howlingfantod
|
giovedì 8 dicembre 2016
|
trattenere, tacere...vedere
|
|
|
|
Se qualcuno non conosce il cinema di Dolan e le tematiche fortemente drammatiche che affronta nei suoi film e magari dopo dieci minuti o meno se ne volesse uscire dalla sala, perché il film è lento, senza costrutto, il suggerimento sarebbe quello di soffermarsi unicamente sulle interpretazioni degli attori difficili da poter classificare distintamente e quindi da oscar collettivo, dalla madre Natalie Baye, alla bellissima Léa Seydoux, al tenebroso e sempre duro ed insensibile Vincent Cassell (ma poi si capisce che non è così) all’eterea di lui moglie Marion Cotillard fino al protagonista principale, il meno conosciuto ma anche lui bravissimo Gaspard Ulliel, che interpreta il ruolo del fratello omosessuale che se ne è andato dodici anni prima in città per fuggire dal mondo evidentemente angusto familiare e dedicarsi alla sua vocazione artistica.
[+]
Se qualcuno non conosce il cinema di Dolan e le tematiche fortemente drammatiche che affronta nei suoi film e magari dopo dieci minuti o meno se ne volesse uscire dalla sala, perché il film è lento, senza costrutto, il suggerimento sarebbe quello di soffermarsi unicamente sulle interpretazioni degli attori difficili da poter classificare distintamente e quindi da oscar collettivo, dalla madre Natalie Baye, alla bellissima Léa Seydoux, al tenebroso e sempre duro ed insensibile Vincent Cassell (ma poi si capisce che non è così) all’eterea di lui moglie Marion Cotillard fino al protagonista principale, il meno conosciuto ma anche lui bravissimo Gaspard Ulliel, che interpreta il ruolo del fratello omosessuale che se ne è andato dodici anni prima in città per fuggire dal mondo evidentemente angusto familiare e dedicarsi alla sua vocazione artistica. Lo scopo del ritorno per un pranzo in famiglia dovrebbe essere secondo le sue intenzioni quella di annunciare la sua imminente morte, ma da subito la tensione inesplosa, i rancori le recriminazioni fra di loro e da parte soprattutto del fratello maggiore Antoine (Vincent Cassell) per il suo essere mancato in tutti quegli anni, le domande della sorella minore Suzanne (Léa Seydoux) che non ha potuto veder crescere, tendono come in un marchingegno perfetto ad aumentare progressivamente la tensione ed il livello emotivo. A questo punto chi non è già fuggito dalla sala per i motivi di cui sopra dovrebbe essere rimasto incantato dalle superbe interpretazioni, dai primi piani ossessivi, drammatici ed estenuanti in un chiaroscuro che rende una fotografia come nei quadri di scuola fiamminga del seicento, sempre girati in interni oppressivi, come oppressiva è del resto tutta la storia dall’inizio alla fine. Eppure tutto questo a livello cinematografico è trattato con la maestria di un autore ormai maturo e che riesce ad avere un controllo totale sul mezzo espressivo, trattenendo, (le emozioni e per gran parte la rabbia) togliendo (ogni vano orpello retorico che avrebbe potuto far scadere il tutto in un melodramma), tacendo, come taciuta è alla fine la notizia devastante che doveva essere il motivo del ritorno a casa di Louis. Solo Catherine (Marion Cotillard) moglie di Antoine, per una sua sensibilità particolare sembra aver intuito il vero motivo di quella visita, ma tace, come tutte le più grandi verità forse devono essere taciute. Una grande lezione di cinema.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a howlingfantod »
[ - ] lascia un commento a howlingfantod »
|
|
d'accordo? |
|
kimkiduk
|
domenica 11 dicembre 2016
|
estetismo
|
|
|
|
Non mi è piaciuto. Soprattutto perchè da Dolan (penso uno dei più grandi registi del prossimo mezzo secolo) e da dopo Tommy ti aspetti di più. E' un giovane regista ormai diventato quasi cult, bravissimo in tutto decisamente. Arriva all'osso di molti suoi argomenti, nell'analisi delle persone, nell'interiorità di tutti, nell'analisi approfondita dei perchè e dei per come mai uno si comporta. Senza essere omofobo è tipico di un omosessuale che sicuramente ha l'analisi e la sensibilità tra i propri pregi. Ma proprio per questo vorrei si staccasse da questo continuo "non essere capito". Ho trovato pesante (e lo dico raramente) insistere su un dover dire una cosa e non dirla.
