brunopepi
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martedì 22 settembre 2020
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l''ingegnoso richiamo degli oscar
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Alla sua terza opera il regista ci conduce dentro la difficile recente vita del protagonista, immersa nella solitudine di un seminterrato di Boston, succube dei suoi tristi ricordi e di un presente forse ancora più accorato. Anche il grigio paesaggio di questa piccola comunità costiera di provincia del Massachusetts, viene come a ricalcare il dramma che il protagonista si porta dentro, rendendo il suo carattere ancor più irascibile ed esplosivo. Non meritevole secondo me dell'Oscar per un'ordinaria interpretazione del protagonista Affleck, forse anche rinchiuso nel ruolo del silenzio del personaggio Lee, della sua furia repressa e di una disperazione compressa pronta ad esplodere come lava da un vulcano sopito.
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Alla sua terza opera il regista ci conduce dentro la difficile recente vita del protagonista, immersa nella solitudine di un seminterrato di Boston, succube dei suoi tristi ricordi e di un presente forse ancora più accorato. Anche il grigio paesaggio di questa piccola comunità costiera di provincia del Massachusetts, viene come a ricalcare il dramma che il protagonista si porta dentro, rendendo il suo carattere ancor più irascibile ed esplosivo. Non meritevole secondo me dell'Oscar per un'ordinaria interpretazione del protagonista Affleck, forse anche rinchiuso nel ruolo del silenzio del personaggio Lee, della sua furia repressa e di una disperazione compressa pronta ad esplodere come lava da un vulcano sopito. A mio criterio film piatto e arido, schiacciato da una trama senza sussulti, ma si sa, nel cinema ogni opinione è capovolgibile e questa volta mi dissocio dalla critica generale favorevole.
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giampituo
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lunedì 20 febbraio 2017
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ma alla fine ti rimane in testa
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Difficile restare seduto per rimanere a guardare questo film. Molto più facile andarsene via a respirare, all'aria aperta. Mi manca un po' il respiro. Sento una cappa di negatività su di me. Mi incavolo sempre di più. Ma resto seduto di fronte a tanta sofferenza. Perdere tre bambine nellincendio incendio della propria casa per andare a prendere da bere. Lasciare in casa assieme alle tre bimbe la loro mamma, malata cronica. E ritrovare solo lei. Che non sarà più sua. Perché con le bambine è andato via tutto. La sua voglia di vivere in primis. E poi la scomparsa del suo fratellone già ammalato che lascia sulla sua strada il figlio adolescente.
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Difficile restare seduto per rimanere a guardare questo film. Molto più facile andarsene via a respirare, all'aria aperta. Mi manca un po' il respiro. Sento una cappa di negatività su di me. Mi incavolo sempre di più. Ma resto seduto di fronte a tanta sofferenza. Perdere tre bambine nellincendio incendio della propria casa per andare a prendere da bere. Lasciare in casa assieme alle tre bimbe la loro mamma, malata cronica. E ritrovare solo lei. Che non sarà più sua. Perché con le bambine è andato via tutto. La sua voglia di vivere in primis. E poi la scomparsa del suo fratellone già ammalato che lascia sulla sua strada il figlio adolescente. E niente più. Se non la mamma di questo ragazzo che oramai si è fatta una vita altrove. Insomma tutto appare nero. Negativo. Impossibile. Incontenibile. Corsa verso il baratro. Unico compagno il enzo di colpa. Ma pian piano sembra di scorgere una luce. Quella dell'affetto e dell'amore verso l'altro punto controverso della storia. Il nipote che cerca una via d'uscita dalla sofferenza. Usando le uniche armi che possiede. La giovinezza. Gli amici. Le ragazze. La voglia di cominciare una nuova vita. Avendo come punto di riferimento soltanto suo zio. Il derelitto. Quello scartato da tutti per il suo carattere oramai disturbato. Violento a volte. Ma che non ha del tutto eliminato il germe della voglia di amare. Quindi di vivere. E tutto lascia presagire che entrambi guariranno. Film difficile, come dicevo. Ma alla fine ti rimane in testa. Ogni tanto riaffiora. E ti spinge a scriverle queste quattro parole. La bellezza del cinema.
