Still Alice |
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Un film di Richard Glatzer, Wash Westmoreland.
Con Julianne Moore, Kristen Stewart, Alec Baldwin, Kate Bosworth.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 99 min.
- USA 2014.
- Good Films
uscita giovedì 22 gennaio 2015.
MYMONETRO
Still Alice
valutazione media:
3,27
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Dalla parte di leidi ZararFeedback: 13464 | altri commenti e recensioni di Zarar |
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martedì 27 gennaio 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Guardando questo film, non ho potuto fare a meno di tornare con la mente a Away from her di Sarah Polley, e - più ancora - ad Amour di Michael Haneke, per me bellissimo. I temi sono simili, la durezza straziante dell’argomento è estrema in tutti e tre, gli attori sono notevoli tutti. Tra i tre Still Alice è quello che ho amato meno, anche se ha avuto su di me un forte impatto emotivo e se ho trovato molto interessante e coraggiosa la prospettiva assunta: in Still Alice infatti il regista non è narratore onnisciente (colui che guarda dall’esterno), né adotta lo sguardo di un colui che è più vicino al malato, angosciato di fronte all’essere amato che soffre e si allontana psicologicamente e intellettualmente in modo irrecuperabile. Qui chi narra è Alice stessa, che si accampa prepotentemente in primo piano e tiene il campo fino a quando c’è ancora un barlume di vita nel suo cervello. E’ lei che ci parla seguendo la sua parabola discendente, con il suo shock iniziale, le sue paure e i suoi smarrimenti, ma anche il suo coraggio, i suoi tentativi di razionalizzare la sua condizione, la sua volontà di essere strenuamente padrona di sé fino a programmare il suicidio per quando ciò non sarà più possibile; è lei che manifesta il senso di impotenza e di orrore per non poter realizzare il suo progetto (la scena più bella di tutto il film), e che, proprio quando si sta ‘allontanando’ definitivamente, è ancora in grado di offrire una chiave di senso per il suo essere ancora Alice, per se stessa e per gli altri: l’amore. Questa scelta di affrontare il tema dell’Alzheimer dando voce (e dunque dignità e forza e umanità) ad un malato che tutti pensano non abbia più niente da dire è una grande idea, e Julianne Moore fa il massimo per darle corpo. Ma alla regia e alla sceneggiatura mancano una maggiore naturalezza, un tono meno programmatico e declaratorio, più sfumato, più ambiguo e sottile: tutto è troppo detto, scandito, spiegato, sottolineato. Anche la macchina da presa segue la storia con un approccio di tipo documentario, assai convenzionale.
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