ultimoboyscout
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martedì 2 marzo 2010
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geniale!
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Solo un grande come Clooney poteva interpretare questa parte e farlo con tale incisività e carisma. Un film davvero carino e piacevole, che tocca argomenti duri e delicati ma lo fa con i "dovuti modi", rimanendo sempre brillante e accattivante, come il suo protagonista. Anche la Farmiga sembra decisamente a suo agio nel ruolo, forse anche per il suo aspetto altero ed etereo ( in ogni caso altra prova di livello per lei). Nonostante i tanti licenziamenti, soprattutto in questo periodo, il film appare sempre garbato senza mai assumere toni di eccessiva drammaticità. Complimenti al regista.
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vegliambulo
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sabato 20 febbraio 2010
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"tra le nuvole" e dintorni
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Ho visto questo film l'altra sera. Non vincerà nessun Oscar e non rappresenta uno spartiacque nella storia della celluloide; gli attori che vi partecipano non hanno brillato per espressività e non sembrano essersi sbattuti più di tanto col metodo Stanislavskij. La trama si snoda in effetti senza particolari colpi di scena (forse ce n'è uno), e in più dà l'idea d'essere a tratti appesantita (anche se, per questo, c'è un motivo). Tutto ciò rappresenta un'ottima base per produrre una cantonata di film. Oppure per riprodurre la realtà, nuda e cruda. E "Tra le nuvole" coplisce in tal senso; il suo obiettivo è far riflettere senza tanti fronzoli su una verità del nostro tempo: la crisi. Economica e umana.
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Ho visto questo film l'altra sera. Non vincerà nessun Oscar e non rappresenta uno spartiacque nella storia della celluloide; gli attori che vi partecipano non hanno brillato per espressività e non sembrano essersi sbattuti più di tanto col metodo Stanislavskij. La trama si snoda in effetti senza particolari colpi di scena (forse ce n'è uno), e in più dà l'idea d'essere a tratti appesantita (anche se, per questo, c'è un motivo). Tutto ciò rappresenta un'ottima base per produrre una cantonata di film. Oppure per riprodurre la realtà, nuda e cruda. E "Tra le nuvole" coplisce in tal senso; il suo obiettivo è far riflettere senza tanti fronzoli su una verità del nostro tempo: la crisi. Economica e umana.
Se quella economica è narrata dal punto di vista dell'azienda che si trova a dover tagliare il personale, quella umana è vissuta in prima persona dal protagonista, un Clooney decaffeinato ma ispirato.
Egli è il terminale della politica dei tagli operati dai manager di un'azienda, un addetto al congedo di un numero sempre maggiore di dipendenti in varie filiali sparse sul suolo statunitense, ed in questa arte sembra inizialmente vantarsi d'aver raggiunto una certa abilità; non ha residenza, vive sugli aerei in cui viaggia e negli hotel pagati con le innumerevoli carte di credito che la sua posizione privilegiata gli permette. Tutto ciò che gli serve giace nella capienza di un trolley. Sentimenti e vita sociale compresi.
L'estremo cinismo e la vomitevole ipocrisia con le quali le grosse aziende presentano indistintamente il benservito a chi per anni ha dedicato loro la propria opera, arrivando paradossalmente a vendere il licenziamento (profumandolo ed impacchettandolo come una qualsiasi merce) al licenziato, rendono bene l'idea della lontananza estrema che intercorre tra esigenze di mercato e realtà umana.
Ma ogni dramma globale è prima di tutto un diffuso malessere individuale; Ryan/Clooney pensa bene di coniugare vita e lavoro, sebbene quest'ultimo sia costellato di continui spostamenti. Evita ogni coinvolgimento con altre persone che vada oltre la fugacità e, nel caso femminile, della botta e via, arrivando a crederci così tanto da filosofeggiare sui benefici del suo stile di vita inteso come vera e propria impostazione di pensiero, per elevare infine lo stendardo della sua libertà assoluta sulle povere teste di coloro che, invece, cercano ancora stupidamente tranquillità ed appagamento in un rapporto stabile.
