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George Clooney, un americano a Roma

L'attore presenta al festival Tra le nuvole.
di Marianna Cappi

Libero di volare
George Clooney (George Timothy Clooney ) (62 anni) 6 maggio 1961, Lexington (Kentucky - USA) - Toro. Interpreta Ryan Bingham nel film di Jason Reitman Tra le nuvole.

sabato 17 ottobre 2009 - Incontri

Libero di volare
Ryan Bingham ha un bagaglio leggero. Non può fare altrimenti, deve ottimizzare i tempi d'imbarco e di movimento, non può portarsi dietro niente e nessuno. Deve essere libero, per volare da una parte all'altra degli Stati Uniti, a licenziare gente piena di figli e di problemi. A trainare con charme il trolley di Ryan è George Clooney, a pilotare l'aereo di Up in the air che lo ha portato al festival di Roma è Jason Reitman, che conosce la strada perché se l'è già spalancata due anni fa con Juno.

Il film sottolinea l'importanza dei rapporti umani, affermando che non si può vivere da soli, tutti abbiamo bisogno di un co-pilota. Nella sua vita "dorata" si è mai sentito solo?
Clooney: Ho una vita splendida, degli amici splendidi e una famiglia splendida. Sono molto diverso da Ryan in questo senso, non sono spesso da solo, al contrario sono "circondato", per dirlo con una battuta del film.
Il film rinuncia al lieto fine. Ha mai contemplato un finale alternativo?
Reitman: Il finale parla comunque di un guadagno, anche se avviene attraverso una perdita anziché attraverso un lieto fine. Alla fine del film non è importante sapere cosa ne sarà del protagonista, il 50% degli spettatori pensa che rimarrà da solo e l'altro 50% pensa che avrà una nuova compagna, ma quel che conta è l'epifania.

Concede sempre meno interviste. Perché?
Clooney: Faccio sempre meno interviste perché le mie risposte non aiutano il film e questo perché voi giornalisti non mi ponete domande sul film ma siete interessati ad altri aspetti della mia vita. Conosco il mestiere e posso capire che siate obbligati a porre domande di gossip ma io non sono obbligato a partecipare a questo gioco. Mio padre è un giornalista dunque so come funziona e non mi interessa: se non mi vengono poste domande sul film, non aiuto la promozione del film e non sono utile.
Quale impressione ha del festival di Roma? Come sceglie dove andare a promuovere i suoi film?
Clooney: È la prima volta che vengo al festival di Roma e da quel che ho visto l'organizzazione è ottima e il festival è grande; di solito si comincia con una dimensione più ridotta. In ogni caso scegliamo i festival che crediamo possano promuovere meglio il film, ma non sono io che scelgo dove andare.

Come giudica il suo personaggio?
Clooney: Quando Jason è venuto a Como con il copione, l’ho trovato molto ben scritto e mi sono subito legato al personaggio, l’ho compreso immediatamente e volevo esplorarlo e lavorare con questo regista.
In Italia la famiglia è al centro della vita delle persone, negli Stati Uniti probabilmente c’è più individualismo. Quale crede sarà la ricezione del film in America?
Reitman: Penso che gli americani si identificheranno con questo film, sia gli uomini che le donne, infatti sono molto orgoglioso dei personaggi, di come sono stati sviluppati e di come sono stati interpretati dagli attori. È un film sugli individui, certo. Sono cresciuto in un paese che va fiero di questo, ma è vero che per l’epoca in cui viviamo è molto facile sentirsi in contatto col resto del mondo, credere di sapere dove si è, ma in realtà non esserlo e non saperlo veramente.

Ha progetti futuri da regista?
Clooney: Ho un paio di progetti, uno riguarda il caso in tribunale contro Rumsfeld per quel che è accaduto a Guantanamo, l’altro è un progetto di commedia, ma sto ancora aspettando un buon copione.
Cosa crede di aver appreso da suo padre Ivan Reitman (Regista e produttore di film quali Ghostbusters e Dave-Presidente per un giorno, ndr)?
Reitman: Mio padre è il mio eroe, il più grande narratore che io conosca e sono fiero di essere suo figlio, enormemente. Non avrò mai il suo successo che ha avuto lui ma vado sempre più fiero di essere suo figlio.

