no_data
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domenica 27 dicembre 2015
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il perbenista e moralista allen
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Come al solito Allen gioca con la trasgressione, ma alla fine non ha il coraggio di virare sul noir come ci ha induce a credere per larghi tratti del film.. Prevale il moralsmo borghese che lo pilota a mettere le cose a posto secondo i canoni correnti.
L'efefftto prodotto dal doppio io narrante (allieva e professore, lui non più in vita) non è convicente ed è ben lungi da quello sorprendente e innovativo ottenuto da Billy Wilder ne Il viale del Tramonto. In Irrational Man la vicenda è narrata da un osservatore esterno, e a tratti, ma in modo piuttosto casuale, è sviluppata da uno dei due protagonisti, il che lascerebbe intuiire che i due stiano ricordando quanto da loro vissuto in un passato recente.
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Come al solito Allen gioca con la trasgressione, ma alla fine non ha il coraggio di virare sul noir come ci ha induce a credere per larghi tratti del film.. Prevale il moralsmo borghese che lo pilota a mettere le cose a posto secondo i canoni correnti.
L'efefftto prodotto dal doppio io narrante (allieva e professore, lui non più in vita) non è convicente ed è ben lungi da quello sorprendente e innovativo ottenuto da Billy Wilder ne Il viale del Tramonto. In Irrational Man la vicenda è narrata da un osservatore esterno, e a tratti, ma in modo piuttosto casuale, è sviluppata da uno dei due protagonisti, il che lascerebbe intuiire che i due stiano ricordando quanto da loro vissuto in un passato recente.
Forse sarebbe questo racconto reso anche da una persona morta il colpo di coda del film, la svolta con sorpresa?
L'idea del delitto perfetto perchè illogico risulta ben ideata, ma non svilupapta in modo oriignale.
La giustizia, se non ci pensano gli uomini, trova comunque nella casualità degli eventi il modo, beffardo per i colpevoli, di imporsi. I cattivi sono sempre puniti in una logica rassicuranre e inganannatoria; il regista-sceneggiatore proprio non riesce nememno questa volta a superare il monumentale e pe rlui ingombrante Dostoevskij.
Buona, ma inferiore ad altre, l'interpratazione di Joaquin Phoenix. Inespressiva e senza profondita Emma Stone le cui efebiche sembianze conermano l'attrazione di Allen verso quella tipologia di fisicità.femmnile.
Infine una piccola chicca: il montaggio presenta, cosa inusuale nei film del regista, un errore che non è immediato riscontrare, ma che mi pare di aver colto (avendo visto il film una sola volta e data la brevità della sequenza potrei comunque sbagliarmi): il bicchiere che contiene il veleno, e che viene scambiato dal professore sulla panchina del parco per avvelenare il giudice, nella seconda inquadratura è più vicino al giudce stesso di quanto non lo sia nella prima scena, quando il professore effettua lo scambio.
Un film garbato, con il consueto marchio di fabbrica di Allen; peccato che il nostro amatissimo Woody sia ormai definitivamente scomparso.
A,L.
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elpanez
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martedì 29 dicembre 2015
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woody allen parte col piede giusto, ma poi?
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NO SPOILER: Conosciamo tutti Woody, quindi non mi metterò a giudicare questo film per la somiglianza che ha con gli altri poiché il suo cinema potrebbe essere considerato quasi un genere a se stante.
Irrational Man è un film che inizialmente parte col piede giusto, con buonissimi presupposti, con una trama interessante che scava dentro il pensiero di un uomo finito e depresso.
La regia non l’ho trovata buona, durante il film si ha il disorientamento del tempo, non c’è un punto di riferimento affinché si capisca quanto tempo passa da una scena all’altra, inoltre (anche se non importante) non si capisce in che “epoca" è ambientata la piccola, d’altronde alcune inquadrature sono belle, esplicite e tipiche che vogliamo vedere in un film di Woody.
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NO SPOILER: Conosciamo tutti Woody, quindi non mi metterò a giudicare questo film per la somiglianza che ha con gli altri poiché il suo cinema potrebbe essere considerato quasi un genere a se stante.
Irrational Man è un film che inizialmente parte col piede giusto, con buonissimi presupposti, con una trama interessante che scava dentro il pensiero di un uomo finito e depresso.