[+]
Non mi è piaciuto. Soprattutto perchè da Dolan (penso uno dei più grandi registi del prossimo mezzo secolo) e da dopo Tommy ti aspetti di più. E' un giovane regista ormai diventato quasi cult, bravissimo in tutto decisamente. Arriva all'osso di molti suoi argomenti, nell'analisi delle persone, nell'interiorità di tutti, nell'analisi approfondita dei perchè e dei per come mai uno si comporta. Senza essere omofobo è tipico di un omosessuale che sicuramente ha l'analisi e la sensibilità tra i propri pregi. Ma proprio per questo vorrei si staccasse da questo continuo "non essere capito". Ho trovato pesante (e lo dico raramente) insistere su un dover dire una cosa e non dirla. Ho trovato pesante tutto il film alla ricerca del dire quello che succederà senza mai dirlo. Ho trovato stucchevole certe reazioni di tutti, certe forzature caratteriali spesso inutili e inconcepibili per quello che realmente stava accadendo. Estetismo esasperato per un problema importante per quella famiglia, ma che se non passa dal dialogo schietto e logico dventa "fuffa". Forse la mia sarà una famiglia banale, ma se devo dire una cosa la dico appena siamo tutti insieme e non che prima la analizzo con tutti da soli poi quando è il momento non la dico e poi alla fne non la ridico e poi alla fine ...... soprattutto se sono andato in un posto dopo 12 anni per dirla.
Si ho capito che ha capito che era diverso da come se lo aspettava, diverso da come voleva fosse, ma è la vita così e se vai per dirla una cosa la dici.
Poi ho trovato pesante anche l'uso esagerato di primi piani per non dire niente, campo e controcampo e uso della dissolvenza ripetuta. E' stato aiutato solo dalla prova degli attori, tra cui per me ha spiccato la Baye, ma poi direi film sbagliato. Peccato, ma ti aspetto al prossimo, sperando tu non aumenti il difetto di pensare di essere già troppo bravo.
[-]
[+] bravo
(di no_data)
[ - ] bravo
|
|
[+] lascia un commento a kimkiduk »
[ - ] lascia un commento a kimkiduk »
|
|
d'accordo? |
|
maria cristina nascosi sandri
|
lunedì 12 dicembre 2016
|
intraprendo un viaggio per annunciare la mia morte
|
|
|
|
Rec. di Maria Cristina NASCOSI SANDRI - Intraprendo un viaggio per annunciare la mia morte...è una delle prime frasi dell'ultimo film del giovane e sempre più bravo e giovane Xavier Dolan, una carriera cinematografica a tutto tondo - lui scrive, monta, sceneggia, crea costumi e dirige un film-pièce, E' solo la fine del mondo che ha pure doppiato in lingua inglese e con che proprietà di definizione e puntualità di termini e sinonimi.
Il film, vincitore del Grand Prix di Cannes 2016, esce finalmente in Italia, atteso e, probabilmente, molto amato, almeno dai fans di Dolan.
[+]
Rec. di Maria Cristina NASCOSI SANDRI - Intraprendo un viaggio per annunciare la mia morte...è una delle prime frasi dell'ultimo film del giovane e sempre più bravo e giovane Xavier Dolan, una carriera cinematografica a tutto tondo - lui scrive, monta, sceneggia, crea costumi e dirige un film-pièce, E' solo la fine del mondo che ha pure doppiato in lingua inglese e con che proprietà di definizione e puntualità di termini e sinonimi.
Il film, vincitore del Grand Prix di Cannes 2016, esce finalmente in Italia, atteso e, probabilmente, molto amato, almeno dai fans di Dolan.
Ma non si può non amare una persona così giovane che ce la mette tutta e mostra una cultura ed un amore per la Cinematografia che vanno ben oltre la 'normalità performativa' di questi ultimi anni, sia a livello francese, che quebecoise ed internazionale.
Il cast, certo, è notevole ed aiuta, ma anche la sua 'non presenza', quella di Dolan che, di solito, è presente - the Artist is present - è un motivo in più, stavolta, per apprezzare lui stesso, al meglio.
