anonimo
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domenica 24 luglio 2005
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uomini, cani
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Enuncia e denuncia con martellante (e sarcastica) categoricità l'ultima pellicola del danese "von" Trier. Enuncia e denuncia le dinamiche del vivere sociale e la smisurata arroganza che le attraversa, affondando l'affilatissimo e implacabile sguardo nel tessuto umano di Dogville - piccola città americana degli anni Trenta scheletricamente ricostruita nel chiuso di un teatro di posa -, lampante e virulenta riproduzione IN VITRO della cellula comunitaria. In un'ottica accanitamente funzionale von Trier decide di lavorare sulle tensioni, le frizioni, le scissure, facendole esplodere nel testo. In crescendo. Ecco allora incendiarsi la stridente inconciliabiltà tra la perentoria impaginazione romanzesca - irrobustita da una ieratica e onnipotente voce narrante - e la rigorosa, inoltrepassabile limitazione scenica - esasperata da una spoliazione voyeuristica del décor (gli elementi urbani non sono eliminati in chiave allegorica, ma per garantire una visibilità integrale, totale).
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Enuncia e denuncia con martellante (e sarcastica) categoricità l'ultima pellicola del danese "von" Trier. Enuncia e denuncia le dinamiche del vivere sociale e la smisurata arroganza che le attraversa, affondando l'affilatissimo e implacabile sguardo nel tessuto umano di Dogville - piccola città americana degli anni Trenta scheletricamente ricostruita nel chiuso di un teatro di posa -, lampante e virulenta riproduzione IN VITRO della cellula comunitaria. In un'ottica accanitamente funzionale von Trier decide di lavorare sulle tensioni, le frizioni, le scissure, facendole esplodere nel testo. In crescendo. Ecco allora incendiarsi la stridente inconciliabiltà tra la perentoria impaginazione romanzesca - irrobustita da una ieratica e onnipotente voce narrante - e la rigorosa, inoltrepassabile limitazione scenica - esasperata da una spoliazione voyeuristica del décor (gli elementi urbani non sono eliminati in chiave allegorica, ma per garantire una visibilità integrale, totale). Ecco ancora infiammarsi la radicale incompatibilità tra la controllata recitazione teatrale e la febbrile eccitazione delle riprese (un digitale cupissimo, scevro da ogni compiacimento estetizzante) e del montaggio. Affetti evocati e bruscamente allontanati, identificazioni abbozzate e fulmineamente seppellite: una spettorialità turbata. Ecco infine accendersi di un bagliore radiosamente lugubre l'improvvisa svolta di Grace, che lascia dietro di sé, rabbioso, soltanto un cane. "E a mezzogiorno in cento discenderanno a riva, / li vedrete avanzare nell'ombra, / e prenderanno tutti, una porta dopo l'altra / e li incateneranno e me li porteranno / e diranno: chi dobbiamo ammazzare? / E a metà di quel giorno sarà silenzio al porto / quando chiedono: chi muore, adesso? / E allora la mia voce dirà: tutti!" ("Jenny dei pirati", Bertolt Brecht e Kurt Weill).
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(di martina b.)
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(di anonimo)
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marta009
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giovedì 2 luglio 2009
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parole che andrebbero lette parte 3
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Questo scontro tra idiomi è il basso continuo che percorre Dogville (almeno fino al colpo di scena finale, come vedremo). Solo i primi minuti del film sono ricchissimi di risonanze evangeliche e letterarie. In particolare è all'evangelo di Giovanni e all'Idiota di Dostoevskij (che della buona novella giovannea è la rivisitazione) che si strizza l'occhio. I due racconti iniziano in medias res: sia Gesù che il Principe Myskin fanno il loro ingresso in un plot narrativo già avviato (la predicazione del Battista carica di attesa messianica nel primo caso; le relazioni pericolose tra gli Epancin, Nastaja Filippina e Rogozin, nel secondo). Entrambi, inoltre, sono stranieri (nel prologo si legge che il Logos incarnato «venne ad abitare in mezzo a noi», evocando così l'idea di una lontananza che si è trasformata nel suo opposto; sul treno che lo sta portando a Pietroburgo, invece, Myskin dichiara di essere di ritorno da una Svizzera, parola vuota che suona come una mera espressione geografica).