Si sente vicino al protagonista? In che modo?
Clooney: Ci sono molte cose che capisco di lui, prima fra tutte che si può passare una grandissima parte del proprio tempo letteralmente sospesi nell’aria, magari a lavorare. Sono stato anche a lungo disoccupato e so per esperienza che quando ricominci a lavorare non vorresti più smettere, così passa il tempo e ti ritrovi a chiederti quanto hai parlato con i tuoi genitori o con la tua famiglia e ti rendi improvvisamente conto di quanto ti sei allontanato dalle cose importanti.
Lei in generale cerca sempre un rapporto con l’autore del libro. Ha fatto lo stesso con Walter Kirn? Clooney: è quello che ho fatto con Syriana, ma qui il film è molto diverso dal libro, i personaggi femminili, per esempio, li ha inventati Jason.

Come ha lavorato con Vera Farmiga, la sua partner nel film?
Clooney: Quando abbiamo cominciato a parlare della parte di Alex, Vera è la prima persona a cui abbiamo pensato ma stava per avere un bambino per cui contrattare i tempi è stato complicato. È stata spinta a lasciare subito la maternità per tornare al lavoro, ma io ne sono felice perché è veramente un’attrice grandiosa.
Balla così male come nel film?
Clooney: (Scherza) Da attore dovevo dare l’impressione che Ryan fosse un ballerino scadente ma nella vita vi assicuro che sono proprio bravo.
Come ha scelto la canzone dei titoli di coda? Reitman: Dopo Juno, sempre più spesso i ragazzi mi mandano delle canzoni che vorrebbero che io mettessi nei miei film. Una volta, però, mentre parlavo all’università, è stato un cinquantenne a darmi una cassetta con una canzone scritta da lui dopo che era stato licenziato dopo tanti anni di lavoro. Mi disse che sarebbe andata bene per il mio prossimo film. Non è una canzone particolarmente bella ma è onesta, dà voce alle persone di cui parliamo nel film. Per lo stesso motivo, nel film, ci sono, insieme agli attori professionisti, 25 persone che vengono da Detroit e che hanno davvero perso il lavoro.

Cosa ne pensa del Nobel al presidente Obama?
Clooney: L’ho sostenuto fin dall’inizio e sono fiero di vivere in un paese che l’ha eletto, spero che il premio Nobel lo aiuti a portare avanti il suo progetto di pace, perché questo è il senso del premio. Ne abbiamo un grande bisogno. E quando abbiamo avuto davvero bisogno, noi americani abbiamo sempre trovato qualcuno: è successo con Roosvelt e con Kennedy.
Il film ha alcuni punti di contatto con Thank you for smoking, per esempio lei sembra affezionato alla descrizione di mestieri detestabili…
Reitman: Nel libro da cui è tratto Thank you for smoking c’era una frase che mi piaceva molto: se vuoi un lavoro facile vai a lavorare per la croce rossa, se vuoi un lavoro difficile vai a fare quello che fa Ekhart nel film (un lobbista che mette la sua arte oratoria al servizio delle multinazionali del tabacco, ndr). È vero: mi piacciono i lavori complicati e i personaggi complicati, come una teen-agers che deve licenziare persone molto più grandi ed esperte di lei.

Cosa può dirci del film che sta girando a L’Aquila con Violante Placido?
Clooney: Violante è straordinaria, abbiamo lavorato insieme solo poche settimane ma posso dirlo. Ora stiamo girando a Sulmona, che non ha subito i danni de L’Aquila. Là ho visto le tende e un grande sforzo per darsi da fare subito ma dopo circa un anno, ora che la situazione non è più sotto i riflettori, calano i finanziamenti e le attenzioni delle autorità. Con Katrina è stato lo stesso, e New Orleans è lungi dall’essere tornata alla normalità. Girare a L’Aquila lì era un modo, per me, per riportare i riflettori in quel posto e ricordare che il lavoro da fare è ancora tanto.
Come si è svolta la vostra collaborazione? Reitman: Non ho mai mostrato a George come dovesse fare una scena.
Clooney: Mi ha mostrato come ballare! (scherza)
Reitman: A parte il ballo, è vero. (sta al gioco)
Clooney: I migliori registi non ti soffocano ma sanno dove andare e ti spingono in quella direzione.
Reitman: lavorare con George è stata una delle più grandi esperienze della mia vita. Non scherzo. Ho cominciato a scrivere questa sceneggiatura 7 anni fa e non avrei mai creduto che avrebbe accettato, quando l’ha fatto mi sono sentito travolto, e durante le riprese lo guardavo ammirato: era meraviglioso. E io ero contento. Cosa mi ha fatto più ridere? Il suo modo di ballare. E cosa che mi ha fatto più piangere? Il suo modo di ballare.
Se lei fosse per un giorno il primo ministro italiano cosa farebbe, a parte creare una Guantanamo per i giornalisti di gossip?
Clooney: È meglio che stia lontano dalla politica, ho imparato la lezione.

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