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cristian
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sabato 25 febbraio 2017
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a tu per tu con il passato.
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Con 6 candidature agli imminenti Oscar 2017, Manchester by the sea di Kenneth Lonergan (Conta su di me,; Margaret) darà senz’altro del filo da torcere ad altri film più gettonati in quanto opera costruita con minuzia e attenzione particolare alla caratterizzazione dei personaggi, ognuno con una propria e ben definita complessità. Lonergan è anche sceneggiatore (Terapia e pallottole; Conta su di me; Gangs of New York; Margaret), capace di cucire dialoghi adattati con precisione sartoriale ai suoi personaggi. Fotografia di Jody Lee Lipes (La fuga di Martha; Un disastro di ragazza). Musiche di Lesley Barber (Conta su di me).
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Con 6 candidature agli imminenti Oscar 2017, Manchester by the sea di Kenneth Lonergan (Conta su di me,; Margaret) darà senz’altro del filo da torcere ad altri film più gettonati in quanto opera costruita con minuzia e attenzione particolare alla caratterizzazione dei personaggi, ognuno con una propria e ben definita complessità. Lonergan è anche sceneggiatore (Terapia e pallottole; Conta su di me; Gangs of New York; Margaret), capace di cucire dialoghi adattati con precisione sartoriale ai suoi personaggi. Fotografia di Jody Lee Lipes (La fuga di Martha; Un disastro di ragazza). Musiche di Lesley Barber (Conta su di me). Il protagonista, Casey Affleck, ci offre una prestazione ben sopra la media, coerente col suo personaggio e senza sbavature (è un potenziale vincitore della statuetta). L’ottimo lavoro sugli/degli attori appare evidente anche nel caso del rosso Lucas Hedges e di Michelle Williams, seppure quest’ultima compaia in scena poche volte.
Lee Chandler (Casey Affleck) è un tuttofare che vive a Boston, dove conduce una vita solitaria. Un giorno si trova costretto a tornare nella sua città natale, Manchester, perché il fratello Joe (Kyle Chandler) ha avuto un attacco di cuore. Una volta arrivato, Lee riceve la notizia della morte del fratello il quale lo ha nominato, a sua insaputa, tutore del figlio Patrick (Lucas Hedges). Seppur di malavoglia, Lee accetta l’incarico soprattutto per il forte legame che aveva con Joe e col nipote. Il rapporto controverso con quest’ultimo rappresenta il ritorno alla vita sociale di Lee, il quale dovrà fare i conti col proprio passato.
Kenneth Lonergan realizza, con Manchester by the sea, un’opera in cui il senso di colpa, la solitudine e i legami vengono presentati in maniera più che convincente e con una buona dose di credibilità. Manchester rappresenta il filtro attraverso cui questi temi confluiscono, mediati dalla persona di Lee Chandler, il quale è inestricabilmente legato alla cittadina da un passato troppo duro da affrontare. Egli decide, dunque, di andare via e vivere da solo, con la speranza non di dimenticare ma di riuscire a tenere occupata la propria mente con qualsiasi cosa che possa, almeno momentaneamente, allontanarlo dal suo tormento. Lee è un tuttofare che gira di casa in casa risolvendo problemi domestici di ogni tipo. Lo conosciamo in una fase decadente della sua vita, durante la quale presenta un’anima appiattita e un corpo che fa da contenitore a rabbia e dolore che trovano sfogo attraverso insensate scazzottate. La notizia improvvisa di dover fare da tutore a suo nipote Patrick e di tornare quindi a Manchester scuote Lee nel profondo e lo costringe ad avere un faccia a faccia con il suo passato. Lee e Patrick sono due facce della stessa medaglia, legati da un rapporto affettivo intenso ma con modi diversi di affrontare la vita. Patrick rappresenta, complice la sua giovane età, la piena voglia di vivere, di poter sognare e guardare al futuro con la giusta intelligenza mista a ingenuità. La scomparsa del padre Patrick decide di affrontarla, per