Ottimi l'icona ormai Nathalie Baye, madreterna, innamorata di un figlio quasi estraneo, dopo tanto tempo, ma eccellenti pure le prove di Léa Seidoux, ignara sorella semi-sconosciuta e di Vincent Cassel, fratello, geloso, certo, di un primariato che sarà sconfitto anche dalla morte mai dichiarata, ma vicina, palpabile, del protagonista, un ottimo Gaspard Ulliel che con Marion Cotillard, compone un duetto di sguardi e di recitazione subliminale sopra tutte...le righe del mondo.
In quel loro incrociarsi per la prima volta, c'è l'incontro di due anime che si riconoscono all'impronta, che non han bisogno di parole, tutto è già scritto e noto, per loro, fin dall'inizio del film.
Basso volutamente il profilo della Cotillard per tutto il film, 'scordata' la prorompente recente Lady Macbeth, ma semplicemente grande: un film che è una pièce, certo, lo si sa, è teatro, è radio, ma, ancora una volta, è Cinema, incredibile Cinema cui si può accostare, senza tèma di esagerazione, le performances dei primi piani del grande cinema muto di Antonin Artaud e della sua Pulzella d'Orléans - qualcuno, ancora, tra la folla dei Dead Men and Women Walking and Seeing lo ricorderà...
[-]
|
|
[+] lascia un commento a maria cristina nascosi sandri »
[ - ] lascia un commento a maria cristina nascosi sandri »
|
|
d'accordo? |
|
zarar
|
lunedì 12 dicembre 2016
|
tra stanislavskij e beckett
|
|
|
|
Il regista Xavier Dolan trasferisce sullo schermo la pièce teatrale di J.-L. Lagarce, scritta quando il drammaturgo si sapeva già mortalmente malato di AIDS. E’ questa la situazione del protagonista, Louis, che sa di essere malato terminale e decide di tornare dalla sua famiglia, che vive ‘da qualche parte’ e che non vede da dodici anni, con lo scopo dichiarato di comunicare che sta per morire. A casa lo aspettano ignari, in un clima che si rivela subito teso e febbrile, tra preparativi di festa, nervosismo accentuato e scontri di sguardi e di parole. Ci sono la svagata madre, il nevrotico fratello Antoine, la dolce cognata Suzanne, la disorientata sorella Catherine.
[+]
Il regista Xavier Dolan trasferisce sullo schermo la pièce teatrale di J.-L. Lagarce, scritta quando il drammaturgo si sapeva già mortalmente malato di AIDS. E’ questa la situazione del protagonista, Louis, che sa di essere malato terminale e decide di tornare dalla sua famiglia, che vive ‘da qualche parte’ e che non vede da dodici anni, con lo scopo dichiarato di comunicare che sta per morire. A casa lo aspettano ignari, in un clima che si rivela subito teso e febbrile, tra preparativi di festa, nervosismo accentuato e scontri di sguardi e di parole. Ci sono la svagata madre, il nevrotico fratello Antoine, la dolce cognata Suzanne, la disorientata sorella Catherine. Si capisce – malamente, a dire il vero - che questo ritorno è un detonatore di gravi conflitti maturati nel passato, prima che Louis rompesse i ponti con la famiglia e andasse via. Louis è venuto per ricomporre sul punto estremo della vita la sua parabola esistenziale là dove sono le sue origini, ma deve rendersi conto di quanto assurdo sia questo sogno. Dove sperava di trovare attenzione affettuosa e partecipazione, trova un’incomunicabilità assoluta: sono gli interrogativi tristemente recriminatori di Catherine, le autistiche esplosioni di rabbia di Antoine divorato da un antico rancore, la banalizzazione del conflitto e la fuga della madre in un passato idealizzato che non vuol prendere atto del presente. Persino la dolcezza disarmata dell’affascinate Catherine, che Louis non ha mai conosciuto prima, che non ha conti da saldare con lui, non riesce mai a diventare dialogo, schiacciata com’è dall’incomprensione generale, persino dal desiderio di far posto alle ragioni di tutti. Catherine ha gli occhi e il cuore per intuire qualcosa, ma sarà lo stesso Louis alla fine a comandarle il silenzio. Louis ripartirà, quasi cacciato via, senza essere riuscito ad articolare un discorso completo, e senza aver detto una parola del suo male. Assolutamente bello per fotografia, scenografia, montaggio, colonna