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venerdì 5 novembre 2021
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un film poetico che con la sua semplicità descrittiva, induce a una riflessione sul senso storico degli eventi e sul valore dei rapporti umani
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Jacques Cormery (nato ad Algeri e migrato in Francia, dove è divenuto uno scrittore di fama internazionale) torna nella propria città natale nell’estate del 1957, durante il conflitto algerino, per tenere un discorso all’Università di Algeri. Jeacques durante tale discorso spiega che il dovere di uno scrittore non è quello di mettersi al servizio di coloro che fanno la storia bensì aiutare coloro che subiscono la storia e proprio pensando a coloro che, come l’anziana madre, subiscono inermi il corso degli eventi, si fa latore di un messaggio di pace e proclama una possibile pacifica coesistenza tra arabi e francesi, sollevando accese contestazioni tra la platea già infiammata dal conflitto.
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Jacques Cormery (nato ad Algeri e migrato in Francia, dove è divenuto uno scrittore di fama internazionale) torna nella propria città natale nell’estate del 1957, durante il conflitto algerino, per tenere un discorso all’Università di Algeri. Jeacques durante tale discorso spiega che il dovere di uno scrittore non è quello di mettersi al servizio di coloro che fanno la storia bensì aiutare coloro che subiscono la storia e proprio pensando a coloro che, come l’anziana madre, subiscono inermi il corso degli eventi, si fa latore di un messaggio di pace e proclama una possibile pacifica coesistenza tra arabi e francesi, sollevando accese contestazioni tra la platea già infiammata dal conflitto. Il viaggio di Jeacques non è solo un viaggio in un’Algeri divisa e in tumulto, è anche un viaggio nel passato, un ritorno alle proprie radici. L’incontro con l’amata e anziana madre, alla quale Jeacques sente di dovere molto, perché certa del suo talento lo ha spinto a lasciare l’Algeria e a cercare fortuna altrove, apre una porta sui ricordi e sull’infanzia del protagonista. Ed è così che si viene trasportati in un’Algeri degli anni venti esotica e polverosa. Un viaggio nel tempo attraverso il quale con delicatezza e essenzialità e attraverso l’infanzia del protagonista, il regista ci mostra la bellezza della povertà accompagnata dalla dignità, una povertà resa dolce dall’amata madre, dallo zio dal cuore buono e eterno bambino e solo a tratti turbata dalla burbera e severissima nonna. Ci mostra come la fatalità di certi incontri possa indirizzare la vita di un uomo e aiutare il germoglio custodito in ogni bambino a sbocciare. Apre una finestra sulla coesistenza tra due popoli destinata a sfociare nel conflitto. Con sensibilità le immagini rendono allo spettatore un’Algeri persa nel passato e poetica, fatta di case bianche inondate dal sole e di strade polverose a cui fa da sfondo il mare e poi lo riportano nel 1957 nell’Algeri del conflitto, con la cittadella, roccaforte del fronte indipendentista, delimitata dal filo spinato e sorvegliata dalla polizia, come attraverso un doppio binario del tempo. Encomiabili gli attori che riescono a interpretare i propri ruoli con grande delicatezza e comunicano oltre che con le parole con sguardi carichi di significato. Molto appropriata la scelta di Jacques Gamblin, che porta in sé una dolce malinconia, nel ruolo del protagonista. Un film che con semplicità descrittiva, essenziale nei dialoghi e nelle immagini mostrate allo spettatore, fatto di silenzi colmi di significato, riesce a far vibrare le corde interiori e a indurre una riflessione sul senso storico degli eventi e sul valore dei rapporti umani.
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venerdì 5 novembre 2021
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un film poetico che con la sua semplicità descrittiva, induce a una riflessione sul senso storico degli eventi e sul valore dei rapporti umani
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Jacques Cormery (nato ad Algeri e migrato in Francia, dove è divenuto uno scrittore di fama internazionale) torna nella propria città natale nell’estate del 1957, durante il conflitto algerino, per tenere un discorso all’Università di Algeri. Jeacques durante tale discorso spiega che il dovere di uno scrittore non è quello di mettersi al servizio di coloro che fanno la storia bensì aiutare coloro che subiscono la storia e proprio pensando a coloro che, come l’anziana madre, subiscono inermi il corso degli eventi, si fa latore di un messaggio di pace e proclama una possibile pacifica coesistenza tra arabi e francesi, sollevando accese contestazioni tra la platea già infiammata dal conflitto.
