writer58
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domenica 19 marzo 2017
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l'inverno dentro
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Dalle recensioni lette, mi aspettavo un film cupo e freddo, dominato da colori grigi e smorti. Invece, "Manchester by the sea", terzo lungometraggio di Lonergan, è un'opera dai colori chiari e dagli ampi spazi, ambientata sulla costa del Massachussets, non lontano da Boston. E' inverno, la temperatura è gelida, ma il cielo diffonde una luce smorzata che si riflette sulla neve e su un mare increspato.. L''inverno dei personaggi, soprattutto del protagonista - un eccellente Casey Affleck, premio Oscar per la migliore interpretazione maschile- è interiore, una miscela paralizzante di sensi di colpa, traumi non elaborati, distacco dal mondo e ripiegamento su se stessi che li rende quasi afasici e incapaci di relazioni autentiche.
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Dalle recensioni lette, mi aspettavo un film cupo e freddo, dominato da colori grigi e smorti. Invece, "Manchester by the sea", terzo lungometraggio di Lonergan, è un'opera dai colori chiari e dagli ampi spazi, ambientata sulla costa del Massachussets, non lontano da Boston. E' inverno, la temperatura è gelida, ma il cielo diffonde una luce smorzata che si riflette sulla neve e su un mare increspato.. L''inverno dei personaggi, soprattutto del protagonista - un eccellente Casey Affleck, premio Oscar per la migliore interpretazione maschile- è interiore, una miscela paralizzante di sensi di colpa, traumi non elaborati, distacco dal mondo e ripiegamento su se stessi che li rende quasi afasici e incapaci di relazioni autentiche.
Lee Chandler è un giovane uomo che vive in un sottoscale di un edificio a Boston, lavora come portiere e tuttofare, ha rapporti ruvidi con gli inquilini, che si lamentano dei suoi modi sgarbati e spicci, ogni tanto si concede qualche birra in un pub. E' introverso, rifugge i rapporti sociali, occasionalmente scatena una rissa con sconosciuti, come se il vuoto interiore potesse essere lenito da qualche pugno, come se volesse restituire a qualcuno parte dei colpi che la vita gli ha assestato. E' schiacciato da un dolore violento, da sensazioni di colpa che non gli danno requie e che lo immobilizzano in una routine claustrofobica.
Una telefonata lo avvisa di un grave lutto famigliare: suo fratello maggiore -Joe- è morto per uno scompenso cardiaco, si deve recare a Manchester by the sea, sua città natale, per occuparsi del funerale e della successione dei beni del defunto. Ma il ritorno a Manchester riapre una ferita mai rimarginata, una tragedia di cui Lee si sente responsabile e che ha distrutto la sua famiglia. Nella cittadina di mare, il protagonista scopre di essere stato nominato tutore del nipote, un ragazzo di 16 anni che frequenta l'high school locale, gioca ad hockey, suona in un gruppo e intrattiene un paio di relazioni con ragazze sue coetanee.
La madre del ragazzo, tormentata dall'alcolismo, si è allontanata dalla famiglia e vive in un luogo sconosciuto. La ex moglie di Lee -Randy-, è incinta di un altro uomo e la sua comparsa al funerale di Joe provoca una tempesta emotiva che rende la condizione del protagonista ancora più insostenibile. Il film narra il difficile rapporto tra zio e nipote in un contesto da cui Lee è fuggito e che sembra lo voglia richiamare a fare i conti col suo passato, con la sua tragedia mai veramente elaborata., su cui grava una specie di diniego.
Il film di Lonergan è costruito in modo sapiente, con flashback che s'inseriscono fluidamente nella narrazione, seguendo gli stati emotivi dei protagonisti. Il passato getta un'ombra e congela il presente, rendendo le interazioni -anche quelle cortesi e convenzionali . con i medici dell'ospedale, con l'avvocato che cura il testamento di Joe, con i vicini- un autentico supplizio.
Allo stesso tempo, tuttavia, la durezza del presenta genera qualche spiraglio nell'universo chiuso e sterile di Lee: le frasi della ex moglie che scioglie per un attimo la sua angoscia e supera l'odio causato dalla perdita dei figli; la cocciuta vitalità di Patrick, il nipote, il motore della barca che viene riparato, la stessa decisione di Lee di tornare a Boston in un contesto rinnovato, tutti questi piccoli movimenti generano un embrione di speranza, la possibilità di affrontare il futuro in modo meno mortifero e autodistruttivo.
"Manchester by the sea" è un film duro e severo, non ci regala un "happy end" (che sarebbe stato stridente con il registro adottato), lascia il protagonista su un crinale incerto, a cavallo tra depressione, ripiegamento e desiderio di andare avanti comunque, possibilmente in modo migliore. Il film costituisce una prova di una maturità stilistica sorprendente. Ci consegna un ritratto di persone comuni esposte alle intemperie della vita, persone che cercano faticosamente un loro posto nel mondo, nonostante tutto, nonostante loro stessi.
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[+] immenso
(di unaditorino)
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eugenio
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sabato 4 febbraio 2017
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cicatrici non cauterizzate
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Manchester by the sea, ultima fatica diKenneth Lonergan candidata all’Oscar convince e conquista con un dramma scavato nelle luci e ombre di un passato mai destinato a divenire presente, fatto di solitudine, di un dolore che non riesce a trovare requie, di un paesaggio funzionale allo scopo, grigio che ricorda tanto il Mare del Nord ma che ci colloca in una piccola comunità costiera di provincia del nord est degli Stati Uniti, quella del titolo per l’appunto.