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Questo scontro tra idiomi è il basso continuo che percorre Dogville (almeno fino al colpo di scena finale, come vedremo). Solo i primi minuti del film sono ricchissimi di risonanze evangeliche e letterarie. In particolare è all'evangelo di Giovanni e all'Idiota di Dostoevskij (che della buona novella giovannea è la rivisitazione) che si strizza l'occhio. I due racconti iniziano in medias res: sia Gesù che il Principe Myskin fanno il loro ingresso in un plot narrativo già avviato (la predicazione del Battista carica di attesa messianica nel primo caso; le relazioni pericolose tra gli Epancin, Nastaja Filippina e Rogozin, nel secondo). Entrambi, inoltre, sono stranieri (nel prologo si legge che il Logos incarnato «venne ad abitare in mezzo a noi», evocando così l'idea di una lontananza che si è trasformata nel suo opposto; sul treno che lo sta portando a Pietroburgo, invece, Myskin dichiara di essere di ritorno da una Svizzera, parola vuota che suona come una mera espressione geografica). Le medesime osservazioni valgono anche per Grace, la protagonista di Dogville. Ella entra nella sperduta cittadina dal di fuori, all'improvviso e per di più nel cuore delle notte; è affamata, infreddolita e braccata da un misterioso gangster che non esita a spararle addosso pur di catturarla. È impossibile non notare il profondo scarto tra la bellezza straordinaria di Grace e il suo stato di profonda indigenza (ma tale era anche la condizione del Cristo che, a differenza delle volpi, non aveva un posto dove posare il capo; e tale è anche la condizione di Myskin, principe ma privo di sostanze, anch'egli bellissimo ma minato dall'epilessia).
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marta009
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giovedì 2 luglio 2009
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parole che andrebbero lette parte 6
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Tentati dalla generosa taglia che le è stata messa sul capo, gli abitanti di Dogville tradiscono Grace. Segnalano la sua presenza nella cittadina al misterioso gangster, il quale non tarda ad arrivare scortato da un imponente corteo di automobili (impossibile non andare con la memoria alla parusia descritta nell’Apocalisse: e verrà preceduto dagli angeli con gloria e potenza grande). A questo punto il colpo di scena: il gangster è il padre di Grace. Questi la stava cercando perché durante il loro ultimo colloquio la figlia se ne era andata prima che egli avesse avuto la possibilità di replicarle alcunché. Tema della discussione era il perdono che Grace offriva a tutti i suoi simili, qualunque fossero le nefandezze da loro perpetrate, un costume questo che le era valsa l’accusa di orgoglio da parte del padre.
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Tentati dalla generosa taglia che le è stata messa sul capo, gli abitanti di Dogville tradiscono Grace. Segnalano la sua presenza nella cittadina al misterioso gangster, il quale non tarda ad arrivare scortato da un imponente corteo di automobili (impossibile non andare con la memoria alla parusia descritta nell’Apocalisse: e verrà preceduto dagli angeli con gloria e potenza grande). A questo punto il colpo di scena: il gangster è il padre di Grace. Questi la stava cercando perché durante il loro ultimo colloquio la figlia se ne era andata prima che egli avesse avuto la possibilità di replicarle alcunché. Tema della discussione era il perdono che Grace offriva a tutti i suoi simili, qualunque fossero le nefandezze da loro perpetrate, un costume questo che le era valsa l’accusa di orgoglio da parte del padre. La ripresa del colloquio all’interno di una lussuosa cadillac è uno dei momenti più emozionanti del film. «Come puoi rimproverare a dei cani di essere cani? », domanda Grace al padre. E subito si evocano risonanze bibliche. In particolare il libro di Giobbe: «L’uomo, breve di giorni e sazio d’inquietudine – grida il sofferente di Uz – è come ombre che svanisce. E tu su un essere simile sbarri gli occhi e lo citi in processo? Ma chi può estrarre il puro dall’impuro? Nessuno!». Ci lamentiamo se i cani di Dogville ringhiano, schiumano e azzannano? Sono cani, non possono fare altro, seguono semplicemente la loro natura. Grace si oppone recisamente alla proposta del padre di sterminare i cittadini perché, nonostante tutto, essi hanno fatto del loro meglio. «Ma quel meglio era anche buono? », ribatte il padre. Il baricentro del film poggia tutto su questa domanda. E a questa domanda è come se una benda cadesse dagli occhi di Grace. «Il male deve essere fermato – incalza il padre – altrimenti esso potrebbe diffondersi come un’infezione. Ora capisci perché il perdono è un atto di supremo orgoglio? Torna a casa: se torni a casa ti darò il mio potere». Grace si lascia convincere: ritorna dal padre, eredita il potere e lo usa su Dogville mettendola a ferro e fuco. Il fuoco dell’amore che il Figlio dell’Uomo avrebbe dovuto trovare sulla terra dopo il suo ritorno si trasforma nel suo esatto opposto, in un fuoco d’ira che tutto distrugge (Dies irae, dies illa, solvet saeculum in favilla…). Ma il fuoco è anche il simbolo del Paraclito. Così, se si scorge nella figura del padre quella di Dio e in Grace quella del Figlio, risulterebbe una perversa trinità, scimia di quella cristiana.
