The New World

Lietta Tornabuoni

In The New World, il Nuovo Mondo, il regista Terrence Malick riscopre l’America: dice che l’America vera non è mai stata scoperta, che sulle origini del Paese si conoscono soltanto leggende, banalità, faziosità. Il suo film non comincia con Cristoforo Colombo ma nel 1607, l’anno in cui la prima colonia permanente inglese si formò sul territorio nordamericano abitato dagli indiani Algonquin, nel luogo che si sarebbe chiamato Virginia. L’approdo di tre navi avvenne senza alcuna ostilità: a portare violenza e prepotenza sarebbero stati più tardi lo spirito di conquista, gli eserciti. Agli inizi gli indiani erano curiosi, benevoli. Gli inglesi erano felici: «Qui c’è buona terra per tutti, non avremo più padroni che ci rubino il frutto della nostra fatica, gli uomini non saranno più prede gli uni degli altri».
Malick detesta i luoghi comuni, ogni visione manichea del mondo: racconta che agli inizi non c’erano buoni e cattivi, ciascuno era buono o cattivo a seconda delle circostanze. Di nessun personaggio fa un eroe, narrando la vicenda del capitano John Smith che s’innamora appassionatamente della bambina di 12-13 anni figlia del capo indiano, la principessa Pocahontas, ma la abbandona quando gli viene offerto il comando di altre spedizioni; dell’aristocratico John Rolfe che sposa Pocahontas, ma non prima di averla fatta istruire a parlare, vestire, leggere, scrivere, comportarsi all’inglese; di Pocahontas, divenuta una figura internazionale della diplomazia culturale, morta a vent’anni. Fascino, epica e solennità americani stanno nello stile del regista, una maniera pittorica e sintetica della contemplazione lirica: il film dalle idee nuove è esteticamente bellissimo.
Da L’Espresso, 26 gennaio 2006


di Lietta Tornabuoni, 26 gennaio 2006