Casey Affleck interpreta Lee, un tuttofare che con silenzio atarassico svolge lavori manuali lontano da quel passato che lo ha visto colpevole là sulla costa. Vive ora a Boston da solo e in sé nasconde le ceneri di un dolore troppo grande da sopportare, la perdita di figli in un tragico incidente di cui si sente colpevole come l’inevitabile dissoluzione del legame con la moglie, causato dalla sua stessa indolenza.
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Manchester by the sea, ultima fatica diKenneth Lonergan candidata all’Oscar convince e conquista con un dramma scavato nelle luci e ombre di un passato mai destinato a divenire presente, fatto di solitudine, di un dolore che non riesce a trovare requie, di un paesaggio funzionale allo scopo, grigio che ricorda tanto il Mare del Nord ma che ci colloca in una piccola comunità costiera di provincia del nord est degli Stati Uniti, quella del titolo per l’appunto.
Casey Affleck interpreta Lee, un tuttofare che con silenzio atarassico svolge lavori manuali lontano da quel passato che lo ha visto colpevole là sulla costa. Vive ora a Boston da solo e in sé nasconde le ceneri di un dolore troppo grande da sopportare, la perdita di figli in un tragico incidente di cui si sente colpevole come l’inevitabile dissoluzione del legame con la moglie, causato dalla sua stessa indolenza. Lee mostra la totale indifferenza per tutto ciò che lo circonda, le sue azioni si ripetono meccaniche in un lento trascinarsi che è più un annaspare in mare aperto per evitare di affogare nell’abisso della morte.
La cognizione del dolore non si ferma dinanzi alla scomparsa per colpo apoplettico del fratello Jason, alla cui notizia, Lee, tornando in quella cittadina di provincia, teatro del tragico passato di diversi anni prima, apprende di essere divenuto tutore del nipote Patrick (sua madre dal passato di alcolista pur disintossicata, non possiede in sé la capacità di potergli badare), ora sedicenne e che Lee ricordava da bambino quando pescava insieme a lui a Manchester.
Il passato che torna sconvolge Lee. Prima incapace, stordito da quella richiesta che ha in sé il peso della responsabilità, guarda il nipote sedicenne con l’incapacità di chi non è stato in grado di badare al proprio figlio, poi inizia a comprendere le azioni di quel vitale ragazzo, lui, che capelli biondi e tanta voglia di sesso, cerca di portarsi a letto due compagne di classe, nonostante il recente lutto, lui che prima diffidente, si lega a quello zio dagli occhi tristi, incapace di vivere e di ricordare quelle gite con la barca (con cui il film si apre e circolarmente si chiude) di George, amico di Jason.
Sarà solo l’inizio di un’inevitabile quanto lento tentativo di ritorno alla normalità per entrambi, sotto il cielo plumbeo di Machester.
Manchester by the Seaè un dramma che sa emozionare senza strappare lacrime a tutti i costi. Riesce a catturare l’attenzione del pubblico, sussurrandogli qualcosa che mai vorrebbe vivere, con la dovuta sensibilità intima. Nella forma di un dolore privato mostrato in chiaroscuro mediante flashback intensi e soffusi sul passato del protagonista,Manchester by the Sea sottolinea la fragilità delle azioni umane e le conseguenze deleterie di un atto scellerato in tragedia. Ma lo fa, e qui sta l’abilità di Lonergan, prendendosi il tempo necessario per “lievitare”, in un ritmo disteso e lucido di due ore e mezza che scorrono tra episodi della famiglia Bradford, tipicamente americani (ben evidenziati nella storia tra le storie di Patrick) e tentativi sofferti di trovare una consolazione e una liberazione di Lee.
Non è un film che cicatrizza le ferite dell’anima Manchester by the sea. Non è una melensa traduzione di una sofferta catarsi alla ripresa di un deciso contatto con la vita, quella amorosa.
No, Manchester by the sea è tutt’altro.
E’ nel rapporto zio-nipote, nel dramma della solitudine di due anime che si incontrano per circostanze drammatiche, il cuore del film e Lonergan (che compare in un cameo stile Shyamalan di un litigio iniziale tra Lee e Patrick) ben sa che le cicatrici dell’anima non possono cauterizzarsi nel giro di una pellicola ma richiedono quella riflessione necessaria che lo spettatore stesso si porta e porterà dietro dopo la visione, in un messaggio di speranza di zio e nipote intenti a pescare, che ben lascia sperare.
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[+] ben scrittro
(di vanessa zarastro)
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[+] matura e profonda opera sulle ferite del cuore
(di antoniomontefalcone)
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adelio
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domenica 7 maggio 2017
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la coscienza interiore luogo senza spazio nè tempo
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“E il navigar mi è dolce in questo mare...” così si apre il film gettando lo spettatore immediatamente in una dimensione spazio-temporale che non esiste, la dimensione della coscienza cioè di un mare grigio, piatto senza confini tutto da vivere, tutto da esplorare e delimitare. Siamo dunque nel viaggio dentro l’uomo, la sua tragedia e il dolore che ne discende di fronte al quale cala la morte reale o apparente, cala l’inverno con il suo gelo in un luogo indifferente ed anonimo che ci costruiamo. Da qui parte il percorso del protagonista, dalla vita insipida, superficiale e coperta di neve di una Boston che altro non è che il “non luogo” dove l’uomo si abbandona, la sua ibernazione in attesa di un riscatto di una motivazione per reagire, non con i pugni (come spesso fa il Lee), ma con la mente e la coscienza.
