giorgio47
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giovedì 27 ottobre 2016
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gli invisibili
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Avevo letto alcune recensioni di questo film che ponevano una serie di problemim e che in goni caso non erano entusiastiche ma molto critiche e la cosa mi sembrava alquanto strana.
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giorgio47
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mercoledì 26 ottobre 2016
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i diseredati di loach
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Bellissimo film. Da vedere!
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gpistoia39
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martedì 25 ottobre 2016
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ken loach, solo film di denuncia sociale
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Questo film per me è uno dei più belli fatti da questo regista. Nel seguire gli eventi e i fatti del film ci troviamo stupiti davanti a una Gran Bretagna completamente sorda alle esigenze dei suoi cittadini. La cosa mi ha stupita se penso a tutte le persone che conosco e che sono andate a lavorare a Londra e che hanno decantato la qualità della vita inglese. Da questo film denuncia non mi sembra proprio così: chissà perché siamo sempre tentati di dire che all'estero chissà come si sta bene. Da noi penso proprio che quando uno è a casa per malattia, avendo un lavoro, ci sia l'indennità di malattia che mi pare duri fino a 6 mesi. In questo film vediamo una burocrazia spaventosa, posti di lavoro per i burocrati e i controllori, ma nessun posto per una giovane donna con 2 figli che se vuole comprare delle scarpe per loro deve prostituirsi.
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Questo film per me è uno dei più belli fatti da questo regista. Nel seguire gli eventi e i fatti del film ci troviamo stupiti davanti a una Gran Bretagna completamente sorda alle esigenze dei suoi cittadini. La cosa mi ha stupita se penso a tutte le persone che conosco e che sono andate a lavorare a Londra e che hanno decantato la qualità della vita inglese. Da questo film denuncia non mi sembra proprio così: chissà perché siamo sempre tentati di dire che all'estero chissà come si sta bene. Da noi penso proprio che quando uno è a casa per malattia, avendo un lavoro, ci sia l'indennità di malattia che mi pare duri fino a 6 mesi. In questo film vediamo una burocrazia spaventosa, posti di lavoro per i burocrati e i controllori, ma nessun posto per una giovane donna con 2 figli che se vuole comprare delle scarpe per loro deve prostituirsi. Ken Loach denuncia qualcosa di spaventosamente reale. Una tristezza incredibile, se si pensa he solo 30 anni fa la Gran Bretagna vantava il miglior sistema sanitario d'Europa esteso non solo ai suoi cittadini ma a chiunque persona si trovasse a "passare" di lì. Nelle cure sanitarie erano compresi anche la cura dei denti, cosa che da noi in Italia......
Questo film mi è stato molto utile, ho conosciuto una realtà Kafkiana che mai avrei immaginato esserci in Inghilterra. Sono sicura che se non stiamo attenti toccherà la stessa cosa qui da noi. Il potere della burocrazia nelle società "avanzate"
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flyanto
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lunedì 24 ottobre 2016
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l'odissea di un uomo per far valere i suoi diritti
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Esce proprio in questi giorni nelle sale cinematografiche "Io, Daniel Blake", l'ultima opera cinematografica di Ken Loach, il regista sociale britannico per eccellenza. Discusso film vincitore della Palma d'Oro all'ultimo Festival del Cinema di Cannes, esso presenta un ennesimo caso di emarginazione sociale riguardante un individuo comune. Daniel Blake è infatti un operaio di circa sessant'anni, vedovo, che, in seguito ad un infarto ora è costretto ad astenersi per un certo periodo dal lavoro in quanto ancora soggetto a rischio.
