piergiorgio
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mercoledì 15 febbraio 2017
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capolavoro di mel gibson
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Un film che fa riflettere sul tema dell'obiezione di coscienza e sul tema della libertà religiosa, oggi più che mai messe a rischio dal pensiero unico dominante. Finale commovente! Consigliatissimo
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mercoledì 15 febbraio 2017
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favoloso!
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Vi dico solo che mi sono messa a piangere come una bambina alla fine! Questo film mi ha toccata nel profondo.
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gpistoia39
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martedì 14 febbraio 2017
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ancora troppo sangue, inutile rappresentazione
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E' un film che non mi è piaciuto, è tutto fatto di morti, morti, feriti, sangue, sangue. Oggi non basta più nulla, nei film più orrore c'è, più morte, meglio è. Sembra che non ci sia più un regista capace di fare un film senza l'orrore puro. Inoltre alcune scene di questo film mi sembrano molto improbabili, tipo quella quasi alla fine in cui tutti i soldati americani aspettano che il protagonista finisca di pregare, prima di dare l'assalto alla montagna. Naturalmente vincono.
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vale88hachi
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lunedì 13 febbraio 2017
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il classico film alla gibson
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Prendete la mia recensione con con le pinze, perché fatta da una persona che in genere non ama i film di guerra proprio per il modo che hanno di gridare al pacifismo osannando le imprese belliche, cosa che a me sembra un ossimoro.
Sono stata trascinata a vedere questo film, quindi, da altre persone appassionate del genere (e che non ne sono rimaste deluse) e dalla nomination all'oscar per il miglior film del 2017, ma essendo stato "FullMetal Jacket" l'unico film di guerra ad essermi piaciuto non mi aspettavo granché... e non so se è perché sono partita prevenuta o perché il genere proprio non mi piace, ma le mie aspettative sono state confermate.
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Prendete la mia recensione con con le pinze, perché fatta da una persona che in genere non ama i film di guerra proprio per il modo che hanno di gridare al pacifismo osannando le imprese belliche, cosa che a me sembra un ossimoro.
Sono stata trascinata a vedere questo film, quindi, da altre persone appassionate del genere (e che non ne sono rimaste deluse) e dalla nomination all'oscar per il miglior film del 2017, ma essendo stato "FullMetal Jacket" l'unico film di guerra ad essermi piaciuto non mi aspettavo granché... e non so se è perché sono partita prevenuta o perché il genere proprio non mi piace, ma le mie aspettative sono state confermate.
Il film è girato bene e recitato benissimo (anche se avevo apprezzato maggioramente l'attore protagonista in Silence), ma è stata propio la storia ad essermi parsa patetica, eccessivamente patriottica e stracolma di una morale paternalistica che ho sopportato a stento.
Come più volte mi è stato ripetuto si tratta di "una storia vera" e nonostante ció non riesco a credere che la vicenda si sia svolta davvero così, con un solo uomo in grado di sconfiggere l'esercito giapponese che fino ad allora appariva in vantaggio. Probabilmente questo è quello che ricordano i veterani di guerra, ormai 90enni, ma io non credo che rispecchi la realtà.
il protagonista, poi, l'ho trovato eroico ai limiti della deficienza mentale. Sono riuscita ad immedesimarmi di più nel suo comandante che gli diceva "Ma che ci stai a fare qui [in caserma, a farsi "bistrattare"] se non vuoi toccare le armi? Vai a casa!", perché è quello che avrei voluto gridargli per tutto il tempo. E ho trovato idiota anche la sua fidanzata che quando lui annuncia di voler partire volontario finge di arrabbiarsi anziché arrabbiarsi davvero! Io gli avrei spezzato un braccio piuttosto di farlo andare a morire in guerra, senza neppure l'ausilio del fucile perché "no, Dio non vuole che io uccida, ma se aiuto gli altri ad uccidere allora va bene e, anzi, mi miracola".