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cri83
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venerdì 19 febbraio 2010
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una commedia reale
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Una commedia da non perdere se siete amanti del mondo affascinante che sta dietro ogni aeroporto. Non sono una grande fans di Clooney, ma questo film è adattissimo al suo modo di recitare. Un film commedia dal taglio romantico, ironico, ma che riporta alla normalità del mondo lavorativo, che nei tempi di crisi vede molte persona senza più la sicurezza di un lavoro...la crisi e di scena ed è raccontata nel migliore dei modi, anche grazie ad un cast più che "azzeccato"!
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wilhelm schule
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mercoledì 17 febbraio 2010
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vero e reale
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Tutti corriamo, ma solo quando sappiamo fermarci, capiamo alcune cose fondamentali della vita.
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orestepinziettoni
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mercoledì 17 febbraio 2010
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una sperimentazione riuscita male
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Vedendo "Tra le nuvole" ho avuto l'impressione che, almeno nelle intenzioni del regista, il film vorrebbe porsi come un'occasione per riflettere su un tema di grande attualità, ovvero l'illusoria pretesa di vivere in un mondo tecnologico e privo di vincoli tradizionali come casa e famiglia: un universo spersonalizzato e globalizzato come maschera di una disperata solitudine esistenziale che affligge il personaggio principale, Ryan Bingham.
Tuttavia le buone intenzioni (ed una storia potenzialmente originale e fuori dai canoni della commedia statunitense) si traducono in un opera cinematografica che resta in ogni caso superficiale e che lascia una sensazione di incompiutezza ed inconsistenza.
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Vedendo "Tra le nuvole" ho avuto l'impressione che, almeno nelle intenzioni del regista, il film vorrebbe porsi come un'occasione per riflettere su un tema di grande attualità, ovvero l'illusoria pretesa di vivere in un mondo tecnologico e privo di vincoli tradizionali come casa e famiglia: un universo spersonalizzato e globalizzato come maschera di una disperata solitudine esistenziale che affligge il personaggio principale, Ryan Bingham.
Tuttavia le buone intenzioni (ed una storia potenzialmente originale e fuori dai canoni della commedia statunitense) si traducono in un opera cinematografica che resta in ogni caso superficiale e che lascia una sensazione di incompiutezza ed inconsistenza. La trama scorre in modo consequenziale attraverso dialoghi anche pungenti ed ironici, tuttavia senza toccare mai lo spettatore nel vivo, nemmeno nel finale amaro in cui il personggio di Ryan Bingham "risolve" la propria paradossale condizione umana acquisendo piena coscienza della propria miseria. Se il profilo psicologico di Bingham viene efficacemente caratterizzato da Clooney - attore dal talento indiscusso - la psicologia degli altri personaggi non viene sviluppata ed in modo soddisfacente, soprattutto per quanto riguarda le due figure femminili principali del film.
Non vi è (volutamante credo) denuncia socio-economica, non vi è sufficiente introspezione, non vi è brillantezza nella sperimentazione. Ci sono alternative migliori nelle sale cinematografiche...
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ulisse104
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mercoledì 17 febbraio 2010
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un film ricco di cinismo
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Beh il film non si può definire un capolavoro, quello che permane è solo cinismo per situazioni lavorative che toccano coloro che vivono nel mondo del precariato.
Il film potrebbe essere diviso concettualmente in tre parti:
- nella prima parte il protagonista Clooney è la persona che è incaricata di LICENZIARE dipendenti di altre società. Il cinismo è al limite del surreale. Godere nel licenziare le persone. Mah!
- nella seconda parte il Clooney si invaghisce di una donna molto attraente, credendo avesse trovato l'amore. Un sentimenento che Clooney non sa nemmeno se esiste.
- la terza parte, il protagonista ritorna nel suo paese di origine dove esiste una vita normale, sua sorella che si sposa, un matrimonio felice, una vita serena.
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Beh il film non si può definire un capolavoro, quello che permane è solo cinismo per situazioni lavorative che toccano coloro che vivono nel mondo del precariato.