certi versi, alla maniera di Lee, ovvero cercando in qualche modo di mettere da parte il triste ricordo, seppur esso riaffiori, inevitabilmente, in certe occasioni. Mentre Lee reagisce alla sua disgrazia rinunciando alla vita, Patrick apre a quest’ultima porte e portoni, godendo della gioia che essa offre ad un giovane come lui. Il regista Lonergan usa con sapienza i flashback che ci permettono, in diversi momenti del film, di scrutare nel misterioso passato di Lee e nelle sue vicende personali. Il ritorno a Manchester e, soprattutto, il contatto diretto con il nipote Patrick sembrano poter aprire un piccolo spiraglio di nuova luce negli occhi di Lee. Il dolore e il senso di colpa hanno però lasciato in lui una ferita troppo grande perché egli possa di punto in bianco cambiare registro. Il film mantiene costante, durante la sua durata, la credibilità della storia e dei processi lenti e graduali che servono ad un uomo per ridestarsi da simili tragedie. Insomma, Lee inizia a scorgere dentro di sé una infinitamente piccola possibilità di ricominciare finalmente a vivere. Del film colpisce il sottile umorismo che lo percorre nonostante le situazioni sembrino non offrire spazio. L’obiettivo palese di Lonergan è quello di alleggerire, nei limiti dell’accettabile, la pellicola e renderla più scorrevole anche ricorrendo ai già citati flashback, i quali non sembravano previsti nella sceneggiatura originale. L’opera risulta strutturalmente ben eseguita e gli attori vi si immergono totalmente. Lode a Casey Affleck, bravo a confrontarsi con i due opposti stati d’animo del protagonista, riferiti a prima e dopo l’evento che gli ha cambiato la vita. La storia coinvolge con buona intensità ma fino a un certo punto, non lontano dal finale. Nonostante i tentativi di Lonergan di rendere il film più godibile, l’attenzione cala. Il film finisce al momento giusto, appena prima di un definitivo distacco tra spettatore e personaggi. Azzarderei nell’indicarne la causa nell’immobilità emotiva del protagonista (non sto parlando dell’ottima prova di Affleck, attenzione!), comprensibile e aderente alla trama ma da cui a poco a poco ci si distacca. In Manchester by the sea il passato da cui si cerca di fuggire si ripropone nel presente e nel futuro finché non viene affrontato, in maniera definitiva, con coraggio e voglia di guardare alla vita con occhi diversi.
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liuk!
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giovedì 18 maggio 2017
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2 stelle scarse
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Manchester By the Sea racconta la storia di un uomo che perde tutto, casa, figli, moglie, fratello, padre, lavoro nel giro di pochi anni. L'uomo non si riprenderà mai, non riuscirà a ricostruire nulla di quanto perduto, vivendo in un limbo gelido senza emozione. Casey Affleck prende l'oscar, Michelle Williams qualche premio minore nonostante reciti circa 5 minuti.
La pellicola è tutta qua, per oltre due ore non c'è altro se non amarezza, tristezza, depressione. Non c'è via d'uscita, non si vede la luce oltre il tunnel. Nessun messaggio positivo o, meglio, nessun messaggio in generale, solo una mera descrizione della distruzione del povero protagonista.
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Manchester By the Sea racconta la storia di un uomo che perde tutto, casa, figli, moglie, fratello, padre, lavoro nel giro di pochi anni. L'uomo non si riprenderà mai, non riuscirà a ricostruire nulla di quanto perduto, vivendo in un limbo gelido senza emozione. Casey Affleck prende l'oscar, Michelle Williams qualche premio minore nonostante reciti circa 5 minuti.
La pellicola è tutta qua, per oltre due ore non c'è altro se non amarezza, tristezza, depressione. Non c'è via d'uscita, non si vede la luce oltre il tunnel. Nessun messaggio positivo o, meglio, nessun messaggio in generale, solo una mera descrizione della distruzione del povero protagonista.