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“E il navigar mi è dolce in questo mare...” così si apre il film gettando lo spettatore immediatamente in una dimensione spazio-temporale che non esiste, la dimensione della coscienza cioè di un mare grigio, piatto senza confini tutto da vivere, tutto da esplorare e delimitare. Siamo dunque nel viaggio dentro l’uomo, la sua tragedia e il dolore che ne discende di fronte al quale cala la morte reale o apparente, cala l’inverno con il suo gelo in un luogo indifferente ed anonimo che ci costruiamo. Da qui parte il percorso del protagonista, dalla vita insipida, superficiale e coperta di neve di una Boston che altro non è che il “non luogo” dove l’uomo si abbandona, la sua ibernazione in attesa di un riscatto di una motivazione per reagire, non con i pugni (come spesso fa il Lee), ma con la mente e la coscienza. Dopo tanta neve metaforicamente da spalare ….il click è l’annuncio della morte del fratello, è la chiamata...è il back home...è l’evento che involontario diventa una partenza per una nuova esperienza ...diventa la ricerca interiore ed ordinata per ridare un senso alla propria esistenza e ritrovare se stesso. Come succede nell’analisi l’uomo ha bisogno psicologicamente di tre elementi per riuscire a salvarsi: l’identità (ovvero il fratello costantemente portato alla memoria), la volontà (il nipote ritrovato) e l’affetto (perduto e da riconquistare con la moglie). Lee li ritrova simbolicamente nelle 3 persone che giorno dopo giorno (in un passaggio simbolico dall’inverno all’estate) gli permettono di ritrovare la motivazione per vivere. La stessa Manchester by the sea pur essendo piccola rispetto alla città è un universo è il cielo stellato stupendo che ci sovrasta, è la diversità, è la convivenza di tante piccole anime e di mondi che si toccano come barche nel porto, che sono vicine come le casette colorate del Massachusetts. Molto apprezzabili sono le soluzione filmiche di far dialogare Lee con il nipote, come se fosse lo scontro con la propria volontà, il proprio sprone a reagire, i due si incontrano e si parlano solo in movimento …sempre lungo un cammino o dentro l’auto in corsa su una strada, insomma, sempre lungo un “percorso” quello interiore di emancipazione. Il ricordo del fratello non lo lascia mai ..è la sua identità….è la sua infanzia felice e spensierata...è la sua famiglia. La moglie colpita dalla tragedia, tanto quanto il protagonista, ha scelto una via breve per risolvere i problemi interiori, non ha affrontato la sua coscienza e non ha risolto il dolore …quando reincontra l’ex marito entrambe riscoprono l’affetto e inconsciamente si rendono conto che l’amore può essere una soluzione.. basta solo pazienza e costanza. Arriva il disgelo, la bella stagione, Lee finalmente può seppellire il fratello, ha vicino a se il nipote e la ex moglie….ha ritrovato l'identità e ha chiuso con il passato, ha fatto pace con la sua volontà, ha ritrovato la sua capacità di amare.. ha persino dotato di un nuovo motore la barca di famiglia! Tutto si è rimesso in carreggiata, tutto ricomincia a muoversi, il tempo si rimette in moto, lo spazio riacquista un contorno ..Boston non è più il luogo dove ibernare il passato e..morire! Boston è una speranza, è un’opportunità, è un equilibrio interiore ritrovato…è in fondo ad un vialetto verde e fiorito dove una coppia come lo zio e il nipote smettono di parlare per iniziare a dialogare figurativamente con una piccola, sfuggente ma significativa palla da tennis. Film sceneggiato, strutturato e recitato con vera maestria…elementi che da tempo mancano nelle sale cinematografiche.
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ashtray_bliss
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sabato 18 febbraio 2017
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l'insostenibile peso dei sensi di colpa.
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Manchester by the Sea è un film cupo e grigio, dove regna il dolore e la rassegnatezza ad esso degli individui, dove pochi e singolari spiragli di luce e felicità non rappresentano che dei momenti fugaci, dei bagliori pronti a svanire l'attimo dopo. In questo contesto di disperazione e grigiume, sia interiore che esteriore dato dalla fotografia naturale del posto (che si sposa benissimo con la psicologia dei protagonisti stessi) seguiamo la tragica storia di Lee. Un'uomo segnato dalla perdita e dal dolore per aver provocato accidentalmente un incendio costato la vita dei suoi figli. Un uomo spezzato, quindi, nell'anima e nel corpo, un antisociale depresso con tendenze autolesioniste che vive quasi da eremita e si mantiene come tuttofare a Boston, lontano dalla sua piccola città natale (Manchester by the sea è il nome di una piccola località marittima fuori Boston) teatro della tragedia pochi anni prima.
