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candido89
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mercoledì 13 maggio 2020
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una 'fiaba' tutta italiana
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Un film che merita di essere visto per la bellezza delle ambientazioni (alcuni tra i castelli più belli presenti nel Bel Paese) e per riscoprire
il genere fiabesco italiano, spesso ignorato in favore dei grandi classici della fiaba del Nord Europa. Fotografia, costumi e dialoghi sono eccezionali e ben pensati.
Mi permetto di aggiungere: finalmente un film 'fantasy' che abbia davvero qualcosa da dire allo spettatore.
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sellerone
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mercoledì 15 agosto 2018
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tris di storie
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tre racconti intrecciati che esaltano la recitazione dei personaggi e la bellezza del paesaggio. Bel film.
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dandy
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martedì 19 settembre 2017
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un fantasy nostrano interessante,ma non per tutti.
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Garrone,anche sceneggiatore,si avventura nella sua prima produzione in inglese.Prende spunto da tre racconti della raccolta "Lo cunto de li cunti" di Giambattista Basile del 1636.Tre storie che si intrecciano senza mai mischiarsi,eccetto che nel finale.A prima vista potrebe sembrare l'ennesimo film di genere per famiglie,ma in realtà le vicende narrate sono tutt'altro che idilliache e adatte ai più piccoli(non tutti almeno).Non mancano scene tragiche,eroticamente esplicite ed addirittura sanguinose(il tragico epilogo della terza storia,dove in parte viene da patteggiare per il gigante...).E per questo in parte,bisogna riconoscere l'originalità del regista,che nonostante le scelte di casting "da esportazione" prende le distanze dalla commercialata facile.
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Garrone,anche sceneggiatore,si avventura nella sua prima produzione in inglese.Prende spunto da tre racconti della raccolta "Lo cunto de li cunti" di Giambattista Basile del 1636.Tre storie che si intrecciano senza mai mischiarsi,eccetto che nel finale.A prima vista potrebe sembrare l'ennesimo film di genere per famiglie,ma in realtà le vicende narrate sono tutt'altro che idilliache e adatte ai più piccoli(non tutti almeno).Non mancano scene tragiche,eroticamente esplicite ed addirittura sanguinose(il tragico epilogo della terza storia,dove in parte viene da patteggiare per il gigante...).E per questo in parte,bisogna riconoscere l'originalità del regista,che nonostante le scelte di casting "da esportazione" prende le distanze dalla commercialata facile.Altro punto di forza è l'uso delle splendide location(il castello di Roccasalegna,Palazzo Chigi di Ariccia,Castello Caetani,Palazzo reale,Capodimonte,Castel del Monte,Castello normanno-svevo,Castello di Donnafugata,le Gole dell'Alcantara,le Vie Cave,il Castello di Sammezzano,il Palazzo Vecchio)fotografate magnificamente da Peter Suschitzky(collaboratore abituale di David Cronenberg);e gli effetti speciali sono semplici ed efficaci,mai invasivi.Ed anche i temi esposti fanno da specchio al presente:l'ossessione per la giovinezza,l'impossibilità di comunicazione tra genitori e figli,la brama di sessualità,la follia del potere.Peccato solo che nell'insieme vi sia una certa freddezza.Il cast è ben scelto,se si esclude la Hayek:troppo fredda,troppo relegata allo stereotipo della "cattiva a tutti i costi".Un discreto tentativo comunque,da vedere.Ben sette David di Donatello(regia,fotografia,costumi,scenografia,trucco,acconciature ed effetti speciali)ma ahimè scarso successo di pubblico da noi.Alba Rohrwacher e Massimo Ceccherini appaiono sporadicamente in tutta la vicenda nel ruolo dei saltimbanchi,e nel finale aiutano Viola a fuggire.
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pierfrancescopanunzi
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giovedì 17 agosto 2017
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che pasticcio
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Bei, colori, bei paesaggi, bella Italia,
ma che pasticcio mischiare tre fiabe borderline se prese singolarmente,
un drago marino, una pulce gigante, una strega che allatta una vecchia, era il caso di mischiare tutto questo?
