peer gynt
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mercoledì 7 settembre 2016
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la guerra dell'eroe disarmato
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Difficile negare al film di Mel Gibson una forza e un impatto fuori del comune. Anche se non siamo di fronte ad un film originale, anzi ad uno dei film più "già visti" della storia del cinema. Sì, perché Gibson costruisce un film di guerra con eroe superiore (perché posseduto da un ideale di ferro dal quale non si sposta nemmeno con le cannonate) come ne abbiamo visti tantissimi in tutta la storia del cinema americano, soprattutto quello più classico (anni Quaranta e Cinquanta). La costruzione, la struttura (la prima metà è delinezione del personaggio, sua storia d'amore, suo addestramento in caserma, la seconda parte è il campo di battaglia con la durezza della guerra piena di sangue e morti, con quell'iperrealismo che a partire da "Salvate il soldato Ryan" di Spielberg non può più mancare), la musica, i personaggi, gli eroismi, la retorica, tutto è classico che più classico non si può.
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Difficile negare al film di Mel Gibson una forza e un impatto fuori del comune. Anche se non siamo di fronte ad un film originale, anzi ad uno dei film più "già visti" della storia del cinema. Sì, perché Gibson costruisce un film di guerra con eroe superiore (perché posseduto da un ideale di ferro dal quale non si sposta nemmeno con le cannonate) come ne abbiamo visti tantissimi in tutta la storia del cinema americano, soprattutto quello più classico (anni Quaranta e Cinquanta). La costruzione, la struttura (la prima metà è delinezione del personaggio, sua storia d'amore, suo addestramento in caserma, la seconda parte è il campo di battaglia con la durezza della guerra piena di sangue e morti, con quell'iperrealismo che a partire da "Salvate il soldato Ryan" di Spielberg non può più mancare), la musica, i personaggi, gli eroismi, la retorica, tutto è classico che più classico non si può. E in questo Gibson sa costruire un prodotto perfetto, che conquista e commuove. Allora, se il Cinema è originalità questo film meriterebbe il voto più basso possibile, se invece è potenza narrativa e capacità di coinvolgere lo spettatore, allora va riconosciuto a Gibson il voto più alto. Dato che il Cinema è sicuramente un condensato di entrambi questi elementi, diamo a Gibson l'onore delle armi e riconosciamo che il suo film è potente e merita. Non sarà un capolavoro, ma è onesto e non ingannerà mai lo spettatore.
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[+] storia e retorica religiosa nell’opera di gibson
(di antonio montefalcone)
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maurizio meres
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domenica 5 febbraio 2017
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essere un vero pacifista,con i fatti.
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In questo bellissimo film strutturalmente perfetto,risplende la grande personalità di Mel Gibson,attento nel riprodurre con una sapiente e meticolosa ricostruzione del passato storie vere,grazie a lui ed ad altri autorevoli registi possiamo rivivere,emozioni,stati d'animo e soprattutto conoscere e rivedere tutte le atrocità che solo la guerra può produrre,ma come altri Gibson lo fa attraverso un singolo personaggio,un eroe, siamo in pieno conflitto mondiale gli Stati Uniti si apprestano a dire stop alla guerra,il pensiero dell'atomica diventa sempre più una certezza,ma la guerra con le armi convenzionali continua in una atrocità mostruosa,un uomo che non dovrebbe stare in quel posto riesce attraverso la sua fede,ma soprattutto il suo credo nell'essere umano inteso come portatore di pace e di bontà,ad emergere dalla follia dell'esaltazione di distruzione,portando ai suoi compagni la grande consapevolezza del più grande bene che abbiamo,la vita,attraverso una moralità che ogni persona prima di avercela dovrebbe sapere il significato.
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In questo bellissimo film strutturalmente perfetto,risplende la grande personalità di Mel Gibson,attento nel riprodurre con una sapiente e meticolosa ricostruzione del passato storie vere,grazie a lui ed ad altri autorevoli registi possiamo rivivere,emozioni,stati d'animo e soprattutto conoscere e rivedere tutte le atrocità che solo la guerra può produrre,ma come altri Gibson lo fa attraverso un singolo personaggio,un eroe, siamo in pieno conflitto mondiale gli Stati Uniti si apprestano a dire stop alla guerra,il pensiero dell'atomica diventa sempre più una certezza,ma la guerra con le armi convenzionali continua in una atrocità mostruosa,un uomo che non dovrebbe stare in quel posto riesce attraverso la sua fede,ma soprattutto il suo credo nell'essere umano inteso come portatore di pace e di bontà,ad emergere dalla follia dell'esaltazione di distruzione,portando ai suoi compagni la grande consapevolezza del più grande bene che abbiamo,la vita,attraverso una moralità che ogni persona prima di avercela dovrebbe sapere il significato.
Film stupendamente montato,classica scenografia di guerra ben costruita,completo di tutto,inizia con l'adolescenza di Desmond,complicata con suo padre ma gioiosa con tutti gli altri, poi conosce l'amore vero,pulito con una ragazza bellissima,infine il grande rispetto per gli altri lo porta sul fronte in una guerra che lui interpreta come prova di fede.
Una menzione particolare va al bravissimo attore Andrew Garfield,ormai una certezza,interpretazione perfetta,in lui Gibson cercava sicuramente il buonismo dell'anima interiore,come contrapposizione dell'ideologia della guerra,così come era il vero personaggio storico,il risultato è stato ottimo.
Vedere questo film è senz'altro positivo per l'anima e diventa un saggio per il rispetto della vita altrui.
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ninoraffa
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lunedì 24 luglio 2017
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non uccidere. il quinto comandamento secondo gibson.