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Jacques Cormery (nato ad Algeri e migrato in Francia, dove è divenuto uno scrittore di fama internazionale) torna nella propria città natale nell’estate del 1957, durante il conflitto algerino, per tenere un discorso all’Università di Algeri. Jeacques durante tale discorso spiega che il dovere di uno scrittore non è quello di mettersi al servizio di coloro che fanno la storia bensì aiutare coloro che subiscono la storia e proprio pensando a coloro che, come l’anziana madre, subiscono inermi il corso degli eventi, si fa latore di un messaggio di pace e proclama una possibile pacifica coesistenza tra arabi e francesi, sollevando accese contestazioni tra la platea già infiammata dal conflitto. Il viaggio di Jeacques non è solo un viaggio in un’Algeri divisa e in tumulto, è anche un viaggio nel passato, un ritorno alle proprie radici. L’incontro con l’amata e anziana madre, alla quale Jeacques sente di dovere molto, perché certa del suo talento lo ha spinto a lasciare l’Algeria e a cercare fortuna altrove, apre una porta sui ricordi e sull’infanzia del protagonista. Ed è così che si viene trasportati in un’Algeri degli anni venti esotica e polverosa. Un viaggio nel tempo attraverso il quale con delicatezza e essenzialità e attraverso l’infanzia del protagonista, il regista ci mostra la bellezza della povertà accompagnata dalla dignità, una povertà resa dolce dall’amata madre, dallo zio dal cuore buono e eterno bambino e solo a tratti turbata dalla burbera e severissima nonna. Ci mostra come la fatalità di certi incontri possa indirizzare la vita di un uomo e aiutare il germoglio custodito in ogni bambino a sbocciare. Apre una finestra sulla coesistenza tra due popoli destinata a sfociare nel conflitto. Con sensibilità le immagini rendono allo spettatore un’Algeri persa nel passato e poetica, fatta di case bianche inondate dal sole e di strade polverose a cui fa da sfondo il mare e poi lo riportano nel 1957 nell’Algeri del conflitto, con la cittadella, roccaforte del fronte indipendentista, delimitata dal filo spinato e sorvegliata dalla polizia, come attraverso un doppio binario del tempo. Encomiabili gli attori che riescono a interpretare i propri ruoli con grande delicatezza e comunicano oltre che con le parole con sguardi carichi di significato. Molto appropriata la scelta di Jacques Gamblin, che porta in sé una dolce malinconia, nel ruolo del protagonista. Un film che con semplicità descrittiva, essenziale nei dialoghi e nelle immagini mostrate allo spettatore, fatto di silenzi colmi di significato, riesce a far vibrare le corde interiori e a indurre una riflessione sul senso storico degli eventi e sul valore dei rapporti umani.
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[+] il primo uomo
(di fabcinema)
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domenica 9 agosto 2020
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il primo uomo
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Un film bellissimo , la sua recensione da applausi . Adolfo Costa
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luca8383
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martedì 6 dicembre 2016
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una grandissima delusione
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Non è sempre facile adattare un capolavoro della letteratura al grande schermo, questo va da sé, bisognerebbe almeno cercare di non stravolgere completamente il messaggio dello scrittore, specialmente quando si tratta di un lavoro autobiografico. Se Camus avesse visto questo film non avrebbe certamente gradito il brodino "politiquement correct" di Amelio...
Ho amato il libro, letto e riletto in italiano e in francese...peccato... film mediocre, brutto, e intellettualmente disonesto...
