rosso malpelo
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sabato 6 maggio 2017
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accarezzati dall'idea
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Dal titolo ingannatore, la Tenerezza, vista da Gianni Amelio, in questo cupo mondo di sentimenti buoni inevitabilmente falliti, al macero da tempo nelle anime dei protagonisti, non esiste, e la si cerca, per disperazione, senza saperne neanche il nome: solo tradimenti, rabbia senza scopo e senza perdono. Due famiglie, una molto vecchia l'altra molto giovane, accomunate dalla incapacità di amarsi, ma salde nel farsi del male, sullo sfondo di una Napoli stracciata cadente e faticosa, si specchiano nel sorriso, unico in tutto il film , della mamma Michela , giovane,ma un pò svitata. La tragedia senza senso,che rimarrà scolpita nelle menti dello spettatore, compiuta dal giovane padre ossessionato da problemi parapsichiatrici, si matura con angoscia e senso di smarrimento generale lasciando una domanda: ma perchè? Perchè noi dobbiamo andare al cinema accarezzati dall'idea di riflettere su di un sentimento raro, e prezioso, per doverne sorbire invece tutta la amara perdita e assenza nelle incapaci personalità di questi filosofici personaggi? La grande bravura e convinzione degli attori, di un Lorenzo Carpentieri,patriarca poco onorevole e avvezzo a non amare nessuno, lo spezzarsi dell'integrità psichica nel giovane padre delineato da Elio Germano, il sorriso evanescente fragile ed imbarazzante di Micaela Ramazzotti, la ricerca senza bussola di un equilibrio nella avvocato disegnata con pesantezza da Giovanna Mezzogiorno, per non parlare dei ritratti secondari, non ne giustificano la penitenziale visione.
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Dal titolo ingannatore, la Tenerezza, vista da Gianni Amelio, in questo cupo mondo di sentimenti buoni inevitabilmente falliti, al macero da tempo nelle anime dei protagonisti, non esiste, e la si cerca, per disperazione, senza saperne neanche il nome: solo tradimenti, rabbia senza scopo e senza perdono. Due famiglie, una molto vecchia l'altra molto giovane, accomunate dalla incapacità di amarsi, ma salde nel farsi del male, sullo sfondo di una Napoli stracciata cadente e faticosa, si specchiano nel sorriso, unico in tutto il film , della mamma Michela , giovane,ma un pò svitata. La tragedia senza senso,che rimarrà scolpita nelle menti dello spettatore, compiuta dal giovane padre ossessionato da problemi parapsichiatrici, si matura con angoscia e senso di smarrimento generale lasciando una domanda: ma perchè? Perchè noi dobbiamo andare al cinema accarezzati dall'idea di riflettere su di un sentimento raro, e prezioso, per doverne sorbire invece tutta la amara perdita e assenza nelle incapaci personalità di questi filosofici personaggi? La grande bravura e convinzione degli attori, di un Lorenzo Carpentieri,patriarca poco onorevole e avvezzo a non amare nessuno, lo spezzarsi dell'integrità psichica nel giovane padre delineato da Elio Germano, il sorriso evanescente fragile ed imbarazzante di Micaela Ramazzotti, la ricerca senza bussola di un equilibrio nella avvocato disegnata con pesantezza da Giovanna Mezzogiorno, per non parlare dei ritratti secondari, non ne giustificano la penitenziale visione. Sconsigliato a bambini e ragazzini, ripete il diffuso clichè "alla larga dalla famiglia! nido di oscure paure e legami soffocanti". Il finale timido della mano del vecchio padre nella mano della non più giovane figlia sola,sullo sfondo della Napoli più luminosa e moderna, non potrebbe riscattare certo lo stato d'animo generale ormai sotto i tacchi.
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mauriziomeres
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sabato 6 maggio 2017
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autentica realtà
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Film strutturalmente perfetto,tutto girato in presa diretta,con i suoni della vita come colonna sonora,attraverso una magistrale recitazione di tutti gli attori,dialogato con estrema efficacia e nei tempi teatralmente costanti ed espressivamente reale,i tagli scena perfetti che non si soffermano sulla staticità del periodo ma lasciano allo spettatore l'interpretazione di ciò che ognuno di noi vuole vedere,il tutto incastonato in una cornice di una Napoli,vera,reale,autentica non violenta ma passiva allo scorrere della vita,bellissimi sono alcuni scorci dei vicoli che scenograficamente parlando danno l'autenticità a tutta la sceneggiatura del film.