La regia non l’ho trovata buona, durante il film si ha il disorientamento del tempo, non c’è un punto di riferimento affinché si capisca quanto tempo passa da una scena all’altra, inoltre (anche se non importante) non si capisce in che “epoca" è ambientata la piccola, d’altronde alcune inquadrature sono belle, esplicite e tipiche che vogliamo vedere in un film di Woody. La storyline procede con alti e bassi, lenta e veloce,scene importanti che vengono sovrastate da scene inutili.
La sceneggiatura inizia col botto, aforismi unici, che fanno riflettere sul pensiero di un uomo ormai depresso e con nessuna voglia di vivere. Successivamente, nella seconda parte del film, questi aforismi vengono annientati da un cambio di registro assoluto e da cliché assolutamente evitabili.
la fotografia l’ho trovata mal curata, troppo appariscente in alcuni momenti e troppo spenta in altri, alcune inquadrature lasciano a desiderare.
Gli attori interpretano la loro parte in modo più che buono, una Stone emotiva e carismatica come tutto il resto del cast.
La colonna sonora ti entra in testa, un tema viene ripetuto più volte, a volte è messo al posto giusto e a volte (sfortunatamente) riesce a distruggere completamente la drammaticità di una determinata scena.
Infine Woody, come ogni anno, è tornato al cinema, con una buona idea ma che non ha saputo metterla in atto focalizzandosi su cose meno importanti oscurando aforismi e messaggi che potrebbero essere stati d’impatto e riflessivi.
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eugenio
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sabato 2 gennaio 2016
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delitto con castigo
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Woody Allen ce l’ha fatta ancora, inutile girarci attorno. I detrattori che vedevano un possibile declino del cineasta ottantenne che ci ha regalato pellicole indimenticabile hanno sbagliato ancora a considerare che i suoi film tendano a ripetersi, che i motivi siano sempre gli stessi, che le paranoie tra uomo e donna alla lunga stanchino.
Sì, può essere che ci sia un fondo di verità ma la sapienza di Allen in ogni sua trasposizione cinematografica è sempre quella: riuscire a trattare in oltre trentacinque commedie il tema esistenziale umano, il grumo di passioni che alberga nell’animo di ogni protagonista maschile e le peculiari conseguenze, spesso distruttive, che esse esercitano sul gentil sesso, circondato, amato o solo vagheggiato dal protagonista stesso.
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Woody Allen ce l’ha fatta ancora, inutile girarci attorno. I detrattori che vedevano un possibile declino del cineasta ottantenne che ci ha regalato pellicole indimenticabile hanno sbagliato ancora a considerare che i suoi film tendano a ripetersi, che i motivi siano sempre gli stessi, che le paranoie tra uomo e donna alla lunga stanchino.
Sì, può essere che ci sia un fondo di verità ma la sapienza di Allen in ogni sua trasposizione cinematografica è sempre quella: riuscire a trattare in oltre trentacinque commedie il tema esistenziale umano, il grumo di passioni che alberga nell’animo di ogni protagonista maschile e le peculiari conseguenze, spesso distruttive, che esse esercitano sul gentil sesso, circondato, amato o solo vagheggiato dal protagonista stesso.
I sentimentalismi in Allen non sono mai casuali, servono come pretesto per un’autocritica analitica della realtà, del contesto in cui l’essere umano, spinto da forze incontrollabili che non riesce mai a gestire, persegua azioni apparentemente inspiegabili lenitive solo per il suo animo tormentato.
La psicosi alla “Bergman” di Io e Annie, i rovinosi contraccolpi grotteschi del Dittatore dello stato libero di Bananas, o comici di Pallottole su Broadway, hanno lasciato spazio alle nevrosi dell’uomo contemporaneo, sposato con amante,spesso più giovane di lui al seguito, diviso tra l’egotismo e la sfrenata libido che lo spinge a relazioni “poco coniugali”. Ma Allen, oltre alla commedia, è stato capace di alternare i toni leggeri a quelli più noir, propri di un thriller. In questo contesto sono quindi nati i recenti Sogni e delitti o il famoso “delitto senza castigo” Match Point.