Se la realizzazione tecnica è discreta e buona la prova del cast, ritengo che non stiamo parlando di cinema ma di tragedia classica, senza però alcuna morale.
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elpanez
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sabato 18 febbraio 2017
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reale, sincero, emozionale e bellissimo
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Manchester by the sea.
Conosciamo Lonergan, un regista speciale, con uno stile tutto suo che ci fa immedesimare completamente nei personaggi scavando nella propria psicologia. Quando andrete al cinema non andate con l’aspettativa di vedere un dramma qualunque, ma con l’aspettativa di vedere un film che si prende tempo per caratterizzare i personaggi con riprese lente e primi piani sul soggetto molto lunghi.
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Manchester by the sea.
Conosciamo Lonergan, un regista speciale, con uno stile tutto suo che ci fa immedesimare completamente nei personaggi scavando nella propria psicologia. Quando andrete al cinema non andate con l’aspettativa di vedere un dramma qualunque, ma con l’aspettativa di vedere un film che si prende tempo per caratterizzare i personaggi con riprese lente e primi piani sul soggetto molto lunghi.
La regia ha uno stile molto particolare ma efficace: ci catapulta in situazioni interrogative ove non sappiamo perché il personaggio si comporta in tale modo, per poi farci vedere, tramite il suo passato, quello che ha subito e quindi ciò che lo ha portato a compiere tali azioni. Lonergan utilizza i flashback, apparentemente non riusciamo a trovare un nesso fra essi ed il presente, perché l’autore ci vuole far ragionare, nulla è esplicito, ma una volta entrati nella mente del regista riuscirete a percepire tali parallelismi che risultano davvero innovativi e incastrati perfettamente per far proseguire la trama assieme ai personaggi. In questo film, tu sei il personaggio e capisci perfettamente ciò che prova.
La sceneggiatura è sublime: i dialoghi sono sinceri e verosimili. Il rapporto tra il figlio di Joe e Lee è costruito tutto sulla loro perdita comune, del padre, rispettivamente del fratello. Si nota molto bene come il loro comportamento viene influenzato da tale perdita, vi sono scene in cui si arrabbiano l’uno con l’altro in modo impulsivo e quasi ingiustificabile, questo rispecchia la loro frustrazione, per poi, subito dopo, scusarsi, perché capiscono che in quel momento sono sulla stessa barca. La perdita di Joe viene vista da punti di vista differenti, che influenza i caratteri dei personaggi in modi diversi a dipendenza della loro indole e di come si sentono in determinati momenti. Ritengo molto raro trovare un film in cui i dialoghi vengano evidenziati tutti da una certa tensione che si percepisce, da una mancanza, da una vera e propria mancanza che percepiamo in tutti i personaggi. Patrick, esattamente come Lee, cerca di lasciarsi alle spalle il trauma, suonando con la band, andando a letto con la propria ragazza, ma si nota in lui una sensazione di vuoto, che superficialmente non vediamo, ma appena inizia a parlare, appena si confida, la ragione dei suoi comportamenti più ingiustificati viene a galla. Cerca di lasciarsi alle spalle un peso, ma appena diventa vulnerabile il peso diventa più pesante di lui, tale da farlo cadere.
Il personaggio di Lee viene introdotto come una persona impulsiva, che reagisce senza pensare alle conseguenze, quasi come se fosse un bambino, come se non dipendesse da nessuno, veniamo presi alla sprovvista dal suo comportamento, non capiamo la ragione delle sue azioni. Con l’avanzare della pellicola, avanza il personaggio, non subisce una metamorfosi, ma veniamo a conoscenza del perché si comporta in un certo modo, noi cresciamo assieme a lui, Lonergan ci lega a Lee e ci trascina assieme a lui nelle sue emozioni, in quello che prova. Lee è come se vivesse sempre sull’orlo dei suoi sentimenti, e appena qualcuno fa lui una minima cosa involontariamente il protagonista si precipita in modo impulsivo a fargli del male, fisicamente o mentalmente. Il protagonista vive la sua vita cercando giorno dopo giorno di superare i traumi vissuti, ma lo fa combattendo con se stesso entrando sempre di più nell’oblio dei suoi sentimenti, è distaccato e incapace di affrontare la realtà di fronte alle persone che assieme a lui hanno subito il trauma, come la moglie di Joe e la sue ex moglie. È pieno di sé, lo veniamo a sapere fin dalla prima battuta del film, ma Lonergan ci fa capire che essere pieni di sé, affrontare i traumi solamente con se stessi, peggiori solamente il rapporto con le persone che ti stanno attorno e di conseguenza il rapporto che si ha con se stessi.