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stefano capasso
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lunedì 23 febbraio 2015
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sula memoria e sull'identità
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Jean Cornery è nato in Algeria da famiglia di origine francese. Sebbene di origini umili, riesce a studiare e a trovare il successo come scrittore. Vive in Francia e nel 1957 e tona nella sua terra d’origine a perorare la causa della convivenza pacifica tra francesi ed algerini, in un paese nel pieno del conflitto per l’indipendenza. Trova anche la madre che non ha mai voluto lasciare il paese, e insieme a lei il vecchio maestro e un suo compagno di scuola.
Gianni Amelio adatta il romanzo di Albert Camus per un bella storia intima, sulla memoria e sulla costruzione dell’identità. L’incontro con la madre e gli altri personaggi che hanno caratterizzato l’infanzia, diventa, per il protagonista, l’occasione per ricostruire la sua storia che va in parallelo con quella dell’Algeria che cerca di definirsi come nazione con la sua autonomia.
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Jean Cornery è nato in Algeria da famiglia di origine francese. Sebbene di origini umili, riesce a studiare e a trovare il successo come scrittore. Vive in Francia e nel 1957 e tona nella sua terra d’origine a perorare la causa della convivenza pacifica tra francesi ed algerini, in un paese nel pieno del conflitto per l’indipendenza. Trova anche la madre che non ha mai voluto lasciare il paese, e insieme a lei il vecchio maestro e un suo compagno di scuola.
Gianni Amelio adatta il romanzo di Albert Camus per un bella storia intima, sulla memoria e sulla costruzione dell’identità. L’incontro con la madre e gli altri personaggi che hanno caratterizzato l’infanzia, diventa, per il protagonista, l’occasione per ricostruire la sua storia che va in parallelo con quella dell’Algeria che cerca di definirsi come nazione con la sua autonomia. Un film delicato sui sentimenti e i propositi che l’uomo coltiva sin da bambino e che diverranno poi la struttura della sua vita adulta. Lo stile narrativo è sobrio, e si alterna su diversi piano temporali che si inseguono, con un fotografia di colori e sfumature che restituisce bene l’idea della memoria nel contesto del paese nordafricano.
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molenga
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lunedì 10 giugno 2013
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è bella, la francia, ma non mi assomiglia.
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jean cormery torna in algeria, dov'è cresciuto come poverissimo colono, e ricorda il passato, oramai da straniero di sé stesso. si ricongiunge con l'ombra dell'ineffabile nonna, con i volti trasfigurati della madre e dello zio ritardato, cerca di ritrovare un'amicizia mai avuta con un compagno di scuola berbero. è sbeffeggiato da ogni persona che incontra: rimane e se ne va.
Un amelio che rende perfettamente l'esistenzialismo dell'incompiuto di Camus
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filippo catani
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mercoledì 22 maggio 2013
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un'opera autobiografica
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Algeria 1957. Un affermato scrittore decide di tornare a trovare l'anziana madre alla ricerca di notizie e impressioni sul padre mai conosciuto. Il viaggio sarà anche l'occasione per notare i grandi cambiamenti in atto nel proprio quartiere e più in generale nella Algeria stessa.
Davvero emozionante e commovente il film diretto da Gianni Amleio che si avvale di un ottimo cast e, mai come in questa occasione, anche di un validissimo cast di doppiatori. L'opera nasce dalla trasposizione di un romanzo uscito postumo del grande letterato francese Albert Camus. Il romanzo incompleto venne infatti rinvenuto nella macchina in cui Camus aveva trovato la morte insieme al proprio editore.
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Algeria 1957. Un affermato scrittore decide di tornare a trovare l'anziana madre alla ricerca di notizie e impressioni sul padre mai conosciuto. Il viaggio sarà anche l'occasione per notare i grandi cambiamenti in atto nel proprio quartiere e più in generale nella Algeria stessa.
