giovanni_b_southern
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sabato 30 novembre 2013
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forte critica della modernità
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Ozon stavolta si supera. La sua è una critica alla società moderna, borghese, finto-intellettuale degna del miglior Alain Touraine. I protagonisti e la fallacia dei loro comportamenti sono lievemente 'giudicati' in una chiave ironica che però è intelligibile. La mamma, completamente atomizzata dal suo lavoro, devastantemente distante dal dare valori e norme ai suoi figli attraverso una finta libertà che si traduce in sostanziale menefreghismo, surrettiziamente dedicata a tuffarsi unicamente nel letto del marito colored della sua migliore amica. Il padrino, distante da tutto, presente soltanto al livello del vitto e dell'alloggio e sottolmente solleticato dall'idea di portarsi a letto la figlia della sua compagna.
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Ozon stavolta si supera. La sua è una critica alla società moderna, borghese, finto-intellettuale degna del miglior Alain Touraine. I protagonisti e la fallacia dei loro comportamenti sono lievemente 'giudicati' in una chiave ironica che però è intelligibile. La mamma, completamente atomizzata dal suo lavoro, devastantemente distante dal dare valori e norme ai suoi figli attraverso una finta libertà che si traduce in sostanziale menefreghismo, surrettiziamente dedicata a tuffarsi unicamente nel letto del marito colored della sua migliore amica. Il padrino, distante da tutto, presente soltanto al livello del vitto e dell'alloggio e sottolmente solleticato dall'idea di portarsi a letto la figlia della sua compagna. Il fratello, forse già gay e nascostamente tentato dalla possibilià psicologica di un ingenuo incesto, paradossale nel proporre alla sorella di prostituirsi per spratichire sessualmente un suo giovane amico. I clienti dai capelli totalmente imbiancati che, all'inutile rincorsa di una proustiana ricerca del tempo perduto, invece di passare i pomeriggi nei parchi con i propri nipoti si imbottiscono di viagra per rischiare costantemente il coccolone che puntualmente arriva. I pari d'età della protagonista, sempre tentati dal confondere l'amore con il ménage à trois nel mentre di feste puerilmente psicotrope. Alla fine la più 'pura' sembra essere proprio la protagonista, chiaramente devastata da compulsioni deviate ma sostanzialmente vittima di tutto questo ritratto familiare ed amicale. Alla fine, ella aveva bisogno semplicemente di una madre e (probabilmente) di un padre o quanto meno di un padrino che non avesse come unica finalità quella di guardarla nel mentre si fa la doccia o tentare di metterle le mani addosso. Un film gioiosamente tradizionalista, da vedere.
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vincenzo valorani
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giovedì 28 novembre 2013
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un film psicologico, anche se in modo blando.
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Come quasi tutti i film francesi è lento, e con addentellati poetici e colti.
Vi lavora Charlotte Rampling
, irriconoscibile a
67 anni. Questa partecipazione è forse la parte più alta del film: la piena giovinezza della ragazza protagonista, accanto alla maturità di una donna, della quale gli adulti ricordano la rara bellezza di attrice.
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Come quasi tutti i film francesi è lento, e con addentellati poetici e colti.
Vi lavora Charlotte Rampling
, irriconoscibile a
67 anni. Questa partecipazione è forse la parte più alta del film: la piena giovinezza della ragazza protagonista, accanto alla maturità di una donna, della quale gli adulti ricordano la rara bellezza di attrice.
Con riferimento alle Scritture: tutto è vanità. In un'ottica laica: tutto scorre.
Non ci sono scene pornografiche che diano fastidio. Non è un film di cassetta. Però il fatto che sia uscito - credo per caso - mentre in Italia è scoppiato il caso delle baby-squillo ha certamente fatto guadagnare di più il produttore.
François Ozon - sia sceneggiatore che regista - non si attarda nel cercare di spiegare il fenomeno, lasciando intendere allo spettatore che sembra non ci siano spiegazioni per un comportamento così fuori dall'ordinario.
Almeno quando mancano conclamati casi di crisi in famiglia etc.
Questo film mi sembra la proiezione-ultima della prefigurazione proposta in Ultimo tango a Parigi.
Preferivo le atmosfere create in Bella di Giorno, con Catherine Deneuve.
Dopo, anche il Tempo delle mele fece scalpore.
