jackmalone
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venerdì 24 febbraio 2017
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meglio affidarsi a dio o agli uomini?
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Con opportunismo e una certa malizia Mel Gibson cerca di non scontentare nessuno: i credenti e gli atei, i guerrafondai e i pacifisti dando sfogo alla sua passione per il truculento e la crudeltà gratuita. In particolare colpisce l'occhio troppo compiaciuto su fiumi di sangue, amputazioni e profusione di organi sparsi dovunque: un eccesso di violenza che impedisce allo spettatore, mediamente sensibile, di tenere gli occhi aperti per buona parte del film. Lo spettatore non deve essere scioccato a tutti i costi, forse si può ottenere lo stesso risultato con un poco di pathos in più e rispettando qualche tabù e la sacralità dell'essere umano, corpo compreso.
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Con opportunismo e una certa malizia Mel Gibson cerca di non scontentare nessuno: i credenti e gli atei, i guerrafondai e i pacifisti dando sfogo alla sua passione per il truculento e la crudeltà gratuita. In particolare colpisce l'occhio troppo compiaciuto su fiumi di sangue, amputazioni e profusione di organi sparsi dovunque: un eccesso di violenza che impedisce allo spettatore, mediamente sensibile, di tenere gli occhi aperti per buona parte del film. Lo spettatore non deve essere scioccato a tutti i costi, forse si può ottenere lo stesso risultato con un poco di pathos in più e rispettando qualche tabù e la sacralità dell'essere umano, corpo compreso.
Proprio per il voler tenere il piede in 2 staffe e una certa ambiguità tipica dei suoi film Gibson rovina le pur ottime intenzioni e il messaggio positivo cheil film vuole veicolare.
Ci si può comportare da eroi quando si è animati da motivazioni religiose e morali molto forti e sconfiggere il nemico senza imbracciare mai un fucile ma bisogna comunque avere un fisico eccezionale, essere un giovane contadino abituato ad arrampicarsi sulle rocce a mani nude e mostrare anche una notevole dose di incoscienza e di fanatismo, il che è una condizione più unica che rara .
Il film ha l'effetto di farci sentire inferiori nella nostra mediocre, eppur faticosa lotta quotidiana per la sopravvivenza: nel confronto i piccoli gesti eroici della nostra normalità sono risibili ; eppure tutti i giorni tanti invisibili si dibattono in piccoli e grandi eroismi: dal cercare di educare i figli, a fare un lavoro frustrante, ad emigrare in paesi sconosciuti pur avendo 2 lauree , ad attraversare il deserto a piedi per una meta incerta o a sforzarsi a vivere in autonomia pur essendo disabile.
Gesù Cristo piace moltissimo ache perchè il messaggio cristiano ha rivalutato la normalità; non è sicuro che gli ultimi saranno i primi ma saranno probabilmente accolti lo stesso nel regno dei Cieli,anche se senza fanfare.
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deadman
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mercoledì 22 febbraio 2017
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ma chi film avete visto?
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martedì sera, in tele niente anzi c'è pure il rischio di imbattersi in qualche talk con esponenti del Pd quindi tanto vale scendere al cinema sotto casa che danno l'ultimo film di mel gibson regista, che pur con i propri limiti culturali estetici diciamo che apocalipto non mi è dispiaciuto, e poi un pò di sangue e scene d'ammazzamenti ogni tanto ci vogliono pure. scendo entro in sala ma qui di cruento fino alla fine del primo tempo (che non finisce mai) non c'è proprio niente, solo una storia sdolcinata con personaggi così stereotipati, il papà violento e ubriacone, la mamma pia e sopportatrice, la fidanzatina ingenua ma carina (una nuova scarlett?) da sembrare ridicoli, però ogni tanto il vecchio mel ci butta lì una scena forte, il ragazzo che va sotto una macchina, e ci fa vedere un pò di sangue, come una spogliarellista che dopo una lun ga danza lascia cadere un guanto lasciando prevedere il seguito.