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Spettacolare film di guerra degli anni cinquanta o sessanta, "La Battaglia di Hacksaw Ridge". Cosa aggiungere? Forse nel 2016, dopo "Flags of our fathers" e "Lettere da Iwo Jima", saremmo più volentieri ritornati sui campi di battaglia del Pacifico armati d’imparzialità ed equilibrio storico. Invece più che a Okinawa ci ritroviamo al Fosso di Helm oppure nella Terra di Mordor del "Signore degli Anelli", dalla parte degli elfi a stelle e strisce, nobili e pietosi, contro gli orchi-musi-gialli, bestiali e crudeli, vomitati senza fine dalle tenebrose viscere della terra. Mel Gibson non ha bisogno di presentazioni: scritta da un vincitore piuttosto tardivo, la sua storia è immune dalle dolorose riflessioni maturate nel frattempo da giapponesi e statunitensi, nel riconoscersi vicendevolmente, al di là delle diverse responsabilità rispetto alla guerra.
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Spettacolare film di guerra degli anni cinquanta o sessanta, "La Battaglia di Hacksaw Ridge". Cosa aggiungere? Forse nel 2016, dopo "Flags of our fathers" e "Lettere da Iwo Jima", saremmo più volentieri ritornati sui campi di battaglia del Pacifico armati d’imparzialità ed equilibrio storico. Invece più che a Okinawa ci ritroviamo al Fosso di Helm oppure nella Terra di Mordor del "Signore degli Anelli", dalla parte degli elfi a stelle e strisce, nobili e pietosi, contro gli orchi-musi-gialli, bestiali e crudeli, vomitati senza fine dalle tenebrose viscere della terra. Mel Gibson non ha bisogno di presentazioni: scritta da un vincitore piuttosto tardivo, la sua storia è immune dalle dolorose riflessioni maturate nel frattempo da giapponesi e statunitensi, nel riconoscersi vicendevolmente, al di là delle diverse responsabilità rispetto alla guerra. Vicenda esemplare – "vera", secondo la moda Hollywoodiana corrente – quella di Desmond Doss: primo obiettore di coscienza insignito della Medaglia d’Onore del Congresso (la più alta onorificenza militare statunitense) per aver servito come soccorritore militare ad Okinawa nel 1945, traendo in salvo dietro le linee nemiche 75 commilitoni feriti. La prima parte del film scorre secondo gli schemi classici del genere: una sana e rude infanzia nella campagna della Virginia, il padre traumatizzato reduce della Grande Guerra alcolizzato e violento (Hugo Weaving, il miglior interprete del film), la madre succube e affettuosa, la salda fede cristiana avventista, la bella fidanzata infermiera, l’arruolamento volontario per la guerra, il duro addestramento, il sergente carogna ma non troppo, i commilitoni dalla mano pesante; qui e lì salta fuori qualche misurata cattiveria che comunque non intacca l’essenziale rettitudine del buon americano. Doss, assegnato per errore a un battaglione d’assalto invece che ai corpi medici, Sacra Scrittura alla mano rifiuta il fucile in nome del quinto comandamento: vuole servire la patria salvando vite invece che sterminando nemici. Non risulta molto convincente: Pearl Harbour ancora brucia e in ogni caso è difficile distinguere i grandi ideali dalla vigliaccheria; finisce prevedibilmente in galera, ma alla fine, grazie a un generale amico del padre, il tribunale militare consente a spedirlo al fronte secondo i suoi voleri, armato di bende, morfina e barella. Storia vera s’è detto. Ricapitolare una vita in due ore comporta una strettissima selezione di fatti e pensieri da cui dipende il senso del racconto. Lasciamo quindi il vero Desmond Doss, del quale sapremo sempre e comunque pochissimo, per concentrarci sulla regia di Gibson, da par suo molto risoluto nel conciliare guerra e fede cristiana; impresa in cui anche pensatori più attrezzati, come S. Agostino e S. Tommaso, hanno parecchio faticato, stante che Cristo non ricorse alle Sue legioni angeliche per risparmiarsi l’ingiustizia della Croce. Doss secondo Gibson è inevitabilmente un obiettore "non" pacifista. Da ragazzo con una pietra ha tentato d’imitare Caino, più grande ha quasi sparato al padre per proteggere la madre, adesso sembra avere qualche pendenza freudiana con le armi, ma contro la guerra in sé in fondo ha poco da obiettare. Non approfondendo la psicologica e l’etica del personaggio al di là della Bibbia nel taschino, Gibson finge di voler raccontare l’idealista e l’obiettore di coscienza, ma ancora una volta gl’interessa di più il guerriero. Si compiace quindi della ripresa iperrealista, macchinando azioni belliche d’inverosimile partigianeria: i giapponesi non tagliano le funi di sostegno della rete che consente di scalare le loro difese, non tirano neppure quattro pietre – e basterebbero – sui "nostri" che li prendono a fucilate da un’improbabile posizione scoperta sottostante, cadono a grappoli sotto i colpi del buon sergente ferito ormai da 24 ore e senza cure, tirato a gran velocità da Doss su uno "slittino" di tela lungo un terreno accidentatissimo, e potremmo continuare. Doss compì due imprese eroiche a riparo di ogni retorica: quella di professare nel peggior momento scomode idee di non violenza passando per vile davanti alla sua nazione, e l’altra di Hacksaw Ridge davanti ai giapponesi. A settant’anni di distanza, proprio la prima dovrebbe essere per noi più importante, posto che il valore assoluto della vita da lui testimoniato rimane ad oggi incompreso, e ancor meno applicato. Un Doss fulminato dopo cinque minuti di battaglia sarebbe rimasto per sempre "Doss il vigliacco", eppure i suoi valori avrebbero meritato comunque di essere raccontati. Hollywood lo avrebbe ignorato, ma un Doss senza medaglia, sconosciuto testimone della fede, sconfitto secondo la logica di questa Terra, avrebbe rappresentato ancor di più l’autentica essenza umana e cristiana. Se l’umanità e il cristianesimo c’interessano veramente.
