silvanobersani
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sabato 29 aprile 2017
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frammenti di manutenzione sentimentale
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Opera che affonda le mani nei sentimementi, nei legami famigliari, nella incompiutezza dei medesimi e nella abissale solitudine esistenziale che ne consegue. Temi non nuovi in certa cinematografia contemporanea, diciamo così, "d'autore". Ma è proprio il ripercorrere temi già svolti che alza l'aspettativa su questa opera, che pure si ammanta di una notevole dignità autoriale. Un film, quindi, da vedere, proprio in quanto rappresenta uno degli episodi più felici e più intensi di questa stagione. Costruito come opera corale dove il punto di vista della regia non sovrasta ma armonizza il contributo di un gruppo di attori che senz'altro, ne mettono tanto del loro nei personaggi incarnati.
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Opera che affonda le mani nei sentimementi, nei legami famigliari, nella incompiutezza dei medesimi e nella abissale solitudine esistenziale che ne consegue. Temi non nuovi in certa cinematografia contemporanea, diciamo così, "d'autore". Ma è proprio il ripercorrere temi già svolti che alza l'aspettativa su questa opera, che pure si ammanta di una notevole dignità autoriale. Un film, quindi, da vedere, proprio in quanto rappresenta uno degli episodi più felici e più intensi di questa stagione. Costruito come opera corale dove il punto di vista della regia non sovrasta ma armonizza il contributo di un gruppo di attori che senz'altro, ne mettono tanto del loro nei personaggi incarnati. Ed è questa coralità senz'altro il maggiore pregio del film, dove si certo, lo stratosferico Carpinteri sovrasta con un personaggio intenso e doloroso delineato con grande maestria ed esperienza in lunghi e trattenuti silenzi, in sguardi obliqui e in parole espresse con un trattenuto dolore. Ma non sottovalutare neppure la bella prestazione di Giovanna Mezzogiorno, di Micaela Ramazzotti e di un Elio Germano che, se pure ingabbiato in un personaggio forse un po' troppo rigido ed inespresso, si conferma come uno degli attori più interessanti del nostro cinema.
Le premesse sono dunque interessanti, eppure il film alla fine rimane leggeremente esangue. Si disperde in tante tracce narrative, senza riuscire a dare un senso unitario alla narrazione. Perciò quelli che sono veri e propri frammenti destrutturati di un discorso sui sentimenti e sul dolore che comportano, purtroppo alla fine rimangono tali. Il pretesto narrativo, che pure si consuma dentro un ambito circoscritto nel tempo e nello spazio, non trova la dignità di una maggiore coesione interna, ma rimangono fili, tracce lasciate cadere qua e là con un po' di distrazione.
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goldy
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sabato 29 aprile 2017
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sconvolgere per pensare
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Mi sono chiesta quale motivazione possa aver spinto l'autore del romanzo da cui è tratto il film a scrivere una storia così sconvolgente. Probabilmente il ripetersi continuo di tragedie familiari che negli ultimi anni riempono la cronaca nera. italiana Impensabili fino a qualche anno fa, oggi invece i delitti parentali sembrano essere i luoghi sclusivi per gli assassinii più efferati..
Del fenomeno il cinema per lo meno quello itliano non se ne era ancora occupato. Lo fa Amelio che ha il tocco e l'esperienza per entrare nei drammi familiari e lo fa con maestria e delicatezza esemplare. Nella mancanza di tenerezza individua
la causa principle e probabilmente ha ragione.
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Mi sono chiesta quale motivazione possa aver spinto l'autore del romanzo da cui è tratto il film a scrivere una storia così sconvolgente. Probabilmente il ripetersi continuo di tragedie familiari che negli ultimi anni riempono la cronaca nera. italiana Impensabili fino a qualche anno fa, oggi invece i delitti parentali sembrano essere i luoghi sclusivi per gli assassinii più efferati..