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martedì sera, in tele niente anzi c'è pure il rischio di imbattersi in qualche talk con esponenti del Pd quindi tanto vale scendere al cinema sotto casa che danno l'ultimo film di mel gibson regista, che pur con i propri limiti culturali estetici diciamo che apocalipto non mi è dispiaciuto, e poi un pò di sangue e scene d'ammazzamenti ogni tanto ci vogliono pure. scendo entro in sala ma qui di cruento fino alla fine del primo tempo (che non finisce mai) non c'è proprio niente, solo una storia sdolcinata con personaggi così stereotipati, il papà violento e ubriacone, la mamma pia e sopportatrice, la fidanzatina ingenua ma carina (una nuova scarlett?) da sembrare ridicoli, però ogni tanto il vecchio mel ci butta lì una scena forte, il ragazzo che va sotto una macchina, e ci fa vedere un pò di sangue, come una spogliarellista che dopo una lun ga danza lascia cadere un guanto lasciando prevedere il seguito. beh poi il ragazzotto si fa un po di addestramento con tanto di istruttore urlatore che ogni film dovrebbe pagare i diritti al palla di lardo kubrikiano e assieme ai suoi camerati, compreso il palestrato che sembra preso in prestito da un addio al nubilato, partono per la guerra. e qui la delusione raggiunge livelli abissali, neanche fosse un film western degli anni trenta con i giapponesi che si lanciano in massa contro i marines che sembrano i village people travestiti tanto fanno i ifghi mentre li sterminano. seguono solite scene di guerra straviste nel soldato ryan senza nessuna logica i giapponesi non fanno altro che correre con le baionette e afarsi uccidere, finchè per esigenze di copione arriva il momento dell'eroe che non volendo usare armi gira di notte per il campo di battaglia a raccattare commilitoni e spedirli giù dal costone con le funi (e per tutto il film mi sono chiesto perchè i giapponesi non buttavano giù qualche bomba) e qui arriviamo alla scena più ridicola di tutto il film, roba che mi ricorda i miei giochi della guerra da piccolo, con l'eroe disarmato che corre trascinando l'eroe armato su una specie di tappeto il quale mitraglia decine di giapponesi con una mira da cecchino, assolutamente esilarante. in conclusione, rivediamoci il vecchio Clint di flag of our fathers, quello sì che era un film di guerra non sta roba
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zagortenay
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domenica 19 febbraio 2017
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banale come la peggiore retorica americana.
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Gentile signora Marzia Gandolfi Sono andato a vedere questo film con molte aspettative, confidando nelle lusinghiere recensioni che leggevo. Mi attirava la narrazione di un uomo che affrontava la guerra disarmato, che andava in guerra non per uccidere ma per salvare . Ma il film che ho visto usa questo assunto come slogan , come un cartello pubblicitario che si vede in lontananza senza in realta' nessuna correlazione con quello che è rappresentato sullo schermo. Assistiamo per un' ora ad una serie continua di squartamenti degni forse di un Rambo 14esimo o di un horror mouvie , e anche quando si voglia dare per buona l'intenzione di voler descrivere l'orrore della battaglia , ci si rende ben presto conto che siamo di fronte ad una rappresentazione fumettistica , ma del peggiore fumetto.
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Gentile signora Marzia Gandolfi Sono andato a vedere questo film con molte aspettative, confidando nelle lusinghiere recensioni che leggevo. Mi attirava la narrazione di un uomo che affrontava la guerra disarmato, che andava in guerra non per uccidere ma per salvare . Ma il film che ho visto usa questo assunto come slogan , come un cartello pubblicitario che si vede in lontananza senza in realta' nessuna correlazione con quello che è rappresentato sullo schermo. Assistiamo per un' ora ad una serie continua di squartamenti degni forse di un Rambo 14esimo o di un horror mouvie , e anche quando si voglia dare per buona l'intenzione di voler descrivere l'orrore della battaglia , ci si rende ben presto conto che siamo di fronte ad una rappresentazione fumettistica , ma del peggiore fumetto. Siamo lontanissimi da capolavori di guerra come " la sottile linea rossa" (non che io aspirassi a tanto), ma anche dal duro realismo e dal tormento interiore che traspare in ogni inquadratura di film come" salvate il soldato Ryan". Qui lo schock da battaglia, come del resto tutti gli altri sentimenti sono superficialmente illustrati, edulcorati in un buonismo senza senso e soprattutto senza costruzione introspettiva, I personaggi non maturano le loro posizioni grazie ad un tormento interiore che il regista sappia descrivere , ma ce li ritroviamo cosi all'improvviso come per grazia ricevuta , illuminati sulla via della beatificazione del soldato Dowson. Ma se questo che sto scrivendo lo puo ' intravedere un semplice fruitore del cinema come sono io, mi domando come una giornalista professionista come lei , cosi come tanti altri , abbia potuto scrivere una recensione che sembra entusiasta. A questo punto ho l'impressione che siate costretti a scriverle ,queste recensioni . Non voglio criticare il lavoro di nessuno, ma rimango sconcertato dalla discrepanza tra quanto ho letto e quanto ho visto. cortesi saluti Michele Giamboi
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vander
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domenica 19 febbraio 2017
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film coinvolgente e ben girato.
