evytwilight
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venerdì 5 febbraio 2010
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pessimo
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non mi è piaciuto affatto!
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enrica raviola
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venerdì 5 febbraio 2010
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proprio niente di che
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sono perfino riuscita ad addormentarmi… ma che ci avranno visto tornabuoni e le sue sorelle in questo filmetto pieno di stereotipi e di pesci lessi? ma andate a vedere virzì se volete davvero godervi un film come si deve!
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(di cuoreadestra)
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peter pasquer
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venerdì 5 febbraio 2010
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il cinismo di jason reitman va "tra le nuvole"
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“Tra le nuvole” decolla bene. La regia di Reitman è sicura, abile nel mostrare il destreggiarsi del protagonista in un mondo fatto di routine, percorsi stabiliti, sorrisi usa e getta. Una regia, sia detto, con poche novità sul piano stilistico ma neanche priva di spunti interessanti come, ad esempio, la mitragliata di inquadrature corte, cortissime, con la quale ci illustra i gesti rituali di ogni partenza nella loro calcolata, maniacale sequenzialità. Mi è tornato in mente l'Alain Resnais de "La guerra è finita", laddove il narrato veniva intervallato da una successione di inquadrature, apparentemente fuori contesto, tese a simulare i pensieri, le libere associazioni del personaggio principale la cui voce fuoricampo svolgeva una funzione di approfondimento, di controcanto alle immagini.
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“Tra le nuvole” decolla bene. La regia di Reitman è sicura, abile nel mostrare il destreggiarsi del protagonista in un mondo fatto di routine, percorsi stabiliti, sorrisi usa e getta. Una regia, sia detto, con poche novità sul piano stilistico ma neanche priva di spunti interessanti come, ad esempio, la mitragliata di inquadrature corte, cortissime, con la quale ci illustra i gesti rituali di ogni partenza nella loro calcolata, maniacale sequenzialità. Mi è tornato in mente l'Alain Resnais de "La guerra è finita", laddove il narrato veniva intervallato da una successione di inquadrature, apparentemente fuori contesto, tese a simulare i pensieri, le libere associazioni del personaggio principale la cui voce fuoricampo svolgeva una funzione di approfondimento, di controcanto alle immagini. D’accordo, niente di tutto questo è presente in “Tra le nuvole” ma, per un attimo, ho sperato che Reitman tendesse verso un modello di regia che almeno avesse quelle finalità. Pretesa eccessiva, perché evidentemente l’obiettivo di Reitman è da sempre quello di esprimersi col film piuttosto che col cinema. Scelta legittima, per carità, ma che evidenzia qualche limite allorché, abbandonate le premesse della prima parte, ci si accorge che “Tra le nuvole”, annacqua il tema scottante della perdita del lavoro, sterzando su percorsi prevedibili e rassicuranti. C’è l’avventura amorosa, c’è la ragazza in carriera bisognosa di un mentore, c’è il ritorno a casa, alla famiglia. Tutti aspetti affrontati in modo da non scontentare il pubblico, sì con buon ritmo e attenzione nei dialoghi, ma senza un’originalità tale da renderli memorabili. La solita questione “matrimonio sì/matrimonio no”, fonte di schermaglie utili a manifestare l’avversione del protagonista verso la vita di coppia, viene sviluppata, ad esempio, diluendo il cinismo di fondo con una presa di coscienza troppo rapida e in odor di sentimentalismo. E’ come se, ad un certo punto, per Reitman contasse di più recuperare la simpatia del personaggio, piuttosto che infierire su quegli aspetti che fanno di un “tagliatore di teste” del genere un vero e proprio pezzo di merda (l’imprecazione è suggerita dalla voce off di Clooney). Non solo. Alla fine Bingham risulta persino un benefattore. Regala alla sorella le miglia necessarie per fare il giro del mondo (non aveva i soldi per il viaggio di nozze), trova un nuovo lavoro alla giovane Natalie, e si propone ai nostri occhi come un ricco senza fissa dimora verso il quale provare un minimo di compassione per l’unico destino che gli è stato riservato: volare alto tra le nuvole come un angelo portatore di sventure.