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Esce proprio in questi giorni nelle sale cinematografiche "Io, Daniel Blake", l'ultima opera cinematografica di Ken Loach, il regista sociale britannico per eccellenza. Discusso film vincitore della Palma d'Oro all'ultimo Festival del Cinema di Cannes, esso presenta un ennesimo caso di emarginazione sociale riguardante un individuo comune. Daniel Blake è infatti un operaio di circa sessant'anni, vedovo, che, in seguito ad un infarto ora è costretto ad astenersi per un certo periodo dal lavoro in quanto ancora soggetto a rischio. Così egli vive sostenuto da un sussidio di disoccupazione a cui dovrebbe essere aggiunto anche quello di indennità sanitaria ma, per le leggi britanniche ed una serie di cavilli legali, sembrerebbe quest'ultimo, nonostante i referti medici in suo supporto, non spettargli e pertanto il protagonista si trova costretto a fare ricorso. Nell'interminabile tempistica burocratica che sposta Daniel Blake da un ufficio all'altro e da una pratica all'altra, egli conosce una giovane donna single, madre di due bambini, appena trasferitasi nella città di Newcastle in quanto sfrattata dalla propria casa di Londra. Con lei condivide così alcune delle proprie giornate stabilendo un affettuoso rapporto, come tra un genitore ed una figlia, ed aiutandola in alcuni lavoretti domestici e di riparazioni varie, nonchè l'accudimento dei bambini, poichè la donna è in cerca di un'occupazione stabile e vive in condizioni economiche assai precarie. Finalmente, dopo lungo tempo, arriva la tanto agognata convocazione per il ricorso (nel frattempo al protagonista è stato tolto anche l'assegno di disoccupazione per altri cavilli legali), ma il destino gli sarà purtroppo fatale....
Una storia cruda e quanto mai realistica che ha come esemplare l'operaio sessantenne di Newcastle Daniel Blake ma che si può benissimo e, purtroppo, estendere a numerose altre persone che si trovano in tali condizioni. Quello che presenta e soprattutto denuncia Ken Loach, come, del resto, in molte sue opere precedenti, è il sistema sociale e legislativo del proprio paese che non tutela affatto i suoi cittadini ed, in particolar modo, quelli del ceto basso, composto di onesti e volenterosi lavoratori. Questi, quando per una serie di avvenimenti sfortunati e non così rari nell'esistenza umana, si trovano costretti a lasciare il proprio lavoro, hanno difficoltà a reinserirvisi, rischiando il più delle volte, nonostante la propria buona volontà, a cadere in uno stato di indigenza quanto mai degradante per la propria persona e dignità umana, nonchè poco giusto moralmente parlando. Ken Loach espone tale problematica secondo il suo consueto stile e, cioè, in una maniera eccellente, rigorosa, asciutta, ben inquadrata tempisticamente parlando ed ovviamente assai cruda. La sua sensibilità psicologica arriva a scavare nel profondo e raggiunge il cuore del problema ed il tono e l'atmosfera in generale sono sempre aderenti alla dura realtà priva di speranza e di un qualche riscatto o riconoscimento.
Perfettamente interpretato da attori britannici a noi poco conosciuti, il personaggio Daniel Blake risulta uno tra i migliori e più completi descritti sinora da Loach e pertanto si potrebbe anche azzardare che con quest'ultima toccante pellicola il regista potrebbe anche sospendere la propria attività, in quanto essa si conferma senza alcun ombra di dubbio come una vera opera d'arte. Meritatissima, pertanto, la consegna della Palma d'oro.
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(di kimkiduk)
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zarar
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lunedì 24 ottobre 2016
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un non-spettacolo da non perdere
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Da vedere e far vedere. Ken Loach sceglie il linguaggio e lo stile del documentario per un film che rinuncia quasi completamente a ogni suggestione visiva, ad ogni astuzia allusiva o metaforica per sbattere in faccia allo spettatore nudi e crudi gli orrori asettici della lotta impari tra i più poveri e la burocrazia, più feroce che mai in una società in crisi che si ristruttura a spese del welfare state e in cui le nuove tecnologie vengono usate paradossalmente per spersonalizzare il più possibile il rapporto tra stato e cittadino e per moltiplicare le barriere nei confronti di chi rivendica dignità e diritti. Ne fanno le spese soprattutto i più deboli e sprovveduti, vecchi e giovani nuovi poveri.