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silvia boccabella
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lunedì 31 dicembre 2007
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se sarah kane fosse ancora viva avrebbe apprezzato
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Se Sara Kane (giovane drammaturga inglese) fosse ancora viva avrebbe apprezzato molto questo profondissimo e sincero film/tragedia di Lars von Trier...
I contenuti di questa sofisticata opera (più teatrale che cinematografica) sono dunque metaforici, polimorfi, polivalenti e multisfaccettati...E si dipanano in un crescendo angosciante di tesissima ed asfittica suspencence che mantiene viva "capitolo" dopo "capitolo" lo spettatore fino al finale a sorpresa che giustifica così anche il titolo del film(Dogville)!
La trama...Grace, donna giovane e raffinata, scappa dalla grande città perché inseguita dai gangsrers e trova rifugio grazie all' appoggio del romantico Tom in una piccola cittadina di montagna,Dogville, montona, apatica e asettica fino al suo arrivo.
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Se Sara Kane (giovane drammaturga inglese) fosse ancora viva avrebbe apprezzato molto questo profondissimo e sincero film/tragedia di Lars von Trier...
I contenuti di questa sofisticata opera (più teatrale che cinematografica) sono dunque metaforici, polimorfi, polivalenti e multisfaccettati...E si dipanano in un crescendo angosciante di tesissima ed asfittica suspencence che mantiene viva "capitolo" dopo "capitolo" lo spettatore fino al finale a sorpresa che giustifica così anche il titolo del film(Dogville)!
La trama...Grace, donna giovane e raffinata, scappa dalla grande città perché inseguita dai gangsrers e trova rifugio grazie all' appoggio del romantico Tom in una piccola cittadina di montagna,Dogville, montona, apatica e asettica fino al suo arrivo.
All' inizio nonostante la diffidenza dei "provinciali", Grace tenendo duro e lavorando sodo riesce a mantenere le redini della situazione, senza farsi scalfire dai giudizi e comportamenti altrui;poi quando un' inguista taglia viene messa su di lei e pregiudizi, cattiverie e soprusi dilagano...
Questo é un film sul genere umano e si rivolge al genere umano ( anche se s' intitola "Dogville!!!)additandone contraddizioni pecche, vizi ,istintualità e sfaccettature che alimentano l' altalenarsi continuo di colpi di scena nella vicenda...Ma é anche un film sulla morale ontrisa di buoni propositi ( intesa in senso teorico) che si scontra con dura la realtà ( Insomma l' esatto contrario delle 2 fiabe di Jeunet) e che fu già "leith Motiv" di di Kill Bill e della Fedra di Sarah Kane ( dove il coro, la folla, la comunità si fanno giudici ed interpreti di una "democrazia" vacillante perché priva di comprensione ed irrispettosa dei sentimenti naturali)...La crudeltà dei personaggi é qui in "Dogville" tangibile ma tuttavia sottile, sommessa,"nordica" tanto da ricordare opere come "Amleto" o "Il pranzo di Babette" in cui il conflitto tra i personaggi viene interiorizzato ed a tratti represso oppure tramuta sublimato in forme che esplodono poi a scoppio ritadato nel mare dei sottintesi e delle dissolvenze cinematografiche...Le ambientazioni, volutamente scarne e vuote come gli "scénarios" teatrali rimandano all' interland montano della "Vecchia America" all' indomani della crisi del '29, anche se nelle fantasie e nei ricordi scandinavi di Von Trier ci sono probabilmente riferimenti a montagne, boschi di conifere e semplici casette colorate di legno ( tutt' al più a graticcio)in armonia con la natura e le stagioni...
Diafani, spirituali ed ineffabili i due bellissimi protagonisti: lui, Paul Bettany,sempre geniale, cerebrale, poliedrico e sensibile e lei, Nicole Kidman, drammatica e sinuosa come una ballerina del Moulin Rouge,forse troppo esile e chic per vestire i panni di una gangster...Questo film é il film del dualismo tra morale romantica e necessità stoica, tra umiltà e arroganza, tra vita di città e vita campagna, tra amore e meschinità, tra bene e male, tra povertà e dignità, tra fiducia e pregiudizi, tra accettazione ed intolleranza, tra indulgenza e vendetta, tra umanità e bestialità. E da tutte queste contrapposizioni ci mostrano come i confini e le sfumature in tal senso siano labili e relativi...E'un film di denuncia ma anche di smaliziato disincanto e ( in puro stile "nordeuropeo" ) forse di pacata rassegnazione.