Con buona pace dei tanti licenziati che, relegati sullo sfondo della trama, danno al film solo una spicciola connotazione sociologica utile per chi, fuori dalla sala, vorrà cimentarsi col consueto dibattito caro al regista.
(recensione completa su www.peterpasquer.blogspot.com)
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luciano z.
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venerdì 5 febbraio 2010
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bravura professionale di george clooney
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Cast di eccellenza, un pò troppo malinconico e asettico l'argomento dal punto di vista umano.
George Clooney ha svolto con naturale professionalità il ruolo di tagliatore di teste.
La trama ha un contenuto alquanto crudele, ci pone davanti alcune verità presenti in questi tempi di crisi economica e del lavoro che continuano purtroppo con modalità simili oggi.
Il film gira il coltello nella piaga di molti sfortunati colpiti da licenziamenti con freddezza a volte peggiore.
Solo la bravura di George Clooney, la sua simpatia ha dato un tocco personale e determinante a sdrammatizzare i contenuti più spiacevoli.
Bella la scena in cui George Clooney lascia la conferenza in cui deve ripetere per l'ennesima volta la teoria dello zainetto vuoto che diventa sempre più pesante quando ci mettiamo dentro le cose inutili per giustificare i tagli di personale e snellire l'azienda dei rami secchi.
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Cast di eccellenza, un pò troppo malinconico e asettico l'argomento dal punto di vista umano.
George Clooney ha svolto con naturale professionalità il ruolo di tagliatore di teste.
La trama ha un contenuto alquanto crudele, ci pone davanti alcune verità presenti in questi tempi di crisi economica e del lavoro che continuano purtroppo con modalità simili oggi.
Il film gira il coltello nella piaga di molti sfortunati colpiti da licenziamenti con freddezza a volte peggiore.
Solo la bravura di George Clooney, la sua simpatia ha dato un tocco personale e determinante a sdrammatizzare i contenuti più spiacevoli.
Bella la scena in cui George Clooney lascia la conferenza in cui deve ripetere per l'ennesima volta la teoria dello zainetto vuoto che diventa sempre più pesante quando ci mettiamo dentro le cose inutili per giustificare i tagli di personale e snellire l'azienda dei rami secchi.
Il fallimento squallido della sua relazione con una bella donna, risultata poi a sorpresa una figura equivoca e disonesta, ha contribuito ad appesantire la situazione.
Il nostro George pare condannato a continuare a volare da single.
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andyzerosettesette
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venerdì 5 febbraio 2010
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nessuno può far sognare quanto un cinico
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Nella commedia amarognola di Jason Reitman il protagonista Ryan Bingham, per rappresentare il quale le fattezze seducenti e rassicuranti di George Clooney sembrano assolutamente scelte su misura, è un finto cinico che pare trovarsi perfettamente a suo agio e anzi considerare molto stimolante un mondo di viaggi d'affari, programmi fedeltà per frequent flyers, auto a noleggio e fugaci relazioni sessuali in camere d'albergo. Perfetta sintesi della crisi di fine decennio, il suo lavoro consiste nel comunicare agli altri che non ne hanno più uno, e lo sa fare come nessun altro, inducendoli quasi a credere che chi li licenzia dopo anni di onorato servizio stia facendo loro un favore. Rifiuta apparentemente ogni legame con altri esseri umani che non sia dichiaratamente occasionale e infatti vive sì una coinvolgente relazione, ma è quella con il suo stesso lavoro, e soprattutto con alcuni aspetti di questo che altri troverebbero (almeno) stressanti: viaggiare, non stare mai fermi, non mettere radici, non fermarsi mai a pensare, che poi se si riflette bene è il destino dei manager, dei leader, di coloro che hanno il mano il destino di aziende e nazioni.