A Okinawa in tre mesi perirono circa 13.000 militari americani e 240.000 giapponesi in maggioranza civili. Per chi ha fede, Dio era lì in quei giorni, ma più misterioso e incognito di quanto Gibson voglia farci credere. Dubitiamo pure che Si aggirasse per la battaglia a braccetto di Zio Sam. Appena due mesi dopo il governo degli Stati Uniti, giustificandosi con gli enormi costi umani di un’invasione del Giappone, ordinerà di sganciare senza preavviso due bombe atomiche prima su Hiroshima e tre giorni dopo su Nagasaki. In alternativa, alcuni scienziati e intellettuali avevano proposto un’esplosione dimostrativa in un luogo deserto, seguita da un ultimatum alle autorità di Tokio, ma così non avvenne. Nel finale del film scorrono le immagini di repertorio del vero Desmond Doss: risentendo dalla sua voce "Ti prego Signore, aiutami a salvarne ancora uno", ci chiediamo cosa pensasse di questo terrificante epilogo – 70.000 innocenti vittime civili per ogni lancio – dal sapore inutile della vendetta.
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ashtray_bliss
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mercoledì 25 gennaio 2017
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un film rigoroso e classico firmato gibson.
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Coraggio incondizionato, ferrea fede in Dio, irremovibili convinzioni e valori morali sono gli ingredienti comuni di tutti i protagonisti eroi dei film firmati Gibson. L'autore stesso è abile nel confezionare pellicole che rapprresentano l'apoteosi dell'uomo ideale così come tale immagine idealistica è impressa nell'immaginario dello stesso Mel Gibson. E l'uomo ideale per l'autore è il combattente, il guerriero, il soldato che armato in primis di coraggio e forza di volontà interminabile si appresta a combattere la propria battaglia sia che si tratti dell'indipendenza di un popolo, o che riguardi la difesa, propagazione e il sacrificio per la fede in nome di Dio oppure, infine, quello di sfidare le rigide regole militari ed entrare totalmente disarmati in un infernale campo di battaglia.
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Coraggio incondizionato, ferrea fede in Dio, irremovibili convinzioni e valori morali sono gli ingredienti comuni di tutti i protagonisti eroi dei film firmati Gibson. L'autore stesso è abile nel confezionare pellicole che rapprresentano l'apoteosi dell'uomo ideale così come tale immagine idealistica è impressa nell'immaginario dello stesso Mel Gibson. E l'uomo ideale per l'autore è il combattente, il guerriero, il soldato che armato in primis di coraggio e forza di volontà interminabile si appresta a combattere la propria battaglia sia che si tratti dell'indipendenza di un popolo, o che riguardi la difesa, propagazione e il sacrificio per la fede in nome di Dio oppure, infine, quello di sfidare le rigide regole militari ed entrare totalmente disarmati in un infernale campo di battaglia. Il cinema di Gibson d'altronde è anche spiccatamente maschile (sia per suoi personaggi principali sia per il pubblico al quale si rivolge principalmente) ed impersona impeccabilmente degli ideali conservatori e tradizionalisti che caratterizzano la sua opera ma che tuttavia rischiano di echeggiare troppo anacronistici e superati al giorno d'oggi e sopratutto al pubblico di giovani e giovanissimi.
Ma nonostante questi limiti o difetti narrativi bisogna arrendersi alla realtà del fatto che la sua filmografia è sempre di forte impatto visivo e ancor più emotivo, riesce a catturarti, emozionarti ed coinvolgerti anche quando si tratta di assistere alla più classica delle storie americane ambientate durante il periodo bellico.
Hacksaw Ridge infatti traspira una massiccia dose di retorica americana, patriottismo e valori nazionalisti che trionfano sul nemico, il quale viene mostrato solo in veste di aggressore senza ritegno e pietà che si scaglia furiosamente contro i 'nostri' eroi. L'altro, dunque si presente senza alcun dovuto spessore motivazionale o ideologico. Ma Hackaw è anche un'opera audace e coraggiosa che attravverso la figura di Desmond Doss osa andare controcorrente, sfidare l'establishment del rigido e rigoroso esercito americano, ed in un certo senso osa sfidare un'intera filosofia sociale, militare e politica.
Desmond Doss incarna alla perfezione la figura dell'antieroe per eccellenza, la pecora nera alla quale chiunque di noi si affeziona per un motivo o per l'altro. Fervente religioso (avventista Cristiano), Desmond matura presto la ripulsione verso qualsiasi forma di violenza, fisica e psicologica, e tenendo sempre vicino la Bibbia come bussola per non smarrire i propri principi e valori, Desmond sceglie di servire la sua Nazione e difendere i suoi connazionali e ideali, in un modo completamente nuovo e rivoluzionario rispetto al mondo che lo circonda: rifiutandosi categoricamente di impugnare, e tantomeno usare, una qualsiasi arma. Rifiutandosi di completare l'addestramento militare armato e restando fermamente ed irremovibilmente convinto di tener fede al comandamento biblico "non uccidere". Neppure quando si tratta del nemico. La guerra del resto non si limita al portare via delle vite ma anche a salvarle.
Il campo di battaglia di Desmond è anzitutto psicologico e sin da subito verrà ostacolato dai suoi commilitoni e superiori al campo di addestramento militare. Dapprima deriso, poi vessato, umiliato, picchiato. Nessuno conosce con certezza se è un ego smisurato misto ad un senso di superiorità o una pura e candida fede religiosa e convizioni pacifiste a fare di Desmond quello che è. Un ragazzo determinato e deciso ad aiutare, in veste di soccorritore, i suoi connazionali ma senza ricorrere all'uso della violenza e delle armi. Un rivoluzionario, un eroe, un pacifista ma pur sempre un patriotta che decide di servire il suo Paese in una maniera completamente inusuale. Eppure quel ragazzo provinciale dal fisico piuttosto gracile, quel sognatore e romantico idealista che spende le sue serate con la Bibbia tra le mani, riesce a compiere una sorta di miracolo proprio nel mezzo della battaglia di Okinawa, in Giappone, traendo in salvo ben 75 persone. Buttandosi disarmato in un inferno a cielo aperto, sfidando le bombe, i napalm, le granate, Desmond riuscirà a compiere la propria missione guadagnandosi lo stupore, l'ammirazione e le scuse da parte di coloro che avevano dubitato e giudicato senza conoscere. Come dice il proverbio inglese do not judge a book by its cover e come direbbe il detto nostrano l'abito non fa il monaco. Pertanto è un invito a non dubitare della solida forza di volontà e del coraggio del nostro prossimo, in questo caso pronto a sacrificarsi per un ideale elevato e determinato a prestare un servizio non soltanto socialmente utile ma di vitale importanza sul campo di guerra.