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Manchester by the Sea è un film cupo e grigio, dove regna il dolore e la rassegnatezza ad esso degli individui, dove pochi e singolari spiragli di luce e felicità non rappresentano che dei momenti fugaci, dei bagliori pronti a svanire l'attimo dopo. In questo contesto di disperazione e grigiume, sia interiore che esteriore dato dalla fotografia naturale del posto (che si sposa benissimo con la psicologia dei protagonisti stessi) seguiamo la tragica storia di Lee. Un'uomo segnato dalla perdita e dal dolore per aver provocato accidentalmente un incendio costato la vita dei suoi figli. Un uomo spezzato, quindi, nell'anima e nel corpo, un antisociale depresso con tendenze autolesioniste che vive quasi da eremita e si mantiene come tuttofare a Boston, lontano dalla sua piccola città natale (Manchester by the sea è il nome di una piccola località marittima fuori Boston) teatro della tragedia pochi anni prima. La sua vita però verrà sconvolta da un nuovo dramma famigliare quando suo fratello maggiore, Joe, muore ed egli diventerà il tutore del nipote, Patrick, un'adolescente nel fiore dei suoi anni. L'uomo si vede allora costretto a venire faccia a faccia col passato, tornando a Manchester e organizzando il funerale del fratello nonchè prendendosi cura del nipote col quale non aveva più avuto contatti. Le dinamiche che si vengono a creare tra l'adolescente Patrick e il titubante Lee ridefiniranno il rapporto zio-nipote, e Lee acquisterà la consapevolezza di essere ormai subentrato a tutti gli effetti come figura paterna per il fragile Pat e di essere davanti ad una nuova opportunità per ricominciare a vivere e riempire quel vuoto imperante della sua anima e della sua esistenza.
Ma il peso del dolore, e sopratutto dei sensi di colpa per aver provocato la morte accidentale dei propri figli, nonchè aver distrutto il rapporto con la moglie, sono troppo ardui da affrontare e Lee cerca, in ogni occasione, una via di fuga. Il protagonista, profondamente segnato dalla tragedia, evita di relazionarsi e aprirsi con altri, uomini e donne che siano, evita di affrontare la sua ex moglie per strada, evita di stabilirsi nuovamente a Manchester facendo affidare il nipote a terzi. Lee è una figura fragile e al tempo stesso complicata che sceglie di spendere il resto della sua vita sprofondando nel dolore e nel lutto. Un'anima che non cerca la salvezza consapevole del fatto che l'unico modo per espiare le proprie colpe è quella di riviverle, giorno dopo giorno, senza lasciare che le ferite si rimargino in qualche modo. Eppure col nipote Patrick, accetta la sfida di ritornare, momentaneamente, a vivere e responsabilizzandosi nei confronti del ragazzo ricostruendo un rapporto di reciproca fiducia e rispetto, che forse un domani rappresenteranno un motivo di riscatto (e rinascita). Ma questo non ci è dato saperlo con certezza, perchè Lonergan sa che non esiste una ricetta perfetta per affrontare, ed eventualmente superare, un dolore immenso e distorsivo come quello del protagonista. Evitando, dunque, sapientemente di regalarci un finale preconfezionato, stereotipato o didascalico il regista si affida alla naturale e verosimile elaborazione del lutto per il quale non vi è un modo giusto, una ricetta magica da seguire o una didascalia morale facile da affibbiare. Ognuno attraversa il suo calvario come può, e Lee, il sofferto protagonista, decide di restare in sospeso in un limbo tra la vita e la morte, galleggiando sui ricordi e sui sensi di colpa, senza la forza ne la voglia per andare avanti e ricominciare a vivere. Il periodo di tempo che spende con Patrick sono per lui un'occasione che tuttavia non si sente mai di cogliere fino in fondo, restando intrappolato nella sua incapacità di comunicare e condividere la sua croce con altri.
E in tutto questo contesto di perdita e flebile speranza che si riaccende, il regista investe tutto nella superba fotografia naturale, algida e sbiadita come i colori dell'animo dei protagonisti che ci accompagnano in ogni sequenza. Poi grazie ad una penetrante colonna sonora con arrangements basati sopratutto sul violino e sul piano, costituisce un motivo musicale classico che accompagna in modo impeccabile le scene maggiormente cariche di pathos, tanto da restare indelebili nella memoria degli spettatori.
Venendo alla recitazione, vi troviamo un Casey Affleck assolutamente degno della sua candidatura agli Oscar, in un'interpretazione che cattura ed emoziona: introversa, sofferta, sincera, verosimile. Un'interpretazione che raffigura il volto ferito dell'altra faccia dell'America, quella rurale, sconosciuta, lontana dal glamour delle metropoli e dal chiasso delle highways. Il volto dell'America autentica che viene investito e schiacciato dal peso della tragedia famigliare che si cela, in agguato, dietro l'angolo.
Perfetta anche la breve interpretazione di Michele Williams e quella del giovane Lucas Hedges, nella parte del fragile Patrick rimasto orfano di padre ma che riesce a ricostruire un rapporto di amicizia e rispetto con lo zio. La scena finale, senza essere eccltante o catartica è fortemente simbolica. I due uomini pescano insieme, proprio come li abbiamo visti nella scena d'apertura del film, adducendo alla ciclicità della vita. E forse lasciando aperta la porta alla speranza. Quella speranza di tornare a vivere come una famiglia, raccogliendo attimi di felicità.
Film semplice ma unico nel suo genere, Manchester riesce a scavarsi una via di emozioni e sentimenti nella pelle degli spettatori, catturandoli al suo interno, convincendoli e commovendoli del dramma umano che si consuma sullo schermo. Una perla di rara fattura e sensibilità, dunque, da vedere assolutamente. 4/5.