Davvero emozionante e commovente il film diretto da Gianni Amleio che si avvale di un ottimo cast e, mai come in questa occasione, anche di un validissimo cast di doppiatori. L'opera nasce dalla trasposizione di un romanzo uscito postumo del grande letterato francese Albert Camus. Il romanzo incompleto venne infatti rinvenuto nella macchina in cui Camus aveva trovato la morte insieme al proprio editore. L'opera era decisamente autobiografica come non mai; infatti troppi sono gli elementi in comune tra il protagonista e il suo autore per poter pensare ad una coincidenza (padre scomparso nella battaglia della Marna nel '14, una nonna che faceva da capofamiglia supplendo anche alla madre ma anche e soprattutto il profondo attaccamento e rispetto per il suo professore di filosofia con cui rimase sempre in contatto). Il protagonista trova un'Algeria devastata dalla lotta per l'indipendenza portata avanti dall'FLN ma soprattutto vede che ormai arabi e francesi non riescono più a parlarsi tra attentati e torture. Lui invece cerca un dialogo e tenta di salvare dalla condanna a morte il figlio di un suo compagno di scuola arabo ma soprattutto cerca di rintracciarer le proprie origini. Inoltre vi è il tentativo di recuperare il rapporto con l'anziana madre anche per cercare di superare definitivamente sia i fantami del passato sia le difficoltà del presente con una moglie che soffre di depressione (altro punto di contatto con la vita dello scrittore). Insomma uno sguardo doloroso per il presente ma che si fa quasi mitico pensando al passato e al tempo trascorso con lo zio con qualche problema mentale ma assolutamente innocente e disarmante nella sua semplicità. Insomma un film toccante di cui è bene prendere visione.
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rampante
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martedì 5 marzo 2013
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camus
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All'inizio dell'estate, Jacques Cormery, famoso scrittore e studioso, ritorna in Algeria, il paese dove è nato in una famiglia di coloni francesi.
Torna in Algeria nel pieno della guerra d'indipendenza chiamato dai circoli studenteschi e trova un paese devastato dal terrorismo. Dopo una movimentata conferenza all'università, dove gli studenti gli chiedono di prendere posizione, Jacques torna a casa dove ritrova l'anziana madre.
Siamo nel 1957 in un'Algeria devastata dall'odio e dal terrorismo in una realtà algerina in pieno fermento e dove ormai infuria la guerra, Jaques è distante dalla violenza politica, è un convinto sostenitore dell'indipendenza algerina e vuole diffondere l'idea di convivenza tra francesi e musulmani.
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All'inizio dell'estate, Jacques Cormery, famoso scrittore e studioso, ritorna in Algeria, il paese dove è nato in una famiglia di coloni francesi.
Torna in Algeria nel pieno della guerra d'indipendenza chiamato dai circoli studenteschi e trova un paese devastato dal terrorismo. Dopo una movimentata conferenza all'università, dove gli studenti gli chiedono di prendere posizione, Jacques torna a casa dove ritrova l'anziana madre.
Siamo nel 1957 in un'Algeria devastata dall'odio e dal terrorismo in una realtà algerina in pieno fermento e dove ormai infuria la guerra, Jaques è distante dalla violenza politica, è un convinto sostenitore dell'indipendenza algerina e vuole diffondere l'idea di convivenza tra francesi e musulmani.
A ritroso ripercorre la sua vita, va alla ricerca della tomba del padre morto al fronte durante la Prima Guerra Mondiale, quando lui aveva solo pochi mesi, cerca di rimettere insieme i frammenti della sua infanzia, dei suoi ricordi, ritrova lo zio Etienne, il suo maestro Bernard, il suo mondo finisce per intrecciarsi con quello della realtà algerina in pieno fermento e la sua storia privata si sovrappone alla Storia pubblica.
Jacques ritrova in quei luoghi le tracce più profonde di sé bambino e nell'alternanza dei ricordi molte certezze si sbricciolano e resta ferma un'unica verità: la centralità dell'uomo a prescindere da cultura, lingua e religione.
Il regista Amelio compone un quadro incisivo ed efficace, forte di una introspezione asciutta, risultato di uno sguardo affettuoso, dolce.
