erika
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lunedì 2 agosto 2021
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lo scorrere del tempo in immagini
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Un po' scettica all'inizio, si apprezza lentamente, come lentamente si seguono le immagini (splendida la fotografia!), la parole fuori campo, la storia che d'un tratto accelera, poi rallenta, poi è violenta, poi dolce. Lo trovo geniale. E questa lentezza doveva esserci per una storia così che ripercorre circa 10 anni di vita dell protagonista Pocahontas/Rebecca.
Fosse stato girato a "velocità normale", il film sarebbe stato banale. A me è piaciuto.
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pedro
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mercoledì 27 novembre 2019
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buon film, pessima pocahonta
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E’ un tema interesante, quello del nuovo mondo, della scoperta (anche se qui siamo in época di conquista consolidata). Non credo che Malick abbia fatto un cattivo lavoro. Per alcuni aspetti la lentezza mi sembra un pregio. Buona la fotografia e azzeccata la musica. Certo, almeno dal punto di vista antropologico, il coevo apocalypto è certamente più curato.
La nota più negatva la pocahonta Q’orianka Kilcher. Attuazione da saggio scolastico. Troppo incredibilmente artificiale. Inoltre i capelli castani, e ondulati, vanno bene per lei che è nordamericana-tedesco-svizzera (gli viene attribuito un padre peruviano quechua-wachipaeri, il che sembra già una contraddizione in se visto che sono due gruppi etnico linguisitici diversi, pur conservando il cognome della madre), non certo per una nativa americana.
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E’ un tema interesante, quello del nuovo mondo, della scoperta (anche se qui siamo in época di conquista consolidata). Non credo che Malick abbia fatto un cattivo lavoro. Per alcuni aspetti la lentezza mi sembra un pregio. Buona la fotografia e azzeccata la musica. Certo, almeno dal punto di vista antropologico, il coevo apocalypto è certamente più curato.
La nota più negatva la pocahonta Q’orianka Kilcher. Attuazione da saggio scolastico. Troppo incredibilmente artificiale. Inoltre i capelli castani, e ondulati, vanno bene per lei che è nordamericana-tedesco-svizzera (gli viene attribuito un padre peruviano quechua-wachipaeri, il che sembra già una contraddizione in se visto che sono due gruppi etnico linguisitici diversi, pur conservando il cognome della madre), non certo per una nativa americana. Peccato.
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marcloud
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martedì 16 ottobre 2018
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il nuovo mondo attraverso gli occhi di malick
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Lavoro imponente di Malick in una pellicola lunga 150 minuti. Ogni minuto scorre senza pesare e la sua personale interpretazione della storia di Pocahontas, lascia spazio alla riflessione personale. Tempo ben speso.
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onufrio
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domenica 27 marzo 2016
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viaggio nelle nuove terre
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Colonizzatori inglesi giungono nelle coste della Virginia con l'intento di fondare una colonia, l'avventura non inizia molto bene per via di una difficile convivenza con i nativi del luogo; toccherà al capitano Smith (Farrell) il compito di provare ad ottenere una sorta di patto, ma verrà fatto prigioniero e salvato da una di loro, Pocahontas, fra i due nascerà l'amore, ma è un amore impossibile. Malick mantiene intatta la propria percezione dietro la macchina da presa, le riprese minuziose dei passaggi, il rapporto dell'uomo con la natura, i lunghi silenzi e la voce fuori campo. Sorprendentemente positiva la prova della debuttante Q'Orianka Kilcher totalmente a proprio agio nei panni di Pocahontas.
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Colonizzatori inglesi giungono nelle coste della Virginia con l'intento di fondare una colonia, l'avventura non inizia molto bene per via di una difficile convivenza con i nativi del luogo; toccherà al capitano Smith (Farrell) il compito di provare ad ottenere una sorta di patto, ma verrà fatto prigioniero e salvato da una di loro, Pocahontas, fra i due nascerà l'amore, ma è un amore impossibile. Malick mantiene intatta la propria percezione dietro la macchina da presa, le riprese minuziose dei passaggi, il rapporto dell'uomo con la natura, i lunghi silenzi e la voce fuori campo. Sorprendentemente positiva la prova della debuttante Q'Orianka Kilcher totalmente a proprio agio nei panni di Pocahontas.