La società e la famiglia in Francia sono molto diverse da quelle italiane; quindi la sceneggiatura è solo adatta a suggerire spunti di riflessione. Il personaggio del compagno della madre della diciassettenne è mal delineato. Dobbiamo spezzare in suo favore una lancia, essendo molto difficile interpretare la figura di per sé poco convincente di un partner, in una relazione coniugale di ripiego.
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mirkohello
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mercoledì 27 novembre 2013
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resta solo un'idea..
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L'idea è assolutamente interessante.
Ma ci fermiamo qui. L'attrice purtroppo non è stata evidentementente all'altezza del personaggio, come il regista, come la sceneggiatura.
Un film pieno di buone idee ed intenzioni, ma il cui riscontro pratico è stato un quasi flop. Forse con un'attrice più talentuosa sarebbe stato meglio, e magari anche qualche ripresa un po' più particolare e attenta... Buone idee ma poco "cinema", poco coinvolgimento da parte dello spettatore, anzi, relativa noia. 3 stelle forse sono anche troppe, le merita solo per la bella idea e quello che avrebbe potuto, ma che non è riuscito, ad essere.
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theophilus
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martedì 26 novembre 2013
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bellissimo sguardo sul nulla contemporaneo
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JEUNE ET JOLIE
Il contatto fra il vuoto e la bellezza genera un cortocircuito. È difficile parlare di un film su cui il regista stesso non si esprime se non con lo sguardo di una cinepresa che si limita a registrare. Ozon offre le immagini di un mistero che sappiamo esistere – è un mondo che c’è là fuori o qui dentro di noi – ma che non ci sappiamo spiegare.
Comunque lo guardiamo, Jeune et jolie è un film da cui scaturiscono domande alle quali non sappiamo o non vogliamo rispondere.
All’inizio c’è il pudore della protagonista. Un binocolo la spia su di una spiaggia appartata e Isabelle si guarda attorno prima di togliersi il reggiseno.
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JEUNE ET JOLIE
Il contatto fra il vuoto e la bellezza genera un cortocircuito. È difficile parlare di un film su cui il regista stesso non si esprime se non con lo sguardo di una cinepresa che si limita a registrare. Ozon offre le immagini di un mistero che sappiamo esistere – è un mondo che c’è là fuori o qui dentro di noi – ma che non ci sappiamo spiegare.
Comunque lo guardiamo, Jeune et jolie è un film da cui scaturiscono domande alle quali non sappiamo o non vogliamo rispondere.
All’inizio c’è il pudore della protagonista. Un binocolo la spia su di una spiaggia appartata e Isabelle si guarda attorno prima di togliersi il reggiseno. Dietro il binocolo c’è il fratello minore che sarà il solo ad essere reso partecipe – ma solamente all’inizio – del viaggio amoroso della sorella. Tutto quello che Isabelle intraprenderà da quel momento in avanti riguarderà solo se stessa. Noi non saremo che testimoni visivi.
La nostra prima domanda ci viene incontro come un’ovvia constatazione da cui speriamo di riuscire a spiegare quanto avverrà, poi, nell’arco della storia. La “prima volta” di Isabelle avviene in vacanza, con un ragazzo tedesco. Non c’è niente, se non mancanza di emozione, indifferenza, meccanicità. Isabelle lo fa automaticamente, perché tutti lo fanno e anche lei lo deve fare, senza porsi neanche un perché e, probabilmente, senza alcun desiderio. Può bastare questo freddo autocontrollo a giustificare il nichilismo e il cinismo autolesionista che segue poi? Non c’è niente dell’atmosfera inebriante, malinconica e dolce della poesia di Rimbaud letta a scuola da Isabelle e dai suoi compagni.
Tempo addietro avevamo visto Elles (lungometraggio franco/polacco/tedesco girato nel 2011 da Malgoska Szumowska), un film che trattava il mondo della prostituzione giovanile in modo tagliente e duro. Lì il disorientamento trovava una giustificazione, a buona parte delle domande che ti ponevi davi subito delle risposte, seppur molto difficili. C’era un’umanità spaventata che si ritraeva in se stessa e tirava avanti procrastinando lo sguardo sul proprio futuro. Ozon non ti offre scappatoie, ma solo dubbi, punti interrogativi. La difficoltà, la bellezza e l’importanza del suo film stanno proprio in questo.
Se non siamo sicuri di poterci attaccare ad un’assenza di prospettive umane, su che cosa possiamo tentare di poggiare il nostro sguardo, alla smarrita ricerca di qualcosa che ci rassicuri?
