Five Fingers – Gioco Mortale conduce lo spettatore a ripensare più volte, durante la sua visione, a dove sta il bene e a dove si posizioni il male. Proprio come avviene quando cerchiamo, sforzandoci di ragionare senza arbitrio, di giudicare le parti in conflitto dopo l’abominio delle Torre gemelle.
E’ giunto, evidentemente, il momento di costruire il cinema del dopo 11 settembre. C’è chi lo fa raccontando la cronaca di quei fatti, c’è chi, come Laurence Malkin, sceglie la via dell’invenzione pura creando una storia che ha proprio nella sua ambiguità la cifra più consistente.
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Five Fingers – Gioco Mortale conduce lo spettatore a ripensare più volte, durante la sua visione, a dove sta il bene e a dove si posizioni il male. Proprio come avviene quando cerchiamo, sforzandoci di ragionare senza arbitrio, di giudicare le parti in conflitto dopo l’abominio delle Torre gemelle.
E’ giunto, evidentemente, il momento di costruire il cinema del dopo 11 settembre. C’è chi lo fa raccontando la cronaca di quei fatti, c’è chi, come Laurence Malkin, sceglie la via dell’invenzione pura creando una storia che ha proprio nella sua ambiguità la cifra più consistente.
E’ la psicosi del pericolo terrorista – che giustamente ci coglie in questi tempi bui – che muove tutto il film. Su di essa si impernia l’opera di Laurence Malkin – scrittore, regista e produttore assieme a Laurence Fishburne – su una domanda che ci assale sin dalle prime inquadrature: chi è il terrorista e chi il poliziotto? Chi è la vittima e chi il carnefice?
Girato con la discrezione che si riserverebbe ad un’opera teatrale, campi lunghi in ambienti chiusi, forti rumori di fondo per esaltare le atmosfere esterne, un sito circoscritto dove si consuma quasi tutta l’azione, la narrazione è scandita dai freddi flashback che si generano durante la perdita dei sensi del protagonista (Ryan Philippe): cinque, come le sue dita... Dita sapienti di pianista jazz, musica che dà il ritmo al film e che fortemente contrasta con l’ambiente rappresentato: una fabbrica abbandonata in mezzo ad un deserto ventoso e rumoroso. Dentro di essa i personaggi si confrontano in un gioco pericoloso teso a scoprire di quanta fiducia l’uno meriti dall’altro. Un gioco delle parti dove ognuno, in un supremo esercizio sofistico, è costretto, per raggiungere il suo scopo, a sostenere le tesi dell’altro. E in questo bailamme affabulatorio si confondono contrastandosi e confrontandosi le aride mire del capitalismo, le innocenti ragioni del volontarismo, le strategie no global quando si trasformano in letale distruttivismo.
Film difficile per la scarna azione che rischia di svilire quello che è a tutti gli effetti un thriller e che solo gli ottimi dialoghi e la convinzione dei cinque interpreti riescono ad evitare anche se nel finale, ovviamente a sorpresa, una maggiore creatività avrebbe consentito di mantenere un buon livello di originalità per l’intera durata del film.
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[+] lascia un commento a andyflash77 »[ - ] lascia un commento a andyflash77 »
Dato che si tratta di un film che discute anche la vita di un musicista, per la precisione di un pianista, mi è stato richiesto un parere (essendo anch'io pianista) su questa pellicola.
Tutti i recensori precedenti fanno rilevare il "climax" proprio del "thriller" che la pellicola sa ricreare.
Ed è proprio l'impostazione secondo la teoria hitchcockiana della "chambre claquée",ossia della camera chiusa a permettere al regista Malkin di creare quella "pressione" necessaria al thriller.
Sinceramente più che una partita a schacchi od a poker o a qualunque altro gioco, io ci vedo un semplice interrogatorio di tipo militaresco in cui però le parti ,pur talvolta scambiandosi (ma soltanto per pochi istanti) alla fine tornano come all'inizio ed il pianista , cioè la quintessenza dell'artista o del filosofo o dell'idealista per dirla più semplicemente , è destinato a soccombere.
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Dato che si tratta di un film che discute anche la vita di un musicista, per la precisione di un pianista, mi è stato richiesto un parere (essendo anch'io pianista) su questa pellicola.