Lo so che è una storia vera e che lui, nonostante fosse obiettore di coscienza, ha salvato più di 70 persone ed è sopravvissuto, ma non ho potuto fare a meno di pensare che in un film verosimile uno così idiota avrebbe dovuto morire, per rispetto a Darwin e alla sua teoria dell'evoluzione. (Il fatto è che io non credo nè che i fatti si siano svolti come Mel Gibson ce li ha raccontati, nè che il vero Desmond Doss fosse così stupido come è stato dipinto)
Unica nota di merito è stato il personaggio del padre del protagonista, ben delineato e molto sfaccettato, nei cui occhi è evidente l'atrocità della guerra e i traumi che comporta più che in tutto il resto del film. Sarà forse merito del grande Hugo Weaving (già Elrond ne "il signore degli anelli" e l'Agente Smith in "Matrix")?
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silvana
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lunedì 13 febbraio 2017
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esagerato...
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Il film non è vietato. ASSURDO! Le scene di guerra sono estremizzate ed esasperate. Non dico che questi fatti non accadano durante una guerra ma secondo me non era necessario spettacolizzare in questa maniera. Troppo ma troppo sangue e non solo. Un vero peccato. Io a un certo punto sono uscita dalla sala disgustata e con me diverse famiglie con ragazzini a cui a 12-13 anni è stato permesso di vedere un film che assolutamente doveva essere vietato almeno ai minori di 16 anni. Un vero peccato, perchè la storia è molto bella e piena di significato, il regista avrebbe potuto renderlo accessibile a tutti, in particolare ai ragazzi, a cui poteva essere trasmesso un vero messaggio oltre al racconto in se dei fatti accaduti.
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Il film non è vietato. ASSURDO! Le scene di guerra sono estremizzate ed esasperate. Non dico che questi fatti non accadano durante una guerra ma secondo me non era necessario spettacolizzare in questa maniera. Troppo ma troppo sangue e non solo. Un vero peccato. Io a un certo punto sono uscita dalla sala disgustata e con me diverse famiglie con ragazzini a cui a 12-13 anni è stato permesso di vedere un film che assolutamente doveva essere vietato almeno ai minori di 16 anni. Un vero peccato, perchè la storia è molto bella e piena di significato, il regista avrebbe potuto renderlo accessibile a tutti, in particolare ai ragazzi, a cui poteva essere trasmesso un vero messaggio oltre al racconto in se dei fatti accaduti.
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nanni
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lunedì 13 febbraio 2017
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la battaglia di hacksaw ridge
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Desmond Doss è un obiettore di coscienza patriottico e coragioso. Nonostante l'ostruzionismo dei vertici militari e dei suoi stessi compagni riuscirà ad arruolarsi come soccorritore. Siamo nel '45 ad Okinawa e Desmond con tanto di inseparabile Bibbia al seguito nell'inferno di quella battaglia soccorrerà e salverà 75 suoi compagni. Per questo riceverà la decorazione più alta. Il film costruisce sostanzialmente il racconto della prima parte su alcuni insopportabili clichè; il padre reduce ubriacone e violento, la fidanzatina infermiera, il bello, il coragioso, il vanitoso etc. i goliardici compagni di Desmond. Il regista non ci sorprende, però, neanche nella seconda parte, quella della battaglia, dove sangue e vomito hanno solo una valenza estetica e non scuotono mai davvero la coscienza dello spettatore.
