brando fioravanti
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sabato 21 settembre 2024
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una storia americana
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Film sportivo ricostruito perfettamente nelle scena di lotta, gli allenamenti con tecniche, nervosismi e competizione. Attori bravissimi Carell irriconoscibile in un ruolo drammatico e inquietante. Una storia sul patriottismo che finisce nel sangue in cui si perde ogni valore sportivo per sfociare nell'onnipotenza
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cinephilo
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domenica 18 novembre 2018
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nulla di eccezionale ma un grande steve carell
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Come sintetizzato dal titolo il film non spicca nè per una grande regia nè per una bella sceneggiatura nè per altri meriti se non quelli dell'attore protagonista, uno Steve Carell fisicamente irriconoscibile e in gran stato di forma recitativa. Il film è interessante nella prima parte dove la sociopatia dei due protagonisti (Tatum nei panni di Schultz e Carell nei panni del magnate americano DuPont) è fortemente risaltata dal loro reciproco rapporto e dal rapporto con i loro familiari. Schultz risente molto infatti dell'influenza del fratello Dave (a tratti quasi la patisce) mentre DuPont di quella della madre. La trama che procede a ritmi abbastanza incalzanti nella prima parte va poi affievolendosi nella seconda parte fino a cadere nel banale.
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Come sintetizzato dal titolo il film non spicca nè per una grande regia nè per una bella sceneggiatura nè per altri meriti se non quelli dell'attore protagonista, uno Steve Carell fisicamente irriconoscibile e in gran stato di forma recitativa. Il film è interessante nella prima parte dove la sociopatia dei due protagonisti (Tatum nei panni di Schultz e Carell nei panni del magnate americano DuPont) è fortemente risaltata dal loro reciproco rapporto e dal rapporto con i loro familiari. Schultz risente molto infatti dell'influenza del fratello Dave (a tratti quasi la patisce) mentre DuPont di quella della madre. La trama che procede a ritmi abbastanza incalzanti nella prima parte va poi affievolendosi nella seconda parte fino a cadere nel banale. Si sviluppa infatti in modo lento e prevedibile fino al tragico epilogo. Avrei dato due stellette se non fosse stato per uno Steve Carell da Oscar.
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paolp78
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venerdì 1 settembre 2017
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ottimo formalmente, ma non lascia il segno
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Pellicola ben diretta, da uno dei registi di maggior successo dell'ultimo decennio.
Ottima la recitazione dei tre protagonisti, che sfruttano il vantaggio di mettere in scena persone reali e quindi si concentrano a riprodurne espressioni, movenze, tic, timbro vocale e quant'altro (particolarmente impressionante in tal senso Steve Carell che interpreta il miliardario du Pont, curando ogni particolare, dalla fissità dello sguardo al modo di camminare).
Un inciso: a parer mio, le interpretazioni di personaggi realmente esistiti sono valutate troppo benevolmente. Ciò avviene probabilmente perchè si resta impressionati dalla somiglianza con l'originale, ma non si tiene conto che il lavoro dell'attore è molto più semplice e richiede minor inventiva e creatività.
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Pellicola ben diretta, da uno dei registi di maggior successo dell'ultimo decennio.
Ottima la recitazione dei tre protagonisti, che sfruttano il vantaggio di mettere in scena persone reali e quindi si concentrano a riprodurne espressioni, movenze, tic, timbro vocale e quant'altro (particolarmente impressionante in tal senso Steve Carell che interpreta il miliardario du Pont, curando ogni particolare, dalla fissità dello sguardo al modo di camminare).
Un inciso: a parer mio, le interpretazioni di personaggi realmente esistiti sono valutate troppo benevolmente. Ciò avviene probabilmente perchè si resta impressionati dalla somiglianza con l'originale, ma non si tiene conto che il lavoro dell'attore è molto più semplice e richiede minor inventiva e creatività. Non condivido pertanto i molti riconoscimenti assegnati a questo genere di interpretazioni (mi sovviene l'esempio dei premi ottenuti dal compianto Philip Seymour Hoffman per Capote, non in quanto meno meritevole di altri, ma perchè quella pellicola era diretta dallo stesso regista di Foxcatcher, Bennett Miller).