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samanta
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domenica 26 marzo 2017
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manchester nella noia
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Ho visto alcuni giorni fa Manchester Sea che tra l'altro è dato in pochissime sale e non ho avuto un'impressione molto positiva, intendiamoci rispetto a Moonlight è un capolavoro, ma non mi sembra che meriti una particolare attenzione. Innanzitutto la trama: Lee Chandler (Casey Affleck) vive a Boston in un seminterrato fa il custode in un gruppo di condomini, le sue incombenze riguardano particolarmente lavoretti urgenti nei diversi appartamenti. E' un tipo, più che scontroso, asociale, non parla se non con monosillabi va al bar la sera a bere birra e se qualcuno non gli è simpatico lo prende a pugni. Ha alle spalle una tragedia, alcuni anni prima (5 o 6) era sposato con tre figli piccoli e viveva a Manchester cittadina sul mare, per una tremenda disgrazia di cui in parte si sente colpevole (era ubriaco) una notte la casa va a fuoco e i tre piccoli muoiono tra le fiamme.
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Ho visto alcuni giorni fa Manchester Sea che tra l'altro è dato in pochissime sale e non ho avuto un'impressione molto positiva, intendiamoci rispetto a Moonlight è un capolavoro, ma non mi sembra che meriti una particolare attenzione. Innanzitutto la trama: Lee Chandler (Casey Affleck) vive a Boston in un seminterrato fa il custode in un gruppo di condomini, le sue incombenze riguardano particolarmente lavoretti urgenti nei diversi appartamenti. E' un tipo, più che scontroso, asociale, non parla se non con monosillabi va al bar la sera a bere birra e se qualcuno non gli è simpatico lo prende a pugni. Ha alle spalle una tragedia, alcuni anni prima (5 o 6) era sposato con tre figli piccoli e viveva a Manchester cittadina sul mare, per una tremenda disgrazia di cui in parte si sente colpevole (era ubriaco) una notte la casa va a fuoco e i tre piccoli muoiono tra le fiamme. La moglie Randi (Michelle Williams) lo ha abbandonato accusandolo di tutto quanto è successo(il che non era vero), Lee va a vivere a Boston, mantiene i contatti con la sua cittadina andando a visitare il fratello Joe che vive con il figlio Patrick ormai di 16 anni, il fratello è stato abbandonato dalla moglie che era dedita all'alcool e sembrebbe ad avventure passeggere. Joe che soffre di una malattia congenita al cuore muore all'improvviso e nel testamento nomina il fratello curatore del figlio, lasciandogli anche una somma di denaro perché si trasferisca a Manchester per un paio di anni, finché Patrick non raggiunga la maggiore età. L'incarico non è gradito a Lee che è costretto ad accettare anche se i rapporti con il nipote sono difficili, si fa poi viva anche l'ex moglie che vive con un compagno ed ha un figlio piccolo e vorrebbe forse ritornare con lui. Infine dopo vari episodi Lee riesce a trovare una soluzione ritorna a Boston, Patrick è d'accordo di vivere con la famiglia di un vecchio amico di Lee e Joe e chissà che i rapporti tra i due non ritornino ad essere come una volta quando Patrick bambino giocava con lo zio.
Vediamo il positivo del film che a mio avviso è la fotografia, il Massachussets d'inverno è reso splendido con colori quasi pastello.
Per il resto è una storia drammatica con una trama interessante e che poteva dar luogo a situazioni sceniche avvincenti psicologicamente, resa però in modo lento e noioso, un dramma può anche essere, se non vivace, mosso, non svolto con una narrazione lenta senza guizzi. Il film è ambientato in una comunità in cui gli occhi non si alzano dalla suola delle scarpe, sembra che a tutti interessi ben poco di quello che succede. Ad esempio il giorno in cui muore il padre la sera il dialogo tra il nipote e lo zio verte sul fatto di non dire alla madre di una delle due fidanzate di Patrick che la giovane dorme in camera sua quella sera e lo zio si preoccupa che abbia il preservativo. Probabilmente è un comportamento comune ma questa totale indifferenza che accomuna un pò tutti sembra quasi irreale, il padre e fratello è morto da poche ore è apparentemente sembra che gliene importi niente a nessuno. Qui viene in gioco l'interpretazione, Lonergan il regista al suo terzo fim non riesce a dimenticare la sua vocazione teatrale e quindi non sembra avere in mano gli interpreti (il cinema è diverso dal teatro!) che a parte qualche spunto di Michelle Williams (Randi) recitano con somma indifferenza. Casey Affleck poi è praticamente impassibile dall'inizio del film alla fine, è vero che non gli si chiede la gestualità o la drammaticità degli attori usciti dall'Actors Studio, ma il tremendo dolore che l'opprime può anche essere reso muovendo un pochettino i muscoli facciali. Non riesco a capire l'Oscar per il miglior attore, a quello che ho visto gli interpreti di LA LA LAND e della battaglia di Hacksaw Ridge erano a un livello superiore senta tenere conto di un certo Denzel Washington. Inoltre il film è troppo lungo per una storia in sè non particolarmente complessa e quindi una durata di 15 o 20 minuti in meno gli avrebbe fatto bene. E' un film che tra pochi anni nessuno ne parlerà più.
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robertalamonica
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martedì 21 febbraio 2017
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manchester by the sea come un quadro di hopper
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Manchester by the Sea di Kenneth Lonergan è come un quadro di Edward Hopper. L'arte è l'unione di due grandi elementi: realismo e grande irrealtà, scriveva Nietzsche. E in questo meraviglioso, intimo film ci sono tutti gli elementi che caratterizzano le opere del pittore americano. Hopper dipinge la solitudine di luoghi che dovrebbero essere affollati. Lee Chandler, un Casey Affleck in stato di grazia, è alla ricerca disperata di una solitudine che faccia tacere le urla che affollano la sua mente. Quando un evento luttuoso lo richiama alla sua vita precedente, appare chiaro che per lui non ci sarà 'redenzione'. Manchester, La città costiera, le sue case coloniche di legno bianche e azzurre, la sua gente, la lentezza inesorabile con cui il tempo scorre, l' Adagio di Albinoni che detta i ritmi sonori, segnano 'l'ora eterna' di Lee, un'ora in cui il passato, presente e futuro si fondono in un flusso fluido, eterno, spirale.