Riprendendo quel fortunato filone e seguendo un motivo dostojveskiano nella caratterizzazione nichilista del suo nuovo protagonista, il regista newyorkese realizza Irrational man, premiato all’ultimo festival del cinema di Cannes, un thriller appunto capace di coniugare i toni più rilassati della commedia alle punte di drammaticità evitando, cosa rara per una pellicola americana, senza mai alcun cenno di velata violenza.
Un professore universitario, Abe Lucas, interpretato magistralmente da Joaquin Phoenix si trasferisce in un paesino della costa americana per insegnare filosofia al college. Va precisato che il protagonista è quasi annoiato dalla vita, indolente, chiuso in una profonda isteria, simile allo straniero di Camus, segue quasi un filone esistenzialista che ha origini remote nel profondo trauma causato dalla prematura scomparsa di un suo caro amico in guerra.
Le sue lezioni particolari e sui generis (definerà la sua stessa materia una “masturbazione cerebrale”, assai lontana dalla vita vera) destano l’interesse di una giovane studentessa, Jill Pallard (una magra Emma Stone) che attratta, pur se fidanzata, dalla particolare forza del professore e dalla brillantezza dei suoi testi e dissertazioni filosofiche da Kant a Kierkegaard, da Sartre a Heidegger, cercherà di scavare nel cuore del bel tenebroso infrangendone la scorza di soffuso nichilismo.
Fin qui la matrice da commedia ma il film scivola ben presto su un altro binario: Abe attratto dalle teorie dostojevskiane quasi come il Kirillov dei famosi “Demoni” o il Raskolnikov di “Delitto e castigo”, progetta per uscire da quel torpore che lo rende impotente nei rapporti un omicidio.
L’occasione presto arriva e gli viene data casualmente in un bar dove ascolta inavvertitamente, una triste vicenda familiare con protagonista un giudice inflessibile e una condanna a una madre malata di cancro cui resta poco da vivere e che si è vista togliere la tutela del figlio.
Da questo momento in poi Irrational man segue i binari del folle gesto del professore al fine di decretare il suo personale Match Point con la sua torbida accidia. Noi spettatori assistiamo passivamente alle fasi preparatorie del delitto: al classico cianuro (che come ci viene ricordato lascia poche tracce ed è letale) trafugato nei laboratori dell’università grazie a una chiave sottratta con l’arma della seduzione a Rita (sua collega di college come da rodato clichè), allo studio delle abitudini del giudice, allo scambio della bibita nel parco ove questi faceva jogging sino alla “faccia di bronzo” del protagonista dopo il delitto. Dopo l’infame gesto, il professore ritroverà quella serenità prima soloillusoria come se lo scotto di un omicidio fosse “quel quid” necessario alla “rottura della crisalide” ma come in ogni buon giallo da Tenente Colombo, l’allegria non durerà a lungo e non a causa dell’intervento di un detective questa volta ma di una persona molto vicina a Abe.
Sia ben chiaro: Irrational man non è Match Point. L’istanza omicida di quest’ultimo non è minimamente confrontabile con quella del professore che agisce in risposta a un moto istintivo che trova spiegazione solo nel suo trauma passato; in Irrational Man non è presente il bieco motivo materialista a muovere il delitto quanto il cinismo di un uomo irrazionale appunto che come “Lo straniero” gode quasi del desiderio di confessare il proprio delitto per manifestare la sua grandezza interiore.
Woody Allen si dimostra ancora capace di sorprendere e, con una regia pulita e una classica introduzione con voce fuori campo, quella di Jill, ci delinea una vicenda così sorprendentemente forte da apparirci vera, terribile e ahimè sensata.
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vipera gentile
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venerdì 1 aprile 2016
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chi la fa l'aspetti
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Un professore di filosofia, che si chiama Abel come il famoso personaggio biblico ucciso dal fratello, arriva in un campus universitario dove tiene lezioni contestate per il loro pessimismo; è infatti ormai arrivato alla convinzione che i suoi libri, famosi e apprezzati nell’ambiente accademico, non possano in alcun modo cambiare il mondo; anzi, va oltre e definisce le teorie filosofiche “seghe mentali”. Questa frustrazione si traduce in una profonda crisi esistenziale che alimenta con whisky di malto e un isolamento crescente. È un personaggio dotato di un’interiorità ricca e comunque positiva perché si dispera nella ricerca del bene e rifiuta il nulla; come tale, è ricercato e corteggiato dalle donne che riescono a percepire la sua vibrante sensibilità.