Nonostante questi punti di forza, il film non resta particolarmente impresso, nè viene voglia di rivederlo. Mi pare un grosso limite per una pellicola che racconta una storia così particolare, disturbante e morbosa.
Tra i difetti che nuocciono al film, vi è sicuramente l'eccessiva lentezza, solo in parte giustificata dall'accurata analisi introspettiva dei personaggi, a cui sono dedicate molte scene e sequenze. Ci sono troppi momenti morti e scene inutili. Con alcuni opportuni tagli la storia si sarebbe snodata più fluidamente senza perdere niente sul piano narrativo.
Si apprezza comunque il gran lavoro del regista e degli interpreti per fare emergere il rapporto tra i fratelli tra loro e con du Pont, nonchè quello di quest'ultimo con la madre.
La pellicola offre numerosi spunti di riflessione sulla società americana e sul potere dei soldi che corrompe le persone, falsa i rapporti e rischia di dare alla testa.
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ennio
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venerdì 1 settembre 2017
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film asciutto e potente, hollywood vade retro
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Raro esempio di film yankee sganciato dai ripetitivi e insopportabili canoni hollywoodiani. Niente frenesia vitalistica, niente pranzi veloci e avvocati idealisti, niente macchine che sgommano e battutine brillanti, i ritmi ricordano quelli di "Fargo". Presenza femminile quasi azzerata, pochi sentimentalismi. Film di uomini sugli uomini. Musiche quasi inesistenti, molte pause, molti silenzi, pochi fronzoli e molta umanità nei caratteri dei protagonisti. E un grande Steve Carell nel ruolo del ricchissimo erede dinastico, infelice ed emotivamente squilibrato.
Potrebbe essere un film iraniano, fa piacere sia stato girato in Florida.
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g_andrini
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domenica 24 luglio 2016
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particolare
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La visione risulta piacevole, con uno stile piuttosto originale. Il film mi sembra prenda un po' in giro il mondo della lotta, con uno sfondo di omosessualità diffuso. Comunque buona pellicola, nonostante le due stelle.
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andrea alesci
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domenica 19 giugno 2016
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il soverchiante fardello della fragilità
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C’è un senso di pesante oppressione che grava sulla storia portata al cinema da Bennett Miller (Truman Capote, L’arte di vincere), un’opprimente atmosfera specchiata dalle plumbee luci di Greig Fraser e dalla partitura musicale di Rob Simonsen, che interviene raramente ma già dal principio ha la forma di un insidioso sibilo strisciante.
Pochi malinconici interventi sonori, poche parole, pochi personaggi a occupare le scene, conchiuse come gusci nella morsa di uno schiaccianoci entro i campi lunghi che mostrano Foxcatcher Farm. Perché è lì che inizia l’azione, nell’enorme tenuta del miliardario John du Pont (mirabilmente interpretato da un irriconoscibile Steve Carell).
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C’è un senso di pesante oppressione che grava sulla storia portata al cinema da Bennett Miller (Truman Capote, L’arte di vincere), un’opprimente atmosfera specchiata dalle plumbee luci di Greig Fraser e dalla partitura musicale di Rob Simonsen, che interviene raramente ma già dal principio ha la forma di un insidioso sibilo strisciante.
Pochi malinconici interventi sonori, poche parole, pochi personaggi a occupare le scene, conchiuse come gusci nella morsa di uno schiaccianoci entro i campi lunghi che mostrano Foxcatcher Farm. Perché è lì che inizia l’azione, nell’enorme tenuta del miliardario John du Pont (mirabilmente interpretato da un irriconoscibile Steve Carell). In un verde angolo di Pennsylvania dove vive l’erede di una delle famiglie più ricche d’America, edificatasi sulle fortune provenienti dalla polvere da sparo e dall’industria chimica.