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Manchester by the Sea di Kenneth Lonergan è come un quadro di Edward Hopper. L'arte è l'unione di due grandi elementi: realismo e grande irrealtà, scriveva Nietzsche. E in questo meraviglioso, intimo film ci sono tutti gli elementi che caratterizzano le opere del pittore americano. Hopper dipinge la solitudine di luoghi che dovrebbero essere affollati. Lee Chandler, un Casey Affleck in stato di grazia, è alla ricerca disperata di una solitudine che faccia tacere le urla che affollano la sua mente. Quando un evento luttuoso lo richiama alla sua vita precedente, appare chiaro che per lui non ci sarà 'redenzione'. Manchester, La città costiera, le sue case coloniche di legno bianche e azzurre, la sua gente, la lentezza inesorabile con cui il tempo scorre, l' Adagio di Albinoni che detta i ritmi sonori, segnano 'l'ora eterna' di Lee, un'ora in cui il passato, presente e futuro si fondono in un flusso fluido, eterno, spirale. Lee non può progredire, l'assenza di significato la cifra della sua vita, l' 'heure exquise' negata fin dal principio. E nello sciabordio delle onde a camera spenta, lo spettatore capisce che per 'quel' dolore non ci sarà l'intervento salvifico di un'altra forma di amore, non ci sarà voce, non ci sarà pace, non ci sarà domani
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[+] hopper è anche luce, vita , relazione e colore
(di fudalcor)
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zarar
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venerdì 24 febbraio 2017
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sopravvivere
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C’è in questo film spiazzante l’atmosfera dei racconti di Elizabeth Strout: un paesaggio (il Maine della Strout, il Massachusetts di Lonergan) dai toni chiari e freddi, un mare gelido e spazzato dal vento, un ambiente di piccola città molto americano, dove consuetudini e riti e codici di comportamento sembrano organizzati per controllare, mediare, rimuovere qualsiasi eccesso o estremo: gioie e dolori, esuberanza giovanile e famiglie disfunzionali, drammi e lacerazioni, malattia e morte. Come la Strout, anche Lonergan esplora questo mondo con sguardo penetrante e ‘onesto’, senza sentimentalismi, attraverso gente qualunque, storie quotidiane, comportamenti adeguati alle aspettative, che tuttavia in momenti chiave scoprono abissi vertiginosi, rivelando – come direbbe Emily Dickinson, “how red the fire rocks below, how insecure the sod…”.
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C’è in questo film spiazzante l’atmosfera dei racconti di Elizabeth Strout: un paesaggio (il Maine della Strout, il Massachusetts di Lonergan) dai toni chiari e freddi, un mare gelido e spazzato dal vento, un ambiente di piccola città molto americano, dove consuetudini e riti e codici di comportamento sembrano organizzati per controllare, mediare, rimuovere qualsiasi eccesso o estremo: gioie e dolori, esuberanza giovanile e famiglie disfunzionali, drammi e lacerazioni, malattia e morte. Come la Strout, anche Lonergan esplora questo mondo con sguardo penetrante e ‘onesto’, senza sentimentalismi, attraverso gente qualunque, storie quotidiane, comportamenti adeguati alle aspettative, che tuttavia in momenti chiave scoprono abissi vertiginosi, rivelando – come direbbe Emily Dickinson, “how red the fire rocks below, how insecure the sod…”. I due personaggi chiave sono qui Lee e Patrick Chandler, zio e nipote. Dopo la morte del fratello nella natia Manchester by the Sea, Lee scopre che costui lo ha nominato tutore di Patrick nel suo testamento. Lee, portinaio a Boston (un grande C. Affleck), ci si presenta grigio e apatico in superficie, ma con qualcosa di terribile che preme da dentro – non sappiamo che cosa, all’inizio - qualcosa che esplode episodicamente in accessi improvvisi di aggressività. Lee si sente l’ultima persona adatta ad occuparsi del nipote, eppure non può farne a meno, perché ogni alternativa gli appare impossibile o peggiore. Inizia quindi un difficile percorso, che appare irto di ostacoli per tutti e due. Perché questo adulto cupo e impacciato che non sa che fare di sé e ancora meno del nipote e il ragazzotto spavaldo con il suo sport, la sua band e le sue fidanzatine, hanno ambedue un inferno alle spalle su cui non dicono una parola, ma che emerge dal profondo, quando meno te lo aspetti, in reazioni apparentemente inspiegabili, o in potenti flash back che gettano una luce drammatica sui precari equilibri che i due cercano di mantenere in se stessi e tra loro. Così scopriamo che Lee ha abbandonato Manchester dopo aver causato involontariamente l’incendio della sua casa in cui sono morti i suoi tre figli, dopo esser stato maledetto e abbandonato dalla moglie e trattenuto a forza dal suicidarsi; Patrick da parte sua ha alle spalle una madre alcolizzata e a un certo punto sparita, la malattia senza speranza di un padre adorato che lo ha lasciato ora completamente solo, un tentativo fallito di recuperare i rapporti con la madre . Ferite troppo profonde perché un qualsiasi risarcimento sia possibile, e il regista non fa l’errore di offrire facili soluzioni. Patrick resisterà agli incerti progetti di Lee su di lui: non vorrà seguirlo a Boston, non vorrà continuare a studiare, vedrà il suo futuro nella barca da pesca del padre, la barca dei giorni felici, per salpare verso il mare aperto, lasciandosi alle spalle la morsa del dolore e dei ricordi… Per Lee non è ragionevole né economico, ma lentamente, dal fondo delle ceneri del suo cuore, troverà delle ragioni per cedere e per accettare, riconoscendo in Patrick una capacità di elaborare il lutto (simbolico il momento in cui finalmente il figlio riuscirà a seppellire il padre in terra, dopo il gelido inverno), una vitalità che lui non ha più e che potrà aiutarlo meglio di lui. Le loro strade si divideranno, almeno per il momento, e poi, più in là, chissà. Film emozionante senza far mai appello alle emozioni. Grande regia, ottima recitazione, qualche lentezza.