La colonna sonora è molto originale, con dei brani lirici davvero stupendi che seguono le emozioni dei protagonisti. Vi sono scene in cui colonna sonora e regia ci catapultano in 5 minuti di pura riflessione, facendoci osservare i paesaggi freddi e innevati del Massachusetts, come se Kenneth volesse farci riflettere prima di passare alla prossima scena, come se ci volesse far scaricare le emozioni e farci fare mente locale su ciò che abbiamo appena visto.
Grandissimo Casey Affleck che è riuscito a portare su grande schermo un personaggio davvero difficile da interpretare, con molte cose da dire, con molti cambiamenti di stato d’animo, l’attore riesce a penetrarci nel cuore grazie alla sua arte nel recitare. Bravissimi anche Michelle Williams e Lucas Hedges ed in generale tutto il cast.
Infine siamo davanti ad un capolavoro che ci emoziona e ci fa vivere due ore e venti dentro i personaggi del film senza pensare a nient’altro che a quello che stanno facendo, che hanno fatto o stanno per fare. Una pellicola che fa de la caratterizzazione dei personaggi la fondamenta del film.
Un tema che sono riuscito ad interpretare è il lato positivo che drammi e traumi del genere possono dare, il miglioramento del proprio essere imparando dalle disgrazie passate e dagli errori commessi per via di esse, la maturazione dell’individuo ed il proseguire la propria vita con una ferita cucita, che non perde più sangue, una cicatrice che per sempre segnerà la nostra carne ma con il sollievo che non ci farà mai più del male.
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lunedì 27 marzo 2017
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much ado about nothing, manchester by the sea - rec di maria cristina nascosi sandri
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Ambientato sulle coste settentrionali del Massachusetts, MANCHESTER BY THE SEA è l'ultimo film scritto e diretto da Kenneth Lonergan, vincitore quest'anno di 2 Oscar di rilievo, quello per la miglior sceneggiatura originale e quello al miglior attore protagonista, Casey Affleck, fratello del più aitante e famoso Ben. A leggere le recensioni dei più quotati critici up-to-date c'è da sentirsi in...colpa, a pensarla diversamente. La premiata sceneggiatura guida tutto il plot che s'avvale di vari flashes-back solo in apparenza chiarificatori: in realtà, si deve far l'abitudine ad essi prima di metterli a fuoco e capire che...lo sono e che ruolo abbiano ai fini della comprensione del testo.