Lì s’incrociano le traiettorie di quell’uomo facoltoso e di un atleta che campa andando per le scuole a mostrare la propria medaglia olimpica, quel Mark Schultz (Channing Tatum) che fu oro nella lotta libera a Los Angeles 1984. La storia vera di due solitudini, di due uomini persi che si trovano entro il perimetro di Foxcatcher, perché le possibilità economiche di uno (du Pont) diano corpo ai sogni sportivi dell’altro (Schultz).
Ma è un progetto che sin dalle prime mosse lascia scoperto il fianco al sospetto di un’architettura fasulla, di una verità occultata. Ed è il presunto mecenate John du Pont a tenerci sempre a distanza di sicurezza dal coinvolgimento positivo con cui ogni sogno suole abbracciarci. C’è in lui un’oscura ambiguità che sin dall’inizio è manifesta in quel naso aquilino con cui sono stati ridefiniti i caratteri di Steve Carell, in quella sua flebile andatura caracollante, in quella sua voce maleficamente disturbante.
Gli sceneggiatori E. Max Frye e Dan Futterman sanno però andare oltre una ricostruzione pedissequa dei fatti realmente accaduti, e l’intera vicenda si restringe a due anni soltanto: quel 1987 nel quale il team Foxcatcher portò Mark Schultz a vincere l’oro mondiale a Clermont-Ferrand; e il 1988, quando Mark venne eliminato al primo turno alle Olimpiadi di Seul. Una forbice temporale entro cui si definiscono le personalità di una storia a tinte tristi.
Un arco di tempo che esibisce la realtà vera dei fatti: ossia i disturbi psicologici di John du Pont, schiacciato fra l’essere succube al giudizio lucido dell’anziana madre (Vanessa Redgrave) e la mania di grandezza nel voler diventare mentore e padre per qualcun altro. Quell’altro (Mark Schultz) verso cui sviluppa un rapporto quasi morboso ma che in vista di Seul ’88 rigetta tra i fantasmi del suo passato, riuscendo a portare a Foxcatcher anche il fratello David (Mark Ruffalo) in veste di allenatore, ossia quel fratello-campione dal quale Mark non è mai riuscito ad affrancarsi.
Ed è attorno a questi tre personaggi che la storia procede, avvinghiandosi come in una presa di lotta sempre più stretta intorno all’ossessione di una mente malata (du Pont), alla fragilità di un Aiace moderno (Mark), alla saggezza di un padre putativo (David). Ma in questo dimenarsi non c’è spazio per la parola vittoria. Perché questa storia americana non va come vorremmo. Perché in questa storia americana tutti quanti perdono. Perde il senno, du Pont. Perde la vita, David Schultz. Perde il futuro, Mark Schultz. Perché in questa storia americana stavolta non c’è lieto fine.
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fabio57
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mercoledì 13 aprile 2016
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storia di una follia criminale
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Bel film ,ben costruito , con una recitazione impeccabile, asciutta senza sbavature o fronzoli inutili..Purtroppo è una storia vera.La pazzia del miliardario Du-Pont,uomo viziato e immaturo con una insana passione per le armi, lo portò a commettere un omicidio assurdo, senza un motivo apparente, ai danni di un atleta della sua squadra, verso il quale aveva sempre nutrito una grande stima.Il film fa supporre che alla base del gesto criminale ci fosse la mancata registrazione in VHS di una ruffianeria adulatoria nei suoi confronti da parte della vittima.,si proclamava un mentore e voleva sentirselo dire,difficile saperlo con certezza, le cronache dell'epoca parlarono di attenzioni sessuali non ricambiate.