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Film strutturalmente perfetto,tutto girato in presa diretta,con i suoni della vita come colonna sonora,attraverso una magistrale recitazione di tutti gli attori,dialogato con estrema efficacia e nei tempi teatralmente costanti ed espressivamente reale,i tagli scena perfetti che non si soffermano sulla staticità del periodo ma lasciano allo spettatore l'interpretazione di ciò che ognuno di noi vuole vedere,il tutto incastonato in una cornice di una Napoli,vera,reale,autentica non violenta ma passiva allo scorrere della vita,bellissimi sono alcuni scorci dei vicoli che scenograficamente parlando danno l'autenticità a tutta la sceneggiatura del film.
Il racconto e di una realtà vera che purtroppo viviamo tutti i giorni,in qualsiasi angolo della terra,problematiche adolescenziali che si ripercuotono nella vita di ognuno,la debolezza e il rifiuto nel capire gli altri,tutti i drammi di una incomunicabilità sociale con tragedie che spesso potrebbero essere evitate.
Il fulcro principale del film e la vita di un avvocato in pensione che ormai anziano e malato,e soprattutto solo con due figli che rifiuta di capire,riscopre il valore della vita dando tutto se stesso ma soprattutto ciò che non è mai stato,attraverso l'affetto ad una famiglia vicina di casa,e diventando partecipe alla loro tragedia che per certi versi diventa annunciata.
Un neorealismo attuale che può diventare statico alla visione del film in quanto la quotidianità dei fatti spesso spinge la gente all'indifferenza sociale,ma questo è quello che accade purtroppo spesso,e il bravissimo e sensibilissimo Amelio come suo solito riporta con una grandissima umanità,fatti di assoluta realtà è entrando dentro i personaggi nel più profondo intimo.
Film sicuramente crudo e severo,ma da vedere senza nasconderci da facili sentimentalismi e ipocriti giudizi senza senso,ricordandoci che aiutare è uno dei primi doveri civici della vita.
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kleber
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giovedì 4 maggio 2017
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non ho trovato un senso
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Un accrocchio di bei sentimenti... con una trama arrangiata a capriccio. Con disgrazie bellamente rabberciate in mezzo al film. La Ramazzotti bravissima nell'interpretazione del solito personaggio che trascina da un film all'altro. Vorrei capire come è possibile che ancora nel 2017, se un film è ambientato a Napoli, i protagonisti non possono che abitare nel palazzo del '600 con le scale tortuose e le terrazze, ben ristrutturato ma non di lusso... benintesi.
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angeloumana
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giovedì 4 maggio 2017
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la famiglia...il posto peggiore dove nascere
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La Tenerezza in extremis … Renato Carpentieri impersona un anziano avvocato onesto a modo suo, da incidenti falsi, una chiavica d’avvocato, che ha vissuto una vita pure a modo suo, staccato dalla moglie ora defunta e dai due figli, dotato di un’amante dalle forme generose come Maria Nazionale. In extremis riscopre la tenerezza verso almeno una dei figli, l’altro è anaffettivo e spilla soldi alla sorella, del resto è Renato a dire in un’occasione che a Napoli basta bussare e vi sarà aperto. La figlia è Giovanna Mezzogiorno, una molto umana traduttrice dall’arabo nei processi ad immigrati, bada al loro tono di voce, al fiato, agli occhi e quello che hanno nella testa.
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La Tenerezza in extremis … Renato Carpentieri impersona un anziano avvocato onesto a modo suo, da incidenti falsi, una chiavica d’avvocato, che ha vissuto una vita pure a modo suo, staccato dalla moglie ora defunta e dai due figli, dotato di un’amante dalle forme generose come Maria Nazionale. In extremis riscopre la tenerezza verso almeno una dei figli, l’altro è anaffettivo e spilla soldi alla sorella, del resto è Renato a dire in un’occasione che a Napoli basta bussare e vi sarà aperto. La figlia è Giovanna Mezzogiorno, una molto umana traduttrice dall’arabo nei processi ad immigrati, bada al loro tono di voce, al fiato, agli occhi e quello che hanno nella testa. Renato aveva smesso d’amarli, i figli, quando crebbero, dice per paura di non sapergli dare più niente, voleva liberarli di sé, ce l’aveva quasi fatta a renderli orfani. Li amava da bambini, il vecchio scontroso lega infatti coi bambini dei vicini, immigrati a Napoli ma da Trieste, essendo lui (Elio Germano) ingegnere navale. E’ molto legato pure al nipotino Francesco, che la figlia concepì in Egitto dove visse un tempo.