Tutti i recensori precedenti fanno rilevare il "climax" proprio del "thriller" che la pellicola sa ricreare.
Ed è proprio l'impostazione secondo la teoria hitchcockiana della "chambre claquée",ossia della camera chiusa a permettere al regista Malkin di creare quella "pressione" necessaria al thriller.
Sinceramente più che una partita a schacchi od a poker o a qualunque altro gioco, io ci vedo un semplice interrogatorio di tipo militaresco in cui però le parti ,pur talvolta scambiandosi (ma soltanto per pochi istanti) alla fine tornano come all'inizio ed il pianista , cioè la quintessenza dell'artista o del filosofo o dell'idealista per dirla più semplicemente , è destinato a soccombere.
Invece , al di là della "chambre" chiusa, e del carnefice ufficiale e della vittima (il pianista Martijn,per l'appunto che subisce l'amputazione progressiva delle dita secondo un'ancestrale e medievale legge del Taglione,ma per motivi politici, economici, medici e pseudo-umanitari), è sicuramente la apparentemente secondaria rete di figure di contorno a detenere un ruolo centrale .Si tratta di donne.
Donne manipolate nella visione registica: la moglie del pianista che in realtà alla fine appare complice di un programma di avvelenamento di massa (anzichè fautrice di un programma alimentare positivo...); la complice del carnefice Ahmat (l'effettistico Laurence Fishburne)che in realtà da buona infermiera si trasforma a tratti (come le bambole cinesi) in una sorta di "deus ex machina" perfettamente a conoscenza delle modalità di persecuzione e soprattutto di tortura (nel senso medievale del termine) previste per prigionieri internazionali.
E si tratta sempre di donne straniere, di donne nord-africane secondo un'impostazione registica che le vede quasi secondo un'ottica maschilizzante, sempre complici oscure, "dark ladies" che alla fine della fiera perorano cause indette e programmate pur sempre da uomini.
Sicuramente scioccante la sequenza finale del film, l'apertura sulla statua della libertà di Eiffel a Nuova York che ammicca all'annosa questione dell'illegale e segreta esportazione di prigionieri internazionali, ma che riporta al tema dell' Occidente che ha in passato sfruttato l'Oriente ed i paesi cosiddetti del Terzo Mondo per attuare grettamente, egoisticamente e spesso anche ambiguamente i propri interessi.
Un film da vedere , comunque , anche si di musicale non contiene che pochissimo o nulla (!): una pellicola sul rapporto fra le civiltà, fra i mondi ,ma basato sull'analisi dei rapporti peggiori e distorti,politicamente sporchi.Una sorta di "Memento" che mette sul "chi Va Là" i turisti meno agguerriti.
E che fa capire come anche cittadini europei siano spesso "doppiogiochisti" in quanto asserviti e schiavizzati da oscure organizzazioni internazionali, che magari dietro a facciate di bontà e speranza celano invece programmi di violenza e di morte.
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A parte il fatto che non ha la faccia da arabo...l'hanno pure doppiato malissimo!! Oltretutto quando gli chiede scusa e si dispiace per le sue dita..mah. Si capiva lontano un miglio che si trattava di un trappolone della CIA. Lo skyline di New York è sempre affascinante.
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Film thriller interpretato da attori gia' noti e non. La trama e' passabile ma un po' incerta nel senso che fino alla fine non si capisce se il ragazzo mentiva o meno.Poi la ragazza c'entrava qualcosa? Comunque nel complesso, anche se la maggior parte del film si svolge all'interno di un casaggiato,il film e' piu' che discreto.Voto 6+
[+] ma come..... (di patmat)[ - ] ma come.....
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Bel film, trama appassionanente, con un finale scontato solamente per chi pretende di saper tutto e non si vuol fare trascinare dall'imprevedibilità delle emozioni, essenza per il quale esiste il cinema.
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Bel film, la trama puo risultare banalotta ma è ben interpretato e il finale è ottimo..direi bene nel complesso...Solo una cosa non è chiara: ma la ragazza di lui era d'accordo o no???
[+] la ragazza di lui.... (di daniel)[ - ] la ragazza di lui....
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