Profondamente anti bellico nel messaggio che trasmette al pubblico, Mel Gibson non esita ad esprime tutta la sua maestria registica nella lunga sequenza di battaglia -che dura più di metà film- senza risparmiarsi la spettacolarizzazione della guerra, con tanto di alcune cadute di stile nelle scene splatter (che rievocano lo stile tarantiniano e la sequenza iniziale di Salvate il Soldato Ryan di Spielberg). Ma la violenza è pur sempre una tematica centrale, al pari del coraggio e della fede, nella filmografia e nella narrativa di Gibson e l'ex attore è certamente noto per la sua mano pesante e l'abbondanza di sequenze di violenza. Ma la lunga parte ambientata ad Okinawa è impeccabile da ogni punto di vista: la ricostruzione del caotico e infernale luogo di scontro armato tra americani e giapponesi è reso alla perfezione. La confusione, il fumo, il fuoco, le urla di dolore e le grida di guerra, la sofferenza. Tutto risulta dolorosamente verosimile ed inquietante, il dramma e l'orrore della guerra viene fotografato nel modo più vivido crudo e realistico possibile.
In Hacksaw Ridge quindi non troviamo solo un regista impegnato che cerca spudoratamente di autocelebrare le proprie capacità tecniche (e un po' questo elemento penalizza la pellicola) ma vi troviamo un'intero asse di attori che danno il meglio di sè. Andrew Garfield ricopre di nuovo un ruolo affine a quello di Silence, ma qui risulta visibilmente più sfinito, logorato, impegnato a difendere i propri valori morali che come ribadisce, subiscono un attacco immotivato. E ancor più troviamo uno straziante e intenso Hugo Weaving nei panni di un ex veterano di guerra che cerca di affondare i demoni del passato nell'alcol e nei ricordi ma che è altrettanto suscettibile alla perdita di autocontrollo che sfoca in violenza domestica. Eppure il suo personaggio così umano, fragile, dolente e violento al tempo stesso non può che smuoverci e intenerirci; rappresentando il volto ferito e sconfitto delle guerre, l'anima dolente e profondamente turbata sopravvisuta agli orrori bellici nei quali l'Umanità non può permettersi di ricadere, e consumato dall'alcol che rappresenta la scappatoia da una realtà dolorosa con cui confrontarsi. Infine, molto convincente risulta Vince Vaughn quasi irriconoscibile dati i suoi trascorsi comici. Qui invece riveste i panni di un sergente severo ma rigorosamente ironico rappresentando un contributo al mitico sergente Hartman di Full Metal Jacket.
Nel complesso quindi Hacksaw Ridge rappresenta uno dei film più classici e rigorosi mai creati da Gibson, sia per la tematica che per la storia narrata con tanto di filmati d'epoca, dei veri personaggi coinvolti, a fine pellicola, tanto per ricordarci di non dimenticarci di loro, delle loro gesta eroiche e dei loro sacrifici ma sopratutto per ricordarci quali orrori provocano le guerre che rappresentano una trappola mortale nella quale non bisogna mai più ricadere. Ovviamente a penalizzare il film è l'abbondante dose di retorica e il mostrare tout-court i giapponesi come nemici assoluti, senza mostrare un minimo di approfondimento nei loro confronti. Ma come film di guerra è sicuramente uno dei migliori degli ultimi anni. 3.5/ 5.
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robertalamonica
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sabato 25 febbraio 2017
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l'eroe di mel gibson
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La Battaglia di Hacksaw Ridge è un bel film. Non c'è nulla che non sia già stato detto o fatto in film precedenti ma Gibson confeziona comunque un buon prodotto. Il suo bisogno di un dialogo con Dio e il bisogno di vedere Dio nei suoi eroi stavolta ha il volto di Doos Desmond, giovane ordinario che Dio rende straordinario. È la storia della Battaglia di Okinawa vista da una diversa angolazione, quella del primo obiettore di coscienza dell'esercito americano. 'Fusto di mais', il vigliacco, salverà quanti più compagni possibile, guidato da quel Dio che muove, salvifico, ogni sua mossa. C'è un po' tutto in questo war movie: l'amicizia, il coraggio, la fede, la sofferenza, l'amore filiale, l'eccezionalità della normalità, l'eroismo, il patriottismo e anche un nemmeno troppo vago intento morale e pedagogico.
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La Battaglia di Hacksaw Ridge è un bel film. Non c'è nulla che non sia già stato detto o fatto in film precedenti ma Gibson confeziona comunque un buon prodotto. Il suo bisogno di un dialogo con Dio e il bisogno di vedere Dio nei suoi eroi stavolta ha il volto di Doos Desmond, giovane ordinario che Dio rende straordinario. È la storia della Battaglia di Okinawa vista da una diversa angolazione, quella del primo obiettore di coscienza dell'esercito americano. 'Fusto di mais', il vigliacco, salverà quanti più compagni possibile, guidato da quel Dio che muove, salvifico, ogni sua mossa. C'è un po' tutto in questo war movie: l'amicizia, il coraggio, la fede, la sofferenza, l'amore filiale, l'eccezionalità della normalità, l'eroismo, il patriottismo e anche un nemmeno troppo vago intento morale e pedagogico. Forse c'è troppo ed è per questo che, nonostante la potenza delle immagini e la qualità indubbia della produzione, alla fine si ha la sensazione di non aver avuto nessun momento catartico e di poter attingere a tanti altri lavori precedenti per cercare note di originalità.
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elpanez
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sabato 4 febbraio 2017
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un'opera cruda ed esplicita. la vera guerra
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Mel Gibson ci catapulta nella guerra più cruda, violenta, esplicita, concreta e tremendamente reale degli ultimi anni. La pellicola si suddivide in due parti: la prima dedicata all'approfondimento dei personaggi, scavando nel loro passato, nei loro ideali e nelle loro ambizioni in modo più che completo. La seconda metà, invece, ci mostra un'ora buona di pura e spietata battaglia. Mostruoso.