Isabelle comincia una carriera di prostituta, partendo dal numero telefonico di un uomo che l’aveva abbordata mentre era insieme ad una compagna di classe.
Lo fa per i soldi? Isabelle li nasconde in una cassettina in camera sua. Li guarda, sembra contarli e non li spende. Forse si domanda se ne valga la pena e, avvertendo il vuoto della vita, si fabbrica una vita in cui quei pezzi di carta che gli uomini le danno rappresentano un’ipotetica pensione per un futuro vicinissimo in cui non potrà più “guadagnare”? Già Elles non aveva saputo rispondere a questa domanda.
Cerca il potere sugli uomini? Degli uomini a cui si vende ricorderà solo quello che le muore fra le braccia, ma perché era gentile e non le faceva richieste particolari.
È il bisogno di sapersi desiderata che la spinge a dare un prezzo alla propria bellezza, al valore della propria bellezza? Se è questo il motore, occorre dire che Marine Vacht, la protagonista, oltre ad essere Giovane e bella, sa entrare molto bene nel ruolo che Ozon ha immaginato o, forse, appositamente disegnato per lei. È, quindi, molto brava.
Teme la banalità della vita che le si prospetta col compagno di classe, già accettato in casa dalla madre e dal patrigno? Isabelle gioca con lui a fare la ragazza “seria” che non si concede al primo appuntamento, ma poi mette in atto le strategie sessuali che ha imparato con gli altri uomini per “rianimare” il ragazzo che ha delle difficoltà. Non è, allora, in grado di uscire dal suo recente passato di mestierante?
Ozon la lascia raramente. La sua cinepresa è quasi sempre incollata su di lei, forse ad avvalorare la frase del patrigno che la madre legge come «essendo lei così bella è destino che faccia la prostituta».
È rilevante la possibile intesa fra la madre e l’amico di colore? Isabelle sembra usarla come alibi e pezza giustificativa. Forse pensa che una relazione possa fondarsi solo sull’ipocrisia e, allora, tanto vale fingere completamente e quindi di nascosto e farsi pagare per inscenare questa finzione?
Isabelle non parla con nessuno del suo segreto. Escogita una sorta di vendetta, ha solo paura? L’unica volta che andrà alla festa della sua classe lo farà per che cosa? Per spingere la compagna nella sua direzione? O per proteggerla? Per toglierle un’illusione e dissacrare l’aura di magia? Per sbugiardare l’amore?
Lo smarrimento della madre è sincero? Fino a quando lascia indagare la sua paura? Quando si viene a sapere tutto, prima assale Isabelle, poi si ritrae, contrae la sua paura, o meglio ha paura della propria paura e chiede scusa alla figlia e qui c’è tornato alla mente un passo formalmente e psicologicamente simile visto in Caché (Haneke, 2005).
La paura della donna nasce dalla sua figura di madre che si chiede come ha fatto a non capire, come e dove ha sbagliato o il suo è un vuoto più totale, più cosmico?
È sufficiente ed è corretto fare un’analisi sociale, politica, economica del film? Andare sul versante “crisi del capitalismo”, “disfacimento della borghesia” è percorrere il cammino ortodosso? Ce ne sono altri? Si deve guardare alla morte di ogni senso religioso?
Forse tutte queste cose insieme o nessuna di esse. Ozon non spiega, ma non si ritrae. Semplicemente non si può spiegare ciò che non si capisce. Se è vero che Isabelle non parla quasi mai, quando lo fa non ha bisogno di mentire e questo perché non le vengono poste le domande pertinenti, le questioni cruciali a cui forse nemmeno lei saprebbe dare delle risposte. L’unica vera menzogna è quella sulla sua età. Denuncia 20 anni agli uomini che le fanno domande. Ma forse lo fa solo per metterli alla prova, per vedere fino a quando sono disposti a barare con se stessi.
Domande su domande, ma nessuna risposta decisiva. Non ci resta che il finale del film. Come analizzarlo? La persona che Isabelle attende nella hall dell’albergo è una doppia agnizione e un altro mistero. È una donna e possiamo aver già pensato ad una svolta saffica dell’esperienza sentimentale della ragazza: le cose potranno anche andare così e probabilmente quest’ipotesi lascia indifferente la protagonista. Si presenta a Isabelle e a noi con gli occhiali da sole e non la riconosciamo. Poi scopriamo che è Charlotte Rampling. Ma entrambe le donne sono in effetti prese da un teatro, dalla camera 6095. L’una vuole vedere dove il marito ha vissuto la realizzazione del suo ultimo desiderio («è bello morire mentre si fa l’amore»). L’altra sembra quasi colta da una forma di nostalgia…
Forse il film più duro e difficile di Ozon, ma anche quello riuscito meglio.