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pensierocivile
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domenica 3 marzo 2013
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rughe e sangue
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Si respira e fa respirare grande cinema IL PRIMO UOMO; una messa in scena di rispettosa compostezza, un ritmo calibrato alla perfezione nonostante i silenzi dolorosi e le indagini interiori, più necessarie rispetto alla ricerca di "vita" del protagonista. Amelio accompagna lo spettatore in un viaggio profondo, una andata e ritorno continua tra passato e presente per riflettere su cosa non è andato nel verso giusto, cosa non ha permesso al sogno del domani di divenire realtà. Così, all'impresa più difficile, quella dello studio non corrisponde la pacificazione fra i popoli, e il sangue che lega alla terra è il sangue di vittime che continuano a morire per un odio senza senso, perché fratello non sarà mai fratello se di altra razza.
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Si respira e fa respirare grande cinema IL PRIMO UOMO; una messa in scena di rispettosa compostezza, un ritmo calibrato alla perfezione nonostante i silenzi dolorosi e le indagini interiori, più necessarie rispetto alla ricerca di "vita" del protagonista. Amelio accompagna lo spettatore in un viaggio profondo, una andata e ritorno continua tra passato e presente per riflettere su cosa non è andato nel verso giusto, cosa non ha permesso al sogno del domani di divenire realtà. Così, all'impresa più difficile, quella dello studio non corrisponde la pacificazione fra i popoli, e il sangue che lega alla terra è il sangue di vittime che continuano a morire per un odio senza senso, perché fratello non sarà mai fratello se di altra razza. Amelio scava a fondo nel suo protagonista, nei suoi rapporti con l' Algeria, col popolo algerino, con sua madre, figura tracciata in modo esemplare. Catherine Sola è una donna sul cui volto è passato di tutto: la perdita di un marito, la povertà, la durezza di una madre ed oggi il rischio di morire da un momento all'altro come vittima innocente di un attentato. Muta, continua nei suoi lavori di casa, col figlio che affascinato da tanta forza non può che osservarla e dichiarare tutta la sua umanità sostenendo le rivendicazioni dei ribelli, ma ammonendo chiunque possa attentare alla vita della madre. Cinema da ammirare, applaudire e sostenere senza remore.
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poldino
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venerdì 1 febbraio 2013
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il romanzo postumo di albert camus
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Nel suo ultimo film Gianni Amelio traspone il romanzo(incompiuto)postumo di Albert Camus.
Siamo ad Algeri, dove lo scrittore Jean Cormery (oramai famoso e stabilmente residente in Francia) torna a distanza di anni, in quella terra che gli ha dato i natali, per dare voce alla sua idea di una pacifica convivenza tra francesi e algerini. Le sue parole, però, trovano la stessa resistenza sia dal fronte francese quanto da quello di Liberazione Nazionale, schieramenti ugualmente alimentati da inconciliabili posizioni di intolleranza.
Per Jacques, però, tornare a casa significa molto di più; vuol dire reincontrare la madre Catherine e l'amato zio Etienne, rivedere i posti che hanno segnato la sua povera infanzia, vessato da una nonna vigorosa e aiutato da un maestro illuminato e soprattutto riannodare il filo del rapporto con il padre, morto durante la Prima Guerra Mondiale, quando Jacques era ancora in fasce.
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Nel suo ultimo film Gianni Amelio traspone il romanzo(incompiuto)postumo di Albert Camus.
Siamo ad Algeri, dove lo scrittore Jean Cormery (oramai famoso e stabilmente residente in Francia) torna a distanza di anni, in quella terra che gli ha dato i natali, per dare voce alla sua idea di una pacifica convivenza tra francesi e algerini. Le sue parole, però, trovano la stessa resistenza sia dal fronte francese quanto da quello di Liberazione Nazionale, schieramenti ugualmente alimentati da inconciliabili posizioni di intolleranza.
Per Jacques, però, tornare a casa significa molto di più; vuol dire reincontrare la madre Catherine e l'amato zio Etienne, rivedere i posti che hanno segnato la sua povera infanzia, vessato da una nonna vigorosa e aiutato da un maestro illuminato e soprattutto riannodare il filo del rapporto con il padre, morto durante la Prima Guerra Mondiale, quando Jacques era ancora in fasce.
Il film, anche se narrativamente valido, risulta in alcuni tratti un pò noioso e discontinuo. Molto bella la fotografia di Yves Cape, bravi gli attori.
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