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orione95
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domenica 22 novembre 2015
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il romantico incontro di due mondi
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"The new world" racconta della colonizzazione del cosiddetto "Nuovo Mondo", avvenuta a partire dal diciassettesimo secolo, e nel far ciò si avvale di una regia introspettiva e ipnotica che in uno scenario di natura selvaggia e incontaminata pone al centro l'altrettanto incontaminato amore dei due protagonisti: il capitano inglese John Smith (un eccelso Colin Farrell, che riporta alla mente la sua brillante performance in "Alexander") e la (famosissima) principessa indigena Pocahontas (la giovane promessa Q'orianka Kilcher). Innanzitutto va detto che "The new world" funge da battesimo del fuoco per la giovane e bellissima Q'orianka Kilcher, la quale dopo aver interpretato in precedenza ben pochi (insignificanti) ruoli cinematografici, si ritrova a dover monopolizzare per più di due ore la scena di un film colossale, peraltro vestendo i panni di una vera e propria leggenda, per l'appunto Pocahontas, la dolce principessa nativa americana tanto amata dal pubblico, sia di grandi che piccini, e che da sempre simboleggia l'innocenza e la purezza del "Nuovo Mondo".
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"The new world" racconta della colonizzazione del cosiddetto "Nuovo Mondo", avvenuta a partire dal diciassettesimo secolo, e nel far ciò si avvale di una regia introspettiva e ipnotica che in uno scenario di natura selvaggia e incontaminata pone al centro l'altrettanto incontaminato amore dei due protagonisti: il capitano inglese John Smith (un eccelso Colin Farrell, che riporta alla mente la sua brillante performance in "Alexander") e la (famosissima) principessa indigena Pocahontas (la giovane promessa Q'orianka Kilcher). Innanzitutto va detto che "The new world" funge da battesimo del fuoco per la giovane e bellissima Q'orianka Kilcher, la quale dopo aver interpretato in precedenza ben pochi (insignificanti) ruoli cinematografici, si ritrova a dover monopolizzare per più di due ore la scena di un film colossale, peraltro vestendo i panni di una vera e propria leggenda, per l'appunto Pocahontas, la dolce principessa nativa americana tanto amata dal pubblico, sia di grandi che piccini, e che da sempre simboleggia l'innocenza e la purezza del "Nuovo Mondo". E proprio questa innocenza al limite dell'ingenuità che, scontrandosi con la brutalità dell'"uomo di città" (alias l'"uomo bianco"), rivela il vero significato della pellicola: l'ancestrale conflitto tra due mondi, vecchio e nuovo, naturale e artificiale, puro e corrotto. In una tale netta contrapposizione sembra non esserci spazio per alcun compromesso, eppure ecco trionfare l'amore tra due esponenti di fazioni opposte.
Uno sforzo enorme quello compiuto da Terrence Malick nel confezionare questo suo ennesimo capolavoro, sforzo che si nota peraltro nella cura maniacale dei dettagli (marchio di fabbrica del regista) sia delle ambientazioni che dei personaggi, il tutto poi accompagnato splendidamente dall'ottimo comparto sonoro a cura del maestro James Horner (apprezzato per aver composto, tra le tante, le musiche di "Titanic" e "Braveheart").
Numerosi monologhi al limite del filosofico (ma non per questo invadenti) scandiscono il procedere di una appassionante e drammatica storia d'amore, priva di qualsivoglia momento di stanca e capace di immergere lo spettatore nell'infinita catarsi dei paesaggi del "Nuovo Mondo".
