Tutto il film, in fondo, è imperniato sulla figura di Hanna. Una donna sola, che non intendere condividere la sua vita con altri. Forse non vuole essere veramente amata e soprattutto teme il giudizio altrui. Ecco perché non confessa al suo giovane amante di essere analfabeta e tiene per sé questo segreto anche quando viene processata. Ma dietro la sua ritrosia non c'è la freddezza dell'ignoranza né la solitudine senza speranza degli emarginati. Lei ha un lavoro (che poi sarà costretta a lasciare perché non potrebbe assumere altri incarichi, visto che non è capace di leggere e di scrivere) e nel suo cuore alberga una sincera, dolce sensibilità. Ha sete di apprendere, di sognare. Al grande amore, che del resto sarebbe impossibile, vista la differenza di età e di cultura che c'è tra lei e il giovane studente, lei preferisce la "magia" dei libri, delle storie che gli vengono lette dal ragazzo. C'è una macchia nel passato di lei: è stata capo sorvegliante in un Lager nazista. Ha visto morire e ha lasciato morire tante persone... anche allora, per ubbidire all'esigenza del Reich e delle disumane leggi razziali, ha dovuto prendere le distanze dagli altri. Cattiveria? cinismo? No: solo ubbidienza al Regime. Poi, in carcere, quasi a sorpresa si riallaccia "virtualmente", perché basato su cassette registrate, il legame con Michael che fa di nuovo sentire la sua voce e le ripropone i personaggi e le storie che la avevano fatta sognare tanto tempo prima. E' un momento di magia, grazie al quale lei trova la forza di imparare finalmente a leggere e a scrivere. L'incontro con Michael, ormai accreditato avvocato, non sarà scandito dalla tenerezza. Lei è prossima alla scarcerazione e rifiuta il suo aiuto: una sistemazione, la prospettiva di un piccolo lavoro, tanto per ricominciare. Hanna non vuole l'aiuto degli altri, non vuole affrontare la prospettiva di una vita sociale. E abbandona la vita. Ecco, il film, anche grazie all'eccezionale bravura di Kate Winslet, ci consegna una figura femminile indimenticabile. E tale resta, indipendentemente dal periodo storico, dalle persecuzioni agli ebrei, dalla Germania nazista, e dal fatto di cui tanti si lagnano, che i libri, nel film siano scritti in inglese (esigenze cinematografico-commerciali e basta). Bravo anche il ragazzo, che "buca" lo schermo. Ralph Fiennes rimane sempre un po' in ombra, troppo legato, quasi innaturale: non è nella sua forma migliore.
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pipay
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sabato 7 marzo 2009
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fascino e mistero
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Perdonate il lungo commento, ma vorrei ancora aggiungere che il fascino di una donna viene esaltato quando attorno a lei c'è un po' di mistero. In questo film i due elementi si fondono in modo perfetto. Hanna, così enigmatica, non si svela mai completamente. Rimane in compagnia dei suoi segreti. Acquista così una valenza quasi carismatica che pochi personaggi femminili portati sullo schermo hanno raggiunto.
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d'accordo? |
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osmi
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giovedì 12 marzo 2009
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vergogna
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"solo" ubbidienza al regime? non ci sono giustificazioni.
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d'accordo? |
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pipay
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giovedì 12 marzo 2009
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certo, osmi...
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...tu hai ragione ad usare la parola "vergogna". E io non scuso Hanna. Il discorso, del resto è complesso e non può essere liquidato in due parole. Certo, credo che Hanna non fosse né cinica né cattiva. Ma quanta gente, a quel tempo, ha ubbidito, purtroppo, ai dettami del regime, a seguito anche del pericolosissimo carisma che possedeva Hitler? Le nefandezze venivano condivise con gli altri e paradossalmente qualcuno, forse (e ribadisco forse) non capiva fino in fondo di quali crimini si rendeva complice. Poi c'erano gli invasati, gli esaltati, i criminali veri, gli assassini... ma questo è un altro discorso. Grazie dell'intervento. Ciao!
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