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Desmond Doss è un obiettore di coscienza patriottico e coragioso. Nonostante l'ostruzionismo dei vertici militari e dei suoi stessi compagni riuscirà ad arruolarsi come soccorritore. Siamo nel '45 ad Okinawa e Desmond con tanto di inseparabile Bibbia al seguito nell'inferno di quella battaglia soccorrerà e salverà 75 suoi compagni. Per questo riceverà la decorazione più alta. Il film costruisce sostanzialmente il racconto della prima parte su alcuni insopportabili clichè; il padre reduce ubriacone e violento, la fidanzatina infermiera, il bello, il coragioso, il vanitoso etc. i goliardici compagni di Desmond. Il regista non ci sorprende, però, neanche nella seconda parte, quella della battaglia, dove sangue e vomito hanno solo una valenza estetica e non scuotono mai davvero la coscienza dello spettatore. Il "buon" Mel Gibson in realtà ha, con il suo lavoro che evoca lontanamente un'idea di pacifismo, in questo momento storico denso di conflitti etnico/religiosi, non la pretesa di scuotere coscienze ma come unico obiettivo l'apologia del cristianesimo. E' la bibbia il vero protagonista del film, sbandierata, all'unico scopo di veicolare il suo teorema, come simbolo potente del primato culturale del cosiddetto emisfero occidentale su tutti. Perchè si sa che il buon Dio è bianco, parla inglese e forse vive direttamente negli U.S.. God bless America. Sciovinista......e non solo. Ciao nanni
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toffolina
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lunedì 13 febbraio 2017
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nonostante fossi emozionato
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Notate tre cose che stridono :1)il ragazzo che interpreta il protagonista da bambino ha un orecchio molto piccolo che si nota...dopo 15 anni il ns adolescente le ha grandi uguali 2)in tutto il film nn ho visto nessun uomo di colore a parte i giapponesi 3)strano che la rete che permetteva ai marines di salire nn fosse stata eliminata nelle pause della battaglia.....Peccato perchè poteva ancor più emozionare.Giuliano
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domenica 12 febbraio 2017
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maestoso
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La vera storia di Desmond Doss, obiettore di coscienza, decorato al valore per aver salvato durante la seconda gerra mondiale, decine di vite umane nel corso una feroce battaglia sull'isola di Okinawa. Magistralmente diretto da Mel Gibson un film di onestà e coscienza,un connubio di opposti come fede e miscredenza, paura e coraggio, guerra e pacifismo. La follia del conflitto narrata con vigore, il marchio di fabbrica di una regia che sa colpire ed appagare in egual misura, sei nomination all'oscar guadagnate attraverso la totale lealtà cinematografica. MAESTOSO!!!!
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annalisarco
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domenica 12 febbraio 2017
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benvenuti all'inferno
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C’è una cosa che ci chiediamo sempre quando in film come questi viene mostrata la scritta “Tratto da una storia vera”: quanto c’è di vero in quello che stiamo per vedere? Bene, La Battaglia diHacksaw Ridge, ultimo film di Mel Gibson, è una delle riproduzioni cinematografiche più fedeli alla storia originale che abbia mai visto al cinema.
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C’è una cosa che ci chiediamo sempre quando in film come questi viene mostrata la scritta “Tratto da una storia vera”: quanto c’è di vero in quello che stiamo per vedere? Bene, La Battaglia diHacksaw Ridge, ultimo film di Mel Gibson, è una delle riproduzioni cinematografiche più fedeli alla storia originale che abbia mai visto al cinema. Protagonista è Desmond Doss (Andrew Garfield), obiettore di coscienza arruolatosi come volontario durante la Seconda Guerra Mondiale con l’intento non di uccidere, ma di salvare vite. Con la sua incrollabile fede è riuscito a tener testa agli ordini del Sergente Howell (Vince Vaughn), del Capitano Glover (SamWorthington), e di tutti quelli che come loro impongono le proprie leggi e regole nel momento in cui Doss completa l’addestramento militare rifiutandosi però di impugnare le armi. Ai loro occhi – oltre ad essere un pazzo incosciente che non si rende conto che presto si ritroverá disarmato in un campo di battaglia – è un vigliacco che sceglie di disonorare le vite dei suoi compagni non rendendosi utile sul campo e disprezza le vite dei civili per le quali tutti stanno combattendo. È più facile vederla sotto questa ottica, etichettarlo come un vile che sceglie di “fare presenza” per non sentirsi in colpa con sé stesso, ma che si nasconde nel momento del bisogno; seguire il proprio credo militare in cui chi fa la differenza tiene un fucile in mano, chi uccide più nemici è il salvatore della patria. É più facile pensarla così che vedere l’intenzione dietro un ragazzo mingherlino di campagna che altro non ha che la sua fede. Le scelte di Desmond sono dettate da una serie di eventi del suo passato, tutti mostrati nella prima parte del film insieme all’incontro con Doroty (Teresa