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giank51
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mercoledì 17 dicembre 2014
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il senso profondo della vita
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Due sono i grandi protagonisti di quest film. Rebecca, l'indiana, che sovrasta gli uomini che incontra e le sventure che rischiano di stroncarla. Ma lei emerge sempre grazie ad una saggezza semplice ma profonda: affidarsi alla forza inesauribile della vita, quella forza che fa crescere ancora gli alberi dopo una mutilazione. Non a caso l'ultima immagine del film è quella di un albero che svetta alto nel sole.
Dinanzi a questa donna semplice e forte gli uomini fanno una mediocre figura. Anche "il grande amore" impersonificato in Smith dovrà alla fine inchinarsi dinanzi alla raggiunta saggezza di Rebecca. Si salva il colono J. Rolfe che, guarda caso, Rebecca paragona ad un grande albero sotto la cui ombra ha trovato la serenità.
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Due sono i grandi protagonisti di quest film. Rebecca, l'indiana, che sovrasta gli uomini che incontra e le sventure che rischiano di stroncarla. Ma lei emerge sempre grazie ad una saggezza semplice ma profonda: affidarsi alla forza inesauribile della vita, quella forza che fa crescere ancora gli alberi dopo una mutilazione. Non a caso l'ultima immagine del film è quella di un albero che svetta alto nel sole.
Dinanzi a questa donna semplice e forte gli uomini fanno una mediocre figura. Anche "il grande amore" impersonificato in Smith dovrà alla fine inchinarsi dinanzi alla raggiunta saggezza di Rebecca. Si salva il colono J. Rolfe che, guarda caso, Rebecca paragona ad un grande albero sotto la cui ombra ha trovato la serenità.
Il secondo grande protagonista del film è la natura che compare imponente in tutte le sue manifestazioni: albe, tramonti, l'alternarsi delle stagioni; il tutto immortalato da una tecnica fotografica superba.
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uppercut
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lunedì 29 settembre 2014
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una c. pazzesca
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Che rabbia leggere di un film che non sei riuscito a reggere sino alla fine o elogi disarmanti (un capolavoro) o critiche altrettanto spuntate (com'è lento...!). Recuperando la sana spontaneità del miglior Fantozzi, si può dire che questo film di Malick è veramente una c. pazzesca? L'irritante caricatura di un film d'autore, il gesto estetico svilito, per i testi, a bacio Perugina, e per le immagini a videoclip di Laura Pausini. Ma possibile che davvero, come scrive Farinotti, ci si possa lasciar "ipnotizzare" da tanta banalità al punto di scrivere pure un titolo sgrammaticato?
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veronica c
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venerdì 24 gennaio 2014
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"capolavoro di estetica poetante"
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Malick dipinge un capolavoro di estetica poetante: in The new world dal virtuosismo della fotografia traspare un ideale puro di bellezza, lirico oltremodo.
Il regista riprende la popolare vicenda della principessa indiana Pocahontas, restituendole credibilità e valore storico, pur mantenendone inalterata l’intensità poetica.
Quando il colone inglese John Smith sbarca nella Virginia incontaminata di inizio Seicento è fatto prigioniero da una tribù autoctona e, sul punto di essere ucciso, viene salvato dalla giovane, genuina quanto ingenua, figlia di Capo Powhatan. Tra i due nasce un amore autentico, di occhi limpidi e sguardi complici, di carezze tenere e abbracci integri.
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Malick dipinge un capolavoro di estetica poetante: in The new world dal virtuosismo della fotografia traspare un ideale puro di bellezza, lirico oltremodo.
Il regista riprende la popolare vicenda della principessa indiana Pocahontas, restituendole credibilità e valore storico, pur mantenendone inalterata l’intensità poetica.
Quando il colone inglese John Smith sbarca nella Virginia incontaminata di inizio Seicento è fatto prigioniero da una tribù autoctona e, sul punto di essere ucciso, viene salvato dalla giovane, genuina quanto ingenua, figlia di Capo Powhatan. Tra i due nasce un amore autentico, di occhi limpidi e sguardi complici, di carezze tenere e abbracci integri.