La regia mantiene un ritmo lento e profondo nella prima metà del film, per poi diventare esplicita e fredda nella seconda metà mostrandoci le vere dinamiche della guerra: sangue, corpi mozzati, morte, distruzione, esplosioni, fuoco, il tutto giocando con oggettive e soggettive incredibili e immersive al cento per cento, per poi catapultarci in inquadrature di battaglia davvero mozzafiato e violente, riprendendo la vera ed effettiva arte della guerra.
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Mel Gibson ci catapulta nella guerra più cruda, violenta, esplicita, concreta e tremendamente reale degli ultimi anni. La pellicola si suddivide in due parti: la prima dedicata all'approfondimento dei personaggi, scavando nel loro passato, nei loro ideali e nelle loro ambizioni in modo più che completo. La seconda metà, invece, ci mostra un'ora buona di pura e spietata battaglia. Mostruoso.
La regia mantiene un ritmo lento e profondo nella prima metà del film, per poi diventare esplicita e fredda nella seconda metà mostrandoci le vere dinamiche della guerra: sangue, corpi mozzati, morte, distruzione, esplosioni, fuoco, il tutto giocando con oggettive e soggettive incredibili e immersive al cento per cento, per poi catapultarci in inquadrature di battaglia davvero mozzafiato e violente, riprendendo la vera ed effettiva arte della guerra. Inoltre la fotografia riesce a dare una perfetta impronta alle inquadrature rendendo la scena ancora piu fredda. Ove il giorno e la notte fanno la differenza, ove la nebbia e il freddo nascondono il nemico creando, insieme, una suspence alle stelle per un buon 45 minuti di film, ve lo posso garantire!
La sceneggiatura calza a pennello facendo mostrare lati della guerra interessanti, approfondendo il rapporto fra I reduci, come il padre di Desmond, e I novellini che ancora dovranno andare a compiere questo atto di sacrificio imposto dalla patria, facendoti riflettere sulle perdite dei cari e su quanto questi atti ostili cambino le persone. I figli in pace pregano I genitori in guerra ed i genitori in guerra pregano I figli in pace, da brivido.
La colonna sonora accompagna il tutto rendendo ancora più profonda ogni scena, con brani drammatici, potenti, che lasceranno un'impronta rilevante nel vostro cuore creando un tripudio di emozioni più che rilevante.
Andrew Garfield riesce a dare pieno carisma al personaggio che interpreta, un uomo sincero, modesto ed estremamente determinato, disposto a morire per I suoi ideali riuscendo a gestire le multiple sfaccettature imposte dalla sceneggiatura. Bravissimo Hugo Weaving, che riesce ad interpretare un padre mangiato dalla guerra, che odia se stesso, ma con tanto da raccontare e da insegnare. Vince Vaughn, in un ruolo drammatico riesce a stupire, mettendo in gioco tributi al Sg. Hartman di Full Metal Jacket alla grande.
Una nozione speciale va al montaggio: spettacolare, dinamico, che riesce ad esaltare ogni inquadratura e al montaggio sonoro: spettacolari i suoni, al cinema sembra di essere davvero in guerra creando un effetto sonoro tridimensionale a 360 gradi che vi immergerà in tutta la battaglia di Hacksaw Ridge.
Il difetto che gli posso attribuire a quest'opera è che talvolta tende a stereotipare, essendo che ne sono usciti a centinaia di film sulle ostilità, ma d'altronde riesce a distaccarsi da essi per la sua profondità. Inoltre qualche difettuccio di fotografia che in determinate scene tende a non essere fedele nei cambi di piani imposti dalla cinepresa.
Infine ci troviamo davanti ad un film di guerra completo. Mel Gibson mette in campo un'opera spietata, cruenta e più che mai reale, facendoci riflettere sulla determinazione, e su cosa porta un uomo a compiere tali sacrifici: per la sua fede, per se stesso, e per I suoi colleghi soldati che in addestramento non facevano altro che dargli del vigliacco, e che tutt'ora devono lui la vita. Consigliatissimo!
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loland10
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domenica 12 febbraio 2017
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desmond...ovvero non sparare in guerra
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“La battaglia di Hacksaw Ridge” (Hacksaw Ridge, 2016) è il quinto lungometraggio del regista-attore-sceneggiatore di PeeKskill Mel Gibson.
Un film che è un documento imponente, forte, stomachevole, commovente, lancinante e fideistico.
Col fucile e senza fucile, con gli ordini ferrei e con una soffusa è impercettibile umanità da parte di molti forse di tutti. La guerra mastica amaro, amarissimo e il nudo di 'Hollywood' con i suoi preziosi gioielli fuori e muscolosi sono l'indice di una virilità non blasfema ma irridente, non volgare ma semplicemente libera dallo stile di muscoli senza cervello e senza cuore.
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“La battaglia di Hacksaw Ridge” (Hacksaw Ridge, 2016) è il quinto lungometraggio del regista-attore-sceneggiatore di PeeKskill Mel Gibson.
Un film che è un documento imponente, forte, stomachevole, commovente, lancinante e fideistico.
Col fucile e senza fucile, con gli ordini ferrei e con una soffusa è impercettibile umanità da parte di molti forse di tutti. La guerra mastica amaro, amarissimo e il nudo di 'Hollywood' con i suoi preziosi gioielli fuori e muscolosi sono l'indice di una virilità non blasfema ma irridente, non volgare ma semplicemente libera dallo stile di muscoli senza cervello e senza cuore. Il vigore fisico e il coito inespresso riducono le esercitazioni militari in uno statuario a-vigoroso e stantio, in un uomo vigliacco e propenso, in un salutare segno di mentore voglia, in un colonialismo vituperato e in un co(g)lionismo di bandiera e quasi da deretano.