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Un professore di filosofia, che si chiama Abel come il famoso personaggio biblico ucciso dal fratello, arriva in un campus universitario dove tiene lezioni contestate per il loro pessimismo; è infatti ormai arrivato alla convinzione che i suoi libri, famosi e apprezzati nell’ambiente accademico, non possano in alcun modo cambiare il mondo; anzi, va oltre e definisce le teorie filosofiche “seghe mentali”. Questa frustrazione si traduce in una profonda crisi esistenziale che alimenta con whisky di malto e un isolamento crescente. È un personaggio dotato di un’interiorità ricca e comunque positiva perché si dispera nella ricerca del bene e rifiuta il nulla; come tale, è ricercato e corteggiato dalle donne che riescono a percepire la sua vibrante sensibilità. Finché un giorno sente per caso i discorsi di una madre disperata perché un giudice ha affidato i figli all’ex marito, di cui è amico. Subito decide di fare giustizia eliminando il tassello marcio per ripristinare l’equilibrio. Gli torna la voglia di vivere e la sua virilità si risveglia perché vede finalmente la possibilità di agire, di influire sul sistema. Il caso muove le pedine fino al finale inaspettato. Ricorda il libro “Morte di un uomo felice” di Fontana in cui il protagonista, che è un magistrato del settore antimafia, riflette sulle conseguenze disastrose della vendetta, auspicata dai parenti delle vittime di mafia; come convincerli che la violenza genera solo violenza? eppure, anche Andreotti , diceva che a volte il male è necessario per ottenere il bene. Due teorie contrapposte e interessanti.
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casval
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sabato 23 luglio 2016
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meglio non pensarci troppo!
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Woody Allen ci regala un film godibile, sebbene stereotipico. Gli ingredienti della trama sembrerebbero tendere verso un film ai livelli de L'attimo fuggente o di Match Point, ma lo spettatore, invece, si trova davanti a una commedia brillante, dotata solo in apparenza di profondità: le citazioni filosofiche e letterarie vengono inserite in maniera nevrotica nella trama, senza far parte di essa e lasciando solo un'idea di spiritualità esistenzialista. La noia del vivere e l'incapacità di realizzazione sono i temi trattati. Questo malessere vitale è messo in luce dalla filosofia, ma studiare questa materia non offre nessuna soluzione, anzi. Così il protagonista, professore di questa materia, tenta una via più pragmatica per risolvere il suo malessere di vita: un delitto perfetto.
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Woody Allen ci regala un film godibile, sebbene stereotipico. Gli ingredienti della trama sembrerebbero tendere verso un film ai livelli de L'attimo fuggente o di Match Point, ma lo spettatore, invece, si trova davanti a una commedia brillante, dotata solo in apparenza di profondità: le citazioni filosofiche e letterarie vengono inserite in maniera nevrotica nella trama, senza far parte di essa e lasciando solo un'idea di spiritualità esistenzialista. La noia del vivere e l'incapacità di realizzazione sono i temi trattati. Questo malessere vitale è messo in luce dalla filosofia, ma studiare questa materia non offre nessuna soluzione, anzi. Così il protagonista, professore di questa materia, tenta una via più pragmatica per risolvere il suo malessere di vita: un delitto perfetto. Questa medicina al cianuro ha un risultato benefico nel professore, che ritrova la capacità di amare, almeno in apparenza.
Quello del rapporto di coppia è un tema centrale nel film. La critica di Allen è rivolta alla fascinazione che un romanticismo esistenzialista può produrre, sia in giovani studentesse brillanti che in mature professoresse stanche del quotidiano. E' in questa direzione che il film vuole puntare una torcia: conviene avere un atteggiamento pragmatico verso la vita, invece che esaltarla o crogiolarsi nell'autocommiserazione. Apprezzare quello che è a propria misura, questa è l'unica forma di felicità. Allen vuole forse suggerire che accontentarsi è l'unica forma di autorealizzazione? E' nella sfumata linea tra infatuazione e amore che il regista cerca di rintracciare un antidoto per l'impotenza vitale, ma alla fine si stende comunque un velo di grigia infelicità nelle vite dei protagonisti e anche l'amore assume toni opachi di rassegnazione.
