradisce una possibile relazione tra la sua “donna” e l’amico Giorgio, irretisce e trasforma completamente il partigiano.
Come un Orlando, in cerca del suo senno, Milton inizia a correre all’affannosa ricerca della verità, per cercare la brigata in cui il suo amico è arruolato, scoprendo poi che è stato catturato dai repubblichini.
E ancora corre Milton. Corre per cercare di catturare un fascista da “sfruttare” come ostaggio per una trattativa di scambio con l’amico in estremo pericolo di vita.
Intorno, ricordi sfumati metaforicamente rappresentati dalla nebbia che domina per tre quarti le magnifiche quanto essenziali scenografie e i panorami aperti di scabra essenzialità. Accampamenti su colli arroccati, rastrellamenti di massa operati da gruppi di “scarafaggi neri” (così vengono continuamente denominati i repubblichini) a danni di innocenti, sangue versato per una libertà sempre più precaria, sono la cornice di un dramma, La questione privata del titolo, che squassa Milton, lui proprio lui spirito timido, amante di letture e musiche americane.
 L’Over the Rainbow che accompagna molti momenti del film è la chiave per interpretare la pellicola dei fratelli Taviani: non un esercizio storico o un rituale realistico come nelle pellicole di Ermanno Olmi, dell’epica resistenza appunto in montagna e dell’organizzazione partigiana agli assalti alle camice nere, bensì un poema epico-cavalleresco di ariostesca memoria, in cui il nemico assume la valenza di “merce di scambio” capace di far dipanare il turbamento del giovane Milton sino all’accettazione nel suo Paradiso perduto.
La researche proustiana del giovane si traduce proprio nella corsa sbrigativa, nei dialoghi e negli atteggiamenti forse troppo teatrali di Luca Marinelli (che interpreta all’altezza il ruolo forse con troppa enfasi), nella stilizzazione formale di una Fulvia (Valentina Bellè) ancorata ai clichè della ragazza agiata borghese
I fratelli Taviani, padri di un ottimo cinema, infondono al film rispetto al romanzo, epici momenti al servizio di un’esaltazione di una guerra che coinvolge tutto e tutti: inseriscono la figura di una bambina che scampata a una rappresaglia, dove la sua famiglia è stata barbaramente uccisa, resta accanto alla madre esangue oppure la morte di un ostaggio fascista fanatico della batteria.
Va bene, per carità. Non sia mai detto che il film debba essere copia spudorata di un libro.
Ma deve, nella sua lotta tra il privato e l’epico, restituire il senso della produzione fenogliana, il significato della resistenza, l’archetipo del partigiano reso “quasi” mito. Ed invece, la questione privata dei fratelli Taviani, è, pur se ottimo esercizio di stile, la caratterizzazione di una vertiginosa e affannosa ricerca di una vetta, una cima di una montagna oltre le nuvole della cecità di uno spudorato sospetto, nulla più.
E’ un bascular per monti, dove alla fine, non resta che scendere.
Scendere per crollare.
Scendere per tornare ancora dentro quelle nebbie che inglobano la nostra ferita non ancora rimarginata di un orrore che difficilmente troverà oblio.

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