Del fenomeno il cinema per lo meno quello itliano non se ne era ancora occupato. Lo fa Amelio che ha il tocco e l'esperienza per entrare nei drammi familiari e lo fa con maestria e delicatezza esemplare. Nella mancanza di tenerezza individua
la causa principle e probabilmente ha ragione. Mette a fuoco la fondamentale importanza del dialogo con i bambini. Bravo nel costruire dialoghi essenziali , appena accennanati che scoraggiano la retoriva.. Coinvolgente, struggente, straziante ma quanto mai utile per una necessaria riflessione sulla necessità di dire, parlare, comunicare, amare.
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flaw54
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sabato 29 aprile 2017
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lentissimo e tristissimo, ma da vedere
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Un film da vedere nonostante il tema e la drammaticità della vicenda. Tutto giocato sui sentimenti ( anche se talvolta quelli del protagonista appaiono non chiari ). Amelio riesce a toccare le corde dello spettatore affrontando drammi interiori purtroppo esistenti e non lasciandosi andare al gusto estetizzante e narcisisistico di altri registi ( ad esemp io Sorrentino ilcui film Youth appare falso e ipocrita in confronto a questo ). Ottimi gli attori che recitano con estrema naturalezza creando così un' atmosfera credibile e realistica. Da vedere
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carlosantoni
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sabato 29 aprile 2017
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la difficile via del ritorno
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E' un film che s'impone per rigore e tessitura costruttiva nel panorama deprimente dell'attuale stagione cinematografica. Amelio non delude, anzi sorprende per bravura e finezza, e il suo film parla di tante cose, su piani discorsivi diversi. Parla del rapporto tra genitori e figli, mostrandocelo come per niente scontato, tutt'altro, ricordandoci che è un rapporto difficile, che richiede impegno, applicazione costante: qualcosa che deve saper andare oltre l'incanto dei primi anni, deve saper affrontare il tempo difficile in cui i figli, crescendo, poco a poco diventano necessariamente qualcosa di diverso dai gioiosi bambolotti che ci eravamo ritrovati a coccolare.
Ci parla poi del'irrompere spesso del tutto inatteso della tragedia nella vita, qualcosa cui capita di non essere minimamente preparati, ma che tuttavia devasta la vita nostra e purtroppo non solo la nostra; e di come la tragedia, il precipitare tragico della vita in una dimensione di estremo dolore, ci porti, ci obblighi direi, a riconsiderare tutte quante le coordinate della nostra esistenza, a partire dalla storia e dalla struttura dei nostri propri sentimenti, delle nostre relazioni affettive, imponendo scelte, gerarchie di valori che poco tollerano il formalismo dei luoghi comuni.
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E' un film che s'impone per rigore e tessitura costruttiva nel panorama deprimente dell'attuale stagione cinematografica. Amelio non delude, anzi sorprende per bravura e finezza, e il suo film parla di tante cose, su piani discorsivi diversi. Parla del rapporto tra genitori e figli, mostrandocelo come per niente scontato, tutt'altro, ricordandoci che è un rapporto difficile, che richiede impegno, applicazione costante: qualcosa che deve saper andare oltre l'incanto dei primi anni, deve saper affrontare il tempo difficile in cui i figli, crescendo, poco a poco diventano necessariamente qualcosa di diverso dai gioiosi bambolotti che ci eravamo ritrovati a coccolare.
Ci parla poi del'irrompere spesso del tutto inatteso della tragedia nella vita, qualcosa cui capita di non essere minimamente preparati, ma che tuttavia devasta la vita nostra e purtroppo non solo la nostra; e di come la tragedia, il precipitare tragico della vita in una dimensione di estremo dolore, ci porti, ci obblighi direi, a riconsiderare tutte quante le coordinate della nostra esistenza, a partire dalla storia e dalla struttura dei nostri propri sentimenti, delle nostre relazioni affettive, imponendo scelte, gerarchie di valori che poco tollerano il formalismo dei luoghi comuni. Ci si accorge di voler bene e di non voler bene, ci si accorge che è insopportabile l'assenza di chi veramente si ama o si è amato, e fastidiosa la presenza di chi ci sta intorno per mera consuetudine. Il dolore, quanto più profondo, ci obbliga a una scelta, ad una selezione: la nostra tenerezza, e voglia di tenerezza, non si riverbera affatto in ogni direzione.