Un film anche interessante, quindi, che lascia amareggiati, ma neanche eccessivamente pensierosi, anzi "meglio non pensarci troppo" sembra essere l'unica vera massima attorno a cui si sviluppa il film.
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no_data
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mercoledì 31 agosto 2016
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rodion non sarebbe mai finito così da scemo.
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il personaggio del docente di filosofia ultracinquantenne (?), prossimo al suicidio perché non ha più motivazioni, così come proposto nella pellicola di Allen, mi è parso per nulla convincente. Troppe le contraddizioni e scarse, se non inverosimili, le trovate sceniche per renderlo davvero affascinante e credibile. Le donne, specie se intelligenti. non sono poi così facili ad innamorarsi di uno stronzo del genere. Ma ciò che rende davvero odioso questo film è il personaggio della studentessa (diciotto-ventenne?) tutta occhioni che sgambetta intorno al fascinoso professore, con genitori attempati e cretini abbastanza quanto il suo fidanzato, che infine viene sconvolta dall'azione omicida commessa da chi sino a pochi istanti prima era il suo dio calato in terra.
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il personaggio del docente di filosofia ultracinquantenne (?), prossimo al suicidio perché non ha più motivazioni, così come proposto nella pellicola di Allen, mi è parso per nulla convincente. Troppe le contraddizioni e scarse, se non inverosimili, le trovate sceniche per renderlo davvero affascinante e credibile. Le donne, specie se intelligenti. non sono poi così facili ad innamorarsi di uno stronzo del genere. Ma ciò che rende davvero odioso questo film è il personaggio della studentessa (diciotto-ventenne?) tutta occhioni che sgambetta intorno al fascinoso professore, con genitori attempati e cretini abbastanza quanto il suo fidanzato, che infine viene sconvolta dall'azione omicida commessa da chi sino a pochi istanti prima era il suo dio calato in terra. Proprio lei che in quanto a determinazione e a principi morali lascia parecchio a desiderare, specie nel raccontare cappelle al suo ragazzo e ad infischiarsene di tutti e di tutto pur di scoparsi il professore. L'intera storia mi ha suscitato persino rabbia, per come si sia voluto porre con superficialità la mano su un tema assai più profondo, che è quello stesso che tormentò Rodion Romanovič Raskol'nikov. Fatta la somma di tutte le incongruenze e, considerata la ciliegina sulla torta: di proporre citazioni totalmente gratuite e dissacranti su Kant, kierkegaard , Doestoesvkij e Sartre; decisamente esprimo un giudizio negativo su quest'opera di un regista che, sarà pur diventato giustamente famoso, ma per me oggi resta a livelli di sufficienza se non di mediocrità (per la tediosa ripetitività di certi messaggi) in tutti i suoi recenti lavori, ove si eccettuino le prime sue invenzioni di originale comicità (persa oramai).
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orion84
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mercoledì 23 novembre 2016
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un buon film che si ferma a metà strada
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Partiamo dal presupposto che si tratta di un film di Woody Allen, quindi o ti piace il soggetto o è già meglio lasciar perdere in partenza.
Il film in sé non si inserisce certo tra i capolavori del regista, ma non è nemmeno da buttare, sicuramente si nota come in tutti gli ultimi film di Allen quella mancanza di attenzione per i dettagli che in passato erano invece uno degli aspetti cruciali dei suoi film, si avverte sempre quella sensazione che il regista, a ottime illuminazioni, non sappia più fare seguito con un costrutto completo del film in grado di coinvolgere e rapire lo spettatore dall'inizio alla fine.
Qui la sceneggiatura non è male, diversi cliché ma tutto sommato i personaggi sono ben dipinti e caratterizzati, buone anche le interpretazioni dei protagonisti (facile quando ti affidi ad un fenomeno come Joaquin Phoenix); mi ha convinto poco la colonna sonora mentre il comparto tecnico fa la sua figura.
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Partiamo dal presupposto che si tratta di un film di Woody Allen, quindi o ti piace il soggetto o è già meglio lasciar perdere in partenza.