Palmer), infermiera di cui si innamora a prima vista e che lo aiuterá, oltre ad incoraggiare la sua passione e i suoi studi per la medicina, a non mollare mai. La prima parte del film ci racconta il protagonista, le sue origini e il suo passato, il suo presente e le sue convinzioni che lo porteranno ad una vita non facile durante l’addestramento militare. Preso di mira anche dai suoi compagni, perché visto come un peso e come un fanatico religioso, il vero Doss ha dovuto affrontare sul serio episodi di violenza da parte loro, in particolare nei momenti in cui si raccoglieva in preghiera. Ha davvero avuto problemi a continuare ció che aveva iniziato perché nessuno voleva mandare uno squilibrato disarmato sul campo di battaglia – almeno questo è quello che vedevano loro. A differenza del film, però, Doss non è mai arrivato alla Corte Marziale, ma il succo è lo stesso: qui si combatte secondo le leggi della guerra, non c’è spazio per i buoni sentimenti e le preghiere, o così o niente. Nonostante le difficoltà, Doss riesce infine a far parte della missione, disarmato e con addosso solamente un elmetto, bende e morfina per curare i suoi compagni, e la sua Bibbia tascabile. Ed ecco che la seconda parte del film ci scaraventa direttamente all’inferno. Gibson racconta in modo reale e crudo come solo lui sa fare l’orrore della guerra, il ritrovarsi sul campo di battaglia a dover tenere a mente tutti gli addestramenti fatti, le regole, la preparazione. Ma preparazione a cosa? Non c’è addestranento abbastanza duro che possa prepararti a quello che ti si presenta davanti, perché la guerra è insensata, e forse te ne rendi conto proprio quando ci sei dentro. I soldati giapponesi, i nemici da distruggere in quella maledetta scarpata a cui si accede tramite reti da carico, vengono presentati come macchine pronte a morire pur di uccidere, mentre i soldati americani sono i buoni che svolgono il loro ruolo e cercano di riportare la pace. Questo aspetto è tipico di tutti i film americani – e non solo – che amano descriversi come i salvatori, ma sorprendentemente questo ruolo viene stravolto proprio dal protagonista e dalle sue incredibili gesta: Desmond Doss, ragazzino di appena 23 anni, disarmato e magrolino si trova lá, tra bombe, proiettili, esplosivo, fiamme e morti, con polvere e fango negli occhi senza riuscire a vedere abbastanza lontano da capire dove c’è bisogno di lui. Eppure, il ragazzo riesce a muoversi in quell’inferno, a soccorrere i suoi compagni feriti e a trascinarli all’inizio della scarpata per essere riportati al campo di addestramento e curati. Riesce a rimanere concentrato in quel frastuono di grida strazianti e polvere da sparo, trovandosi da solo davanti ai fucili puntati in faccia, e decidendo di restare anche quando la piccola parte dei suoi compagni rimasti opta per la ritirata. Doss rimane tutta la notte, da solo a cercare e salvare i suoi compagni rimasti feriti, calandoli giù dalla scarpata usando le corde delle reti da carico stringendole a mani nude, consumando quelle mani insanguinate e stanche, ma sempre ripetendo a sé stesso :”Signore, fammene trovare un altro“. La sua incrollabile fede e lui, nient’altro. Da soli in qualcosa di troppo grande per chiunque. Ma la fede è molto più grande di qualsiasi male, l’aiuto del Signore è molto più potente di qualunque arma. Quella notte Doss compie un vero miracolo. Ne salvó quasi 100 tra compagni americani e giapponesi, perché il suo compito era quello di salvare vite umane e di fronte a questo non ci sono schieramenti che tengano. Doss stesso raccontó che la forza più grande, oltre quella data dal Signore e dall’amore per Dorothy, era vedere nel volto dei suoi compagni straziati dal dolore e impauriti, la comparsa di un sorriso al suo arrivo. Era leggere nei loro occhi un “grazie di non avermi lasciato solo”, una speranza che si riaccendeva e la consolazione di non essere più soli in quel campo freddo e angosciante. La mattina seguente, Doss venne visto con occhi diversi da tutti, perfino dai Comandanti che non avevano riconosciuto in lui alcun valore prima di vederlo in azione. Il rumore della guerra, il buio, la continua allerta è qualcosa che Doss non può lasciare alle spalle né dimenticare, la guerra ti cambia. Ma questa volta è anche lui ad aver cambiato i suoi compagni, che adesso ne vedono il coraggio, il valore e forse la superioritá rispetto a tutti gli insensati gesti che si compiono in battaglia credendo di essere nel giusto. Umanitá, fede, speranza, è un bel messaggio quello lanciato dalla storia di Desmond Doss e arrivato a tutti grazie al lavoro di Gibson che ancora una volta ci pone davanti al suo conflitto interiore di odio e amore, crudeltá e fede, di quale sia la giusta misura da dare ad entrambe, di quanto coraggio serva per portare avanti i propri valori che – seppur giusti – in questo mondo devono lottare per conquistare il loro spazio. Desmond Doss fu premiato con la Medaglia d’Onore del Congresso, e quello che ci ha insegnato rimane nella storia. Per la prima volta un film deve rendersi più realistico della realtá stessa: Doss raccontó di come i fucili dei soldati giapponesi si siano spesso inceppati una volta puntati contro di lui. Questo, non è stato raccontato nel film perché sarebbe stato poco credibile. I miracoli esistono, ma iniziano da noi.