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nadia
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venerdì 12 maggio 2017
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sembra quasi, a tratti, di sognare...
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Quante volte nella vita abbiamo desiderato che ci raccontassero una storia? Che fosse d'amore o di potere, vera o surreale, con o senza lieto fine... Bastava che quel racconto ci rimanesse addosso, nella mente o nel cuore, celando (forse) tutto il resto, per poche, lunghe ore.
Matteo Garrone ne "Il racconto dei racconti" narra non una ma tre storie tutte d'un fiato, riempiendole di colore, amarezza e stupore.
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Quante volte nella vita abbiamo desiderato che ci raccontassero una storia? Che fosse d'amore o di potere, vera o surreale, con o senza lieto fine... Bastava che quel racconto ci rimanesse addosso, nella mente o nel cuore, celando (forse) tutto il resto, per poche, lunghe ore.
Matteo Garrone ne "Il racconto dei racconti" narra non una ma tre storie tutte d'un fiato, riempiendole di colore, amarezza e stupore. E ci regala il privilegio di ascoltare, avvolti da quella fitta trama così inventata e così reale che sembra quasi, a tratti, di sognare...
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iuriv
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martedì 11 aprile 2017
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favole sanguinose
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Garrone si da al fantasy e lo fa attraverso un film imponente arricchito da un cast internazionale in grande forma.
Nella pellicola si narrano tre racconti intrecciati tra di loro, uniti da una fragile cornice narrativa utile solo a fungere da raccordo. In realtà è un film a episodi ben amalgamati attraverso un montaggio alternato capace di sostenere il ritmo degli avvenimenti durante tutta la visione.
Tra principesse, orchi e draghi troviamo tutte le caratteristiche tipiche del genere, compresa una certa crudezza nelle immagini che alcune serie televisive hanno imposto per arricchire lo standard.
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Garrone si da al fantasy e lo fa attraverso un film imponente arricchito da un cast internazionale in grande forma.
Nella pellicola si narrano tre racconti intrecciati tra di loro, uniti da una fragile cornice narrativa utile solo a fungere da raccordo. In realtà è un film a episodi ben amalgamati attraverso un montaggio alternato capace di sostenere il ritmo degli avvenimenti durante tutta la visione.
Tra principesse, orchi e draghi troviamo tutte le caratteristiche tipiche del genere, compresa una certa crudezza nelle immagini che alcune serie televisive hanno imposto per arricchire lo standard.
Tuttavia, più che agli scontri con gli spadoni di tipo nordico, il tono della narrazione è più sbilanciato verso la favola. Una miscela intrigante questa, in quanto tenta di andare a pescare i lati migliori di due realtà molto vicine, ma quasi mai al punto di toccarsi.
Garrone ci porta all'interno di questo mondo, riuscendo a farci percepire l'ansia nel percorrere un labirinto e l'oscurità degli anfratti nascosti in un castello o in una grotta. E' potente la messa in scena del regista e contribuisce non poco a spostare la fiaba su di un piano realistico, non rinunciando a mettere in mostra lo sporco e il sangue come elementi integranti, e quindi naturali, dell'ambientazione.
Non sono sicuro di questo, ma da qualche parte ho sentito dire che l'ispirazione alla base di queste vicende affondi nelle leggende popolari. E' possibile.
Lo stile fortemente simbolico di alcuni passaggi (che forse obbliga a un'ulteriore visione attenta per afferrarne tutte le implicazioni) e quei finali quasi tronchi, avvalorerebbero questa tesi.
Le tre storie, infatti, non si concludono in modo netto, ma lasciano aperti molti canali interpretativi sui quali riflettere. Esercizio indubbiamente interessante ma che, per quanto il film sia formalmente bello, mi è quasi impossibile fare.
Ho trovato tutto il complesso abbastanza freddo in fin dei conti. Molto ben costruito e recitato alla stragrande, ma distante. Forse la causa è nella eccessiva stilizzazione dei personaggi o magari in una mia scarsa attitudine al genere.