Il film in sé non si inserisce certo tra i capolavori del regista, ma non è nemmeno da buttare, sicuramente si nota come in tutti gli ultimi film di Allen quella mancanza di attenzione per i dettagli che in passato erano invece uno degli aspetti cruciali dei suoi film, si avverte sempre quella sensazione che il regista, a ottime illuminazioni, non sappia più fare seguito con un costrutto completo del film in grado di coinvolgere e rapire lo spettatore dall'inizio alla fine.
Qui la sceneggiatura non è male, diversi cliché ma tutto sommato i personaggi sono ben dipinti e caratterizzati, buone anche le interpretazioni dei protagonisti (facile quando ti affidi ad un fenomeno come Joaquin Phoenix); mi ha convinto poco la colonna sonora mentre il comparto tecnico fa la sua figura.
Insomma, nel complesso un film ben riuscito che può farci passare una serata piacevole, non aspettatevi un capolavoro però, a metà del film (che inizia con ottime premesse) si vira verso un prodotto molto scontato e il finale è decisamente frettoloso (altra pecca di tutti gli ultimi film del regista).
Credo che Woody abbia ancora qualche cartuccia da sparare, ma dovrebbero dirgli di avere meno foga di fare film su film e tornare a concentrarsi di più su un prodotto dall'inizio alla fine.
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isin89
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venerdì 18 dicembre 2015
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allen e gli omicidi
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Woody Allen torna e ci riprova in questo 2015 targato omicidio, amori e tradimenti, teorie filosofiche da poeti maledetti e bizzarri aforismi sul sesso. Ma è il peccato di Caino a prevalere dominando interamente la scena del suo ultimo film, Irrational Man. Allen non è certo estraneo a tali tematiche e alcuni dei suoi esperimenti passati ne sono la prova. Ci aveva provato nei capolavori Crimini e Misfatti e Match Point, nei quali i rispettivi protagonisti Martin Landau e Johnatan Rhys Meyers erano costretti a convivere con un opprimente peso sulla coscienza, logorati dalle colpe di cui si erano macchiati. Poi fu la volta del mediocre Sogni e Delitti, nel quale gli ottimi presupposti di partenza non hanno trovato il favore di una regia all'altezza del compito.
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Woody Allen torna e ci riprova in questo 2015 targato omicidio, amori e tradimenti, teorie filosofiche da poeti maledetti e bizzarri aforismi sul sesso. Ma è il peccato di Caino a prevalere dominando interamente la scena del suo ultimo film, Irrational Man. Allen non è certo estraneo a tali tematiche e alcuni dei suoi esperimenti passati ne sono la prova. Ci aveva provato nei capolavori Crimini e Misfatti e Match Point, nei quali i rispettivi protagonisti Martin Landau e Johnatan Rhys Meyers erano costretti a convivere con un opprimente peso sulla coscienza, logorati dalle colpe di cui si erano macchiati. Poi fu la volta del mediocre Sogni e Delitti, nel quale gli ottimi presupposti di partenza non hanno trovato il favore di una regia all'altezza del compito.
Il comico newyorchese torna alla ribalta offrendo una rivisitazione generale delle suddette pellicole all'interno di una commedia che fatica a convincere e a guadagnarsi le attenzione che giustamente meriterebbe. La trama semplice è costituita dalla solita miscela di amore e sesso, tradimenti e colpe, tutto dosato in un un minestrone esistenziale infarcito di citazioni colte e raffinate ma a tratti un po' ripetitive. A convincere sono invece i due protagonisti, un Joaquin Phoenix e una Emma Stone assolutamente in parte, caratterizzati molto bene dalla penna raffinata del regista americano. Phoenix interpreta un cinico professore universitario di filosofia che grazie al potente charme e all'eterna pancia alcolica fa innamorare senza troppa fatica chiunque gli capiti a tiro. Il personaggio di Emma Stone è una delle studentesse del corso, una ragazza allegra e solare, raffinata e molto intelligente che grazie alle minuziose attenzioni donatele dal regista trasuda di una carica sensuale senza paragoni.
Allen struttura il film in due blocchi ben definiti, alternando a una prima parte pressoché romantica una seconda dai toni decisamente più drammatici. Fino alla prima metà Irrational Man si presenta come una storia di amori proibiti costellata da bizzarre avventure sessuali e riflessioni confusionarie sulle teorie di Kierkegaard e Dostoevskiy. Lo snodo narrativo, inaspettato e del tutto casuale, arriva durante un pomeriggio di sole con i nostri due lovers seduti a una tavola calda della città. Bastano pochi secondi per trasformare il film in un giallo misterioso e “irrazionale” dove a farla da padrone è ancora una volta un omicidio e tutto ciò che ne consegue.