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Nella commedia amarognola di Jason Reitman il protagonista Ryan Bingham, per rappresentare il quale le fattezze seducenti e rassicuranti di George Clooney sembrano assolutamente scelte su misura, è un finto cinico che pare trovarsi perfettamente a suo agio e anzi considerare molto stimolante un mondo di viaggi d'affari, programmi fedeltà per frequent flyers, auto a noleggio e fugaci relazioni sessuali in camere d'albergo. Perfetta sintesi della crisi di fine decennio, il suo lavoro consiste nel comunicare agli altri che non ne hanno più uno, e lo sa fare come nessun altro, inducendoli quasi a credere che chi li licenzia dopo anni di onorato servizio stia facendo loro un favore. Rifiuta apparentemente ogni legame con altri esseri umani che non sia dichiaratamente occasionale e infatti vive sì una coinvolgente relazione, ma è quella con il suo stesso lavoro, e soprattutto con alcuni aspetti di questo che altri troverebbero (almeno) stressanti: viaggiare, non stare mai fermi, non mettere radici, non fermarsi mai a pensare, che poi se si riflette bene è il destino dei manager, dei leader, di coloro che hanno il mano il destino di aziende e nazioni.
Trasformare l'arte di vivere un mondo pesante con leggerezza (arte che nessuna metafora rende bene come quella del volo) in una sorta di solitaria filosofia di vita che porta a sbarazzarsi di qualunque legame stabile, per il nostro apparente cinico è una scelta deliberata scaturita dall'esperienza. In realtà nello spettatore facilmente si insinua il dubbio che sia la sua coperta di Linus, che i sedili degli aerei su cui brama di raggiungere i 10 milioni di miglia in volo siano un rifugio dalle responsabilità, un meccanismo di difesa anche piuttosto infantile; col tempo saranno proprio alcuni incontri con altri esseri umani, alcuni apparentemente uguali a lui altri decisamente agli antipodi, a fargli scoprire che avere dei sogni e avere bisogno di un nido sono esperienze comuni a tutti e non poi così da buttar via, e a fargli usare in modo più nobile la sua non comune competenza dialettica e carismatica.
Abile e astuto Reitman: altri trattando un tema simile sarebbero scivolati nella comoda apologia patriottica della famiglia come base della società e del sogno americano, il regista di "Tra le nuvole" invece non cerca di strizzare troppo l'occhio ai sentimenti "facili" del pubblico (e pure ne ha l'occasione, essendo i licenziamenti "freddi" delle multinazionali il filo conduttore del film), puntando più sull'analisi psicologica e sulla complessità dei singoli individui di fronte alle sfide della vita, che sulla generalizzazione sociologica da pamphlet didascalico.
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sirio
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giovedì 4 febbraio 2010
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alla ricerca di un eroe negativo
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Il licenziamento, evento tragico nella vita di chiunque. E quando siamo davanti allo squallore di un capo azienda che non vuole sporcarsi le mani davanti all'azienda stessa lascia il lavoro sporco a terzi, che magari non abitano da nessuna parte.
Idea geniale, purtroppo tanto reale quanto allucinante.
Non mi ha entusiasmato l'interpretazione di Clooney, il cui sorrisino sardonico si sposa perfettamente con la vacuità del personaggio che interpreta (penso, purtroppo, che non sia stata una necessità registica, dato che presenta lo stesso sorrisino anche quando opera pazienti al pronto soccorso o tesse le lodi del caffè sia sulla Terra che in Paradiso...) quanto per il soggetto in sé e per sé.
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Il licenziamento, evento tragico nella vita di chiunque. E quando siamo davanti allo squallore di un capo azienda che non vuole sporcarsi le mani davanti all'azienda stessa lascia il lavoro sporco a terzi, che magari non abitano da nessuna parte.
Idea geniale, purtroppo tanto reale quanto allucinante.
Non mi ha entusiasmato l'interpretazione di Clooney, il cui sorrisino sardonico si sposa perfettamente con la vacuità del personaggio che interpreta (penso, purtroppo, che non sia stata una necessità registica, dato che presenta lo stesso sorrisino anche quando opera pazienti al pronto soccorso o tesse le lodi del caffè sia sulla Terra che in Paradiso...) quanto per il soggetto in sé e per sé. Ho trovato terrificante la giovane yuppie, tutta presa verso un aziendalismo esagerato, tutta protesa a valorizzare il risparmio dell'Azienda fino a idealizzare il licenziamento on-line, senza nemmeno guardare in faccia o sentire l'odore di chi ti dice "da oggi sei fuori"!