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cristian
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domenica 12 febbraio 2017
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"per diventare un eroe non serve un'arma"
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La battaglia di Hacksaw Ridge è l’ultima apprezzabile fatica dell’attore/regista australiano Mel Gibson (Braveheart - Cuore impavido; La passione di Cristo; Apocalypto), assente dalla guida di un film dal lontano 2006. La pellicola (con 6 nominations ai prossimi Oscar) si nutre di classiche convenzioni cinematografiche rielaborate egregiamente e, come piace a Mel, della violenza più cruda. La sceneggiatura di Andrew Knight (The Water Diviner) e Robert Schenkkan (The Quiet American) si sposa bene con il modo di fare del regista tramite dialoghi abbastanza credibili e coinvolgenti (in parte tesi ad esaltare la religiosità e i valori del protagonista) a cui si affiancano soprattutto scene di lotta ben costruite.
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La battaglia di Hacksaw Ridge è l’ultima apprezzabile fatica dell’attore/regista australiano Mel Gibson (Braveheart - Cuore impavido; La passione di Cristo; Apocalypto), assente dalla guida di un film dal lontano 2006. La pellicola (con 6 nominations ai prossimi Oscar) si nutre di classiche convenzioni cinematografiche rielaborate egregiamente e, come piace a Mel, della violenza più cruda. La sceneggiatura di Andrew Knight (The Water Diviner) e Robert Schenkkan (The Quiet American) si sposa bene con il modo di fare del regista tramite dialoghi abbastanza credibili e coinvolgenti (in parte tesi ad esaltare la religiosità e i valori del protagonista) a cui si affiancano soprattutto scene di lotta ben costruite. Fotografia di Simon Duggan (Die Hard - vivere o morire, Io Robot, Il Grande Gatsby [2013]). Musiche di Rupert Gregson-Williams (Hotel Rwanda, The Legend of Tarzan). Andrew Garflied torna finalmente a stupire con una grande prova (dopo l’esperienza non proprio esaltante in Silence) e la nomination agli Oscar come migliore attore protagonista non è affatto un caso. Da non dimenticare l’esilarante Sergente interpretato da Vince Vaughn e l’ottimo Hugo Weaving.
Il religiosissimo Desmond T. Doss (Andrew Garfield), in piena Seconda guerra mondiale, decide di arruolarsi nell’esercito degli Stati Uniti come obiettore di coscienza e ufficiale medico. Egli non vuole imbracciare nessun tipo di arma poiché la sua intenzione è quella di salvare vite e non di toglierle. Decide dunque di partire alla volta del Giappone anche contro la volontà del padre, Tom Doss (Hugo Weaving), un ex militare ormai depresso e violento tra le mura domestiche. A precedere l’intervento in guerra ci sarà l’addestramento, durante il quale Desmond conoscerà i suoi futuri compagni di battaglia capitanati dal Sergente Howel (Vince Vaughn).