sonora, arrivando a sfiorare una perfezione ai limiti del manierismo, il film è per altri versi (dialogo, espressività e modalità recitativa) ai limiti della schizofrenia. In un impianto fortemente teatrale, il regista sembra cavalcare con piena consapevolezza questa schizofrenia: ai suoi attori ha imposto una presenza e uno stile alla Stanislawskij, passionale, iperespressivo, iperrealistico, fatto di intensissimi primi e primissimi piani; ma i loro monologhi (che tali sempre restano) sono beckettiani, urli scomposti o assolute banalità sullo sfondo di un mortale silenzio. E’ il mondo del rimosso e dei furori sotterranei che esplode nella ‘normalità’ in un linguaggio non comunicativo e uccide aspettative umane, troppo umane. Sperimentazione interessante, che potrebbe funzionare, ma qui non funziona completamente. Fuori dal teatro si rivela difficilissimo. Lo spettatore si sente aggredito, qualche volta disturbato dall’impossibilità di conciliare elementi troppo contraddittori e scomposti, non aiutato nell’edizione italiana da un doppiaggio eccessivamente espressionistico. Ma l’effetto straniamento è assicurato: il film ti costringe a riflettere sull’inevitabilità della rottura e l’impossibilità del ritorno. Una curiosità: il film è dedicato a François Barbeau, (è il costumista e scenografo canadese recentemente scomparso, o/e François Arnaud (pseudonimo di François Barbeau), attore di ‘J’ai tué ma mère’ dello stesso regista? Un’ambiguità molto in tono con il film). Tre e mezzo.
[-]
[+] condivido il giudizio......
(di francesco2)
[ - ] condivido il giudizio......
|
|
[+] lascia un commento a zarar »
[ - ] lascia un commento a zarar »
|
|
d'accordo? |
|
vanessa zarastro
|
sabato 10 dicembre 2016
|
le famiglie e l’incomunicabilità
|
|
|
|
Un film tratto da una pièce teatrale che Dolan ha lasciato palese nella sua strutturazione, lavorando prevalentemente sui primi piani, sulle messe a fuoco e sulle sfocature. Ambientato nella campagna del Quebec nella cui casa di famiglia torna Louis, scrittore teatrale malato di Aids, con l’intenzione di comunicare a tutti la sua fine imminente.
Dopo dodici anni di assenza Louis (Gaspard Ulliel) ritrova una famiglia tutta ripiegata su se stessa, ripetitiva e problematica, con difficili dinamiche tra i membri. Ligiti intrecciati tra fratello e sorella, tra sorella e la madre, e tra il fratello e sua moglie.
La sua presenza di persona dolce, silenziosa di pochissime parole – ma di autore di successo – scatena una serie di proiezioni da parte dei vari personaggi.
[+]
Un film tratto da una pièce teatrale che Dolan ha lasciato palese nella sua strutturazione, lavorando prevalentemente sui primi piani, sulle messe a fuoco e sulle sfocature. Ambientato nella campagna del Quebec nella cui casa di famiglia torna Louis, scrittore teatrale malato di Aids, con l’intenzione di comunicare a tutti la sua fine imminente.
Dopo dodici anni di assenza Louis (Gaspard Ulliel) ritrova una famiglia tutta ripiegata su se stessa, ripetitiva e problematica, con difficili dinamiche tra i membri. Ligiti intrecciati tra fratello e sorella, tra sorella e la madre, e tra il fratello e sua moglie.
La sua presenza di persona dolce, silenziosa di pochissime parole – ma di autore di successo – scatena una serie di proiezioni da parte dei vari personaggi.
La sorella Suzanne (Léa Seydoux) è una ragazza come ce ne sono mille, che spinella, dice parolacce e risponde male alla madre, ma che non è riuscita ancora a realizzarsi e a spiccare il volo. Basta pensare che accetta di fare d’autista alla mamma per le sue compere pur di tenere l’auto e poterci girare «Vorrei andare via – confessa a Louis – ma qui mi trovo bene…».
Il fratello maggiore Antoine (Vincent Cassel) soffre di complessi di inferiorità rispetto a Louis, non riesce a comunicare con nessuno dei componenti la sua famiglia, tratta male perfino la schiva moglie, e diventa aggressivo e scortese quando intuisce che la visita del fratello minore sarà brevissima. Soffre di gelosia e senso dell’abbandono.
