È solo la fine del mondo

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Un film di Xavier Dolan. Con Gaspard Ulliel, Nathalie Baye, Léa Seydoux, Vincent Cassel, Marion Cotillard.
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Titolo originale Juste la fin du monde. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 95 min. - Francia 2016. - Lucky Red uscita mercoledì 7 dicembre 2016. MYMONETRO È solo la fine del mondo * * * - - valutazione media: 3,41 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

Il doloroso scarto dell’indicibile Valutazione 4 stelle su cinque

di Andrea Alesci


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venerdì 27 gennaio 2017

Tornare è sempre la parte più difficile. Ma dire, dire ciò che non vorremmo sentire, quella è la parte davvero difficile. Lo sa Louis Knipper (Gaspard Ulliel) e lo sappiamo noi, dacché le regole sono chiare dal principio. Da quando le immagini sbilenche di un giovane col cappellino in testa ci portano verso la meta di un ritorno calcolato dal 27enne Xavier Dolan.
 
È solo la fine del mondo, d’altra parte. Nulla di più che questa storia, mutuata dall’omonima pièce teatrale di Jean-Luc Lagarce. Una storia normale, ce lo dice già l’avverbio del titolo, salvo smarrirci subito dopo con il resto della frase. Entriamo confusi e desiderosi di conoscere la storia, quella che Dolan ci mostra con la strumentale maestria del cineasta, capace di trattare un tema convenzionale e perfino banale (l’incomunicabilità famigliare) in un modo del tutto spiazzante.
 
Ci spiazza conoscere subito il senso del ritorno a casa di Louis dopo dodici anni: l’annuncio della sua morte. Non ci importa sapere perché né quanto gli resti da vivere; ciò che conta è l’irrimediabilità della sentenza. A sballottarci però è il come, il modo in cui stiamo con Louis al cospetto della sua famiglia.
 
Nei modi sta la chiave per leggere un film che fa sorridere e immalinconire, soprattutto fa provare quel sentimento che sempre ci irretisce quando siamo con gli altri: l’imbarazzo. Siamo imbarazzati come lo saremmo nella vita reale quando Louis varca la soglia di casa, trovando la madre (Nathalie Baye) intenta ad asciugarsi col phon lo smalto sulle unghie, la sorella Suzanne (Léa Seydoux) ad abbracciarlo timidamente, il fratello Antoine (Vincent Cassel) che appena lo saluta, la cognata Catherine (Marion Cotillard) che gli sorride con la ritrosia degli sconosciuti.
 
Un fatto questo, perché Louis è uno sconosciuto, è uno straniero in casa sua. Il tempo ha cancellato ogni sua orma in quella famiglia, tutto ha le sembianze vaporose di un imbarazzo che si traduce in inquadrature sfuocate, figure spezzate, oggetti che prendono lo spazio delle persone. E persone che in quel salotto esistono soltanto nei momenti di urla furiose, scatti volgari, battute venali, tentennamenti eloquenti.
 
Ogni personaggio si definisce dentro quest’atmosfera di agitazione perenne, definendo i contorni di un dramma familiare che va componendosi tra sfuocamenti e balbettii, soprattutto grazie a Catherine. Lei sempre ammodo, ingessata nel suo abito di carinerie, lei che non ha mai visto Louis ma è l’unica a cercare di farlo sentire in famiglia, lei che nel continuo scusarsi e nelle esitazioni sa intuirne il segreto.
 
Quella verità che gli altri non vedono o forse hanno soltanto bisogno di capire a loro modo. Così, nel procedere di Xavier Dolan senza rispettare la consuetudine tecnica, si rispecchia l’insolito garbuglio di un dramma familiare che possiamo capire soltanto negli incontri tête-à-tête fra Louis e gli altri, come dentro un confessionale, empio però dei (presunti) peccati del confessore.
 
E alla fine non c’è più nulla da aggiungere. Nulla da dire per chi sta in quella casa nell’ennesimo imbarazzo di un film che si è annunciato come missione di dichiarazione e termina senza averla fatta quella dichiarazione. Termina nel volo spezzato di un uccellino che sembra essere rimasto intrappolato nell’orologio a cucù per il tempo necessario a raccontare l’inafferrabilità, le paure, le solitudini che separano chi rimane da chi se n’è andato. E in fondo ci dice dell’inevitabilità degli affetti e dei suoi incontrollabili effetti.

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