La leggenda degli uomini straordinari

Oscar Cosulich

C’è un uomo barbuto dalle lunghe chiome, che ama fare giochi di prestigio, indossa bizzarri anelli a tutte le dita e ha annunciato che nel 2003, allo scoccare del suo 50 compleanno, abbandonerà l’attività che lo ha fatto conoscere in tutto il mondo, per dedicarsi esclusivamente alla magia. Il lavoro di questo signore è particolarmente apprezzato a Hollywood, anche se lui si avventura raramente fuori di Northampton, sua città natale. Parliamo di Alan Moore, uno dei più geniali sceneggiatori di comics in circolazione. Dopo che il suo mastodontico From Hell è diventato un film interpretato da Johnny Depp ed Heather Graham, è la voltaThe League of Extraordinary Gentlemen, diretto da Stephen Norrington, con Sean Connery nel ruolo di protagonista. Alan Moore inizia a sconvolgere ogni cliché della narrativa a fumetti già nel 1982, quando reinventa Marvelman, cinico supereroe. L’anno successivo è V For Vendetta a mostrare la sua apocalittica visione di una futura Gran Bretagna fascista. Nel 1986 Watchmen (splendidamente disegnato da Dave Gibbons) è il primo comic-book a vincere l’Hugo Award (mi-portante premio per gli scrittori di fantascienza) e attira la curiosità dei produttore Joel Silver ( Arma Letale, Matrix), che tenta inutilmente di trasformare quel lavoro in un film diretto da Terry Gilliam. Mentre Moore continua a sfornare bizzarri capolavori, in cui si diverte a scomporre tutti i canoni dei fumetto, l’attenzione di Hollywood si concentra sul suo lavoro, fino ad arrivare alla realizzazione dei film: From Hell e La Leggenda degli Uomini Straordinari (questo il titolo itaLiano della pellicola).
«La leggenda degli uomini straordinari è l’espressione di ciò che pensavo dei gruppi di supereroi», spiega lo sceneggiatore Alan Moore, «era fondamentale tornare indietro al punto in cui questi superuomini furono inventati. Dovevo spin-germi ancor prima della nascita di Superman, superare il pur magnifico materiale degli anni ‘30 e guardare alla letteratura fantastica dell’800, fonte di tanti personaggi dei comic, come ad esempio Hulk, variazione su Dr. Jekyll e Mr. Hyde. Così ho pensato di unire gli originali, mi sembrava divertente».
Ecco allora gli eleganti disegni di Kevin O’Neill, con memorabili scene di massa a illustrare le surreali battute con cui Moore elabora il suo personalissimo sogno dedicato alla letteratura popolare. Ambientato alla fine dei XIX secolo, il comic-book racconta la storia di un gruppo d’eroi messi insieme dall’intelligence inglese per combattere vari attacchi all’impero. C’è il più che maturo Allan Quatermain (lo stesso de Le miniere di Re Salomone di H. Rider Haggard), c’è Mina Harker (da Dracula di Bram Stoker), l’ Uomo invisibile di H.G. Wells, il dott. Henry Jekyll e l’alter ego Edward Hyde di R. L. Stevenson, il Capitano Nemo da Ventimila leghe sotto i mari di Jules Verne, con tanto di Nautilus.
Nel fumetto, immaginato come parodia di un libro d’avventure educativo per giovani lettori, Moore immagina che a tenere icon-tatti fra questo gruppo e il governo britannico sia il capo dell’intelligence “M”. Ilgioen è allargato nella messa in scena cinematografica, che aggiunge nuove trovate al divertissement di Moore, grazie alla fantasia dello sceneggiatore James Dale Robinson. Ecco allora che nel gruppo di questi protosupereroi sono coinvolti anche Dorian Gray e un ToM Sawyer ormai adulto, strizzata d’occhio a Mark Twain. Se il fumetto di Moore è indubbiamente rivolto a lettori adulti, con Quaterinain mostrato nel suo doloroso affrancamento dalla dipendenza dall’oppio e Griffin presentato mentre sfrutta la propria invisibilità per abusare di un gruppo di collegiali, il film vira su terreni più leggeri, con Dorian Gray che a chi, dopo averlo inutilmente mitragliato gli domanda: « Cosa sei?», risponde sardonico: «Complicato!». La leggenda degli. Uomini Straordinari è una godibile macchina d’intrattenimento. la cui struttura irreAlistica permette di far navigare il Nautilus nei canali di Venezia e di mostrare una vampira che si aggira tra le croci, in pieno giorno, senza perdere un briciolo della sua improbabile plausibilità.
Da L’Espresso, 2 Ottobre 2003


di Oscar Cosulich, 2 Ottobre 2003