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Ambientato sulle coste settentrionali del Massachusetts, MANCHESTER BY THE SEA è l'ultimo film scritto e diretto da Kenneth Lonergan, vincitore quest'anno di 2 Oscar di rilievo, quello per la miglior sceneggiatura originale e quello al miglior attore protagonista, Casey Affleck, fratello del più aitante e famoso Ben. A leggere le recensioni dei più quotati critici up-to-date c'è da sentirsi in...colpa, a pensarla diversamente. La premiata sceneggiatura guida tutto il plot che s'avvale di vari flashes-back solo in apparenza chiarificatori: in realtà, si deve far l'abitudine ad essi prima di metterli a fuoco e capire che...lo sono e che ruolo abbiano ai fini della comprensione del testo. E' un dramma molto 'anglizzante': difficile non assimilarlo alle problematiche care ai Leigh o ai Loach. Una tragedia greca di impianto classico ambientata in un luogo americano, nel Massachusetts che sa tanto di Gran Bretagna e narra crudamente, grazie proprio alle crude interpretazioni ancora molto anglo-citazioniste. Un neo-neorealismo che non ha nulla, in realtà o come vorrebbe, di americano. Nemmeno la monocorde interpretazione dell'Oscar Casey Affleck si distacca da questa cifra: anni fa lo si sarebbe potuto definire l'erede di Clint Eastwood - oggi così esageratamente rivalutato - espressione con cappello e senza cappello. Ma come lui, anzi prima di lui, Casey è già stato ri-valutato, si parla di grande performance... Mah. Difficile credere a ciò e che ci sia molto del 'nuovo' in MANCHESTER BY THE SEA. E' un deja-vu che riprende - come già detto - da altri giganti sulle cui spalle si è poggiato, piuttosto prevedibilmente, specie nel finale consolatorio, rasserenante: ma sarà poi così?
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paolorol
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martedì 18 aprile 2017
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135 minuti di pallosità
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Interpretazione direi facile per Casey Affleck, di quelle che un Oscar te lo tirano dietro, poco ci manca che non te ne diano due. Non ho visto altri suoi film ma in questo il fratello di suo fratello di certo non fa scintille. Qualcuno correrà in sua difesa dicendo che il premio se l'è più che meritato perchè il personaggio che ha dovuto interpretare è cosí: taciturno, scontroso, antipatico, noioso, triste, e cosí via, via per 135 interminabili minuti. La storia può catturare chi ama i racconti di disgrazie e sfighe umane assortite. Avrebbe potuto essere accettabile se fosse stata sforbiciata coraggiosamente, diciamo di una mezzoretta.
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Interpretazione direi facile per Casey Affleck, di quelle che un Oscar te lo tirano dietro, poco ci manca che non te ne diano due. Non ho visto altri suoi film ma in questo il fratello di suo fratello di certo non fa scintille. Qualcuno correrà in sua difesa dicendo che il premio se l'è più che meritato perchè il personaggio che ha dovuto interpretare è cosí: taciturno, scontroso, antipatico, noioso, triste, e cosí via, via per 135 interminabili minuti. La storia può catturare chi ama i racconti di disgrazie e sfighe umane assortite. Avrebbe potuto essere accettabile se fosse stata sforbiciata coraggiosamente, diciamo di una mezzoretta.. Cosí com'è, lontana in ogni caso anni luce sia Scorsese che da Antonioni, ti fa rimpiangere di non aver impiegato quei 135 minuti per andare a fare una passeggiata o, al limite, per spararsi un filmaccio di Checco Zalone. Per la serie "che male ho fatto per dovermi sorbire sto pizzone?"
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(di giuliog02)
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enzo70
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mercoledì 26 aprile 2017
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un dramma intimo che sfuma nel mare
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Kenneth Lonergan racconta una storia intima e drammatica; e lo fa con intelligenza. Lee Chandler, un ottimo Casey Affleck vive a Boston, lontano dalla sua città natale, Manchester e da una tragedia che man mano riaffiora. Ed è un altro grande dolore, la perdita del fratello cardiopatico che lo nomina tutore del figlio l’occasione per riprendere contatti con il suo passato. La bravura del regista consiste nel rendere ad un dramma, il dramma assoluto, la perdita dei figli per un braciere lasciato acceso, una dimensione, per quanto impossibile, umana. E il mare, quello su cui affaccia Manchester è l’interfaccia perfetta per un’operazione artistica difficile, ma riuscita.
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alex62
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sabato 18 febbraio 2017
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la morte del figlio
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Ci sono attrici del panorama attuale che evocano direttamente il ricordo di altre, magari più titolate ed illustri, del passato; ma c'è n'è un ristretto numero, non riesco a superare nella conta le dita delle mie due mani, che appartiene all'Olimpo. È un luogo etereo, impervio, è una vetta inespugnabile, l'Olimpo delle migliori attrici di tutti i tempi: vi appartengono eroine senza tempo, capaci di scolpire nella memoria del cuore di milioni di spettatori segni indelebili.