Interessante è soprattutto l'ambivalenza con la quale Allen caratterizza i due protagonisti, giocando per tutto il film sulla dualità tra personaggio negativo e positivo. Nella prima parte Joaquin Phoenix è presentato come una persona depressa dedita all'alcolismo, è estremamente scontento e insoddisfatto della vita ma lo spettatore non fatica troppo a riconosce in lui un personaggio positivo e simpatico. Emma Stone è bella come il sole, giovane e piena di vita ma spesso e volentieri alcuni suoi comportamenti vengono recepiti in modo negativo, facendo di lei un personaggio non sempre simpatico. A seguito dell'omicidio i loro ruoli cominciano poco a poco ad invertirsi fino alla scena finale che rappresenta lo stravolgimento definitivo. L'insegnante drogato di vitalità, felice ed intraprendente, si rivela essere un ignaro assassino e una persona pericolosa mentre la giovane studentessa, vittima impaurita delle follie del suo insegnante, esce di scena vittoriosa, premiata dal fato per la sua morale corretta (si ritorna al discorso della fortuna analizzato in Match Point).
Il tema della morte, spesso al centro delle pellicole di Woody Allen, è trattato ancora una volta in maniera decorosa nonostante vengano ripetuti molti degli aspetti già analizzati in passato. Il senso di colpa dostoevskijano, entità costante in Allen, è in quest'occasione assente, sostituito da un senso di fiducia e sicurezza nei confronti delle proprie azioni. Contrariamente alla triade Landau-Rhys Meyers-Farrell, il personaggio di Phoenix non vi è afflitto ma al contrario ne trae vigore e beneficio.
La fine di una vita, quella del giudice-vittima, diviene automaticamente (ri)nascita per un'altra, quella del protagonista stesso. L'omicidio non è più tormento e oppressione ma diventa in questo caso dispensatore di buone intenzioni e buoni propositi che permetteranno a Phoenix di ritrovare la voglia di vivere. Nell'estremo finale del film Allen decide di punire definitivamente il suo peccatore rendendolo vittima dell'inesorabilità del caso. A essere punita è probabilmente la presunzione che giustifica l'atto stesso, mossa da un movente pressoché inesistente. Il regista pone particolare attenzione alla natura morale dell'omicidio, se considerarlo effettivamente un atto sbagliato e immorale o scegliere di giustificarlo sulla base delle proprie motivazioni. Fino a che punto l'omicidio può essere considerato immorale se la vittima designata è qualcuno che merita la morte? Non c'è nessuna legge apparente che regola la morale dell'uomo e nemmeno il suo destino, né esiste una forza suprema che stabilisce cosa sia giusto o sbagliato in un mondo in cui tutto è abbandonato al caso. Allen sembra suggerirci l'idea di una sottile linea che divide giusto e sbagliato, morale e immorale, ed è proprio a causa di ciò che i due estremi finiscono spesso per confluire e mescolarsi, fino a che risulta quasi impossibile distinguerli.
Nonostante siano numerosi gli aspetti positivi il film sa di già visto, puzza di storia passata che ormai stenta a trovare qualcosa di nuovo da dire. Aggrappandosi astutamente alle glorie vissute, Allen giostra con mano esperta il tutto offrendo ancora una volta una regia precisa e ordinata ma che si ferma al dovuto richiesto. A tratti stanco e privo di privo di idee originali finisce per (ri)copiare sé stesso apprestandosi ancora una volta a trattare argomenti ampiamente discussi senza trovare nuovi spunti da proporre. Anche la storia, se pur a tratti interessante e bizzarra, non soddisfa a pieno le aspettative e finisce per sembrare una minestra riscaldata. Nota di merito per le musiche, come sempre eccellenti nei film di Allen, e a The In Crowd di Ramsey Lewis, motivo trainante dall'inizio alla fine. Questo non basta a rendere giustizia a un film che avrebbe potuto dare molto di più. Ma dopo cinquant'anni di carriera e quarantacinque film alle spalle certe sviste sono più che comprensibili e soprattutto perdonabili. Ci si aspetta sempre il meglio da un genio come Woody Allen ma ci riteniamo soddisfatti anche dei prodotti meno riusciti perché in ogni caso sappiamo che stiamo osservando del cinema colto ed intelligente come solo lui è in grado di fare.