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Film da vedere. 139 minuti in ci si emoziona e ci si commuove senza mai annoiarsi.
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totemx
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sabato 18 febbraio 2017
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duro, crudo, reale, ti sbatte in faccia la guerra e l'amore come raramente accade
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Semplicemente straordinario. Duro, crudo, reale, ti sbatte in faccia la guerra come raramente visto per chi non l'ha vissuta. Disarmante il contrasto tra frotte di uomini che cadono come birilli e lui, Desmond Doss, per cui ogni uomo è degno della sua compassione anche solo per qualche istante prima di morire.
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fuak6976
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sabato 18 febbraio 2017
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correte al cinema.
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debrab
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venerdì 17 febbraio 2017
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retorica che infastidisce
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Anche se non sapessi chi l'ha diretto, nella prima metà del film capiresti che si tratta dell'ultracattolico conversatore Mel Gibson. Ed è forse per questo che nella prima ora si assiste ad una rappresentazione fastidiosa di scene già viste, territori già esplorati e gesti che, nel filone del "soldato che parte per la guerra", non sono nuovi proprio a nessuno. Pensiamo ad esempio al bel giovinetto che si innamora dell'infermierina, o al cattivone Vince Vaughn che umilia i proprio sottoposti, al bullismo cameratesco nei confronti di chi è diverso, alla corte marziale. Tutta roba che è spiacevolmente ridondante per una persona che di film di questo genere ha anche avuto solo una generica infarinutura.
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Anche se non sapessi chi l'ha diretto, nella prima metà del film capiresti che si tratta dell'ultracattolico conversatore Mel Gibson. Ed è forse per questo che nella prima ora si assiste ad una rappresentazione fastidiosa di scene già viste, territori già esplorati e gesti che, nel filone del "soldato che parte per la guerra", non sono nuovi proprio a nessuno. Pensiamo ad esempio al bel giovinetto che si innamora dell'infermierina, o al cattivone Vince Vaughn che umilia i proprio sottoposti, al bullismo cameratesco nei confronti di chi è diverso, alla corte marziale. Tutta roba che è spiacevolmente ridondante per una persona che di film di questo genere ha anche avuto solo una generica infarinutura. Quindi il tutto risulta infarcito di retorica, lento e, a tratti, imbarazzante. Non mi spiego la candidatura all'oscar per Garfield. Vogliamo premiare i gesti eroici del vero Desmond T. Ross oppure un attore che non convince affatto, che appare alquanto inadeguato invece che debole, poco graffiante e di sicuro non convincente nei panni dell'eroe decorato di guerra. Insomma questo film sarebbe un disastro su tutta la linea se non fosse per l'immensità del secondo tempo, per gli effetti speciali, per il montaggio, per la prova fisica e lo sforzo che coinvolge lo spettatore fino a fargli credere di trovarsi anch'esso in trincea. E ci si alza letteralmente dalla poltrona in certi frangenti. Insomma dopo l'inizio cambia tutto. Sempre se non parliamo di sentimenti, perchè anche qui torna a farci viva la dicotomia buonista tra soldato forzuto (l'irresistibile Luke Bracey) che crede nelle armi e l'eroe angelico e obiettore. Andava raccontato tutto diversamente. Purtroppo Mel lo ricorderò per sempre per un'altro film di guerra: l'ottima interpretazione in We were soldiers.