Faccio qualche nome, tanto per intenderci, ma queste pochissime star sono accomunate da un'unica caratteristica: ciascuna è unica, irripetibile, inimitabile!
Katharine Hepburn, Bette Davis, Maureen O'Hara, Grace Kelly, Joan Crawford, Greta Garbo, Marlene Dietrich, Marilyn Monroe, Carole Lombard…
Questo preambolo serve a chiamare in scena una biondina scipita, apparentemente non paragonabile alle bellone che pullulano a Hollywood: ebbene, Michelle Williams è l'attrice più importante del cinema di oggi e appartiene di diritto a quella scelta stirpe dell'Olimpo delle dee.
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Ci sono attrici del panorama attuale che evocano direttamente il ricordo di altre, magari più titolate ed illustri, del passato; ma c'è n'è un ristretto numero, non riesco a superare nella conta le dita delle mie due mani, che appartiene all'Olimpo. È un luogo etereo, impervio, è una vetta inespugnabile, l'Olimpo delle migliori attrici di tutti i tempi: vi appartengono eroine senza tempo, capaci di scolpire nella memoria del cuore di milioni di spettatori segni indelebili.
Faccio qualche nome, tanto per intenderci, ma queste pochissime star sono accomunate da un'unica caratteristica: ciascuna è unica, irripetibile, inimitabile!
Katharine Hepburn, Bette Davis, Maureen O'Hara, Grace Kelly, Joan Crawford, Greta Garbo, Marlene Dietrich, Marilyn Monroe, Carole Lombard…
Questo preambolo serve a chiamare in scena una biondina scipita, apparentemente non paragonabile alle bellone che pullulano a Hollywood: ebbene, Michelle Williams è l'attrice più importante del cinema di oggi e appartiene di diritto a quella scelta stirpe dell'Olimpo delle dee.
È unica, irripetibile, inimitabile.
È molto bella, intendiamoci, ma lei riafferma ad ogni sorriso o broncio (meglio), quanto poco conti l'aspetto fisico per un'attrice, anche per un'attrice di cinema!
In questo film ha tre scene, tre misere, brevi scene, dove benché il set sia affollato, non c'è altri che lei: Non possiamo staccarle gli occhi di dosso, anche quando è a letto con l'influenza, imbacuccata di coperte.
C'è un protagonista di grande spessore, Casey Affleck, ormai possiamo dirlo senza timore di smentite, ben altro attore rispetto al fratello maggiore Ben, che offre un ottimo lavoro nel rendere il dolore che schianta un uomo (o una donna) più di ogni altro: la perdita dei figli. Tutta la storia si agita intorno al complesso di colpa che è come un macigno, anzi come un iceberg, nel cuore del quale rimani intrappolato, su a nord, nell'immenso oceano artico, senza alcuna speranza neanche di poter morire…finalmente! È una sofferenza che ti rattrappisce dall'interno e non ti lascia nulla…nulla.
Può un padre che ha ucciso per errore i suoi tre figli piccoli ricominciare a vivere?
Questo film era una sfida enorme perché una storia così, una domanda così importante la potevi al massimo affidare alla pagina scritta, alla lunghezza distesa del romanzo, o al limite potevi pretendere di coagularla in un racconto breve e tagliente come un rasoio. Ma come si è permesso il regista-sceneggiatore (autore tra l'altro di Gangs of New York di Scorsese) di immaginarne un film?!? Come poteva raccontarla un film quella domanda fondamentale, senza cadere nel ridicolo o nel melodramma d'accatto?!?
Eppure: ce l'ha fatta!
Ce l'ha fatta nel migliore dei modi, senza cioè nessuna concessione alla lacrima liberatoria facile, no, tutt'altro: qui non si riesce proprio a piangere perché il dolore è troppo grande.