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(di gpistoia39)
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nanni
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lunedì 21 dicembre 2015
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irrational man
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Abe è un depresso insegnante di filosofia.
Il suo tormentato disinteresse per la vita affascina colleghe e studentesse.
Suo malgrado si ritroverà sedotto da due di loro.
L’ascolto casuale dello sfogo di una vicina di tavolo di un bar sarà per il Prof l’occasione per ritrovare vigore ed entusiasmo, ma anche l’inizio di un percorso parallelo dagli esiti imprevedibili.
Woody Allen, ancora una volta (Match Point), torna sui temi alti, a lui evidentemente cari (o forse non ha più molto altro da dire...?!?!), del Superuomo, del Caso, del Determinismo ......ed altro.....
Il lavoro, molto ben congeniato e recitato ha, però, il demerito di risultare esteticamente troppo “perfetto”.
La patinatura della confezione ha l’effetto di allontanare lo spettatore.
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Abe è un depresso insegnante di filosofia.
Il suo tormentato disinteresse per la vita affascina colleghe e studentesse.
Suo malgrado si ritroverà sedotto da due di loro.
L’ascolto casuale dello sfogo di una vicina di tavolo di un bar sarà per il Prof l’occasione per ritrovare vigore ed entusiasmo, ma anche l’inizio di un percorso parallelo dagli esiti imprevedibili.
Woody Allen, ancora una volta (Match Point), torna sui temi alti, a lui evidentemente cari (o forse non ha più molto altro da dire...?!?!), del Superuomo, del Caso, del Determinismo ......ed altro.....
Il lavoro, molto ben congeniato e recitato ha, però, il demerito di risultare esteticamente troppo “perfetto”.
La patinatura della confezione ha l’effetto di allontanare lo spettatore.
Il film, dunque, è molto ben fatto ma non coinvolge e non emoziona mai.
Ciao Nanni
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deadman
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domenica 27 dicembre 2015
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se avete finito il tavor
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ok decido di andare al cinema, d'altronde a natale è una tradizione, e poi pieno come un uovo dove vai? una buona poltrona e via con la digestione. bene la mia multisala essenzialmente mi propone tre opzioni, la bambinata fantastellare spaccatimpani, i cinepanettoni per italioti lobotomizzati e l'ultimo film di woody allen, scelta obbligata dunque, prima però dò un'occhiata alla recensione sul sito, sembra buona visti anche i commenti del pubblico. ok vado. adesso dovrei darvi la mia recensione vero? più che del film ve la dò sul pubblico, sala piena per un terzo, alcuni ragazzi, le solite quarantenni fan del nostro woody, qualche compagnia di trentenni.
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ok decido di andare al cinema, d'altronde a natale è una tradizione, e poi pieno come un uovo dove vai? una buona poltrona e via con la digestione. bene la mia multisala essenzialmente mi propone tre opzioni, la bambinata fantastellare spaccatimpani, i cinepanettoni per italioti lobotomizzati e l'ultimo film di woody allen, scelta obbligata dunque, prima però dò un'occhiata alla recensione sul sito, sembra buona visti anche i commenti del pubblico. ok vado. adesso dovrei darvi la mia recensione vero? più che del film ve la dò sul pubblico, sala piena per un terzo, alcuni ragazzi, le solite quarantenni fan del nostro woody, qualche compagnia di trentenni. nessuna risata neanche a denti stretti per tutta la durata, una noia che si tagliava col coltello come la nebvbia fuori dal cinema e gli schermi di cinque o sei smartphone (compreso il mio) che lampeggiavano in sala di altrettanti spettatori che si buttavano sul web per non dormire. si perchè il film fa dormire peggio di una pastiglia di tavor da 5 mg, pure una puntata di don matteo è più avvincente di questo mattone con pretese filosofiche esistenziali che altro non sono che le solite trite e ritrite idee dell'ottuagenario newyorchese spruzzate della solita misoginia upper class americana. consiglio di scaricarlo e usarlo in alternativa al tavor
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