Il film ci parla poi di quanto sia labile il confine tra apparenza e realtà, di come sia difficile stabilire e mantenere un criterio astratto di "normalità" all'interno dei rapporti umani. Fin dalle prime scene Amelio ci mette in guardia: Elena (Giovanna Mezzogiorno) che fa la traduttrice per il tribunale di Napoli, casualmente si rende conto che un extracomunitario inquisito non la racconta giusta: lei sa con certezza, per motivi esterni all'apparenza "buonista" delle dichiarazioni dell'inquisito, che questi sta mentendo, ma il suo sapere non può riversarsi nella sua traduzione giurata, che dunque è destinata a rimanere monca e sostanzialmente non veritiera: "Oltre alle parole occorrerebbe poter tradurre lo sguardo, i gesti, il tono della voce...". Sì, perché come spesso accade nella vita, il mero linguaggio verbale, le cose dette, risultano assai distanti dalla realtà, mentre proprio il non detto sarebbe l'essenziale. E nella scena immediatamente su8ccessiva, Elena che in ospedale parla al capezzale di suo padre (che non si scorge in viso, che resta nascosto), dà l'impressione di parlare a un uomo malato, non si sa di cosa, tuttavia completamente immobile e incapace di comprendere. Ma anche questa è apparenza: il realtà l'uomo, Lorenzo, un anziano avvocato interpretato da uno strepitoso Renato Carpentieri, è semplicemente un genitore che non sopporta minimamente i suoi due figli: Elena, appunto, sempre in cerca di un contatto col genitore, e l'arido, cinico Saverio, e che dunque finge di dormire, o comunque di non essere in grado di ascoltare. E quest'apparenza, che vela, nasconde, deforma la realtà trasformandola in conformismo, e che si rivela presente in tutto lo sviluppo della storia, anzi delle diverse storie personali, la si può dissolvere con lo sforzo del voler bene, col saper mettere in gioco la propria tenerezza.
Trama complessa, dialoghi coinvolgenti, recitazione raffinata (in primis del solidissimo Carpentieri e della Ramazzotti, così brava a mostrare la fragilità e la pulizia del personaggio, Michela, ma anche del sempre eccellente Germano e della convincente Mezzogiorno), bella fotografia, colonna sonora azzeccata, tutto concorre a fare de "La Tenerezza" un film eccellente.
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pintaz
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sabato 29 aprile 2017
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il rammarico
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Non mi dilungherò sulla trama dell'ultima opera di Gianni Amelio in quanto penso che lo stato d'animo che prova lo spettatore al termine della pellicola sia molto più importante.
Volutamente girato a Napoli che fa da coltraltare a gioia, spensieratezza e umanità alla tragedia che si realizza lentamente e si va a consumare.
Lorenzo, interpretato da una prossima statuetta Renato Carpentieri, avvocato brusco e burbero rifiuta l'affetto dei figli Saverio (Arturo Muselli) ed Elena (Giovanna Mezzogiorno) incolpando soprattutto quest'ultima della morte della moglie causata dalla rivelazione su una relazione extra-coniugale. Nell'appartamento di fronte si trovano Fabio (Elio Germano) e Michela (Micaela Ramazzotti) trasferiti da poco con i loro due figli piccoli.
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Non mi dilungherò sulla trama dell'ultima opera di Gianni Amelio in quanto penso che lo stato d'animo che prova lo spettatore al termine della pellicola sia molto più importante.
Volutamente girato a Napoli che fa da coltraltare a gioia, spensieratezza e umanità alla tragedia che si realizza lentamente e si va a consumare.
Lorenzo, interpretato da una prossima statuetta Renato Carpentieri, avvocato brusco e burbero rifiuta l'affetto dei figli Saverio (Arturo Muselli) ed Elena (Giovanna Mezzogiorno) incolpando soprattutto quest'ultima della morte della moglie causata dalla rivelazione su una relazione extra-coniugale. Nell'appartamento di fronte si trovano Fabio (Elio Germano) e Michela (Micaela Ramazzotti) trasferiti da poco con i loro due figli piccoli. Una tragedia sconvolgerà e cambierà la vita di ognuno.