Il film potrebbe essere diviso concettualmente in tre parti:
- nella prima parte il protagonista Clooney è la persona che è incaricata di LICENZIARE dipendenti di altre società. Il cinismo è al limite del surreale. Godere nel licenziare le persone. Mah!
- nella seconda parte il Clooney si invaghisce di una donna molto attraente, credendo avesse trovato l'amore. Un sentimenento che Clooney non sa nemmeno se esiste.
- la terza parte, il protagonista ritorna nel suo paese di origine dove esiste una vita normale, sua sorella che si sposa, un matrimonio felice, una vita serena. A questo punto Clooney crede che la sua vita deve cambiare, e il suo amore è lì ad aspettarlo!
Tutto è una farsa, l'amore non esiste, anche lui è stato usato.
Una commedia decisavamente discreta.
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francesca72
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lunedì 15 febbraio 2010
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reitman non è mai banale
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Film molto godibile.
Anche se non a livello di Juno o Thank you for smoking
Meglio stare sulle nuvole staccati dal mondo, con uno zaino leggero o vivere la vita con tutti i fardelli connessi ma sentendosi in compagnia e facendo del contenuto dello zaino l'input della vita?
Oppure, ancora, come Alex, che decide di vivere la vita con lo zaino concedendosi di tanto in tanto una partentesi di vita tra le nuvole?
E' un film che lascia pensare più di quanto non sembri.
Un George Clooney che in questo film non è il solito piacione e giogionesco uomo sexy ma è anche intenso e capace di dare il volto a un personaggio unico.
Il cui sogno è raggiungere le 10 milioni di miglia e vedere il suo nome stampato su un aereo e far parte di un club unico senza zaini in piena libertà.
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Film molto godibile.
Anche se non a livello di Juno o Thank you for smoking
Meglio stare sulle nuvole staccati dal mondo, con uno zaino leggero o vivere la vita con tutti i fardelli connessi ma sentendosi in compagnia e facendo del contenuto dello zaino l'input della vita?
Oppure, ancora, come Alex, che decide di vivere la vita con lo zaino concedendosi di tanto in tanto una partentesi di vita tra le nuvole?
E' un film che lascia pensare più di quanto non sembri.
Un George Clooney che in questo film non è il solito piacione e giogionesco uomo sexy ma è anche intenso e capace di dare il volto a un personaggio unico.
Il cui sogno è raggiungere le 10 milioni di miglia e vedere il suo nome stampato su un aereo e far parte di un club unico senza zaini in piena libertà...
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brian77
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domenica 14 febbraio 2010
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intelligenza da spot
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George Clooney ha sicuramente un fascino da commedia classica e funziona benissimo. Il film è in fondo vedibile. Ma non condivido assolutamente i giudizi entusiastici, e c'è un motivo preciso. Tutto qui è confezionato bene, ma parte da alcune ideuzze ad effetto che sembrano tanto intelligenti mentre in realtà sono abbastanza banali (la vita sospesa nei non-luoghi, la precarietà contemporanea, la società fondata sulla solitudine, l'illusione di essere dentro la vita perché se ne consumano i simboli sociali mentre se ne è fuori proprio perché ci si nutre di essi ecc.). E quel che conta è che quelle ideuzze di partenza non le sviluppa mai, ma si limita ad illustrarle con trovate che sarebbero degne degli sketch di Italiauno, a cominciare dalla sequenza della seduzione con le carte di credito e vip, penosa perché scontata e ruffiana.
