U.S.A. contro John Lennon

Quando Nixon odiava John Lennon

Premiati documentaristi e appassionati di musica pop, con The U.S. vs. John Lennon (il documentario che ha aperto la sezione "Orizzonti"), David Leaf e John Scheinfeld hanno compiuto un'operazione — al contempo — obiettiva e "politicamente orientata". Obiettiva, per quanto è possibile esserlo quando si fa un film, nel senso che hanno riportato pareri diversi tramite interviste e materiali di repertorio, astenendosi da commenti personali. Secondo alcune voci, dunque, l'impegno politico di Lennon per la pace fu un formidabile strumento al servizio della controcultura ai tempi della guerra del Vietman; il primo caso di uso consapevole di un mito per promuovere la causa pacifista. Secondo altre John si sarebbe lasciato strumentalizzare da Jerry Rubin e da Bobby Seale dei Black Panther Party; per altri ancora la sua influenza sarebbe stata largamente sopravvalutata.
Resta il fatto indiscutibile, però, che l'amministrazione Nixon ebbe paura di lui e gli mosse guerra: facendolo spiare dall'Fbi di Hoover e promuovendo un ordine di espulsione dagli States in base a una vecchia condanna per detenzione di marijuana, inflittagli in Inghilterra alla fine degli anni '60. Raccontata brevemente l'irresistibile ascesa dei Beatles (ma non senza sottolineare come gli integralisti li considerassero un quartetto di pericolosi sovversivi), il film si concentra soprattutto sulla crescita personale del Lennon politico, indicando come punto di svolta l'incontro con Yoko Ono nell'ambiente della performing art (per Angela Davis, la conversione fu palese quando John compose "Revolution").
Gli stock-shot d'epoca ci mostrano i famosi bed-in di John e Yoko, quando la coppia restava a letto una settimana di fila ricevendo la stampa e parlando di amore. e di pace. L'opinione e i sentimenti di Leaf e Scheinfeld vengono fuori, inequivocabili. con "Give Peace a Chance", la canzone che milioni di giovani di tutto il mondo cantano insieme per "dare un'opportunità alla pace" e per immaginare insieme un mondo migliore. I registi, in realtà, considerano la musica e l'azione di Lennon per la pace soprattutto una grande opera d'arte; "forse le sue più grandi opere d'arte (sono parole loro) dopo lo scioglimento dei Beatles".
Il loro documentario, in ogni caso, è un contributo non indifferente al mito di Lennon, che oggi traversa un momento di grande revival: vedi anche la ricostruzione del suo assassinio, avvenuto per mano di Mark David Chapman in quel tragico dicembre del 1980, nel film di fiction The Killing of John Lennon, visto in prima mondiale al festival di Edimburgo. Attraverso le testimonianze di vari nomi autorevoli — da Noam Chomsky al senatore McGovern, dal giornalista Cronkite all'autore di Nato il 4luglio—i due cineasti riportano sullo schermo un'epoca di grande fervore civile e politico; un periodo in cui un John Sinclair poteva essere condannato a nove anni e mezzo di detenzione per possesso di marijuana, ma la mobilitazione dei pacifisti, incluso un concerto-fiume (nel 1971) col loro idolo John Lennon, era in grado di ottenerne la scarcerazione. L'ammirazione per il modo in cui uno degli artisti più amati di tutti i tempi usò la propria fama e la propria musica per rendere popolare la causa della pace contro quella della violenza è manifestata senza mezze misure. Sottolineando, con notevole efficacia, che questa vicenda radicata nel passato non ha perduto un grammo di attualità. Perché, come dice Gore Vidal: "Ancora oggi c'è chi suona la stessa musica". E non abbiamo neppure più un John Lennon a cantarne un'altra.
Da La Repubblica, 31 agosto 2006


di Roberto Nepoti, 31 agosto 2006