Enzo Vignoli
15 novembre 2013
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mammut
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lunedì 25 novembre 2013
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da vedere
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me lo aspettavo diverso. Da genitore si pensa sempre a una miriade di problemi dei loro figli,ma questo è difficile da accettare e gestire. Bel film
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angelo umana
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venerdì 22 novembre 2013
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i terribili 17 anni (contiene solo spoiler)
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“On n’est pas sérioux quando on a 17 ans” è il brano di Rimbaud che si discute nella classe di Isabelle (Marine Vacth), diciassettenne con tanta voglia di darsi finalmente e scoprire il piacere. “E’ fatta” dirà al fratello piccolo, Victor (un Fantin Ravat fedele al ruolo), quando si sarà concessa sulla spiaggia al bel ragazzo tedesco che la corteggia, l’estate dopo la quale tornerà in città dimenticandolo. Sembra diventata già grande in quella scena, volta la testa mentre fa l’amore, come se la cosa non la riguardasse poi tanto, una pratica che doveva sbrigare, e volgendo lo sguardo immagina di vedere sé stessa ormai ragazzina del passato.
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“On n’est pas sérioux quando on a 17 ans” è il brano di Rimbaud che si discute nella classe di Isabelle (Marine Vacth), diciassettenne con tanta voglia di darsi finalmente e scoprire il piacere. “E’ fatta” dirà al fratello piccolo, Victor (un Fantin Ravat fedele al ruolo), quando si sarà concessa sulla spiaggia al bel ragazzo tedesco che la corteggia, l’estate dopo la quale tornerà in città dimenticandolo. Sembra diventata già grande in quella scena, volta la testa mentre fa l’amore, come se la cosa non la riguardasse poi tanto, una pratica che doveva sbrigare, e volgendo lo sguardo immagina di vedere sé stessa ormai ragazzina del passato.
Comincia a prendere appuntamenti online dalla sua stanza e si fa pagare dai clienti tariffe di diverse centinaia di €, soldi che nasconde tra la sua biancheria. A una ragazza così si vorrebbe dire quanto poco valgono quei soldi, quanto poco possono comprare rispetto alla giovinezza che possiede e a tutte le cose belle che si possono mettere in una vita. Comincia ad assumere una certa professionalità nel ruolo, d’altra parte un volgare cliente le ha detto “Puttana una volta puttana per sempre”: va agli appuntamenti con un bel tailleur e scarpe col tacco, ancheggiante negli alberghi o domicili dove entra, ne esce in jeans e scarpe basse, di nuovo 17enne qualsiasi, che va a scuola e consola l’amica del cuore, dicendo di sé stessa di non aver nessuno e di non essere innamorata. Parla a sua madre Sylvie coi canoni di quell’età, spesso sgarbati (Géraldine Pailhas, veritiera nel rapportarsi a lei come i genitori meglio possono coi loro impenetrabili ragazzi).
Perché è successo? Il regista Ozon a mio parere non motiva abbastanza la voglia di questa svolta sorprendente, non ne fa digerire il percorso emozionale. Lo esprimerà attraverso il patrigno Patri-ck (Frédéric Pierrot, volto familiare e tranquillizzante, anch’egli capace di stare nei panni assegnatigli) che a ragione dirà, quando la famiglia ha scoperto la vita segreta di Isabelle, che alla sua età si vogliono conoscere i propri limiti, si ha voglia di cose nuove, la curiosità, la provocazione, un gioco tutto suo, “fatti miei, la mia vita”. Motivazioni simili del resto erano quelle, emozionalmente più comprensibili, della protagonista de “La variabile umana”, omicida quasi per caso alla stessa età ma figlia del “poliziotto” Silvio Orlando.