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George Clooney ha sicuramente un fascino da commedia classica e funziona benissimo. Il film è in fondo vedibile. Ma non condivido assolutamente i giudizi entusiastici, e c'è un motivo preciso. Tutto qui è confezionato bene, ma parte da alcune ideuzze ad effetto che sembrano tanto intelligenti mentre in realtà sono abbastanza banali (la vita sospesa nei non-luoghi, la precarietà contemporanea, la società fondata sulla solitudine, l'illusione di essere dentro la vita perché se ne consumano i simboli sociali mentre se ne è fuori proprio perché ci si nutre di essi ecc.). E quel che conta è che quelle ideuzze di partenza non le sviluppa mai, ma si limita ad illustrarle con trovate che sarebbero degne degli sketch di Italiauno, a cominciare dalla sequenza della seduzione con le carte di credito e vip, penosa perché scontata e ruffiana. I personaggi sono simboli facili che non si sviluppano, non c'è mai un approfondimento, uno spessore, un'evoluzione del racconto. Sono figurine alla moda che restano tali: e non dico alla moda perché vivono alla moda, ma perché rispecchiano un cliché di rappresentazione della nostra società. Alla lunga, per di più, ci sbatte sulla faccia la sua moralina che è pure da rimbambiti (quasi quasi c'è da rimpiangere la stupidità della famiglia, eh, quant'èssolo davanti a quel quadro delle partenze aeree). Sono molti i film che negli ultimi tempi vengono accolti come "intelligenti" perché hanno caratteristiche di questo tipo, che sono tutt'altro che "intelligenti", tutt'altro che "colte", e sono semplicemente scontate, banali, è lo spot del film intelligente secondo la mentalità di un pubblicitario. Per questo credo che bisogna smascherare la banalità e l'inganno di film come questo: se Reitman facesse una semplice commedia tradizionale forse potrebbe scavare di più, ma è proprio la sua pretenziosità a svelare la sua mediocrità.
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catinka
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sabato 13 febbraio 2010
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noioso e retorico
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Un film davvero deludente, contro tutte le aspettative e la critica che da un po' di tempo si sta ritarando su un livello decisamente basso. Definire questo film un capolavoro è quasi vergognoso. Mi viene da pensare. malignamente, la tendenza si quella di osannare un film che abbia come tema un problema sociale, solo per le sue intenzioni, e non per come esse sono raccontate. Errore madornale. Un film non si fa con le intenzioni, un film è prima di tutto un racconto, che può essere appassionante, convincente, coerente, originale, o meno. In questo caso decisamente meno.
Il film non va oltre le intenzioni, è terribilmente noioso, scontato, banale.
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Un film davvero deludente, contro tutte le aspettative e la critica che da un po' di tempo si sta ritarando su un livello decisamente basso. Definire questo film un capolavoro è quasi vergognoso. Mi viene da pensare. malignamente, la tendenza si quella di osannare un film che abbia come tema un problema sociale, solo per le sue intenzioni, e non per come esse sono raccontate. Errore madornale. Un film non si fa con le intenzioni, un film è prima di tutto un racconto, che può essere appassionante, convincente, coerente, originale, o meno. In questo caso decisamente meno.
Il film non va oltre le intenzioni, è terribilmente noioso, scontato, banale. I personaggi non sono credibili. E per fare un personaggio credibile non serve dargli verità, verosimiglianza, aderenza con la realtà (cosa che peraltro questo film si vanta di voler fare) ma coerenza sì, quella è doverosa. E a questo gli sceneggiatori non hanno pensato. Altro errore madornale.
Ditemi voi perchè una donna sposata con figli, in cerca di un'avventura, una fuga dalla sua vita quotidiana, con un uomo attraente e per molti versi simile a lei, passa un intero weekend con la famiglia di lui, partecipando al matrimonio della sorella, e mostrando così di provare per lui qualcosa di profondo, un interesse vero, per poi andargli a dire, alla fine del film: ma io volevo solo una storiella. Manca coerenza. Io a questa storia non ci credo.
Ditemi voi perchè un uomo che sta per sposarsi e che, un attimo prima della cerimonia cade in crisi, e non sa più che cosa vuole, e teme che con il matrimonio andrà incontro a una vita infelice, terrorizzato da questa idea, cambia completamente prospettiva e supera ogni paura perchè un uomo che non ha mai visto prima e che non conosce gli fa il discorso più banale del mondo, ossia la solita vecchia solfa che invecchiare da soli non è poi una grande cosa... discorso in seguito al quale il futuro sposo, felice corre dalla sua sposa. Ditemi perchè si convince così facilmente e in maniera così cretina, perchè io a questa storia non ci credo.