Il regista gira un capolavoro! Toglie e mette a tutti gli attori; da segnalare l'interpretazione di Greta Scacchi, madre di Fabio, che in un flashback di emozioni passa dalla tristezza a una insolente ilarità. La sincerità fortemente irrequieta e talvolta insofferente di Lorenzo lo porta a mettere noi tutti davanti a uno specchio dell'anima, oltre che della memoria, per farci rispecchiare nella nostra più intima sgradevolezza e nella nostra totale incapacità di amare fino in fondo e sopra ogni cosa nascondendo anche il coraggio dell'ammissione. La bellezza immensa dei personaggi, i dialoghi straripanti di verità, alle volte disarmanti, ci mettono di fronte alle aspettative non rispettate fin dall'età della fanciullezza. E' molto più semplice parlare agli sconosciuti proprio perchè privi di conoscenza dello stato interiore e ammettere di "non aver mai amato la propria donna" piuttosto che "non aver nulla da dire ai propri bambini", provando, al massimo, solo una timida vergogna.
E' un film sul rammarico.
L'aggressione in cui Germano prende di mira un extracomunitario fa da coltraltare, dopo il pentimento, all'umanità con cui ricerca spasmodicamente il ragazzo di colore guardandolo solo negli occhi senza dire una parola ma facendo capire il conflitto all'interno del personaggio. Si passa in maniera quasi irrazionale a una mortificante pulsione di sentimenti all'interno di ogni protagonista. Da segnalare gli occhi mefistofelici di Elio Germano nella scena all'interno del cantiere navale piuttosto che dentro il negozio quando abbraccia il modellino ricordando un passato di bimbo mai goduto appieno. La Ramazzotti solare. Ingenua, porta lo spettatore oltre l'ostacolo; non possiamo non amarla per quello che rappresenta ai nostri occhi. Si immola strappando un sorriso a Carpentieri facendo leva su una famiglia che non deve essere necessariamente quella anagrafica. Infine Giovanna Mezzogiorno. Ultima ma non certamente l'ultima. Gli occhi, le guance, il sopracciglio: una mimica facciale da considerarla una delle più grandi attrici di sempre.
Un film delicato, sublime che ci fa capire il pensiero di ognuno andando oltre a quello che ogni personaggio dice realmente. Tanto vero perchè corre su quel binario doloroso di verità unito al desiderio di amore per quello che realmente rappresentiamo. La commozione si insinua forte quando Lorenzo afferma che "ai bambini si può dire tutto"; peccato che a molti adulti, quando erano bambini, non è mai stato detto nient'altro che ciò che dovevano diventare e ciò, invece, che non avrebbero mai potuto essere.
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kimkiduk
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venerdì 28 aprile 2017
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due tempi diversi
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Commento non facile per un film decisamente da due volti e due facce. Prima parte, diciamo fino al dramma, è bellissimo, seconda parte che non trova la quaglia o la quadratura o non chiude il cerchio dite come volete. Il messaggio del film arriva lo stesso e per questo è piacevole e importante la sua visione, ma ripeto qualcosa non giunge a compimento. Il protagonista è un uomo che "forse" non sa amare, che cerca di rimediare ai suoi errori di vita priva di affetto vero, verso la moglie attraverso un'amante anch'essa delusa; attraverso una figlia persa e sostituita improvvisamente dalla vicina di casa Ramazzotti; nel figlio mai considerato ricercato nel nipote che serve però quasi da riparo e da parafulmine per tutti e due le mancanze verso i figli.