Con la (piccola) Bibbia la (buona) battaglia schianta il cervello e i polmoni dei giovani-militari in primissima fila: gli sconti non ci sono affatto. Per nessuno. Nessuno vuole salvare se stesso ma gli ideali di una bandiera e di una nazione: la Guerra in Oriente (siamo nella primavera del 194) e la battaglia nell’isola di Okinawa sono l’emblema trucido, sanguinolento, corporeo, sfiancante, lacerante e orripilante di battaglioni Alleati che vogliono vincere contro i nipponici. Ma la programmata e massiccia invasione anfibia sul Giappone ebbe una resistenza fortissima: le perdite ad Okinawa furono moltissime (oltre 170 mila giapponesi e 70 mila americani); gli Alleati arrivarono alla Bomba Atomica su Hiroshima e Nagasaki (6 e 9 agosto 1945) per ‘terminare’ la Guerra.
La morte e la morfina, la vita e la speranza, il corpo e il sangue, la famiglia e il destino, la Patria e il coraggio, la fine e l’inizio. Desmond e la Croce Rossa, il ragazzo e l’infermiera Dorothy , la fede e l’amore. Un film dove si condensano contraddizioni impossibili da conciliare: una violenza inaudita e un pacifista irrazionale, una schiera di cadaveri e una salvezza di pochi respiri, una battaglia metallica e un’anima inossidabile, una pallottola continua e uno spirito inscalfibile. La morte e la vita, la guerra e la pace una dentro l’altra, e una fuori dall’altra. La violenza estrema e l’interiorità intensa verso il Supremo danno a Desmond (cristiano e avventista del settimo giorno) una dote sconosciuta a tutti e a quelli vicini di camerata che per fargli cambiare idea (prendere un fucile in mano) massacrano il suo corpo di percosse (inutilmente).
Dirompente dentro lo schermo e fuori dagli occhi: il cinema che schianta la memoria di uno scoppio senza polvere;
Empio è il peccato, uccidere è il più grave ma Desmond conosce la guerra senza fuoco e con un fiore;
Scorre sangue, scorre fede, miete pallottole, miete il cuore, arroventa la morte e arroventa la salvezza di una vita;
Medico di guerra, medico di vita, ostaggio tra fumi, libero tra spenti, di un
Okinawa e la sua scogliera, l’arrampicata e le sue funi, l’ascesa all’inferno e la discesa nel campo. Una visuale furente e un lettuccio (illuminato) torna nella casa (Luca 5:17-25);
Nemico del fucile, nemico della guerra: un pazzo che corre e scappa tra fulmini e pallottole, toccando corpi sminuzzati e vivi dimezzati. “Aspetta, non ti muovere che torno a prenderti”: diceva a ciascuno che incontrava nella schifezza inusitata e nel pianto senza fine;
Desmond si rivolgeva al Signore per dire ‘ … dammi forza per salvarne ancora un altro..’: una fede incrollabile e senza misura. Un coraggio pieno di vigore interiore: così ricordano gli ‘amici’ ancora vivi alla fine del film. Delle immagini di uomini che rendono un omaggio incondizionato a un ragazzo pieno di tutto ma ‘fuori di testa’. Illogicamente opera nella logica di una guerra senza speranza
Il film è una mistura perfetta kubrickiana-ciminiana dove il colpo da cecchino è continuo e dove l’eroismo non è un miscuglio tra pacifismo e non ma un contraddizione umana perenne dove si erge il silenzio del Signore (come dice il ragazzo Doss) che opera in lui come un fantasma.
Il film in cui Mel Gibson riesce meglio, va oltre ‘Braveheart’, ammonisce ‘La Passione di Cristo’ e padroneggia ‘Apocalypto‘: è la mistura di un attore che si sporca completamente le mani. Non piange mai sul latte versato ma arricchisce il ‘sangue’ dei perdenti come vittime vincenti e sacrificali. E i viventi ‘salvati’ da Desmond sono l’onda del Signore che da al ragazzo ‘obiettore di coscienza’ e con le mani aperte ‘L’uomo senza volto’ non si copre, si smaschera e ci fa arrampicare (sulla scogliera) verso immagine mai viste.
La prova attoriale di Andrew Garfield (Desmond T. Doss) vale un’intera carriera (quasi a completare, in ‘Silence’ di M. Scorsese, il Padre gesuita Sebastiao Rodrigues). Un qualcosa che va (ben) oltre rappresentare l’impossibile ma il suo sguardo magnetico e il suo corpo esile scardinano un immaginario futile e lineare. Il volto tumefatto e di sangue, il lavacro del corpo è quello che il regista adorna (con spirito combattivo) nell’animo di Desmond e di chi guarda una pellicola dove violenza e commozione si baciano con assurda complicità e invereconda dicotomia.
La messa in scena è veramente portentosa, la musica di grande effetto e tutto il cast partecipa con sintonia maniacale ad una produzione non certamente semplice. Mel Gibson ci offre il ‘suo cinema’ (naturalmente opinabile il suo punto di vista) come meglio non ha fatto finora.
Voto: 8/10.
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giovedì 9 febbraio 2017
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sono i miei occhi il paese più straziato
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La storia di Hacksaw Ridge vede protagonista Desmond Doss (Andrew Garfield, candidato all'Oscar per questo ruolo, attore in continua ascesa), giovane cristiano avventista, che decide di partire per la guerra in maniera particolare: senza imbracciare arma alcuna. Questa decisione scatena l'iniziale opposizione dei suoi superiori e la diffidenza della compagnia. Ma Doss, animato da un'incrollabile fede e aiutato dal padre (Hugo Weaving, ottima interpretazione), reduce della Grande guerra, riuscirà a convincere tutti e partire per Okinawa, un'inferno di sangue e morte. Quinta prova da regista per Mel Gibson, dieci anni dopo il pregevole Apocalypto. Come nei suoi precedenti film, Gibson non riparmia la sofferenza umana, portata allo stremo con budella e interiora sparse ovunque.