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ninoraffa
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venerdì 2 giugno 2017
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la fatica delle parole
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Che la vita non sia lineare è un classico: Edipo, per una banalissima precedenza stradale, innesca una tale catena di tragedie che ancora se ne parla. Piccoli accadimenti hanno una sproporzione catastrofica che offende il nostro senso di giustizia, in uno degli aspetti più irragionevoli del mondo. Lee Chandler abita con la famiglia in una cittadina sulla costa del Massachusetts; una notte, per qualche birra di troppo e il parafiamma del camino fuori posto, carbonizza in un colpo solo la casa, i suoi bambini, il matrimonio con Randy e in definitiva la sua vita. Fallisce pure il suicidio riparatore, finendo mezzo sbandato a Boston. Ritornerà malvolentieri nei suoi luoghi, qualche anno dopo, chiamato dalla morte del fratello Joe e dalle reticenti responsabilità verso il nipote Patrick, liceale abbandonato anche dalla madre.
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Che la vita non sia lineare è un classico: Edipo, per una banalissima precedenza stradale, innesca una tale catena di tragedie che ancora se ne parla. Piccoli accadimenti hanno una sproporzione catastrofica che offende il nostro senso di giustizia, in uno degli aspetti più irragionevoli del mondo. Lee Chandler abita con la famiglia in una cittadina sulla costa del Massachusetts; una notte, per qualche birra di troppo e il parafiamma del camino fuori posto, carbonizza in un colpo solo la casa, i suoi bambini, il matrimonio con Randy e in definitiva la sua vita. Fallisce pure il suicidio riparatore, finendo mezzo sbandato a Boston. Ritornerà malvolentieri nei suoi luoghi, qualche anno dopo, chiamato dalla morte del fratello Joe e dalle reticenti responsabilità verso il nipote Patrick, liceale abbandonato anche dalla madre.
Manchester by the sea è un film maschile, nel senso dell’incapacità (più) maschile di sciogliere il male di vivere attraverso le parole. Casey Affleck – inespressivo per esprimere l’inesprimibile, e a tratti violento – è ben intonato al ruolo del morto che cammina suo malgrado. Grande simpatia, invece, per il due volte orfano Patrick, ragazzo sveglio che elabora il lutto nei lettini delle coetanee invece che su quello dello psicologo.
Ben scelta l’ambientazione nella suggestiva costa nord orientale degli States, cui la fotografia rende pieno onore, affiancata da un’ottima colonna sonora con pezzi classici e corali. Manchester by the sea con la sua sceneggiatura sorvegliata, l’uso crepuscolare della luce e del paesaggio, ma soprattutto con i suoi problemi irrisolti, procede sulla rotta segnata dal destino senza cercare finali lieti, consolazioni o scorciatoie (magari il ricongiungimento di Lee con la moglie o l’invenzione di un nuovo amore) che in qualche modo sistemino le cose. Kenneth Lonergan guarda alla tragedia umana più come constatazione che come giudizio; più dal lato della natura che della ragione. Natura testimone – muta e cieca – delle nostre vicende: scorrere del tempo, neve che scende lenta ammorbidendo colori e contorni, mare specchio di casette pulite dal tetto spiovente.
Quindi annegamento del senso di colpa e del dolore nell’indistinta marea degli accadimenti? No. Esistono relitti a cui aggrapparsi. Il dialogo contratto tra Randy e Lee per strada (davanti alla carrozzina del figlio di lei con un altro, memoria dell’atroce fine dei loro), il lento avvicinarsi di Lee a Patrick, soprattutto lo stentato riacquisto della parola da parte dello stesso protagonista, non sono soluzioni, non sono terraferma, ma hanno qualche sapore di speranza e (forse) di redenzione.
La lotta della vita continua, in ogni caso solitaria dentro noi stessi. Nella prima sequenza, Lee e Patrick ancora bambino giocano e scherzano sulla barca insieme a Joe; nella brevissima inquadratura finale, zio e nipote pescano uno accanto all’altro sulla stessa barca. Il cerchio si chiude nel silenzio colmo di ciò che è accaduto in mezzo.
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mauriziomeres
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sabato 18 febbraio 2017
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non si può raccontare,si deve vedere
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Splendido film,questo è vero cinema in un montaggio che rasenta la perfezione cinematografica,il dramma perché questo è,mette lo spettatore difronte ad una realtà essenziale,un modo di vita statico ripetitivo senza nulla che possa entusiasmare chi vive in quel tipo di ambiente,ma soltanto una logica esistenziale di sopravvivenza,in una onesta semplicità,la vita che spesso nasconde dei lati impensabili,quasi irreali,ma profondamente umani,dove prendere una decisione diventa una sofferenza interiore senza una via d'uscita,il dolore,la perdita di tutta una famiglia in un isolamento e allontanamento da tutti,sono sentimenti di tutti e questo il film rimarrà nella mente dello spettatore per lungo tempo,non si può raccontare questo film ma si deve solo vedere.
