“Io, Daniel Blake” è il ritorno di Ken Loach al cinema dopo l’annunciato ritiro di “Jimmy’s Hall” e rivince per la seconda volta a Cannes in meno di dieci anni. Il film è un atto politico contro le aberrazioni burocratiche del suo paese oggi. Un cinema di impegno civile di denuncia sociale tipico del cineasta inglese. Lo script, con tutti i suoi pregi e difetti, narra una storia che fa indignare, una di quelle molto attuali e che si scaglia contro le ingiustizia di uno stato sociale che spesso priva di dignità il cittadino, la persona. L’opera ha momenti di grande umanità, di tenerezza e commozione, uno stile secco e ruvido, un realismo acceso, uno sguardo compassionevole e rispettoso dei suoi indifesi personaggi; ma purtroppo anche i soliti schematismi, una scrittura programmatica, una superficialità un po’ diffusa, un sospetto di ricatto emotivo.
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“Io, Daniel Blake” è il ritorno di Ken Loach al cinema dopo l’annunciato ritiro di “Jimmy’s Hall” e rivince per la seconda volta a Cannes in meno di dieci anni. Il film è un atto politico contro le aberrazioni burocratiche del suo paese oggi. Un cinema di impegno civile di denuncia sociale tipico del cineasta inglese. Lo script, con tutti i suoi pregi e difetti, narra una storia che fa indignare, una di quelle molto attuali e che si scaglia contro le ingiustizia di uno stato sociale che spesso priva di dignità il cittadino, la persona. L’opera ha momenti di grande umanità, di tenerezza e commozione, uno stile secco e ruvido, un realismo acceso, uno sguardo compassionevole e rispettoso dei suoi indifesi personaggi; ma purtroppo anche i soliti schematismi, una scrittura programmatica, una superficialità un po’ diffusa, un sospetto di ricatto emotivo. Eppure la pellicola è efficace, forte. Proprio come un bell’invito alla generosità e alla solidarietà.
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