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La storia di Hacksaw Ridge vede protagonista Desmond Doss (Andrew Garfield, candidato all'Oscar per questo ruolo, attore in continua ascesa), giovane cristiano avventista, che decide di partire per la guerra in maniera particolare: senza imbracciare arma alcuna. Questa decisione scatena l'iniziale opposizione dei suoi superiori e la diffidenza della compagnia. Ma Doss, animato da un'incrollabile fede e aiutato dal padre (Hugo Weaving, ottima interpretazione), reduce della Grande guerra, riuscirà a convincere tutti e partire per Okinawa, un'inferno di sangue e morte. Quinta prova da regista per Mel Gibson, dieci anni dopo il pregevole Apocalypto. Come nei suoi precedenti film, Gibson non riparmia la sofferenza umana, portata allo stremo con budella e interiora sparse ovunque. Una visione crudele che di certo rafforza il realismo ma non la storia in sé. Difatti, nella seconda parte, quella della battaglia, assistiamo a sequenze con atti di eroismo puro (che sfiorano l'americanata) molto incentrate sui compagni di Doss (armati, non dimentichiamocelo) e ad una fotografia che frastorna gli spettatori: niente di più sbagliato per un personaggio come Desmond Doss. Il protagonista ci ricorda infatti di essersi sempre considerato modesto, cercando di far passare l'obiezione di coscienza come una cosa normale (e lo è). Se vuoi fare un film sul protagonista, devi adattarlo al protagonista, in tutto e per tutto. Cosa che Gibson non ha colto. Vi è poi una notevole scopiazzata a Full Metal Jacket con le sequenze all'interno dell'accampamento e il duro addestramento portato avanti dal sergente Howell (Vince Vaughn, avrei preferito qualcun'altro) e dal capitano Glover (Sam Worthington, fa il compitino, come sempre). Più che tributi al celebre film, queste sequenze mostrano la mancanza di idee ed il qualunquismo che anima la regia di Gibson. Il montaggio (di John Gilbert, candidato all'Oscar), a volte troppo frettoloso, si sposa male male con la colonna sonora durante le scene di combattimento. Un plauso invece al sonoro e al montaggio sonoro, candidati all'Oscar: di questi tempi i film bellici riescono più di altri in questa categoria, essendo film molto più 'tecnici' di altri (vedi per esempio Black Hawk Down, American Sniper e The Hurt Locker). Detto questo, penso che la storia meritasse ben altra regia: sarebbe stato meglio un tocco più d'autore, che quello caotico di Gibson. Miglior film e regia da dimenticare.
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gianleo67
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domenica 12 febbraio 2017
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e desmond...non prese il fucile
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Cresciuto secondo i rigidi precetti della professione avventista, il giovane Desmond Doss si arruola come ausiliario medico durante la seconda guerra mondiale tra le fila dei fucilieri dell'esercito, pur essendo un obiettore di coscienza. Il suo rifiuto di toccare un'arma da fuoco, peraltro sancito da una Legge del Congresso, gli causerà non pochi problemi durante il duro addestramento militare ma, una volta sul campo, metterà anche in risalto il suo grande valore umano e patriottico. Che ad Hollywood e nella sua vasta area di influenza economica e culturale si prediligano i grandi baracconi produttivi e le roboanti storie melodrammatiche (meglio se tratte da una storia vera) a base di pochi ma semplici valori universali, meglio se sullo sfondo di un'immancabile sottotrama sentimentale, è un indissolubile assioma del cinema occidentale che difficilmente sarà confutato dall'evoluzione dei gusti e dall'inarrestabile progresso tecnologico.
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Cresciuto secondo i rigidi precetti della professione avventista, il giovane Desmond Doss si arruola come ausiliario medico durante la seconda guerra mondiale tra le fila dei fucilieri dell'esercito, pur essendo un obiettore di coscienza. Il suo rifiuto di toccare un'arma da fuoco, peraltro sancito da una Legge del Congresso, gli causerà non pochi problemi durante il duro addestramento militare ma, una volta sul campo, metterà anche in risalto il suo grande valore umano e patriottico. Che ad Hollywood e nella sua vasta area di influenza economica e culturale si prediligano i grandi baracconi produttivi e le roboanti storie melodrammatiche (meglio se tratte da una storia vera) a base di pochi ma semplici valori universali, meglio se sullo sfondo di un'immancabile sottotrama sentimentale, è un indissolubile assioma del cinema occidentale che difficilmente sarà confutato dall'evoluzione dei gusti e dall'inarrestabile progresso tecnologico. A guardare questo dramma bellico di ispirazione biografica dal solido impianto classico e dal moderato respiro epico, viene spontaneo chiedersi cosa ne abbia fatto l'australiano Gibson dell'esempio originale e personale dei conterranei Miller (Mad Max) e Weir (Gallipoli) se la sua visione del cinema si riduce ad un polpettone in tre atti che parte dal didascalismo delle memorie di una giovinezza turbolenta, prosegue con la resistenza stoica di un protomartire della non violenza da caserma e si conclude con l'esercizio di una fede spirituale consacrata sul campo di battaglia ad un tacito Giuramento d'Ippocrate. Se la storia ed i personaggi appaiono lineari e quasi privi di un reale spessore psicologico che non sia il profilo romanzato che gli attribuisce una sceneggiatura convenzionale e ricattatoria (il padre combattuto, la madre amorevole, la fidanzata devota), non da meno sembra una struttura narrativa schematica e derivativa che, anche qui, parte dall'antefatto di una formazione spirituale e professionale fondata su due letture che sono due, prosegue con le vicissitudine di un soldato palladilardo mingherlino e beota che si salva proprio perchè non maneggia un fucile e si conclude con le frastornazioni di un D-Day alla Spielberg ricostruite su di un infernale promontorio insulare giapponese. Niente da dire sul versante del puro intrattenimento cinematografico che accontenta le massaie per la sdolcinata storia d'amore, i patiti della retorica a stelle e strisce per aver salvato il lupo della fede nella patria con la capra (il capro) della fede nella chiesa e quelli dell'action puro con l'ecatombe di un mattatoio umano a base di squartamenti vari e 75 fatiche di Ercole assortite (pure un paio di gialli, ma morti subito, eh,eh!). I giapponesi , va da sè, sono brutti, viscidi e cattivi anche se alla bisogna sanno fare harakiri, mentre gli americani sono sempre belli, eroici e benedetti dalla fede in un Dio che si è dimenticato di ricordarsi l'Enola Gay ed il suo angelico messaggero Little Boy: pure un repubblicano di ferro ed inossidabile reazionario come Clint Eastwood ha compreso la necessità di trasmettere il valore della neutralità della Storia, quella con la S maiuscola, anche se c'ha dovuto ricamare sopra per il doppio del tempo. Reparti tecnici presidiati a dovere (sonoro meritatamente in corsa per l'Oscar), mentre per quelli artistici solo ordinaria amministrazione, con un Andrew Garfield meglio valorizzato da Scorsese e dei comprimari come Vaughn e Worthington che...non ti aspetti. Nei titoli di coda le immancabili interviste (alla Lone Survivor) ai testimoni superstiti: tanto per sottolineare il fatto che non si sono inventati tutto! Sparagli Desmond, sparagli ora! Azz...