Un film con cui Gianni Amelio ti prende gentilmente e poi ti scuote fino alle lacrime, rivela storie familiari assurde ma tipiche, di incomprensioni, di fraintendimenti, di non detti, fino a una grande tragedia che si compie quasi sotto gli occhi di Renato. Due famiglie, quella di Renato e quella di Elio, con conflitti irrisolti. Attori dei nostri migliori, che rendono autentici i loro ruoli. L’anziano avvocato si stava innamorando della moglie dell’ingegnere, Micaela Ramazzotti, come di una figlia, mancandogli quella vera. Fin qui è la storia del film, o del libro da cui è tratto, ma si può discutere di quanto valgano questi ricongiungimenti in extremis: il vecchio avvocato stava per lasciarci le penne per un infarto all’inizio del film, non avesse deciso improvvisamente di scappar via da una degenza in ospedale e tornare a casa, dove vive solo, non avrebbe incontrato questi nuovi vicini di casa. Per via di questa conoscenza sente improvvisa la mancanza della figlia.
Renato parla alla vicina Micaela mentre essa è incosciente in ospedale e, sia questo monologo che quello di sua figlia Giovanna a lui rivolto durante il ricovero per infarto, sanno molto di confessioni, di cose che tra parenti ci diremmo o di cose che diciamo a noi stessi (inevitabile pensare al monologo di Come pietra paziente) ma, quando l’autunno dei sentimenti interviene, è troppo tardi, in extremis, quasi non serve più perché la tenerezza non è stata vissuta nel tempo perduto, quando si poteva … anche se qualcuno ci fa film e libri d’istruzioni su come recuperarla.
Nel film ci sono due episodi che meriterebbero una “trattazione” a parte e che entrano dalla ‘finestra’ della trama. In uno Elio aggredisce un immigrato nella Galleria di Napoli per l’insistenza nel cercare di vendergli oggetti, un volgarmente detto “vu’ cumprà”, pentendosene poi … è umanità sopraggiunta, derivante forse dai suoi conflitti interiori e dai suoi vissuti di bambino a cui mancava la sicurezza di amicizie, per avere le quali era disposto a pagare, e che cercava scuse per farsi voler bene. In un altro compare la madre di Elio che racconta a Renato di qualcosa accaduto nell’infanzia di suo figlio, confessa Non ce l’ho fatta ad aiutarlo e finisce con un improvvido Difficile e caro oggi avere un posto al cimitero.
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[+] evviva i buoni film!
(di maria.f)
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no_data
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giovedì 4 maggio 2017
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un occasione mancata
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Purtroppo ho trovato questo film di Amelio fumoso, incompleto, presuntuoso. Le situazioni, i sentimenti le caratterizzazioni e i legami fra personaggi, vengono presentati come dati di fatto e non estrapolati, neanche raccontati. Abbiamo l'ex avvocato che al calare di una vita vissuta spregiudicatamente si ritrova isolato dall'orgoglio e forse dai sensi di colpa (non è dato saperlo) che trova uno spiraglio nell'arrivo dei vicini di casa, personaggi delineati con l'accetta ma con cui è facile empatizzare: il marito storto, spigoloso, un vulcano di malessere malcelato , la moglie evanescente ma ingenuamente saggia, con due occhioni increduli e fiduciosi sulla vita, due figli probabilmente spaesati dall'arrivo in una nuova città .
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Purtroppo ho trovato questo film di Amelio fumoso, incompleto, presuntuoso. Le situazioni, i sentimenti le caratterizzazioni e i legami fra personaggi, vengono presentati come dati di fatto e non estrapolati, neanche raccontati. Abbiamo l'ex avvocato che al calare di una vita vissuta spregiudicatamente si ritrova isolato dall'orgoglio e forse dai sensi di colpa (non è dato saperlo) che trova uno spiraglio nell'arrivo dei vicini di casa, personaggi delineati con l'accetta ma con cui è facile empatizzare: il marito storto, spigoloso, un vulcano di malessere malcelato , la moglie evanescente ma ingenuamente saggia, con due occhioni increduli e fiduciosi sulla vita, due figli probabilmente spaesati dall'arrivo in una nuova città . L'attenzione cade inevitabilmente su di loro e sul loro iteragire con l'anziano protagonista, ma è un percorso annunciato e abortito... Cosi ti aspetti che a un certo punto la tragedia che prima della metà del film spazza via la parte più interessante del racconto funga da catalizzatore per i resto ... ma neanche questo, da li in poi il film si trascina con stanchezza lasciandoti con una storia incompiuta da una parte e risaputa dall'altra .