Mel Gibson torna in ottima forma dietro la macchina da presa dopo quasi 11 anni di assenza regalandoci un film come La battaglia di Hacksaw Ridge attraverso cui riesce ad esprimere se stesso, senza snaturarsi. La pellicola si divide in tre parti perfettamente equilibrate. Nella prima Desmond T. Doss viene mostrato negli spezzoni salienti della sua giovane vita, quelli che lo hanno segnato, tra cui vi è l’avvenimento che lo porterà ad avvicinarsi in modo inestricabile alla fede. La seconda parte vede Desmond abbandonare la piccola cittadina dove è nato e cresciuto per arruolarsi nell’esercito. Egli lascia una situazione domestica problematica in cui il padre, violento e alcolizzato (conseguenze della sua esperienza di guerra), ha spesso, negli anni, usato violenza contro di lui, suo fratello e sua madre. Probabilmente il suo stretto legame con la fede va visto anche come un modo per allontanarsi, almeno spiritualmente, da una situazione domestica avvilente. E così quando ha l’opportunità di andare via per davvero Desmond lo fa arruolandosi. Il suo non voler imbracciare armi propone un modo del tutto insolito di affrontare una guerra invertendone le finalità. Desmond vuole, infatti, salvare vite. Verrà, ovviamente, durante l’addestramento, preso per pazzo dai suoi colleghi e dagli ufficiali. Inutile dire che il giovane farà di tutto per contraddire la communis opinio. Non si può tacere, in questa fase, la presenza del Sergente Howel, interpretato da Vince Vaughn, protagonista di una delle scene, a mio parere, più curiose e comiche degli ultimi tempi, quasi una parodia dell’intramontabile Full Metal Jacket. La terza fase del film vede protagonista la battaglia in cui Demond Doss avrà le sue chances di farsi valere, pur senza usare armi. Il film di Mel Gibson ricalca situazioni già viste in passato e non disdegna i cliché. Nonostante ciò, il risultato non è per niente banale ed è qui che sta la grandezza di quest’opera, notevole nella sua semplicità. Ad alcuni potrebbe sembrare la “solita americanata” (Liam Neeson e Gerard Butler sono i più recenti Maestri del genere) se non fosse che qui ci troviamo davanti ad una storia vera e di vero coraggio. Ovviamente la costruzione cinematografica edulcora, rimodella e ingrandisce alcuni fatti ma l’audacia di Demond Doss è reale e non ha bisogno di ritocchi di sorta. Il film riesce a coinvolgere dall’inizio alla fine, senza pause. La pellicola comunica con lo spettatore e di rimando questo risponde con adeguato slancio emotivo. Il regista vuole che il pubblico si senta parte soprattutto delle situazioni drammatiche, tipiche del cinema e per la verità un po’ forzate, che coinvolgono il protagonista. E come non parlare di quest’ultimo. Un Andrew Garfield molto a suo agio nei panni di Desmond Doss. Espressivo e comunicativo come non gli è riuscito in Silence, l’attore conferma una grande capacità di coinvolgere il pubblico in ogni suo stato d’animo. Insomma, Andrew Garfied e Mel Gibson, un matrimonio perfetto. Risultano invece davvero inconsistenti i personaggi che affiancano Desmond i quali hanno il solo scopo di mettere in risalto tutte le qualità del giovane soldato disarmato. Religione e violenza costituiscono due filoni importanti nella meccanica del film, temi tanto cari al regista australiano. Qualcuno si è lamentato dell’eccessiva spiritualità del protagonista e di come questa lo influenzi. Io, piuttosto, ho visto più che un ragazzo religioso praticante, un uomo con sani valori e tanta forza di volontà, cose che prescindono dal credo. Riguardo alla violenza il regista cerca di allontanarsi il più possibile, come sempre, dalla finzione cinematografica e spettacolare per cercare invece di avvicinarsi alla realtà, ben più macabra. Di conseguenza lo spettatore si sforza di continuare a guardare o si volta orripilato. Non c’è nulla di lodevole nell’uccidere un altro uomo e questo Mel ce lo dice a gran voce. Vera pecca del film è il finale/non finale. E’ sembrato come se Mel non avesse avuto alcuna idea su come concludere, chiudere il cerchio, e questo lascia un bel po’ di amaro in bocca. Ci sono finali che ti lasciano a bocca aperta, finali apprezzabili, finali ovvi, finali sospesi (per i sequel) e poi c’è il finale de La battaglia di Hacksaw Ridge, un film che, al di là di tutto, lascia il segno e che vale davvero la pena vedere.
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