Certo, poi però vedo Game Of Thrones o mi avvicino al Signore Degli Anelli e capisco che non può essere tutto li.
La mia sensazione è che, in tanta magnificenza, qui manchi qualcosa.
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noia1
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sabato 1 ottobre 2016
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personale ed irraggiungibile
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Una vecchia raggrinzita ha la possibilità di vivere nel lusso con un principe grazie all’incantesimo di una strega; una principessa otterrà il regno del padre malgrado il destino avverso; infine due amici inseparabili suggelleranno la loro amicizia grazie ad un estremo sacrificio.
Un film incredibile dove l’estetica fa da padrona con scenari da favola eccentrici e fastosi, un sontuoso mondo magico dove non succedono cose semplicemente magiche ma letteralmente inconcepibili. Non può essere definito propriamente di cattivo gusto perché se c’è qualcosa di fuori posto o esagerato è comunque confacente al contesto, un contesto che se non può essere definito folle, perlomeno bisogna ammettere che colpisce fortemente.
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Una vecchia raggrinzita ha la possibilità di vivere nel lusso con un principe grazie all’incantesimo di una strega; una principessa otterrà il regno del padre malgrado il destino avverso; infine due amici inseparabili suggelleranno la loro amicizia grazie ad un estremo sacrificio.
Un film incredibile dove l’estetica fa da padrona con scenari da favola eccentrici e fastosi, un sontuoso mondo magico dove non succedono cose semplicemente magiche ma letteralmente inconcepibili. Non può essere definito propriamente di cattivo gusto perché se c’è qualcosa di fuori posto o esagerato è comunque confacente al contesto, un contesto che se non può essere definito folle, perlomeno bisogna ammettere che colpisce fortemente.
Ci si addentra sempre più dove non ci si sarebbe nemmeno immaginati lontanamente di spingersi con eventi strampalati o grotteschi che portano a sviluppi altrettanto esagerati, se non a tratti addirittura più esagerati, sicché quello che si subisce è un’inesorabile immersione ad ogni minuto che passa.
Eppure, per quanto difficile sia da dire, questo non è di certo un film che fa dell’eccesso il suo punto cardine. Sì perché se è vero che a tratti ci si cala addirittura nell’elemento del disturbo lo si fa sempre e comunque per motivi funzionali alla trama, non c’è una testa spaccata in più, una volgarità di troppo o un colpo di scena per rinvigorire la trama; o perlomeno tutto questo c’è ma è misurato in modo perfetto, non sbava mai cosicché non si perde un solo pelo del senso artistico e morale della vicenda.
Enorme nota di merito va poi al regista Matteo Garrone che crea immagini mozzafiato e sfrutta fino all’ultima risorsa il potenziale di un mondo incantevole. Ci sono poi i movimenti di telecamera che già da soli fanno metà del lavoro non solo immergendoci magistralmente nella vicenda, ma soprattutto interpretando perfettamente ogni situazione surclassando ogni dettaglio, inquadratura o parola di troppo.
Bellissimo e coinvolgente anche se molto personale e, penso almeno nelle intenzioni, poco commerciale. Un film che travolge con la propria potenza, un’interpretazione straordinaria di un classico di cui non si sente spesso parlare (Lo cunto de li cunti), un equilibrio piazzante per raccontare l’amore in tutte le sue forme e in un modo molto duro.
Infine il fiore all’occhiello sta nell’importante cast di attori in gran forma come Vincent Cassel, Toby Jones, John C. Reilly, Salma Hayek, tutti bravissimi e calati nella parte.
Insomma un inno all’amore libero, tollerante ma anche spietato in tutte le sue forme, non da tutti forse condivisibile, di sicuro però uno dei più onesti che abbia mai visto.