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[+] un film sopravvalutato
(di eucast)
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samanta
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domenica 5 marzo 2017
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la battaglia del guerriero
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La Battaglia di Hacksaw Ridge che ha avuto 6 nomination agli Oscar 2017 (tra cui il miglior film e la migliore regia) ha poi ottenuto due Oscar minori. Nulla da fare in una serata in cui ha predominato un ottuso politically correct e comunqe Mel Gibson aveva di fronte quello che effetivamente era il Miglior film e cioé LA LA LAND, per cui la gaffe dei presentatori ha rimediato alle incompetenze dei giurati.
Il film di Gibson è un ottimo film, girato con la solita mano ferma cui ci aveva abituato il regista in flims precedenti come Braveheart, Passion e Apocalypto e la tematica è sempre quella: al centro dell'azione c'é un eroe guerriero che combatte solitariamente contro tutto e contro tutti.
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La Battaglia di Hacksaw Ridge che ha avuto 6 nomination agli Oscar 2017 (tra cui il miglior film e la migliore regia) ha poi ottenuto due Oscar minori. Nulla da fare in una serata in cui ha predominato un ottuso politically correct e comunqe Mel Gibson aveva di fronte quello che effetivamente era il Miglior film e cioé LA LA LAND, per cui la gaffe dei presentatori ha rimediato alle incompetenze dei giurati.
Il film di Gibson è un ottimo film, girato con la solita mano ferma cui ci aveva abituato il regista in flims precedenti come Braveheart, Passion e Apocalypto e la tematica è sempre quella: al centro dell'azione c'é un eroe guerriero che combatte solitariamente contro tutto e contro tutti. Solo che in questo caso la tematica è rovesciata, l'eroe Desmond Doss (Andrew Garfield) è un pacifista che non vuole uccidere e perciò non vuole imbracciare il fucile nella seconda guerra mondiale.
La prima parte del film è ambientata in Virginia vediamo Desmond bambino e poi ragazzo cresciuto con il fratello con una madre amorevole e molto religiosa e un padre che aveva combattuto nella I guerra mondiale ed era stato decorato, ma ne era uscito traumatizzato con tutti i suoi amici uccisi ed era diventato un alcolizzato, violento verso i figli e verso la moglie. Desmond da questa situazione trova conforto nella fede (é un avventista) e si convince di applicare alla lettera il 5° comandamento non uccidere. Conosce e si innamora di una bella infermiera che decide di sposare, il che lo spinge a studiare medicina. Scoppia la guerra con l'attacco dei giapponesi a Pearl Harbour e dopo qualche indecisione decide di arruolarsi ma con la convinzione di non imbracciare il fucile.
Nella seconda parte vediamo Desmond incompreso dai superiori e dagli altri commilitonii che le vessano fisicamente e psicologicamente in modo violento, finché dopo varie peripezie gli è riconosciuta l'obiezione di coscienza ed inviato al fronte. Lo vediamo quindi impegnato come paramedico nella battaglia per la conquista di Okinawa (maggio 1945) e nella battaglia di Hackson Ridge, un altopiano a cui si accede attraveso una scarpata ripida che l'esercito ha ricoperto con scale di corda, gli americani non riescono a conquistare l'altopiano malgrado le perdite altissime e vengono ricacciati nella scarpata. Desmond rimane solo nella notte nell'altopiano con centinaia di feriti mischiati a innumerevoli morti. Per un intera notte cerca i feriti e uno alla volta li cala mediante una corda in fondo alla scarpata dove vengono raccolti e mandati all'ospedale. In quella notte salvò ben 72 feriti oltre ad alcuni giapponesi, rischiando in continuazione la vita perché i giapponesi pattugliavano l'altopiano, ogni volta che recuperava un ferito pregava dicendo "Signore aiutami a trovarne un altro!". Recuperato anche Desmond questi decide di ritornare il giorno seguente nell'altopiano con i compagni e commette un altro atto di eroismo allontanando una bomba lanciata dai giapponesi in mezzo a un gruppo di soldati americani e rimanendo ferito.
La storia è vera e alla fine del film si vede un documentario breve in cui il vero Desmond riceve (unico obiettore di coscienza) dal Presidente Truman la più alta decorazione americana (la medaglia di onore del Congresso) ed anche un intervista con lui ed alcuni commilitoni e superiori che a suo tempo lo avevano vessato e adesso sono riconoscenti per il suo coraggio che li aveva salvati dalla morte.
Mel Gibson si conferma non solo regista bravissimo ma anche, come sempre, originale, raccontando una storia inconsueta che ha al centro come in altri suoi films un eroe, un vero guerriero, che in questo caso non vuole uccidere ma salvare le vite degli altri. Buona la recitazione degli interpreti specie di Andrew Garfield.
Quest'anno Holliwood aveva presentato due film originali ad uno è andata abbastanza bene (anche se meritava l'Oscar per il miglior film) a questo due premi di consolazione.
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