E quel terribile lieto-fine-per-modo-di-dire, con il tagliatore di teste che stila una raccomandazione per la giovane yuppie che nel frattempo si è pentita della sua idea... quanto sarebbe stato meglio, a parer mio, se il regista avesse osato di più, e avesse comandato alla yuppona di licenziare on-line, magari mentre è in volo, il tagliatore di teste: "egregio signore, la tecnologia è meglio di lei. Questo è il suo ultimo volo: da oggi se ne può andare dove vuole, ma non più a spese della nostra azienda!"
Posso dire di essere stato testimone oculare dei "tagliatori di teste" aziendali, avendo vissuto il tracollo delle aziende italiane a partecipazione statale (ho visto coi miei occhi persone uscire dalla ditta piangendo e dicendo "Lavoro qui da trent'anni e un ragazzetto mia visto né conosciuto è stato capace di chiedermi quando mi levo dai coglioni!") ed avendo subito nei miei affetti più profondi un licenziamento per telefono (a mia moglie, dopo molti anni di servizio, non è stato rinnovato il contratto dicendole soltanto "lei è a casa? Bene, ci resti!" perché avevano da piazzare un altro al suo posto), mi domando quanto serva un film del genere.
Non è un film di denuncia come "Z l'orgia del potere" o "Tutta la vita davanti"; non è un film di autodenuncia sociale quale "Family Life" o "Qualcuno volò sul nido del cuculo"; non parla di un eroe, buono o cattivo che sia, di un John Wayne anni Duemila che combatte contro nuovi Capi Indiani... Ma chi è l'eroe, anche se negativo? Clooney? No di certo, è solo un operatore anche peraltro troppo poco squallido per il mestiere che svolge. La manager? Troppo poco sviluppata dal regista per essere verosimile: hai una famiglia con due figli e ti sollazzi con il primo che capita che ti mostra le sue carte di credito? La yuppie? No, troppo stereotipata nel suo ruolo aziendalista e troppo facile la sua "conversione sulla via di Damasco" con conseguente licenziamento. E allora chi è il vero eroe del film? La signora di colore che, di fronte al dramma del suo licenziamento freddo e senza pietà da parte della yuppie, reagisce annunciando il suo suicidio. E lo porta a termine gettandosi da un ponte. Per dirla con Hitchock... BRRRRR!
P.S.: la critica sulla stampa parlava di "amore a prima vista" per questo film. Ma come si fa ad innamorarsi di un film del genere? E le due stelle per me sono anche troppe.
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fragola
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giovedì 4 febbraio 2010
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sensazione di gelo
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Il film riflette l'attuale momento drammatico della improvvisa perdita del lavoro nella societa' americana;l'argomento non e' certo "leggero",ma quello che mi ha colpito e' la freddezza dei due protagonisti che di professione comunicano il licenziamento in tronco ai dipendenti di aziende in tutti gli U.S.A.al posto dei loro datori di lavoro. Trascorrono naturalmente molta parte della loro vita "sopra le nuvole"e cosi' non hanno tempo per una normale vita affettiva,ma sembrano soddisfatti di essere sempre in volo e di passare da un albergo di lusso ad un altro.
Il film mi e' stato utile per capire ancora meglio questo drammatico problema della societa' americana ma alla fine mi ha lasciato un gran senso di disagio per la mancanza di cordialita' in generale nei rapporti interpersonali.
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Il film riflette l'attuale momento drammatico della improvvisa perdita del lavoro nella societa' americana;l'argomento non e' certo "leggero",ma quello che mi ha colpito e' la freddezza dei due protagonisti che di professione comunicano il licenziamento in tronco ai dipendenti di aziende in tutti gli U.S.A.al posto dei loro datori di lavoro. Trascorrono naturalmente molta parte della loro vita "sopra le nuvole"e cosi' non hanno tempo per una normale vita affettiva,ma sembrano soddisfatti di essere sempre in volo e di passare da un albergo di lusso ad un altro.