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Commento non facile per un film decisamente da due volti e due facce. Prima parte, diciamo fino al dramma, è bellissimo, seconda parte che non trova la quaglia o la quadratura o non chiude il cerchio dite come volete. Il messaggio del film arriva lo stesso e per questo è piacevole e importante la sua visione, ma ripeto qualcosa non giunge a compimento. Il protagonista è un uomo che "forse" non sa amare, che cerca di rimediare ai suoi errori di vita priva di affetto vero, verso la moglie attraverso un'amante anch'essa delusa; attraverso una figlia persa e sostituita improvvisamente dalla vicina di casa Ramazzotti; nel figlio mai considerato ricercato nel nipote che serve però quasi da riparo e da parafulmine per tutti e due le mancanze verso i figli. Personaggi collaterali interessanti perchè la famiglia dei vicini ha molte somiglianze se non paradossalmente identica alla sua; è infatti una famiglia composta da un padre che non sa amare i figli da una madre non amata e da due figli esattamente come era quella di Lorenzo. Il dramma che sembra cambiare il film in realtà è un evento secondario, conta per la rappresentazione dei rapporti interiori e personali del protagonista, non per il fatto in sè. E qui ti aspetti la crescita finale per diventare memorabile, ma non arriva anzi si affloscia. Sparisce Michela come personaggio parlante ed il film ne perde quasi totalmente il contenuto. Anche Lorenzo, che sembrava eccezionale sfuma, quasi sostituito in importanza dalla figlia Elena, che però sia per il personaggio che per l'interpretazione di una spenta Mezzogiorno, non regge più la prima parte, sembra quasi che la Mezzogiorno non abbia più voglia di recitare. Il figlio poco o nulla; l'amante, speranza di fulgore non illumina; Lorenzo non morde come speravo. Il film si regge sulle frasi e suoi momenti; decisivi sono tre frasi che spiegano tutto il film: 1) il più bello e il più spiazzante è il discorso di Lorenzo a Michela quando dice che l'amore dei figli piccoli crescendo si perde e ci si accorge di non amarli più. Frase fondamentale che ci fa riflettere per tutta la nostra vita; 2) Michela che in sogno appare e offre la strada giusta a Lorenzo dicendogli di sparire e di non stare con lei perchè ha la sua "vita" e non è con lui come padre; di Elena nel finale che cita una frase di uno scrittore arabo che spiega come importante sia il ritorno e non l'andare via. Ti aspetti qualcosa di importante che non arriva e allora in fin dei conti ti accontenti del finale che a di "meglio che niente" con la consapevolezza da parte di Lorenzo di non sbagliare due volte nella vita allo stesso modo. Il voto è alto sicuramente, ma forse durante il film speri anche di più. Finisco con una considerazione: per vedere buoni film ancora ci dobbiamo nutrire di registi chiamiamoli datati, tipo Taviani, Amelio od Olmi come dire l'esperienza fa la differenza.
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flyanto
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venerdì 28 aprile 2017
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i sentimenti che vanno esternati
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"La Tenerezza" del regista Gianni Amelio è un film con una drammaticità sempre più crescente man mano che la vicenda si dispiega ed è basato principalmente sulla tematica dei rapporti affettivi che legano le persone tra loro. Il protagonista principale è un signore anziano, ex-avvocato, molto burbero e ormai solo perchè praticamente non ha più alcun rapporto con i due figli per motivazioni legate al passato e non ancora risolte. Quando viene a contatto con una famiglia composta da una coppia di giovani e due bambini, suoi vicini di casa, l'esuberanza e lo spirito positivo che soprattutto anima la donna lo contagiano e lo coinvolgono in un rapporto amicale in cui nemmeno lui sperava di poter più credere e che potesse conseguentemente ancora succedere.
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"La Tenerezza" del regista Gianni Amelio è un film con una drammaticità sempre più crescente man mano che la vicenda si dispiega ed è basato principalmente sulla tematica dei rapporti affettivi che legano le persone tra loro. Il protagonista principale è un signore anziano, ex-avvocato, molto burbero e ormai solo perchè praticamente non ha più alcun rapporto con i due figli per motivazioni legate al passato e non ancora risolte. Quando viene a contatto con una famiglia composta da una coppia di giovani e due bambini, suoi vicini di casa, l'esuberanza e lo spirito positivo che soprattutto anima la donna lo contagiano e lo coinvolgono in un rapporto amicale in cui nemmeno lui sperava di poter più credere e che potesse conseguentemente ancora succedere. Un evento tragico trasformerà poi completamente l'esistenza di questa persona anziana che nel frattempo avrà appreso la lezione di condividere ed esternare gli affetti pubblicamente senza più "barricarsi" in un isolamento quanto mai innaturale per ciascun individuo.