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Splendido film,questo è vero cinema in un montaggio che rasenta la perfezione cinematografica,il dramma perché questo è,mette lo spettatore difronte ad una realtà essenziale,un modo di vita statico ripetitivo senza nulla che possa entusiasmare chi vive in quel tipo di ambiente,ma soltanto una logica esistenziale di sopravvivenza,in una onesta semplicità,la vita che spesso nasconde dei lati impensabili,quasi irreali,ma profondamente umani,dove prendere una decisione diventa una sofferenza interiore senza una via d'uscita,il dolore,la perdita di tutta una famiglia in un isolamento e allontanamento da tutti,sono sentimenti di tutti e questo il film rimarrà nella mente dello spettatore per lungo tempo,non si può raccontare questo film ma si deve solo vedere.
Ambientato in una piccola cittadina costiera degli Stati Uniti del nord est,sembra quasi di stare nel nord Europa,dove tutti si conoscono,e dopo il lavoro si va in un Pub per bere qualcosa,la vita da quelle parti è semplice e onesta,in un clima freddo dove il divertimento non è alto che la pura amicizia.
Superlativo,da rimanere incantati è stata l'interpretazione di Casey Affleck,nello spirito interpretativo rispecchia in pieno il personaggio ma soprattutto con i giusti sguardi e le pause nella recitazione per dare al personaggio una vera realtà ,e trasmettere allo spettatore le sue sensazioni di dolore, sono le doti di questo splendido attore.
Bellissima la doppia esposizione nel tempo,il bravissimo Lonergan,il regista da un quadro perfetto di tutto ciò che la vita può togliere ma anche dare.
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[+] si deve raccontare per evitarne la noia!
(di giannaccio)
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(di paolorol)
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vanessa zarastro
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domenica 19 febbraio 2017
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il dolore del "maschio"
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Un film che tratta decisamente la sfera del “maschile”. È descritto il modo di star male maschile in un mondo quasi primitivo, nordico, attraverso l’assenza di dialogo e di apertura nei confronti degli altri e dove è importante l’immagine dell’uomo forte. Il “maschio” non dimostra il suo dolore, non piange, non si lamenta, ma attraverso la violenza palesa la sua disperazione. I sensi di colpa lo possono portare a tentare suicidio mentre la violenza sugli altri è l’espressione della sua impotenza e frustrazione.
La vicenda è una storia ambientata del nord dove freddo, neve, tempesta e mareggiate sono il pane quotidiano.
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Un film che tratta decisamente la sfera del “maschile”. È descritto il modo di star male maschile in un mondo quasi primitivo, nordico, attraverso l’assenza di dialogo e di apertura nei confronti degli altri e dove è importante l’immagine dell’uomo forte. Il “maschio” non dimostra il suo dolore, non piange, non si lamenta, ma attraverso la violenza palesa la sua disperazione. I sensi di colpa lo possono portare a tentare suicidio mentre la violenza sugli altri è l’espressione della sua impotenza e frustrazione.
La vicenda è una storia ambientata del nord dove freddo, neve, tempesta e mareggiate sono il pane quotidiano. Lee e Joe Chandler sono fratelli e vivono in questo porto a Manchester-by-the-Sea nel Massachusetts, ma per una serie di vicende dolorose Lee si trasferisce a Boston dove si mette a fare un lavoro di handyman - l’equivalente più o meno del nostro portiere tuttofare. Vive in un alloggio monocamera a Quincy, a sud di Boston, ed è scorbutico con tutti gli abitanti degli isolati che ha in carica. Il fratello Joe è malato di cuore e muore all’improvviso, quindi Lee deve tornare a Manchester-by-the-Sea per occuparsi del funerale e del nipote Patrick perché il fratello lo ha nominato tutore nel testamento.
Questa è la “non-storia” narrata con intensità emotiva nel film che attraverso vari flash-back spiega le motivazioni per cui Lee ha lasciato quel luogo e le ragioni per cui non può restarci.
Le donne nel film (come nella vita reale, del resto) cambiano vita, hanno coraggio, riprovano a vivere, si curano: Elise, la moglie del fratello era un’etilista persa, ritrova se stessa smettendo di bere e, attraverso un percorso religioso ritrova anche la serenità e l’affetto di un nuovo compagno. Randy, la ex moglie di Lee ha un nuovo fidanzato e fa di nuovo un figlio con il nuovo compagno apparentemente più affidabile.
Casey Affleck è piuttosto bravo (sicuramente più del fratello Ben!), ma forse quella parte è cucita su di lui: piccolo ma roccioso, taciturno e muscoloso, sembra essere al limite dell’autismo ed esprime il suo dolore in maniera minimalista.
Lucas Hedges che interpreta il nipote si che è da Oscar, da adolescente viziato e antipatichello man mano si scioglie fino a mostrare affetto e una sorta di protezione nei confronti del dolente zio.
Bella la scelta della musica barocca e bella anche la fotografia che mostra il porto e le sue isole, il faro, le case unifamiliari di legno Shingle Style, tipiche della suburbia statunitense, i “luoghi urbani” americani come la chiesa, la stazione di polizia e l’Ospedale.
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(di fabriziog)
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