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Da vedere e far vedere. Ken Loach sceglie il linguaggio e lo stile del documentario per un film che rinuncia quasi completamente a ogni suggestione visiva, ad ogni astuzia allusiva o metaforica per sbattere in faccia allo spettatore nudi e crudi gli orrori asettici della lotta impari tra i più poveri e la burocrazia, più feroce che mai in una società in crisi che si ristruttura a spese del welfare state e in cui le nuove tecnologie vengono usate paradossalmente per spersonalizzare il più possibile il rapporto tra stato e cittadino e per moltiplicare le barriere nei confronti di chi rivendica dignità e diritti. Ne fanno le spese soprattutto i più deboli e sprovveduti, vecchi e giovani nuovi poveri. “Gufo” di prim’ordine, Ken Loach si schiera affettuosamente e completamente dalla loro parte, scegliendo lo sguardo ed il grado elementare di narrazione dei suoi personaggi per una storia il cui intento pedagogico-politico è evidente, esplicito e prepotente. Una rappresentazione di tranquilla disperazione che strappa lacrime e rabbia. Il massimo apprezzamento è non considerarlo uno spettacolo e quindi non dargli nessun voto come tale.
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flaw54
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lunedì 24 ottobre 2016
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realismo positivista
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Non è un film, ma una vera e propria tranche de vie, una sorta di Zola dei nostri giirni. Purtroppo è cinema verità che apre la strada a profonde riflessioni che vanno al di là delle ideee politiche e mettono in primo piano lo scontro tra una burocrazia fredda, impietosa e insensibile e il valore della dignità umana. Bella nella sua semplicità la lettera letta dall' amica di Danny al suo funerale, chiara eredità spirituale del protagonista capace di esprimere concetti che appaiono naturali, ma che spesso vengono tristemente dimenticati.
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lbavassano
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domenica 23 ottobre 2016
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un film per tutti, che tutti dovrebbero vedere
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"Io, Daniel Blake" di Ken Loach è un film bellissimo. E' un film meraviglioso, perché non può non destare meraviglia la volontà di grandi registi di non mettere il proprio talento al servizio di una vacua spettacolarità. E' un film commovente, nel senso più nobile. E' un film facile, che tutti possono capire, che tutti dovrebbero vedere, per comprendere la realtà del nostro mondo, presente e futura.
E' fortemente politico il cinema di Ken Loach, a volte fastidioso per la sicurezza ideologica, aliena dal dubbio, con cui distingue il bene dal male, i "buoni" dai "cattivi", ma qui è al centro la questione della dignità umana, al di là di ogni ideologia, negata dal modernismo dei curricola informatici, delle domande di lavoro, di sussidio, di tutto, esclusivamente trasmissibili per via telematica.
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"Io, Daniel Blake" di Ken Loach è un film bellissimo. E' un film meraviglioso, perché non può non destare meraviglia la volontà di grandi registi di non mettere il proprio talento al servizio di una vacua spettacolarità. E' un film commovente, nel senso più nobile. E' un film facile, che tutti possono capire, che tutti dovrebbero vedere, per comprendere la realtà del nostro mondo, presente e futura.
E' fortemente politico il cinema di Ken Loach, a volte fastidioso per la sicurezza ideologica, aliena dal dubbio, con cui distingue il bene dal male, i "buoni" dai "cattivi", ma qui è al centro la questione della dignità umana, al di là di ogni ideologia, negata dal modernismo dei curricola informatici, delle domande di lavoro, di sussidio, di tutto, esclusivamente trasmissibili per via telematica.
Ci mette in guardia Daniel Blake, il suo Io terribilmente individuale, il suo Io autenticamente collettivo, nei confronti dell'ipocrisia di tutto ciò, della tragica presa in giro, dei falsi alibi di chi, in nome di una presunta efficienza tecnocratica, di fatto nega i nostri diritti, il diritto al lavoro, alla salute, all'istruzione, ad una vita dignitosa.
Mi ha ricordato quell'altro straordinario film che è stato "Rosetta" dei Dardenne, anch'esso, probabilmente non a caso, premiato a Cannes. Là era la negazione all'ingresso nel mondo del lavoro, qui l'estromissione dallo stesso. Lo stile è diverso, la forza la medesima.