I soldi di Isabelle li troverà la polizia tra i suoi vestiti, in una perquisizione improvvisa davanti agli occhi della madre, quando sono arrivati a lei indagando sulla morte di un suo cliente abituale, Georges (magnifico Johan Leysen), un anziano che pare darle la pace e l’affetto di un nonno, ma anche del buon sesso, l’unico con cui un po’ si è confidata. E’ morto “nel modo migliore”, a dirla con le parole di una canzone di Mina, nella stanza 6095 dell’albergo di lusso dove si vedevano.
Andrà regolarmente e di malavoglia da uno psicologo e si meraviglierà di quanto poco siano i 70€ della visita o i 60 che le dà una coppia amica dei suoi per fare la baby-sitter, abituata ad altri compensi. Ad una festa privata coi compagni di scuola, dove tutti provano sbaciucchiamenti e avances in libertà, lei si guarda intorno e sa di avere fatto già tutto, è oltre, ha uno sguardo disilluso ma si fa conquistare da un compagno: sembra ridiventata la ragazza che è.
Qui il film parrebbe concludersi, tutto bene, ogni cosa a suo posto e … vissero felici e contenti. Ma la strana curiosità ha il sopravvento: Isabelle ricerca un nuovo appuntamento, un cliente glielo dà stranamente nella stanza 6095 dove incontrava Georges. La sorpresa – che è anche una lieta sorpresa per lo spettatore in un film che sembrava appiattirsi - è di trovarvi la moglie di costui, che sapeva degli svaghi del marito, che la vuol conoscere e vedere la stanza dove il marito è morto. Si tratta della grande e bellissima Charlotte Rampling. Pure lei sembra una dolce nonna per Isabelle, che la ringrazierà commossa. Solo da un occhio però le sgorgherà la lacrima e la cosa è perdonabile: meno perdonabile è un po’ di piattezza o di artificio che si ravvede nel film di Ozon – migliore comunque del suo “Nella casa“- oltreché l’inespressività di Marine Vacth, vagamente somigliante a Julia Roberts, ma solo nella punta del naso. Ozon pare voler ricercare dei guizzi nelle sue narrazioni, ma sono artefatti, poco maturati negli occhi o nelle viscere dello spettatore: l’ultimo guizzo, i cinque minuti di Charlotte Rampling, valgono però tutto il film.
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salvatore venuleo
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venerdì 22 novembre 2013
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verso la mercificazione totale
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La diciassettenne Isabelle inizia il suo percorso sessuale con una delusione. Freddo e meccanico il rapporto con il coetaneo che la libera dell'impaccio della verginità. Voglio notare in ciò l'analogia evidente con l'iniziazione di Adele nel film "La vita di Adele". Solo che in Adele la delusione è propedeutica alla piena realizzazione nel piacere omosessuale. Descritto con tale partecipazione da apparire un manifesto dell'amore omo o addirittura di una prospettiva che escluderà la sessualità etero. Per Isabelle la svolta è invece nella scelta di prostituirsi. Una routine prostitutiva ritualizzata con il cambio di abito (dai jeans adolescenziali all'abbigliamento adulto). Isabelle così accumula un tesoretto giacché non è il consumo che sembra interessarla.
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La diciassettenne Isabelle inizia il suo percorso sessuale con una delusione. Freddo e meccanico il rapporto con il coetaneo che la libera dell'impaccio della verginità. Voglio notare in ciò l'analogia evidente con l'iniziazione di Adele nel film "La vita di Adele". Solo che in Adele la delusione è propedeutica alla piena realizzazione nel piacere omosessuale. Descritto con tale partecipazione da apparire un manifesto dell'amore omo o addirittura di una prospettiva che escluderà la sessualità etero. Per Isabelle la svolta è invece nella scelta di prostituirsi. Una routine prostitutiva ritualizzata con il cambio di abito (dai jeans adolescenziali all'abbigliamento adulto). Isabelle così accumula un tesoretto giacché non è il consumo che sembra interessarla. Cosa la interessa allora? Il regista, Ozon, non lo dice o appena lo suggerisce. Il solito complesso edipico forse. O semplicemente il desiderio di sapere di valere (300 euro ). Se Ozon non lo spiega però una ragione c'è. L'autore sembra suggerire che quella di Isabelle non è una storia eccezionale. Non è la storia di Isabelle, a parte i dettagli. E' la storia che stiamo vivendo. Il sesso si avvia a diventare compiutamente merce. In vendita come