Sua moglie Catherine (Marion Cotillard) è talmente timida e impacciata che non riesce a esprimersi e balbetta, sembrerebbe la più scema ma forse lei ha intuito qualcosa. Ma il personaggio più bello è sicuramente la madre, interpretata dalla bravissima Nathalie Baye, attrice teatrale molto amata in Francia, ben diretta da Dolan. Una figura solare, estremamente positiva che vede il bello in ogni cosa e in ogni persona, ama i suoi figli indistintamente al di là dei loro comportamenti e alterna momenti di grande superficialità a momenti di attenzione e di acutezza.
In mezzo a battibecchi, uscite di scena e porte sbattute, Louis non riuscirà né ad aprirsi né a comunicare nulla di sé, si sente investito di un ruolo quasi paterno e rassicuratore nei confronti dei vari membri di famiglia e, in lacrime lascia tutti per prendere il primo aereo.
Dolan in questo film ha saputo mettere insieme un cast eccezionale, tutti formidabili attori. Presentato a Cannes nel maggio scorso E solo la fine del mondo ha ricevuto il Grand Prix Speciale della Giuria.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a vanessa zarastro »
[ - ] lascia un commento a vanessa zarastro »
|
|
d'accordo? |
|
robroma66
|
domenica 11 dicembre 2016
|
il tutto è inferiore alla somma delle parti
|
|
|
|
“Dopo dodici anni di assenza, ho paura di tornare, di rivederli” dice il protagonista.
Louis, drammaturgo di successo, torna dai suoi per annunciare la sua morte imminente. A casa lo accoglie una famiglia che è un concentrato di tipologia umana della società occidentale: la sorella Suzanne lo mitizza; la madre è affettuosa ma autoreferenziale e spera che ogni frattura si ricomponga; il fratello Antoine è violento, respingente, timoroso che il ritorno del figliol prodigo sparigli le carte; la cognata Catherine è insicura, intuitiva, tenera e impacciata.
Film acclamato dalla critica e scelto a rappresentare il Canada per il miglior film straniero agli Oscar 2017, è tratto da una pièce teatrale del 1990 del francese Jean-Luc Lagarce, morto di AIDS nel 1995.
[+]
“Dopo dodici anni di assenza, ho paura di tornare, di rivederli” dice il protagonista.
Louis, drammaturgo di successo, torna dai suoi per annunciare la sua morte imminente. A casa lo accoglie una famiglia che è un concentrato di tipologia umana della società occidentale: la sorella Suzanne lo mitizza; la madre è affettuosa ma autoreferenziale e spera che ogni frattura si ricomponga; il fratello Antoine è violento, respingente, timoroso che il ritorno del figliol prodigo sparigli le carte; la cognata Catherine è insicura, intuitiva, tenera e impacciata.
Film acclamato dalla critica e scelto a rappresentare il Canada per il miglior film straniero agli Oscar 2017, è tratto da una pièce teatrale del 1990 del francese Jean-Luc Lagarce, morto di AIDS nel 1995. L'origine teatrale della sceneggiatura si percepisce nettamente e il film ha il sapore della rappresentazione nella camera chiusa, anche se non manca qualche scena in esterno.
Il risultato complessivo è come la proprietà olistica al contrario, nel senso che il tutto è meno della somma delle parti. Infatti regia e interpretazioni sono superlative ma il film non mi è piaciuto granché. Le emotività sono molto ben rappresentate, perfino pedissequamente direi: nevrosi, disagio, insicurezze, ossessioni, nodi irrisolti, incomunicabilità, brutalità delle relazioni interfamiliari. Ma rimane un film circolare -come un loop in forma di flusso di coscienza del quale non si vede la fine-, dai virtuosismi compiaciuti come se il regista giocasse a fare l'enfant prodige e a dimostrare quanto vale.
E mi ha abbastanza annoiato, se non per la follia brutale di Vincent Cassel (l'autolesionista Antoine) che almeno ti fa sperare che qualcosa di dirompente stia per succedere.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a robroma66 »
[ - ] lascia un commento a robroma66 »
|
|
d'accordo? |
|
enzo70
|
domenica 18 dicembre 2016
|
alla fine della proiezione, spettatori delusi
|
|
|
|
Dolan, uno dei più promettenti registi sulla scena internazionale, porta sul grande schermo un’opera teatrale ad atto unico di Jean-Luc Lagarce. Louis è un giovane artista di successo che non torna a casa da 12 anni; ma la morte incombe ed allora Louis deve tornare a casa per comunicare alla famiglia che la prossima lontananza sarà quella definitiva. La madre, la sorella, il fratello e la cognata lo attendono con ansia ed affetto, ma questi due sentimenti verranno sovrapposti, generando una continua conflittualità. Il film di Dolan utilizza lo strumento del dialogo monodirezionale, in cui, sostanzialmente, la famiglia comunica a Louis un disagio profondo, con toni diversi a seconda delle caratteristiche caratteriali del componente famigliare.