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giovedì 4 maggio 2017
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deludente
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Al contrario di quanto decantato dalla critica, La tenerezza ha ampiamente disatteso le mie aspettative. La storia si dipana inizialmente in modo confuso, tant'è che non capisci perché Elio Germano arriva a fare ciò che farà. In seguito il racconto vorrebbe farsi profondo senza realmente riuscirci. Gli attori recitano in modo forzato e non riescono a trasmettere empatia. In sostanza non mi ha emozionato come avrebbe dovuto e pertanto il voto è insufficiente. E' stato promosso in pompa magna, ma di film come questo se ne può fare a meno. Laura
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guidodino
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mercoledì 3 maggio 2017
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bella storia buttata via
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Alla fine ho provato perfino irritazione di fronte a bravi attori, bella location e bella storia ma a un pessimo risultato complessivo; come dire: buttare via un'opportunità filmica interessante e i sentimenti di una storia complessa, probabilmente fidandosi solo della propria storia registica e di generosi aiuti al cinema da parte di MIBACT e sponsor vari.
Un film mal sviluppato e male esposto, con momenti di drammatico e ruscito realismo alternati ad altri improbabili e mistificanti, col risultato di quasi annullare e i primi.
Ho fatto un sogno: chissà come lo stesso soggetto, la sceneggiatura e la regia sarebbero stati proposti da un grande come Ken Loach, con tutto il rispetto dovuto ad "un altro" Amelio.
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agata75
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mercoledì 3 maggio 2017
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il titolo giusto sarebbe 'la pesantezza'
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Film che promette bene dall'incipit, l'idea c'è. Si sviluppa però in maniera troppo contorta, con una drammaticità e tragicità che non aggiunge valore alla trama e si dilunga in particolari che anch'essi non sono necessari, aumentano solo il calvario, aspettando il finale. Lo stesso è risolutivo, ma che fatica. I personaggi sono troppi, abbozzati ma non sufficientemente approfonditi psicologicamente da poter creare un legame con lo spettatore. Io lo sconsiglio, non mi ha dato niente.
[+] la pesantezza!!!
(di tamburel)
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fabiofeli
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mercoledì 3 maggio 2017
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la felicità è il luogo dove si ritorna
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Lorenzo (Renato Carpentieri) è un avvocato70enne che vive a Napoli in un grande appartamento al quinto piano di un palazzo gentilizio. Ha appena avuto un infarto ed è in ospedale, ma non esita a staccare la flebo per tornare a casa. Sua moglie è morta; non l’amava ed aveva una relazione con un’altra donna. Lorenzo schiva i figli: Saverio (Arturo Muselli) si arrangia come può e cerca sempre denaro; la figlia (Giovanna Mezzogiorno) fa l’interprete in tribunale con la sua preziosa conoscenza della lingua araba e con doti psicologiche non richieste; con lei il padre non parla più; non le perdona di aver rivelato alla madre la sua relazione, ma la verità è un’altra.