qualsiasi prodotto o servizio. Nel web l'offerta di prestazioni sessuali assume la struttura articolata dei prezzi del parrucchiere: taglio x euro, taglio + piega y euro, taglio, piega e colore z euro. Con la globalizzazione e l'offerta dell'est che contiene i prezzi. Con nuova e positiva attenzione (senza ironia) ai bisogni di una popolazione "di nicchia" (mi pare gli economisti chiamino così i bisogni di pochi che l'imprenditoria più brillante scopre e soddisfa): come i disabili per secoli ignorati, come il disabile di "The sessions" che nell'utile e bel film di Lewin riceve finalmente gioia dalla terapista sessuale. Talvolta il prostituirsi è episodico: per far fronte ad una emergenza o per comprare una borsa costosa. C'è nel film un piccolo spunto che propone con forza tale interpretazione. Il fratellino di Isabelle che racconta alla sorella senza troppo scandalizzarsi di una ragazzina (12, 13 anni, verosimilmente)che a scuola offre con successo "baci con la lingua" per il prezzo di 5 euro. Come ne "La vita di Adele", la coppia uomo/donna sparisce. L'uomo non può dare piacere. Per lui il futuro è l'onanismo o il consumo al mercato del sesso, magari con la donna a mo' di stimolo onanistico (una scena di Giovane e bella). Può apparire un incubo. Ma abbiamo già mercificato tante cose. Affidiamo a parrucchieri la cura dei nostri capelli, a badanti le cura dei nostri vecchi, a necrofori la cura dei morti. Avanti tutta allora verso la riduzione a merce di ciò che sembrava resistere. Già alcune madri - lo abbiamo visto anche in Italia - hanno mostrato di accettare e gradire le risorse inaspettate provenienti dall'avvenenza delle figlie. Ci abitueremo quindi. Ci sembrerà normale.
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emmanouel Δεπα
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martedì 19 novembre 2013
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uno sguardo distaccato già visto
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Dal regista di "Nella casa" arriva questa nuova pellicola, in pieno stile Ozon, in cui vengono raccontati i 17 anni di una ragazza molto affascinante. Il racconto si sviluppa in quattro fasi, scandite dalle stagioni ed accompagnate dalle musiche di Françoise Hardy.
L'intero film è un quadro francese, apprezzabile il ricordo di Rimbaud con il verso "non si è seri quando si hanno diciassette anni".
Lo sceneggiato racconta di Isabelle che decide apparentemente senza motivo di prostituirsi, per questo Ozon strizza un occhio a "Bella di giorno", ovviamente senza raggiungere l'opera di Bunuel.
Si può ritenere stimolante il film in quanto furbamente il regista decide di omettere le vere motivazioni che portano la ragazza ad intraprendere una scelta cosi complicata per Isabelle, scelta furba perché ha evitato di trascinare il film nella banalità delle motivazioni adolescenziali.
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Dal regista di "Nella casa" arriva questa nuova pellicola, in pieno stile Ozon, in cui vengono raccontati i 17 anni di una ragazza molto affascinante. Il racconto si sviluppa in quattro fasi, scandite dalle stagioni ed accompagnate dalle musiche di Françoise Hardy.
L'intero film è un quadro francese, apprezzabile il ricordo di Rimbaud con il verso "non si è seri quando si hanno diciassette anni".
Lo sceneggiato racconta di Isabelle che decide apparentemente senza motivo di prostituirsi, per questo Ozon strizza un occhio a "Bella di giorno", ovviamente senza raggiungere l'opera di Bunuel.
Si può ritenere stimolante il film in quanto furbamente il regista decide di omettere le vere motivazioni che portano la ragazza ad intraprendere una scelta cosi complicata per Isabelle, scelta furba perché ha evitato di trascinare il film nella banalità delle motivazioni adolescenziali.
I temi fonti di dibattito sarebbero tanti. Tuttavia il film è sembrato leggermente privo di coraggio, quasi una cronaca.
Notevoli diverse scene, tra cui un'inquadratura che affianca tramite uno specchio due Isabelle e il momento in cui la giovane perde la verginità dove viene mostrato con abilità del regista il conflitto interno della protagonista tramite uno scambio di sguardi con una se stessa replicata che assiste da testimone esterna alla scena; ed anche il tratto metropolitana ed l'attraversamento del corridio dell'albergo inquadrato in modo diverso ad ogni svolta narrativa, prima di spalle, poi di volto e in fine in assenza.