E ditemi perchè battute tipo "bentornato a casa" con annessa pacca sulla spalla, da parte della sorella del protagonista, rivolte apputo al protagonista che ha appena fatto una buona azione (il sopra citato discorso banalissimo) dovrebbero convincermi. Battute come queste dovrebbero essere ammesse solo nelle soap o nei serial degli anni '80.
Basta giudicare il film dall'intento social che sbandiera. Onore alle buone intenzioni, ma merito a chi sa raccontarle poi bene.
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the_end
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sabato 13 febbraio 2010
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esiste ancora il sogno americano?
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Affetto familiare, lavoro sicuro e un’accogliente abitazione. È la formula del “sogno americano”. La crisi economica dei giorni nostri è, però, come l’allarme di una sveglia pronta a spezzare il nostro sogno strappandoci via dalla magia onirica.
Questo film, tratto dall’omonimo romanzo, è incentrato sul lavoro svolto da Ryan Bingham/Gorge Clooney: licenzia su commissione i dipendenti delle più disparate aziende, nelle più disparate aree degli USA e per fare ciò trascorre la maggior parte del proprio tempo in volo. Nella sua vita non ci sono rapporti interpersonali – né con parenti né con amici né con fanciulle – esiste soltanto il suo lavoro; non tanto nel segno della diligenza e dell’impegno quanto nell’efficienza e nel raggiungimento di un proprio traguardo personale, una sorta di mania: essere il settimo iridato cliente della American Airlines a raggiungere i dieci milioni di miglia di volo.
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Affetto familiare, lavoro sicuro e un’accogliente abitazione. È la formula del “sogno americano”. La crisi economica dei giorni nostri è, però, come l’allarme di una sveglia pronta a spezzare il nostro sogno strappandoci via dalla magia onirica.
Questo film, tratto dall’omonimo romanzo, è incentrato sul lavoro svolto da Ryan Bingham/Gorge Clooney: licenzia su commissione i dipendenti delle più disparate aziende, nelle più disparate aree degli USA e per fare ciò trascorre la maggior parte del proprio tempo in volo. Nella sua vita non ci sono rapporti interpersonali – né con parenti né con amici né con fanciulle – esiste soltanto il suo lavoro; non tanto nel segno della diligenza e dell’impegno quanto nell’efficienza e nel raggiungimento di un proprio traguardo personale, una sorta di mania: essere il settimo iridato cliente della American Airlines a raggiungere i dieci milioni di miglia di volo. Per lui non esistono famiglia ed abitazione, per lui il sogno americano è tutto lì; fin quando un evento mette in discussione il suo futuro: l’azienda per la quale Ryan lavora decide di considerare la possibilità che i licenziamenti avvengano non più di persona bensì per via telematica, per mezzo di un computer con relativa webcam. Ryan è sconvolto e tenta di impedire che ciò accada.
Guardando questo film è possibile porsi numerose domande su cosa resti, oggi, del sogno americano. Qualora non si possano avere sia famiglia sia lavoro sia abitazione, cosa è preferibile scartare e su cosa è, invece, meglio puntare? Da un lato le persone sconvolte per il licenziamento; da un altro Ryan, in bilico tra lavoro e incerte prospettive per il futuro; dall’altro ancora l’oggettiva difficoltà – per non chiamarla utopia – di legarsi ad un’altra persona all’insegna della fiducia e dell’amore eterno. Un film molto interessante, molto provocatorio ed anche spesso divertente in cui il regista Jason Reitman si dimostra estremamente abile e gli attori estremamente convincenti (come dimostrano le sei candidature agli Oscar 2010: miglior film, miglior regista, miglior attore a George Clooney, miglior sceneggiatura non originale e miglior attrice non protagosta sia a Vera Farmiga che ad Anna Kendrick).
È inoltre possibile leggere tra le righe una critica all’utilizzo galoppante delle telecomunicazioni come sistema sostitutivo della comunicazione in praesentia tra le persone. Personalmente, qualche premio Oscar è augurato.
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