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Lorenzo (Renato Carpentieri) è un avvocato70enne che vive a Napoli in un grande appartamento al quinto piano di un palazzo gentilizio. Ha appena avuto un infarto ed è in ospedale, ma non esita a staccare la flebo per tornare a casa. Sua moglie è morta; non l’amava ed aveva una relazione con un’altra donna. Lorenzo schiva i figli: Saverio (Arturo Muselli) si arrangia come può e cerca sempre denaro; la figlia (Giovanna Mezzogiorno) fa l’interprete in tribunale con la sua preziosa conoscenza della lingua araba e con doti psicologiche non richieste; con lei il padre non parla più; non le perdona di aver rivelato alla madre la sua relazione, ma la verità è un’altra. Lorenzo non vuole essere compatito, né sorvegliato sulla salute – fuma come una ciminiera! -; per lui è meglio morire piuttosto che essere custodito da una collaboratrice familiare, una di quelle persone che con malcelato disprezzo vengono chiamate “badanti”, un termine offensivo anche per il “badato”; ama la sua autonomia, anche se scalare cinque piani col pieno di acqua minerale è micidiale per un infartuato. Una vicina sbadata, Michela (Micaela Ramazzotti), che perde sempre le chiavi di casa, fa breccia nella sua vita da orso, che si concede solo fuggevoli sorrisi a un bimbo che a sua volta gli sorride sulla funicolare o tentativi infruttuosi di sodalizio con il nipote, “rubato” alla scuola prima del doposcuola. Michela e la sua famiglia, composta da Fabio (Elio Germano) e due figli piccoli, sono sradicati per via del lavoro del marito ingegnere, costretto a trasferirsi spesso come accade ai carabinieri. Cresce un rapporto non solo formale ma anche affettivo: Lorenzo prepara per loro un sartù, uno dei must della cucina napoletana, ma la tragedia è in agguato …
Gianni Amelio confeziona uno dei suoi più bei film, forse il più bello, con la complicità dello sceneggiatore Taraglio; lascia parlare le immagini più delle parole, seguendo la regola delle “sottrazioni” di Eduardo. Ritrova uno straordinario attore, Renato Carpentieri, cinque lustri dopo Porte aperte nel quale recitava assieme a Gian Maria Volonté, e lo sceglie come “alter ego”. E cosa dire di Elio Germano tra scatti furiosi e pentimenti o di Giovanna Mezzogiorno, figlia d’arte, o della dolcissima Ramazzotti, e giù giù fino all’ultimo attore di contorno? E Napoli è mille colori, ma anche luci ed ombre, bianco e nero, tra umanità affollata e disumanità di pericolosi motorini e skateboard, tra disordine e perfetto allineamento fotografico minimalista di interni di moderni ospedali o palazzi acciaio e vetro. La voglia di tenerezza, acuta in un uomo di 70 anni ma altrettanto cocente in ogni età, non è una manifestazione di debolezza ma di forza. Ci si sente vicini, ci si riconosce nell’uomo che fa il bilancio della sua vita, un uomo né perfido né santo, che ama più i nipoti dei figli smarriti nel corso della vita. Il posto delle fragole è una carezza ad una mano. Un film da non mancare.
Valutazione ****
FabioFeli
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cardclau
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martedì 2 maggio 2017
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come i sogni ma siamo sull'orlo di un incubo
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I film sono come i sogni. Non vanno letti come una storia coerente, ma come pezzetti che vanno presi singolarmente. Vediamo l'ultimo film di Gianni Amelio, la tenerezza. Intanto il titolo, la tenerezza, che è un sentimento particolarmente complesso ed estremamente vitale. Cimentarsi con essa può essere impresa formidabile, può bastare uno sguardo, ma forse non è sufficiente la mano del protegonista che cerca alla fine, in modo che non si comprende, di accarezzare la figlia. Difficoltà generazionali fra padre e figli, ma da dove partono? Il protagonista si affeziona ad una coppia di giovani, sposati con due figli, ed uno si illude per una storia semplice, edificante, effettivamente tenera.
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I film sono come i sogni. Non vanno letti come una storia coerente, ma come pezzetti che vanno presi singolarmente. Vediamo l'ultimo film di Gianni Amelio, la tenerezza. Intanto il titolo, la tenerezza, che è un sentimento particolarmente complesso ed estremamente vitale. Cimentarsi con essa può essere impresa formidabile, può bastare uno sguardo, ma forse non è sufficiente la mano del protegonista che cerca alla fine, in modo che non si comprende, di accarezzare la figlia. Difficoltà generazionali fra padre e figli, ma da dove partono? Il protagonista si affeziona ad una coppia di giovani, sposati con due figli, ed uno si illude per una storia semplice, edificante, effettivamente tenera. Per poi scoprire che sono entrambi sghiandati (giustamente più il maschio, ma lascio agli spettatori di scoprire il come ed il perché). Mi chiedo, è mai possibile che noi italiani, piuttosto spesso, abbiamo bisogno di storie trucide, estremamente complicate, e non possiamo nella semplicità esprimerci? La pantomima durante il coma appare particolarmente improbabile, perfino fastidiosa, ma sono stato graziato col decesso. Ma non tutto è problematico, mi è piaciuto molto il vecchio avvocato, sapiente nella recitazione, ricco di battute di quella visione del mondo propria di Napoli che lo rede impagabile e che mi ha donato, numerose volte, delle fresche e allegre risate.
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