La terra, quella di Virginia, è la terza e indiscussa protagonista; di grandissimo valore estetico e simbolico, essa partorisce figli innocenti, legittimi abitanti di quel paradiso perduto. La macchina da presa che segue mani e corpi tra spighe di grano e fili di erba rappresenta una sorta di topos cinematografico che Malick sa reinterpretare superbamente, in una fusione vincente di uomo e natura, di sensazione e sentimento.
Quando Pocahontas diventa Rebecca, così la chiamano gli inglesi, e sposa John Rolfe, l’innocenza sfuma lasciando spazio ad una maggiore consapevolezza, il sogno d’amore perde tangibilità. Eppure l’interpretazione di Q’orianka Kilcher, bellissima e non meno brava, ci fa capire che l’innata bontà d’animo della principessa si preserva; ella vive con saggezza, affronta ogni scelta con il cuore di chi sa.
Con dolce lentezza il film dimostra che non è sempre necessario un ritmo incalzante per suscitare coinvolgimento emotivo. Il sublime adagio che il regista compone ruba il cuore allo spettatore più attento o, forse, semplicemente all’animo più sensibile.
Anticonvenzionale, indimenticabile.
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loris kiris
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lunedì 23 settembre 2013
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la nuova monotonia
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Un film monotono che si sviluppa lungo una colonna sonora altrettanto insipida e monotona (dopo due ore di film non mi è rimasta impressa neanche un nota). Una donna dalla gestualità sin troppo teatrale (tanto da risultare quasi snervante in rapporto agli altri personaggi), divisa tra due uomini egualmente monotoni. Scenografia tendenzialmente estetizzante e ricercata che, forse, mal si addice alla trama e all'epoca interessata. Scusate, ma gli elementi proposti dal film non potevano che farmi sfociare in una recensione... monotona.
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jacopo b98
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giovedì 2 maggio 2013
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terrence malick torna al cinema con un gran film
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Nel 1607 in Virginia l’avventuriero John Smith (Farrell) si innamora della principessa indiana Pocahontas (Kilcher). Quando deve andarsene per guidare un’altra spedizione nel Nord dice agli uomini di farle credere che egli sia morto in mare. Così si sposa con l’onesto, e peraltro realmente innamorato di lei, coltivatore John Rolfe (Bale). Rincontrerà Smith in un giardino geometrico in Inghilterra: i due si amano ancora ma entrambi si sono fatti un’altra vita. Il quarto film di Malick, il più costoso e visivamente spettacolare, è un commovente racconto della fine di un mondo che “una volta scoperto, cambiò per sempre”.
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Nel 1607 in Virginia l’avventuriero John Smith (Farrell) si innamora della principessa indiana Pocahontas (Kilcher). Quando deve andarsene per guidare un’altra spedizione nel Nord dice agli uomini di farle credere che egli sia morto in mare. Così si sposa con l’onesto, e peraltro realmente innamorato di lei, coltivatore John Rolfe (Bale). Rincontrerà Smith in un giardino geometrico in Inghilterra: i due si amano ancora ma entrambi si sono fatti un’altra vita. Il quarto film di Malick, il più costoso e visivamente spettacolare, è un commovente racconto della fine di un mondo che “una volta scoperto, cambiò per sempre”. Scritto e diretto dal regista ha per protagonista, naturalmente, la natura, con i suoi colori, rigogliosa come non mai, intatta ed incontaminata (fotografia eccellente di Emmanuel Lubezki). Gli indigeni, e su tutti Pocahontas, sono in sintonia con l’ambiente, i movimenti che fanno sono gli stessi dell’acqua e del vento. Malick, il regista filosofo, documenta una vita ormai perduta ed impossibile al giorno d’oggi. Tutto questo fa da sfondo al gran melodramma (peraltro vero) di Pocahontas e John Smith, amanti incapaci di abbandonarsi all’amore e nel finale, nel parco del re inglese c’è solo il rimpianto di quello che poteva essere e non è stato: “Hai trovato le tue Indie John?” chiede lei, “Forse le ho sorpassate” risponde lui, “Le troverai.” conclude lei. Notevole l’apporto delle musiche di James Horner, con prestiti da Wagner (L’oro del reno).
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