kimkiduk
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venerdì 21 ottobre 2016
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il pianto sociale
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Ho pianto e non me ne vergogno. Pianto dalla metà fino alla fine e mi trattenevo. Chi era con me ha detto "Il Pianto Sociale". Mi ha commosso il film in tutti gli aspetti, nella sua semplicità quasi frastornante, nella sua realtà perfetta e soprattutto nella sua dignità ormai persa.
Mi ha commosso perchè, per certi aspetti, sembra parli di cose mai viste, di realtà tanto sperate da essere miraggi. Ci sono persone o meglio ci possono essere persone così? Viene da pensare che di reale ci sia solo quello che è intorno, lo stato, gli impiegati iene e spietati esecutori di un risparmio a danno di chi ne ha bisogno; di poliziotti servi; di altrettanta gente riconoscente ma impossibilitata anche ad aiutare.
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Ho pianto e non me ne vergogno. Pianto dalla metà fino alla fine e mi trattenevo. Chi era con me ha detto "Il Pianto Sociale". Mi ha commosso il film in tutti gli aspetti, nella sua semplicità quasi frastornante, nella sua realtà perfetta e soprattutto nella sua dignità ormai persa.
Mi ha commosso perchè, per certi aspetti, sembra parli di cose mai viste, di realtà tanto sperate da essere miraggi. Ci sono persone o meglio ci possono essere persone così? Viene da pensare che di reale ci sia solo quello che è intorno, lo stato, gli impiegati iene e spietati esecutori di un risparmio a danno di chi ne ha bisogno; di poliziotti servi; di altrettanta gente riconoscente ma impossibilitata anche ad aiutare. Un mondo spietato che esiste, che vince sempre. Resta solo la dignità anch'essa merce rara.
Fa piangere questa realtà e fa male soprattutto. Poi pensi che questo film ha vinto Cannes, ma è anche vero che come pubblicità e come distribuzione ne è stata fatta poca e mi viene da pensare che forse è un premio ad altrettanta ipocrisia del cinema, che in fin dei conti di questo sistema (contestato dal film) ne è parte integrante.
In fin dei conti anche lo stesso Loach è frutto di un tempo ormai sparito e perdente e lui secondo me lo sa.
Lo sa e lo dice con il finale. La speranza che tutto possa essere rimediabile, con il finale non ci lascia troppe speranze, ma ci fa capire che vince sempre e solo una cosa .... lo stato ed il capitalismo.
Anche il ..... viene fatto alle 9 ... costa meno.
Se tutti fossero Loach forse il mondo sarebbe migliore, se tutti fossero Daniel Black sarebbe sicuramente migliore.
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[+] un interessante e coinvolgente ken loach
(di antonio montefalcone)
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teresa scarale
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giovedì 20 ottobre 2016
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un manifesto che grida dentro ai nostri occhi
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Di Teresa Scarale
Lunga vita al cinema civile. Quello pulito, senza nessuna retorica, talmente vero che a un certo punto qualche bugia forse la si vorrebbe pure. Siamo a Newcastle. Daniel Blake (Dave Johns), da sempre falegname in fabbrica e non ancora arrivato alla pensione, ha per la prima volta in vita sua bisogno dell’aiuto dello Stato: è stato colpito da un infarto e secondo il parere dei medici non può continuare a lavorare. Per potere ottenere l’indennità di malattia però deve essere dichiarato ufficialmente “inabile al lavoro” dal Dipartimento del lavoro e delle pensioni. Questo riconoscimento tarda ad arrivare, e nel frattempo Daniel comunque non può lavorare senza rischiare di perdere la vita.
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Di Teresa Scarale
Lunga vita al cinema civile. Quello pulito, senza nessuna retorica, talmente vero che a un certo punto qualche bugia forse la si vorrebbe pure. Siamo a Newcastle. Daniel Blake (Dave Johns), da sempre falegname in fabbrica e non ancora arrivato alla pensione, ha per la prima volta in vita sua bisogno dell’aiuto dello Stato: è stato colpito da un infarto e secondo il parere dei medici non può continuare a lavorare. Per potere ottenere l’indennità di malattia però deve essere dichiarato ufficialmente “inabile al lavoro” dal Dipartimento del lavoro e delle pensioni. Questo riconoscimento tarda ad arrivare, e nel frattempo Daniel comunque non può lavorare senza rischiare di perdere la vita. Allora, ha l’idea di far domanda per il sussidio di disoccupazione. Mentre è a far la fila in un ufficio che pare il gemello di un punto Equitalia, si imbatte nella giovane Katie (Hayley Squires), madre sola di due bambini, Dylan (Dylan McKiernan) e Daisy (Briana Shann). La ragazza suo malgrado si è appena trasferita da Londra a Newcastle perché è qui che le è stato finalmente assegnato un alloggio sociale dignitoso. Il vedovo Daniel si prenderà cura in tutti i modi di questa famigliola, e loro contraccambieranno come possibile.