Il film mi e' stato utile per capire ancora meglio questo drammatico problema della societa' americana ma alla fine mi ha lasciato un gran senso di disagio per la mancanza di cordialita' in generale nei rapporti interpersonali.
Uscendo dalla sala ,con un sospiro di sollievo mi sono detta:"Per fortuna vivo in Italia!
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giorgio47
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mercoledì 3 febbraio 2010
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amaro e bellissimo
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Una piacevole ed amara sorpresa. Nonostante sapessi che il personaggio interpretato da Clooney era un “tagliatore di teste”, pensavo di vedere una commedia con un finale consolante, ed invece, con piacere e nello stesso tempo molto amarezza, ho assistito, sempre più coinvolto, allo scorrere delle immagini di uno dei film più amari degli ultimi anni. Un film sui rapporti umani, sui rapporti economici, sui rapporti sentimentali, insomma sui rapporti tra persone, in una società governata dal profitto e dal cinismo. Piacevole a guardarsi ma con un retrogusto acido e senza finale consolatorio. Nella sua crudezza un bellissimo film!
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solaris
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lunedì 1 febbraio 2010
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la fiera dell'assurdo
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Vedendo certe scene mi sembrava di essere alla fiera dell'assurdo: una ragazzina poco più che adolescente che licenzia via internet un uomo dopo una vita lavorativa nella stessa azienda, e l'uomo non regge...scoppia a piangere davanti a lei, che resta inespressiva e lo esorta con un urlo a lasciare la stanza, perchè non ha altro da dire. Si, so che è una rappresentazione della realtà, ma... Dove siamo arrivati?Che mostri crea questa società, dopo averli fatti tanto studiare? Il bravissimo Clooney interpreta magistralmente il ruolo dell'abile "licenziatore" con un minimo di consapevolezza per ciò che sta facendo, ma tutto il film è pervaso dall'assurdità di questo sistema "usa e getta" che tratta le persone come cose, e neanche cose tanto importanti.
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Vedendo certe scene mi sembrava di essere alla fiera dell'assurdo: una ragazzina poco più che adolescente che licenzia via internet un uomo dopo una vita lavorativa nella stessa azienda, e l'uomo non regge...scoppia a piangere davanti a lei, che resta inespressiva e lo esorta con un urlo a lasciare la stanza, perchè non ha altro da dire. Si, so che è una rappresentazione della realtà, ma... Dove siamo arrivati?Che mostri crea questa società, dopo averli fatti tanto studiare? Il bravissimo Clooney interpreta magistralmente il ruolo dell'abile "licenziatore" con un minimo di consapevolezza per ciò che sta facendo, ma tutto il film è pervaso dall'assurdità di questo sistema "usa e getta" che tratta le persone come cose, e neanche cose tanto importanti... Come può un uomo che fa quel lavoro, che ha scelto di farlo, pensare a una vita con prospettive future di affetti, famiglia, legami, continuità? Tutto quello che sa fare è togliere continuità, togliere serenità.... Il fragile ripensamento provocato dalla donna così simile a lui da cui si sente attratto è solo una breve parentesi fra i voli del destino. Chi si presta a certi giochi non può più giocarne altri.
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davidestanzione
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lunedì 1 febbraio 2010
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reitman riscrive la poesia dell'esistenzialismo
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Jason Reitman è ormai da considerarsi uno degli autori più emblematici della più recente "nouvelle vague" americana:dopo la dark comedy "Thank you for smoking" e il frizzante "Juno",Reitman torna alla carica:assolda la prima vera grande star(George Clooney),isola gli elementi base dal plot del libro di Walter Kirn(per parafrase il 31enne regista canadese il libro parla di "un uomo che licenzia la gente per vivere,uno che colleziona miglia religiosamente e che crede che la vita sia meglio senza nessuno")e ne tira fuori l'ennesima(anzi la terza, a essere onesti)superba,spumeggiante sceneggiatura,infarcita stavolta di un'aspra e tutt'altro che velata critica sociale contro i licenziamenti indiscriminati e selvaggi operati dalle grandi compagnie:la sequenze non proprio sparute,che tra l'altro aprono il film,in cui si susseguono in rapida successione i volti tutt'altro che anonimi(ognuno ha infatti una storia da raccontare o un'amara e stizzita riflessione da distillare) di coloro che sono stati appena licenziati dal tagliatore di teste provetto Clooney virano senz'altro in quella direzione.