Gianni Amelio presenta una storia alquanto reale e quotidiana riguardante delle persone comuni appartenenti ad ogni fascia d'età, evidenziandone la natura ed il loro modo di rapportarsi agli altri. Ma il pregio della pellicola sta proprio in questa veridicità che comunque, per quanto fortemente drammatica, non sconfina in un pessimismo cupo ma è leggermente intrisa di un barlume di positività e speranza. Pertanto i veri protagonisti del film sono, appunto, i sentimenti o, meglio, il sentimento della tenerezza, del lasciarsi andare, del sorridere e della comunicazione attraverso ogni modo. Gianni Amelio per rendere più efficace il suo pensiero si è anche avvalso della scelta di ottimi attori, quali Renato Carpentieri che spicca su tutti, Micaela Ramazzotti sorridente, sognatrice e fiduciosa del futuro, Elio Germano con un'inquietudine di fondo ed in lotta con svariati e contrastanti suoi stati d'animo e Giovanna Mezzogiorno seria e e rassegnata ad un'esistenza piuttosto grigia, divisa tra i rancori familiari e la conseguente solitudine e le "brutture " della vita quotidiana nei processi in tribunale dove ella lavora come interprete degli accusati appartenenti a nazionalità straniera.
Altamente consigliabile seppure un poco triste.
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[+] la tenerezza, strumento infallibile per la felicit
(di no_data)
[ - ] la tenerezza, strumento infallibile per la felicit
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pietro69
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giovedì 27 aprile 2017
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attori eccezionali film un po' meno.
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Attori Bravissimi. Film poco convincente.
E' la storia di una famiglia che vede Napoli e poi muore.
Di tenerezza se ne vede poca (solo alla fine). Solo molta solitudine e tristezza.
Elio Germano superlativo come sempre.
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jackbeauregard
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giovedì 27 aprile 2017
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minestrone abbastanza insipido
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Troppi personaggi, poco più che abbozzati. Troppo parlato e poco approfondito.
Questi sono i difetti principali di un film che non riesce a sfruttare l'ambientazione (Napoli resta solo una cornice sullo sfondo che non interagisce mai coi protagonisti), mette troppa carne al fuoco (senza dare il tempo di metabolizzarla), passando da un personaggio all'altro, da un dramma all'altro in pochi minuti di racconto, quasi sempre parlato e poco supportato dalle immagini, un bignami di emozioni solo riferite e poco vissute, incapaci di scuotere nel profondo lo spettatore.
Clint Eastwood diceva che se hai una buona storia, un buon cast di attori e dei bravi tecnici, ci devi mettere del tuo (come regista) per non riuscire a fare un buon film.
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Troppi personaggi, poco più che abbozzati. Troppo parlato e poco approfondito.
Questi sono i difetti principali di un film che non riesce a sfruttare l'ambientazione (Napoli resta solo una cornice sullo sfondo che non interagisce mai coi protagonisti), mette troppa carne al fuoco (senza dare il tempo di metabolizzarla), passando da un personaggio all'altro, da un dramma all'altro in pochi minuti di racconto, quasi sempre parlato e poco supportato dalle immagini, un bignami di emozioni solo riferite e poco vissute, incapaci di scuotere nel profondo lo spettatore.
Clint Eastwood diceva che se hai una buona storia, un buon cast di attori e dei bravi tecnici, ci devi mettere del tuo (come regista) per non riuscire a fare un buon film. Ecco credo che Amelio ci abbia messo parecchio del suo, perchè con alcuni dei più bravi attori italiani a disposizione e con una storia che avrebbe avuto bisogno di un maggior respiro e/o di soluzioni registiche all'altezza (anche a livello di script), è riuscito a fare solo un compitino abbastanza insipido.
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[+] È proprio così!
(di ilconformista)
[ - ] È proprio così!
[+] meglio clint al suo peggio che amelio al suo megli
(di biagiodimonluc)
[ - ] meglio clint al suo peggio che amelio al suo megli
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rickluck
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mercoledì 26 aprile 2017
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crescere anche a 70 anni
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Un percorso di redenzione di un personaggio rabbioso, perché incapace di accettare un passato vissuto mediocremente, ma che al vicinarsi della fine, trova energie inaspettate nel percorrere una strada forse mai intrapresa veramente e che lo condurrà alla tenerezza
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