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elgatoloco
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martedì 31 maggio 2016
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barocco, a suo modo geniale
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Questo film, liberamente ispirato al"Cunto de li Cunti"("Pentamerone")di Basile del 1600, sceneggiato , tra gli altri, da Ugo Chiti, ha il merito di essere un film da"l'art pour l'art", senza finalità moralistiche, politiche o comunque da "agit-prop", legato al puro piacere estetico del racconto e dell'immagine: a parte l'esordio e il finale(si noti la circolarità)di stampo decisamente"circense"(pur se all'epoca di"circo"in senso moderno è difficile parlare, ma la storia del circo si fa risalire almeno ai gladiatori, ossia all'IMpero Romano, se non a prima, anzi decisamente a prima), c'è un proliferare di elementi grotteschi, con un re erotomane e la vicenda delle due vegliarde la voce di una delle quali "risveglia" il re, con la vicenda"doppia successiva", quella dell'altro re, "entomologo"a suo modo, quasi innamorato di una pulce gigante e anche qui con tutto uno sviluppo narrativo.
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Questo film, liberamente ispirato al"Cunto de li Cunti"("Pentamerone")di Basile del 1600, sceneggiato , tra gli altri, da Ugo Chiti, ha il merito di essere un film da"l'art pour l'art", senza finalità moralistiche, politiche o comunque da "agit-prop", legato al puro piacere estetico del racconto e dell'immagine: a parte l'esordio e il finale(si noti la circolarità)di stampo decisamente"circense"(pur se all'epoca di"circo"in senso moderno è difficile parlare, ma la storia del circo si fa risalire almeno ai gladiatori, ossia all'IMpero Romano, se non a prima, anzi decisamente a prima), c'è un proliferare di elementi grotteschi, con un re erotomane e la vicenda delle due vegliarde la voce di una delle quali "risveglia" il re, con la vicenda"doppia successiva", quella dell'altro re, "entomologo"a suo modo, quasi innamorato di una pulce gigante e anche qui con tutto uno sviluppo narrativo...Prendere o lasciare: se si vuole il fllm "d'impegno sociale"sempre e comunque, "Il racconto..."non va bene, ma il film di Matteo Garrone soddisfa chi invece sa godere dello"specifico filmico". Per dirla con Alfred Hitchcock, "i messaggi li porta il postino"... El Gato
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no_data
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venerdì 22 aprile 2016
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nulla
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inconsistente nonostante il dispiegamento di forze, arte e talento. Un bel contenitore vuoto che annoia
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andremeri
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domenica 17 aprile 2016
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una delusione
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La (troppo) semplice trasposizione cinematografica di storie che potevano certamente emozionare nel '600 ma non più ai giorni nostri.
Film piatto, inespressivo come i personaggi, che non sono minimamente sviluppati, e così neanche le (poche) scene che sarebbero potute risultare vagamente avvincenti.
Come sottolineato anche in altre recensioni, alcune tematiche sono molto attuali (e qui bisogna riconoscere la grandezza di Basile, non di certo degli sceneggiatori), ma non vengono minimamente valorizzate, e alla fine delle (infinite) 2 ore di film allo spettatore resta poco o nulla.
Coraggiosa la scelta degli effetti speciali da era "preinformatica" (non di per sé un difetto), ma ancora una volta non tale da permettere al film di distinguersi.
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La (troppo) semplice trasposizione cinematografica di storie che potevano certamente emozionare nel '600 ma non più ai giorni nostri.
Film piatto, inespressivo come i personaggi, che non sono minimamente sviluppati, e così neanche le (poche) scene che sarebbero potute risultare vagamente avvincenti.
Come sottolineato anche in altre recensioni, alcune tematiche sono molto attuali (e qui bisogna riconoscere la grandezza di Basile, non di certo degli sceneggiatori), ma non vengono minimamente valorizzate, e alla fine delle (infinite) 2 ore di film allo spettatore resta poco o nulla.
Coraggiosa la scelta degli effetti speciali da era "preinformatica" (non di per sé un difetto), ma ancora una volta non tale da permettere al film di distinguersi.
Si salvano i costumi e l'ambientazione, che non bastano certo a renderlo un buon film.
I premi ricevuti? Non me li spiego, se non nella ormai tipica autoreferenzialità di certi festival cinematografici.
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