[+]
Dolan, uno dei più promettenti registi sulla scena internazionale, porta sul grande schermo un’opera teatrale ad atto unico di Jean-Luc Lagarce. Louis è un giovane artista di successo che non torna a casa da 12 anni; ma la morte incombe ed allora Louis deve tornare a casa per comunicare alla famiglia che la prossima lontananza sarà quella definitiva. La madre, la sorella, il fratello e la cognata lo attendono con ansia ed affetto, ma questi due sentimenti verranno sovrapposti, generando una continua conflittualità. Il film di Dolan utilizza lo strumento del dialogo monodirezionale, in cui, sostanzialmente, la famiglia comunica a Louis un disagio profondo, con toni diversi a seconda delle caratteristiche caratteriali del componente famigliare. Louis diventa prima una sorta di spugna che assorbe le emozioni dei parenti, ma l’incapacità di mettere ordine nei diversi segnali che gli arrivano dalla famiglia non gli consentiranno di confessare la vera ragione del suo arrivo. Il regista cerca di mantenere l’impianto originale dell’opera teatrale, dando ampio spazio ai silenzi ed agli sguardi; ma il risultato, a mio avviso, è deludente, in quanto al film manca una valenza narrativa. A mio avviso, ho detto, ma devo registrare che alla fine dello spettacolo, e si trattava di una sala di un cinema che propone solo pellicole d’autore, quindi con una platea attrezzata, ho sentito vari, boh, chissà, mah. E probabilmente il giudizio più sincero è quello degli spettatori.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a enzo70 »
[ - ] lascia un commento a enzo70 »
|
|
d'accordo? |
|
ladyveil
|
lunedì 17 ottobre 2016
|
emozionante
|
|
|
|
Il ritorno a casa, dopo 12 anni. Non è la fine del mondo, rivedere madre e fratelli, passare una giornata con la propria famiglia..
Xavier Dolan parte morbido ma montaggio e colonna sonora non ingannano lo spettatore. Le cose non sono così semplici come sembrano. Il tempo di un respiro e ci commuoviamo di fronte alla malinconia, ai ricordi, i rimpianti, i sogni di tutta una vita mischiati alla claustrofobia, le incomprensioni, gli scontri e gli abbracci in una famiglia dove ciascuno ha qualcosa da dire e nessuno riesce a esprimerlo. Tolstoj ha detto "Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo". Ma, in fondo, la nostra famiglia è l'unica famiglia che abbiamo.
[+]
Il ritorno a casa, dopo 12 anni. Non è la fine del mondo, rivedere madre e fratelli, passare una giornata con la propria famiglia..
Xavier Dolan parte morbido ma montaggio e colonna sonora non ingannano lo spettatore. Le cose non sono così semplici come sembrano. Il tempo di un respiro e ci commuoviamo di fronte alla malinconia, ai ricordi, i rimpianti, i sogni di tutta una vita mischiati alla claustrofobia, le incomprensioni, gli scontri e gli abbracci in una famiglia dove ciascuno ha qualcosa da dire e nessuno riesce a esprimerlo. Tolstoj ha detto "Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo". Ma, in fondo, la nostra famiglia è l'unica famiglia che abbiamo.
Regia, fotografia e montaggio ci dimostrano che la tecnica può essere al servizio anche di soggetti tratti da pièce teatrali. Cottillard, Seydoux, Cassel e Ulliel si parlano con lo sguardo, sublimi.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a ladyveil »
[ - ] lascia un commento a ladyveil »
|
|
d'accordo? |
|
emyliu`
|
lunedì 12 dicembre 2016
|
primi piani dell'anima
|
|
|
|
Solo primi piani dell'anima in questa coinvolgente piece cine-teatrale con un superbo cast di attori totalmente francese. Profonda immersione introspettiva nei rapporti conflittuali tra un giovane scrittore e la sua famiglia di origine. Gaspard Ulliel è il bel Luis, commediografo di successo che scopre di essere malato terminale e torna a casa dopo 12 anni per annunciare l'imminente fine del suo mondo. Vincent Cassel è Il fratello maggiore frustrato e violento che non ha mai perdonato al fratello minore di essere migliore di lui. Marion Cotillard la cognata sensibile e insicura che in un primo piano di sguardi sembra comprendere il suo male oscuro. La bella Léa Seydoux, sorella minore lasciata da piccola e mai vista crescere, ha un viscerale bisogno di conoscere il fratello che adorava da bambina.