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marce84
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giovedì 16 febbraio 2017
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il mondo ha bisogno dei desmond doss
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Mel Gibson dirige un film intenso, duro, violento. La guerra viene vissuta in prima persona e viene vista in tutta la sua brutalità: l’ultima parte del film dimostra tutta l’assurdità della guerra. Non viene risparmiata alcuna violenza, c’è sangue, mutilazioni, corpi martoriati. Viene rappresentata tutta la fragilità e la vulnerabilità dell’essere umano. In questo enorme dramma, il protagonista Desmond viene visto come una luce, un segno di speranza, una sorta di evoluzione della specie umana, perché è l’unico a non imbracciare armi, a non uccidere e ad essere presente solo per salvare vite umane. Per, come dice lui, “mettere insieme i pezzi, di un mondo che sta andando a rotoli”.
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Mel Gibson dirige un film intenso, duro, violento. La guerra viene vissuta in prima persona e viene vista in tutta la sua brutalità: l’ultima parte del film dimostra tutta l’assurdità della guerra. Non viene risparmiata alcuna violenza, c’è sangue, mutilazioni, corpi martoriati. Viene rappresentata tutta la fragilità e la vulnerabilità dell’essere umano. In questo enorme dramma, il protagonista Desmond viene visto come una luce, un segno di speranza, una sorta di evoluzione della specie umana, perché è l’unico a non imbracciare armi, a non uccidere e ad essere presente solo per salvare vite umane. Per, come dice lui, “mettere insieme i pezzi, di un mondo che sta andando a rotoli”. Il suo coraggio è incredibile e il cambiamento della reputazione che i suoi compagni hanno di lui è una delle cose più emozionanti del film: Desmond da elemento di disturbo viene visto come indispensabile alla vittoria della battaglia. Il film è la celebrazione dell’uomo semplice, che però è diverso dagli altri e che grazie alla sua forza interiore, ai suoi valori, al suo credo porta avanti la sua “battaglia personale” e, nemmeno la guerra, il pericolo del nemico, la vicinanza della morte, riescono a scalfire la sua enorme forza e coraggio. E’ l’esaltazione di un’outsider, di un precursore, di un’anticonformista ante litteram. Perché, sembra dire Mel Gibson, il mondo ha bisogno di questi personaggi, il mondo ha bisogno di pace, oggi come allora, adesso come non mai, perché la forza, il coraggio, l’ideale positivo, può essere criticato, umiliato, violentato, ma alla fine, se forte e puro, ne esce vincitore e, con esso ne trae beneficio l’intera società.
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giampituo
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giovedì 16 febbraio 2017
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per che ci crede. al di là delle bandiere.
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Buon film. Film americano in tutti i sensi. Come Sully si Cleant Eastwood. Un film che ti riappacifica con il cinema, visto come stanno andando le cose ultimamente.Tornano gli ideali. L'ideologia. La fede. Si vive per ciò che si crede. E per ciò che si crede si è pronti a sacrificarsi. Di questi tempi non è poco. Pensare di andare in guerra in prima linea, da obiettore, senza mai aver imbracciato un'arma e anzi rifiutando l'idea di far male al prossimo. E per di più mettere a repentaglio la propria vita per salvare i propri compagni e anche alcuni nemici gravemente feriti sembrerebbe non credibile. Eppure qualcuno l'ha fatto ed è passato alla storia.