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Bel film ,ben costruito , con una recitazione impeccabile, asciutta senza sbavature o fronzoli inutili..Purtroppo è una storia vera.La pazzia del miliardario Du-Pont,uomo viziato e immaturo con una insana passione per le armi, lo portò a commettere un omicidio assurdo, senza un motivo apparente, ai danni di un atleta della sua squadra, verso il quale aveva sempre nutrito una grande stima.Il film fa supporre che alla base del gesto criminale ci fosse la mancata registrazione in VHS di una ruffianeria adulatoria nei suoi confronti da parte della vittima.,si proclamava un mentore e voleva sentirselo dire,difficile saperlo con certezza, le cronache dell'epoca parlarono di attenzioni sessuali non ricambiate.E' certo che comunque furono sicuramente futili i motivi che spinsero questo inquietante personaggio a compiere il folle gesto.Il rapporto coflittuale con una madre critica e invadente presumibilmente segnò la sua psiche rendendolo sostanzialmennte fragile,ma questo certo non spiega e giustifica il suo misfatto.
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biso 93
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domenica 27 marzo 2016
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notevole ma non eccelso
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Foxcatcher e' un buon film..pero' non mi sento di riempirlo di complimenti. Sicuramente da apprezzare sono le interpretazioni dei protagonisti, Tatum Carel e Ruffalo ci offrono tre caratterizzazioni molto incisive. Vi e' anche da apprezzare la regia...in grado di risaltare la psicologia e le sensazioni dei personaggi. Il messaggio del film mi ricorda molto la tematica trattata in quel meraviglioso film di Orson Welles, Citizen Kane. In effetti mi pare che Foxcatcher prenda molto spunto da quel film per determinati aspetti, complesso di Edipo, solitudine ed affermazioni sono i temi evidenziati. Arriviamo agli aspetti negativi: la durata del film e' eccessiva ed in effetti in alcune parti il film diviene ripetitivo e molto lento.
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Foxcatcher e' un buon film..pero' non mi sento di riempirlo di complimenti. Sicuramente da apprezzare sono le interpretazioni dei protagonisti, Tatum Carel e Ruffalo ci offrono tre caratterizzazioni molto incisive. Vi e' anche da apprezzare la regia...in grado di risaltare la psicologia e le sensazioni dei personaggi. Il messaggio del film mi ricorda molto la tematica trattata in quel meraviglioso film di Orson Welles, Citizen Kane. In effetti mi pare che Foxcatcher prenda molto spunto da quel film per determinati aspetti, complesso di Edipo, solitudine ed affermazioni sono i temi evidenziati. Arriviamo agli aspetti negativi: la durata del film e' eccessiva ed in effetti in alcune parti il film diviene ripetitivo e molto lento. Si poteva tagliare tranquillamente una buona mezz'ora. La storia seppur ben narrata, a tratti sembra perdersi, senza darti modo di capire dove si voglia ad andare a parare; in effetti e' dato molto risalto al ritratto psicologico dei personaggi, tralasciando altri aspetti che forse avrebbero donato un po di ritmo. Niente male comunque, consigliato!
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magister
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martedì 22 marzo 2016
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morbosità edulcorata
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sorvolando sulla lentezza della narrazione che non risveglia certo l'nteresse dello spettatore, si capisce che l'intento è quello di creare un crescendo drammatico per giungere all'epilogo tragico. In realtà è addirittura prevedibile il finale e la tragicità della storia è rovinata dalla figura tristemente comica dell'omicida. Per me progetto completamente fallito. Sempre bravo e misurato Ruffalo
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liuk!
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lunedì 7 marzo 2016
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lento e poco coinvolgente
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Ho trovato questo Foxcatcher molto deludente rispetto alle aspettative. Già parte da un tema, la lotta greco-romana, decisamente poco invitante, in più o sviluppo è lento e dopo poco tempo si capisce bene dove si vuole andare a parare. Buono il cast, Ruffalo su tutti, ma non basta a salvare la pellicola.
Non lo consiglio.
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