[+]
Solo primi piani dell'anima in questa coinvolgente piece cine-teatrale con un superbo cast di attori totalmente francese. Profonda immersione introspettiva nei rapporti conflittuali tra un giovane scrittore e la sua famiglia di origine. Gaspard Ulliel è il bel Luis, commediografo di successo che scopre di essere malato terminale e torna a casa dopo 12 anni per annunciare l'imminente fine del suo mondo. Vincent Cassel è Il fratello maggiore frustrato e violento che non ha mai perdonato al fratello minore di essere migliore di lui. Marion Cotillard la cognata sensibile e insicura che in un primo piano di sguardi sembra comprendere il suo male oscuro. La bella Léa Seydoux, sorella minore lasciata da piccola e mai vista crescere, ha un viscerale bisogno di conoscere il fratello che adorava da bambina. Nathalie Baye è l'eccentrica e carismatica madre idolatra del figlio gay artista, mai compreso ma amato più degli altri. Le irresistibili facce a tutto schermo dei personaggi di questa psycocommedia toccano le inconsce profondità dello spettatore più ricettivo, grazie alla geniale tecnica di ripresa di questo sorprendente regista, nonchè grazie ai dialoghi pirotecnici e taglienti come lamette. La magnifica fotografia supera il cliche autoriale come tutto il resto, sconfinando nell'arte pura. "Alla fine, parla di morte, no?" - mi chiede un'amica di facebook - "Si" - rispondo - "ma neanche te ne accorgi, tanto sono tutti così meravigliosamente pazzi" :) Vedetelo come un viaggio intimo. Parola di Emyliù ♡
[-]
|
|
[+] lascia un commento a emyliu` »
[ - ] lascia un commento a emyliu` »
|
|
d'accordo? |
|
lbavassano
|
domenica 18 dicembre 2016
|
contravveleno natalizio
|
|
|
|
Ottimo film teatrale, e come tale fondato sulla saldezza della sceneggiatura, sulla bravura degli interpreti, tutti, ma anche sul virtuosismo del montaggio, sulle vertiginose accelerazioni dei campi-controcampi e sulle pause riflessive, squarci nell'interiorità dei personaggi. Film di monologhi, in realtà, più che di dialoghi, perché nessuno, forse neppure il taciturno protagonista, ha volontà di ascoltare e comprendere, ma bisogno di urlare, anche sottovoce, la propria sofferenza, e l'invito al silenzio rivolto alla balbettante cognata (la sempre più grande Marion Cotillard) è il gesto che significativamente suggella il tutto. Film di ferite mai cicratizzate, pronte a riaprirsi e grondare sostanze sgradevoli (Vincent Cassel, straordinario "cattivo", anche e soprattutto nelle crepe della propria cattiveria).
[+]
Ottimo film teatrale, e come tale fondato sulla saldezza della sceneggiatura, sulla bravura degli interpreti, tutti, ma anche sul virtuosismo del montaggio, sulle vertiginose accelerazioni dei campi-controcampi e sulle pause riflessive, squarci nell'interiorità dei personaggi. Film di monologhi, in realtà, più che di dialoghi, perché nessuno, forse neppure il taciturno protagonista, ha volontà di ascoltare e comprendere, ma bisogno di urlare, anche sottovoce, la propria sofferenza, e l'invito al silenzio rivolto alla balbettante cognata (la sempre più grande Marion Cotillard) è il gesto che significativamente suggella il tutto. Film di ferite mai cicratizzate, pronte a riaprirsi e grondare sostanze sgradevoli (Vincent Cassel, straordinario "cattivo", anche e soprattutto nelle crepe della propria cattiveria). Film sugli errori e gli orrori della famiglia, e come tale ottimo film natalizio, perfetto contravveleno ai cinepanettoni.
[-]
[+] film noioso...
(di francesca50)
[ - ] film noioso...
|
|
[+] lascia un commento a lbavassano »
[ - ] lascia un commento a lbavassano »
|
|
d'accordo? |
|
|