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Buon film. Film americano in tutti i sensi. Come Sully si Cleant Eastwood. Un film che ti riappacifica con il cinema, visto come stanno andando le cose ultimamente.Tornano gli ideali. L'ideologia. La fede. Si vive per ciò che si crede. E per ciò che si crede si è pronti a sacrificarsi. Di questi tempi non è poco. Pensare di andare in guerra in prima linea, da obiettore, senza mai aver imbracciato un'arma e anzi rifiutando l'idea di far male al prossimo. E per di più mettere a repentaglio la propria vita per salvare i propri compagni e anche alcuni nemici gravemente feriti sembrerebbe non credibile. Eppure qualcuno l'ha fatto ed è passato alla storia. Certo Mel Gibson lo conosciamo. L' ha già fatto. Le scene sono crude. Il sangue. La carne in brandelli. Le teste mozzate. I vermi. I topi. Tutto in modo realistico. Senza filtri. Come senza rete e senza filtri mette in campo i propri ideali e la propria fede. Lui ci crede. E ci crede tanto seriamente che ingaggia con il proprio Dio una sfida per arrivare a salvare quanti più uomini possibile. E ci riesce. Passando alla storia. Ma alla storia passa sopratutto l'insegnamento che vivere per qualcosa in cui si crede è l'unica speranza dell'uomo. Al di là delle bandiere.
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deborahm
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giovedì 16 febbraio 2017
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con la forza delle proprie convinzioni
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Virginia, Desmond Doss cresce in una famiglia dalle forti credenze religiose, e dovrà scontrarsi giorno dopo giorno con un padre veterano che durante la Prima Guerra Mondiale, ha lasciato sul campo cuore ed anima. È il 1942, tra gli americani si fa forte l’odio per i Giapponesi dopo la distruzione della base militare di Pearl Harbor, e Desmond decide di arruolarsi per servire il proprio paese, l’unico problema? È un obiettore di coscienza; questa sua posizione gli recherà non pochi problemi sul campo di addestramento. Forte delle sue convinzioni, Desmond riesce a farsi valere tra i commilitoni e i superiori, riuscendo finalmente, nel 1945, a prendere parte come soccorritore alla guerra ad Okinawa.
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Virginia, Desmond Doss cresce in una famiglia dalle forti credenze religiose, e dovrà scontrarsi giorno dopo giorno con un padre veterano che durante la Prima Guerra Mondiale, ha lasciato sul campo cuore ed anima. È il 1942, tra gli americani si fa forte l’odio per i Giapponesi dopo la distruzione della base militare di Pearl Harbor, e Desmond decide di arruolarsi per servire il proprio paese, l’unico problema? È un obiettore di coscienza; questa sua posizione gli recherà non pochi problemi sul campo di addestramento. Forte delle sue convinzioni, Desmond riesce a farsi valere tra i commilitoni e i superiori, riuscendo finalmente, nel 1945, a prendere parte come soccorritore alla guerra ad Okinawa. Durante il combattimento il giovane riesce a destrarsi bene tra i nemici e a curare e salvare gran parte dei compagni; la battaglia, però, non è giunta al termine e i combattenti americani devono ancora affrontare il peggio, riuscirà Desmond a stare al pari degli altri commilitoni?
La Battaglia di Hacksaw Ridge diretto da Mel Gibson, riceve sei candidature agli Academy Awards 2017. Si tratta di uno storico-drammatico che mette in scena la storia di Desmond Doss, interpretato da Andrew Garfield, il primo obiettore di coscienza a ricevere la medaglia d’onore. Grazie alla grande interpretazione di Garfield, si scatena un forte senso empatico che rende lo spettatore complice delle azioni. Nel film appare la figura di un Vince Vaughn, nei panni del Sergente Howell, che nonostante non recita nella solita commedia, riesce a sbalordirci per le sue doti interpretative. La scenografia di Barry Robinson riesce a ricreare l’atmosfera tetra e pesante di una guerra, mentre la fotografia di Simon Duggan trasporta lo spettatore in un ambiente difficile e soffocante, per quanto ampio possa essere. Mel Gibson a distanza di dodici anni dalla “Passione di Cristo”, riesce ad inscenare un film nel quale la religione ha nuovamente un ruolo fondamentale che delineerà la struttura narrativa e sarà l’elemento caratterizzante del protagonista, che in base alla propria fede saprà prendere le proprie decisioni con fermezza.
I concetti di moralità e rigore mostrati nel film, sconosciuti alla società attuale soprattutto nel mondo giovanile, aiutano a comprendere il reale valore di un credo o di un principio facendo della Battaglia di Hacksaw Ridge un film in cui la fede non rappresenta un ostacolo, ma un elemento di forza che in momenti critici può rappresentare la sola ancora di salvezza.
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