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miraj
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domenica 23 ottobre 2016
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dignità di de fault
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Daniel e Daisy si incontrano in uno dei numerosi non luoghi della burocrazia amministrativa. Lui, Daniel, un carpentiere sessantenne dispensato dal lavoro a causa di un problema cardiaco. Lei, Daisy, una giovane donna sola con due figli, in cerca di lavoro. Si incontrano nell'ufficio adibito all'accoglimento delle loro istanze. Digitali di de fault, come sottolinea l'addetto alla sicurezza. E subito il film entra nel vivo del suo significato. L'inutilità dei non luoghi, dove inizia un iter burocratico di passaggi inutili - seppur online, attraverso call center inutil, riempiendo modelli inutili - seppur online -, dovendo dichiarare elementi inutili e pure in contraddizione tra loro, di cui si stenta a capire la necessità.
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Daniel e Daisy si incontrano in uno dei numerosi non luoghi della burocrazia amministrativa. Lui, Daniel, un carpentiere sessantenne dispensato dal lavoro a causa di un problema cardiaco. Lei, Daisy, una giovane donna sola con due figli, in cerca di lavoro. Si incontrano nell'ufficio adibito all'accoglimento delle loro istanze. Digitali di de fault, come sottolinea l'addetto alla sicurezza. E subito il film entra nel vivo del suo significato. L'inutilità dei non luoghi, dove inizia un iter burocratico di passaggi inutili - seppur online, attraverso call center inutil, riempiendo modelli inutili - seppur online -, dovendo dichiarare elementi inutili e pure in contraddizione tra loro, di cui si stenta a capire la necessità. Tra i due personaggi, subito uniti dalla difficoltà di rispettare l'asetticità del non luogo, nasce un intenso legame di solidarità e dignità, fatto di pochi cibi condivisi, di poche parole per far parlare i bambini ed anche per farli pensare, di strade che potrebbero tornare ad essere realtà, come i libri senza posto di Daisy, per i quali Daniel ha costruito una libreria....sulla quale realisticamente quei libri non torneranno mai...sulla quale realisticamente poggeranno in disordine i vestiti delle notti rubate di Daisy. Perchè questa società la dignità vuole portarla via. Daniel incapace lottatore contro il mondo digitale che non riesce a fare un'istanza per l'indennità di malattia perchè non riesce ad usare gli strumenti informatici e quella indennità è l'unica fonte di sopravvivenza. Daisy, che non riesce a trovar lavoro se non prostituirsi per comprare un nuovo paio di scarpe alla figlia, perchè a scuola i compagni la prendono in giro per le scarpe che si aprono ed il lavoro che Daisy non trova è l'unica fonte di sopravvivenza. Eppure, nonostante tutto, quella che resta è la dignità. Questa è l'affermazione di Loach. La dignità umana, che nei legami tra gli uomini riesce comunque a rimanere integra, anche quando le condizioni di vita quotidiana creano i presupposti per non sentirsi più uomini. Il film racconta questo, con cruda semplicità e realismo. Racconta cosa è la dignità. Il proprio nome. L'essere cittadino. L'essere genitore. Un film che mette tutti in ginocchio, non lascia spazio alle obiezioni, c'è una verità sola ed è quella che ci mostra.
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(di kleber)
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emanuele 1968
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domenica 23 ottobre 2016
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bello
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Situazioni coatte, mandare in fallo, anche in Gran Bretagnia si fa fatica ha tirare fuoiri i soldi.
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vanessa zarastro
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sabato 22 ottobre 2016
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la dignità ultima a morire
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Burocrazia, tecnologia e privatizzazione, sono, in ordine, le malattie del mondo occidentale nel XXI secolo. Se potevamo pensare che in Gran Bretagna le cose potessero andare meglio che da noi, questo film ci fa provare una grande delusione. E perché allora mandiamo i nostri figli a studiare e a lavorare lì dove la gente muore di burocrazia? La vicenda che Ken Loach narra nel suo Io Daniel Blake, fa paura perchéè una storia che potrebbe succedere anche a noi o a qualche nostro amico o conoscente.