La regia di Ken Loach è eccezionale, perché lo spettatore non la percepisce. Si è dentro alle vite dei protagonisti di Io, Daniel Blake in punta di piedi; si ha l’impressione di essere con loro in ogni momento, in bilico fra il volerne prendere la mano e la paura di disturbare Katie nel lettone che rassicura la figlia Daisy o Daniel, che in silenzio guarda che cosa poter mai vendere dei suoi ricordi di una vita, in attesa che il sussidio arrivi. La delicatezza della macchina da presa del regista britannico si fa spazio nelle anime di questi ultimi d’Occidente senza morbosità, senza rumore. Nessun piagnisteo, nessuna lagna, solo la forza e la dignità di gente perbene che continua a lottare a viso alto per un posto nel mondo, per i propri sacrosanti diritti. Loach non cerca mai lo squallore, non c’è traccia dell’usuale compiacimento nel contemplare “i poveri” che hanno alcuni registi. L’immersione rarefatta e costante che lo spettatore vive grazie a questo film non è mai un pugno nello stomaco, piuttosto è un attivatore di coscienza. La sceneggiatura è affidata ad uno dei collaboratori più importanti del regista, Paul Laverty (Jimmy’s Hall, Sweet Sixteen, Il vento che accarezza l’erba, altra Palma d’oro a Cannes), ed è quasi mumblecore per freschezza e realismo, resa viva da attori bravissimi, bambini inclusi.
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filippo catani
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domenica 4 settembre 2016
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fame
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Un falegname è in cerca del sussidio da parte dello stato inglese in quanto non più in grado di lavorare continuativamente per problemi al cuore. Un giorno incontra una giovane ragazza con due figli e in cerca di lavoro. Tra i due nasce subito un rapporto di reciproca solidarietà.
Un capolavoro premiato a Cannes questo di Ken Loach che parla di fame. Innanzitutto fame di lavoro per giovani e anziani che si ritrovano fuori mercato. Fame di giustizia e di stato sociale per un uomo con una malattia riconosciuta e in difficoltà nelle pratiche elettroniche ma anche per la donna sola e abbandonata con due figli a carico. Fame vera e nera quella che colpisce la giovane e che dà vita alla scena che più spacca il cuore in questo film dove già si vedono quante persone a Newcastle soffrono la fame.
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Un falegname è in cerca del sussidio da parte dello stato inglese in quanto non più in grado di lavorare continuativamente per problemi al cuore. Un giorno incontra una giovane ragazza con due figli e in cerca di lavoro. Tra i due nasce subito un rapporto di reciproca solidarietà.
Un capolavoro premiato a Cannes questo di Ken Loach che parla di fame. Innanzitutto fame di lavoro per giovani e anziani che si ritrovano fuori mercato. Fame di giustizia e di stato sociale per un uomo con una malattia riconosciuta e in difficoltà nelle pratiche elettroniche ma anche per la donna sola e abbandonata con due figli a carico. Fame vera e nera quella che colpisce la giovane e che dà vita alla scena che più spacca il cuore in questo film dove già si vedono quante persone a Newcastle soffrono la fame. Soprattutto si parla di fame di dignità e di quella fame che risuona nel finale come chiosa di questo lavoro: sono un uomo non sono un animale. Quante persone in questo mondo dominato da un capitalismo cieco e spietato che alimenta la guerra tra poveri e lavoratori si saranno sentiti, si sentono o si sentiranno come animali senza diritti. Ecco questa pellicola è tutto questo ed è impossibile alla fine non essere stretti contemporaneamente da un groppo alla gola e da una feroce acidità di stomaco. Ottime le interpretazioni anche dei due bravissimi protagonisti.
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misesjunior
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sabato 30 luglio 2016
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questo malvaggio capitalismo che non crolla mai!
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La recensione di Zappoli parla di "liberismo selvaggio". Vorrei sapere quale è il paese dove tale liberismo selvaggio esiste per andarci di corsa, perché lì sicuramente l'economia va meglio. Lamentabilmente tale paese non esiste (forse la Cina?).
Loach continua il suo ripetitivo lavoro di propaganda anti mercato, solo che non ci fa sapere se vuole il socialismo alla cinese o quello cubano, dove come sapete si sta da Dio, o invece è nostalgico di quello sovietico?! Boh!
[+] l'ideologia è finita
(di goldy)
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[+] ha proprio ragione,....
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