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Jason Reitman è ormai da considerarsi uno degli autori più emblematici della più recente "nouvelle vague" americana:dopo la dark comedy "Thank you for smoking" e il frizzante "Juno",Reitman torna alla carica:assolda la prima vera grande star(George Clooney),isola gli elementi base dal plot del libro di Walter Kirn(per parafrase il 31enne regista canadese il libro parla di "un uomo che licenzia la gente per vivere,uno che colleziona miglia religiosamente e che crede che la vita sia meglio senza nessuno")e ne tira fuori l'ennesima(anzi la terza, a essere onesti)superba,spumeggiante sceneggiatura,infarcita stavolta di un'aspra e tutt'altro che velata critica sociale contro i licenziamenti indiscriminati e selvaggi operati dalle grandi compagnie:la sequenze non proprio sparute,che tra l'altro aprono il film,in cui si susseguono in rapida successione i volti tutt'altro che anonimi(ognuno ha infatti una storia da raccontare o un'amara e stizzita riflessione da distillare) di coloro che sono stati appena licenziati dal tagliatore di teste provetto Clooney virano senz'altro in quella direzione.Ma la centralità del film non risiede nella denuncia,la valenza socialmente impegnata della sceneggiatura,scritta a quattro mani da Reitman e Sheldon Turner,è quanto mai relativa e accessoria,seppur presente e innegabile."Tra le nuvole" è infatti un film apparentemente ammantato da una sostanziale leggerezza,come d'altronde lo sono anche i precedenti lavori di Reitman:tutto ruota intorno alla caratterizzazione di questo cinico,compiaciuto e irresistibile habituè di compagnie aeree,che vola da una città all'altra tagliando teste a più non posso per conto del suo capo,un Jason Bateman acido e mortalmente alieno da qualsivoglia logica non aziendale. Insegna alla gente come fare "a non impegnarsi" nella vita,a svuotare lo zaino (metafora suggestiva ed elemento originale che spicca nella sceneggiatura)di tutto ciò che condiziona e banalizza la vita quotidina dell'uomo medio soffocandone ogni ambizione e,per così dire,tappandone le ali. Ma la leggerezza e il disimpegno sono passeggeri(manco a dirlo)e ben presto il cinismo è messo a durissima prova dai solchi profondi tracciati nell'anima e nello sguardo di Ryan Bingham (il protagonista appunto) dalle parole e dai gesti spesso impossibili da ignorare dei lavoratori licenziati (dall'incazzoso Zach Galifianakis all'onnipresente J.K.Simmons)e dal fragile risentimento,sempre crescente, della propria compagna di lavoto Natalie(un'ottima Anne Kendrick);mentre il netto rifiuto delle relazioni stabili va a farsi benedire quando Ryan conosce Alex(Vera Farmiga, della quale Reitman ci mostra integralmente il lato B),una fascinosa donna in carriera che sembra il suo alter ego:lei vorrebbe solo scopare occasionalmente viaggi di lavoro permettendo, lui finisce con l'innamorarsi, purtroppo assai poco ricambiato. E adesso lo zaino è davvero vuoto, caro Ryan: cuore spezzato e sensi di colpa lancinanti per il lavoro svolto fino a quel momento, ed ecco a voi la redenzione del personaggio,che si trova perfino costretto a "sponsorizzare" il matrimonio per rindizzare verso l'altare l'incerto futuro cognato. Clooney non rinuncia al suo immancabile humour denso e autoironico (a tratti perfino esilarante)e finisce col confezionare il suo personaggio più autentico,maturo,fragile e poetico.E le battute finali, pronunciate da un Ryan che fissa mestamente il tabellone dei voli in partenza, sono davvero un tripudio di poesia esistenzialista.
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