Nota sicuramente positiva del film è l'attrice che incanta lo spettatore e riesce ad interpretare egregiamente il ruolo ed a mantenere uno sguardo distaccato, quasi estraneo a se stessa.
Concludendo il regista non guadagna prestigio con quest'opera che può essere considerata una "già visto".
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plania
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domenica 17 novembre 2013
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alla ricerca del sesso-potere
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Si trattano temi spinosi diventati d'attualità, purtroppo. Isabel, superando con disinvoltura e senza alcun trauma emotivo qualunque paletto morale, è alla ricerca di un potere che le deriva dalla sua bellezza. Si rifugia quindi nel sesso a pagamento e lo fa in modo impudico ma naturale.
Film sempre in equilibrio con se stesso che mai eccede e si fa o melenso o didascalico. Grande prova registica e di sceneggiatura che si avvale di una bellezza folgorante: quella di Marine Vacth.
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conte di bismantova
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domenica 17 novembre 2013
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meravigliosa e delicata indagine.
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A mio avviso è uno straordinario osservatorio sulla nuova era post-moderna "telematica" che vede gli adolescenti online con il mondo, in cui possono essere vittime ma anche consenzienti protagonisti del loro mondo sociale. Il regista non giudica. I protagonisti principali non sono ne' positivi ne' totalmente negativi, ognuno svolge un ruolo ben definito ma che lascia aperta qualsiasi interpretazione di giudizio. E' forse il cliente anziano un mostro pedofilo? Io non ho avvertito questa ripugnanza, anzi: tutt'altro. Per la nostra legge, che non ammette l'ignoranza dell'età in fatto di prostituzione, la pena va da sei a dodici anni. Il discorso della madre che pensa di donare il guadagno della ragazza alle associazioni che si occupano del reinserimento delle ex prostitute suona completamente fuori luogo anche alle nostre coscienze.
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A mio avviso è uno straordinario osservatorio sulla nuova era post-moderna "telematica" che vede gli adolescenti online con il mondo, in cui possono essere vittime ma anche consenzienti protagonisti del loro mondo sociale. Il regista non giudica. I protagonisti principali non sono ne' positivi ne' totalmente negativi, ognuno svolge un ruolo ben definito ma che lascia aperta qualsiasi interpretazione di giudizio. E' forse il cliente anziano un mostro pedofilo? Io non ho avvertito questa ripugnanza, anzi: tutt'altro. Per la nostra legge, che non ammette l'ignoranza dell'età in fatto di prostituzione, la pena va da sei a dodici anni. Il discorso della madre che pensa di donare il guadagno della ragazza alle associazioni che si occupano del reinserimento delle ex prostitute suona completamente fuori luogo anche alle nostre coscienze. Eppure era un discorso di nobili intenti! Fuori luogo come l'affermazione della poliziotta quando - di fronte alla preoccupazione della madre, le dice che per legge lei è vittima, e l'anziano deceduto il predatore criminale. Sappiamo che non è così. Il cliente, a modo suo, è una brava persona. Ma anche la madre ha ragione, e anche la polizia. Ma ha ragione anche la ragazza, che nulla più della sua libera e consapevole scelta ha conseguito. La ragazzina è pienamente cosciente e padrona delle sue azioni, ella stessa ha creato la sua rete di incontri attraverso un sito che si è premurata di aggiornare e arricchire di fotografie eloquenti. Si fa presto a dire giusto o non giusto, a porre vincoli e confini: il regista scioglie le catene di questi parametri lasciando aperta ogni nostra riflessione in merito, descrivendo soltanto il nuovo rapporto comunicativo degli anni in cui viviamo fra adolescenza, libera scelta, sessualità e mondo internet. E' un film straordinariamente profondo ed attuale che dovrebbe essere visto da tutti: minori, genitori, insegnanti e magistrati, affinchè si rifletta su un sacco di cose che si continua a dare per scontate ma evidentemente non lo sono.
Interessante anche l'aspetto "fine a se' stesso" delle motivazioni che portano la ragazza a prostituirsi e voler continuare a farlo: ella non lo fa per acquistare vestiti o telefonini ma lo fa per il piacere sublime ed emotivamente accattivante di farlo. L'emozione dell'ascensore che sale verso l'appartamento di uno sconosciuto. L'emozione di sentirsi "pagati" e quindi compensati alla fine per questo rischio al buio. Io, che da ragazzino ho salito quell'ascensore, so che questo film nella sua etica narrativa è perfetto.
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