Anno | 2012 |
Genere | Documentario |
Produzione | Palestina |
Durata | 52 minuti |
Regia di | Rashid Masharawi |
MYmonetro | 2,92 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 21 gennaio 2016
CONSIGLIATO SÌ
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L'artista palestinese Khaled Hourani ha un sogno: portare nel suo Paese il Buste de femme di Pablo Picasso (1943) collocato nel Van Abbenmuseum di Eindhoven, Paesi Bassi. La prassi comune dell'assicurazione di un'opera d'arte, mentre viene trasportata da un museo all'altro, in Palestina diventa un processo fatto di burocrazia esasperante e meno ovvie cautele e misure di sicurezza, in quanto caso escluso dagli accordi di Oslo del '93. Ma la volontà di Khaled, che è anche direttore artistico dell'Accademia Internazionale d'Arte Palestinese, di Fatmeh, coordinatrice del progetto, e del regista Rashid Masharawi supera ogni difficoltà logistica e psicologica, dalle operazioni di controllo al checkpoint alla preparazione dello spazio espositivo, ovvero la prima galleria ufficiale palestinese dall'occupazione del 1967. Grazie alla produttiva collaborazione con il museo olandese e all'appoggio dei Ministeri dell'Interno e della Cultura, il progetto "Picasso in Palestine", concepito nel 2009, ed esteso anche ad attività collaterali a Gerusalemme e Gaza, il 24 giugno 2011 si realizza nell'apertura al pubblico di una mostra del dipinto a Ramallah, stabilendo così il precedente assoluto di un'opera d'arte europea esposta in Cisgiordania. Su Picasso in Palestine grava una preoccupazione pressante, quella di essere prima di tutto cronaca di una missione impossibile, di documentare passo dopo passo gli ostacoli di operatori culturali in un contesto estremo, come testimoniano la sequenza dell'avamposto israeliano di Ofer, con i dettagli sulle operazioni di controllo dei veicoli entranti in Palestina, o la rigida formalità delle riprese degli incontri ufficiali coi rappresentanti politici. Il risultato è che un'idea brillante ed encomiabile perde di smalto. L'estetica low fi (immagini digitali non in altissima definizione, ripresa di conversazioni via Skype e al cellulare) produce un effetto anche dialettico ma dissonante con il prestigioso contesto artistico di riferimento, facendo sì che l'apparizione del dipinto (mai nominato, prima di apparire, e interpretato in un intervento finale dal filosofo e psicologo Slavoj Zizek) sia la vera sorpresa e insieme l'unico vero guizzo registico del film. Il miracolo del progetto Picasso in Palestine si compie comunque: nella creazione di uno spazio utopico all'interno di uno spazio strutturalmente privo della libertà. Come dice Charles Esche, direttore del Van Abbenmuseum, riaffermando il potere dell'arte sulla realtà dell'occupazione dei territori: «l'arte è un modo di immaginare il mondo in un modo diverso, di pensarlo diversamente da com'è di fronte a noi».