Cosa sarà infine di Lee Chandler (Casey Affleck), il balordo pluriomicida dei suoi propri figli, ancora amato dalla ex-moglie, Randi Chandler (Michelle Williams), - e di quale amore impossibile e inaudito! - chiamato dal fratello appena morto a prendersi cura di un adolescente, amatissimo dallo zio e dalle sue coetanee???
Ce la farà?
Intanto l'autore del film ce l'ha fatta. Ha superato la prova, e quale prova!
Ce l'ha fatta non concedendoci nemmeno un finale consolatorio, no! Nemmeno quello.
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deborahm
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sabato 18 febbraio 2017
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la realtà colta da lonergan
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Lee Chandler (Casey Affleck), idraulico di Boston, conduce una vita alquanto difficile, dolorosa e sofferente, una vita troppo opprimente. Affronta tutto con aria di sufficienza, la sua mente è tormentata da un passato troppo crudo e straziante e ciò non gli permette di vivere al meglio. Durante le uscite è avvicinato da belle donne che, però, non attirano la sua attenzione, in quanto sembra esser colpito più dall’odio che dall’amore. In un giorno freddo e cupo come gli altri riceve una telefonata: il fratello Joe (Kyle Chandler) è morto. Lee deve recarsi nella sua città natale, Manchester per l’appunto, qui scopre di esser diventato tutore del nipote Patrick (Lucas Hedges); una sorpresa non gradita dal protagonista che cercherà di fuggire da questa situazione.
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Lee Chandler (Casey Affleck), idraulico di Boston, conduce una vita alquanto difficile, dolorosa e sofferente, una vita troppo opprimente. Affronta tutto con aria di sufficienza, la sua mente è tormentata da un passato troppo crudo e straziante e ciò non gli permette di vivere al meglio. Durante le uscite è avvicinato da belle donne che, però, non attirano la sua attenzione, in quanto sembra esser colpito più dall’odio che dall’amore. In un giorno freddo e cupo come gli altri riceve una telefonata: il fratello Joe (Kyle Chandler) è morto. Lee deve recarsi nella sua città natale, Manchester per l’appunto, qui scopre di esser diventato tutore del nipote Patrick (Lucas Hedges); una sorpresa non gradita dal protagonista che cercherà di fuggire da questa situazione. Nella città natale dovrà affrontare tutte le persone che hanno dei pregiudizi su di lui, compresa l’ex moglie Randi (Michelle Williams). Tutti gli abitanti increduli della piccola città si riferiscono a lui con “quel Lee Chandler?”, credendo che dopo il “fatto”, che lo ha spinto a fuggire e a chiudere ogni genere di rapporto, lui non sarebbe più tornato. Casey Affleck è perfetto per questo ruolo, ogni movimento e ogni espressione riesce a farci inquadrare bene il personaggio.
Manchester by the sea è un film ricco di dialoghi bellissimi, è pieno di conversazioni silenziose, dove la bravura degli attori nel saper cogliere la giusta espressione è esaltata. Le scelte musicali fanno sì che il film segua un proprio ritmo: dall’inizio del film siamo accompagnati da una musica triste, tragica, quasi funebre, mentre le scene di transizione sono scandite dal jazz. Non ci sono attori minori, o scene meno importanti, tutto ha la stessa importanza ed è proprio questo che lo rende reale, racconta il dolore e la sofferenza, un passato che non è del tutto passato in una Manchester invernale, fredda e cupa che riesce a potenziare anche il sentimento più grigio, opprimente; Manchester è raccontata divinamente, così come ogni suo abitante, ognuno di noi può sentirsi parte di essa e sente di conoscerla davvero. Il regista Kenneth Lonergan è riuscito a descrivere la difficile vita che tutti noi dobbiamo affrontare, ci è riuscito nelle scene drammatiche come in quelle comiche, ha saputo cogliere ogni particolare ed è riuscito a trasmetterlo allo spettatore. Questo è un film come pochi, che non si dimentica facilmente, un film che racconta la vita dell’uomo fatta di sforzi, lotte, dolori e cambiamenti. Questa è una storia sconvolgente, raccontata magnificamente.
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