Siamo a Newcastle sul Tyne nel nord dell’Inghilterra, e un onesto carpentiere cinquantanovenne rimasto vedovo da non molto tempo, ha avuto un serio attacco cardiaco che sta superando con medicine e terapia riabilitativa.
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Burocrazia, tecnologia e privatizzazione, sono, in ordine, le malattie del mondo occidentale nel XXI secolo. Se potevamo pensare che in Gran Bretagna le cose potessero andare meglio che da noi, questo film ci fa provare una grande delusione. E perché allora mandiamo i nostri figli a studiare e a lavorare lì dove la gente muore di burocrazia? La vicenda che Ken Loach narra nel suo Io Daniel Blake, fa paura perchéè una storia che potrebbe succedere anche a noi o a qualche nostro amico o conoscente.
Siamo a Newcastle sul Tyne nel nord dell’Inghilterra, e un onesto carpentiere cinquantanovenne rimasto vedovo da non molto tempo, ha avuto un serio attacco cardiaco che sta superando con medicine e terapia riabilitativa. Naturalmente non può lavorare – o almeno per un certo periodo finché lo ritengono i medici – e fa domanda di invalidità per ottenere l’indennità di malattia. Con tutte le difficoltà burocratiche del caso, dalla compilazione di moduli obbligatoriamente on-line, a una serie di domande assolutamente inutili e idiote che non prendono in esame il caso particolare ma che generalizzano sull’impossibilità ad autogestirsi - «Ho già compilato cinquanta pagine del formulario» - afferma Blake. Una vola che il sussidio gli è stato negato Daniel Blake è costretto a fare domanda per quello di disoccupazione. Per dimostrare la sua buona volontà allo Stato Blake dovrà prima fare un workshop, poi passare le sue giornate a scrivere curricula e a portarli in varie fabbriche, officine, e vivai. La cosa più assurda è che casualmente troverà pure chi lo vuole assumere ma è costretto a rifiutare perché ancora inabile al lavoro. In un crescendo di difficoltà tecnologiche – dall’uso esclusivo del computer alle foto con lo smartphone come prova - il nostro eroe arriverà solo alla fine a fare ricorso per l’indennità di malattia. Nel frattempo, in uno di questi assurdi uffici burocratici, incontra Daisy, una ragazza con due figli anch’essa disoccupata e indigente, appena arrivata da Londra. Lui l’aiuterà sia nel mettere su casa – «So aggiustare di tutto dice Blake» – sia nell’occuparsi dei suoi figli. L’umanità, la solidarietà e la dolcezza di queste persone sono il lato più commovente del film. Molto toccante è la scena nella “banca alimentare” organizzata da volontarie che suppliscono a quell’assistenza che lo Stato dovrebbe fornire. Daniel Blake pian piano e con pazienza riesce a conquistare i figli di Daisy, Kattle e perfino lo scorbutico e problematico Dylan, entrambi figli di padri assenti, che gli si affezioneranno. Sarà poi proprio Daisy, riconoscente, a essergli vicino nella sua ultima battaglia.
Loach è sempre dalla parte degli onesti, dei disoccupati, delle persone semplici che abbiano comunque subìto dei soprusi. Il suo è un cinema militante. Ho letto da qualche parte che Ken Loach, ormai ottantenne, aveva deciso di smettere di fare film ma quando ha sentito della possibile privatizzazione della polizia, ha voluto lo stesso girare ancora un film duro e amaro – infatti fa dire a Daniel Blake rivolto ai poliziotti «Fra un po’ privatizzeranno anche voi».
Con il cinema di Ken Loach si entra nelle vite dei personaggi passando direttamente dalla porta principale, vivendoci insieme e affrontando con loro il senso d'impotenza e la ricerca di un’alternativa. La storia di Daniel Blake, come tutte le altre rappresentate da Loach, è una storia di uomo onesto che non si piega né alle regole della burocrazia né ai compromessi facili. Il protagonista è oggettivamente un perdente, nel senso e dal punto di vista materiale, che man mano perde tutto, è invece un vincente sul piano etico e gli rimane ciò che non sono riusciti a togliergli, cioè la dignità di persona.
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