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mic
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domenica 7 dicembre 2008
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inusuale. sconvolgente.particolare
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Parossismo del senso d'impotenza e del rifiuto di vedere la vita come pervasa da una linearità inconfutabile, sia nel bene che nel male. Il tutto seguito da comprensione, perdono e follia come unica possibilità per fuggire e nel contempo restare, quando la tua persona è annullata, vilipesa. Come in gabbia senza via di scampo neanche da una parte all'altra della gabbia: resti comunque fregato, perche' nell'angolo dove sapevi che non c'era la corrente elettrica adesso c'è. Gli abitanti del villaggio si fondono sempe in una coscienza collettiva sempre al di là della morale pur essendo infognati in questa stessa morale, la loro morale.
Il regista con i colpi di scena, a volte un po' annoiati, sferza le coscienze e la sensibilità.
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Parossismo del senso d'impotenza e del rifiuto di vedere la vita come pervasa da una linearità inconfutabile, sia nel bene che nel male. Il tutto seguito da comprensione, perdono e follia come unica possibilità per fuggire e nel contempo restare, quando la tua persona è annullata, vilipesa. Come in gabbia senza via di scampo neanche da una parte all'altra della gabbia: resti comunque fregato, perche' nell'angolo dove sapevi che non c'era la corrente elettrica adesso c'è. Gli abitanti del villaggio si fondono sempe in una coscienza collettiva sempre al di là della morale pur essendo infognati in questa stessa morale, la loro morale.
Il regista con i colpi di scena, a volte un po' annoiati, sferza le coscienze e la sensibilità. Scopre il criminale presente in tutte le persone, persino nella protagonista che perde completamente la dignità di se stessa nel sottostare ad ogni tipo di sopruso. Pessimista ma anche catartico. Forse non è educativo e puo' confondere. In ogni caso un film molto intelligente
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andrea b
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mercoledì 8 settembre 2010
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dogville
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Nella città di Dogville trova rifugio una giovane ragazza inseguita dai gangster.La povera Grace sarà inizialmente accolta e nascosta ma poi verrà umiliata,violentata,torturata e incatenata fino a che non riuscirà a liberarsi ed attuare la sua sanguinosa vendetta.Il set del film di Lars Von Trier è tutt' altro che ordinario e proprio qui sta il genio del regista.Le case sono stilizzate con un paesaggio ristretto e volutamente monotono, adornato da oggetti del periodo della grande Depressione e qualche mezzo d' epoca.E' come una sorta di storia sui rapporti umani che si evolve in un dramma con una conclusione che ricorda le opere del poeta latino Ennio nel periodo tragico.
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Nella città di Dogville trova rifugio una giovane ragazza inseguita dai gangster.La povera Grace sarà inizialmente accolta e nascosta ma poi verrà umiliata,violentata,torturata e incatenata fino a che non riuscirà a liberarsi ed attuare la sua sanguinosa vendetta.Il set del film di Lars Von Trier è tutt' altro che ordinario e proprio qui sta il genio del regista.Le case sono stilizzate con un paesaggio ristretto e volutamente monotono, adornato da oggetti del periodo della grande Depressione e qualche mezzo d' epoca.E' come una sorta di storia sui rapporti umani che si evolve in un dramma con una conclusione che ricorda le opere del poeta latino Ennio nel periodo tragico.
Più che un film vero e proprio si propone come una rappresentazione teatrale che palesa la svergognata falsità del cinema ma anche, in modo più diretto, l' ipocrisia degli abitanti delle piccole città pronti a mostrarsi grandi profeti della propria perfezione agli occhi degli altri rivelandosi tutt' altro all' interno delle loro quattro mura.
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oldpulp
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martedì 17 aprile 2012
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cattivo,brutale, straordinario.
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Per iniziare una recensione di questo capolavoro di Lars Von Trier bisogna affermare che non è un film qualsiasi, e che potrebbe non piacere a tutti, proprio per l'originalità del soggetto e perchè tutto sommato è un prodotto piuttosto rivoluzionario.
La genialità della pellicola(e la prima cosa che salta all'occhio) è senz'altro l'assenza di scenografia, LVT ci porta in questa cittadina semplice,composta da poche casette malridotte e 15 abitanti,quasi tutti già da subito cordiali e gentili.
Molto di ciò che vediamo è lasciato alla nostra interpretazione ed immaginazione, sentiamo una porta scricchiolare, il cane abbaiare.
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Per iniziare una recensione di questo capolavoro di Lars Von Trier bisogna affermare che non è un film qualsiasi, e che potrebbe non piacere a tutti, proprio per l'originalità del soggetto e perchè tutto sommato è un prodotto piuttosto rivoluzionario.
La genialità della pellicola(e la prima cosa che salta all'occhio) è senz'altro l'assenza di scenografia, LVT ci porta in questa cittadina semplice,composta da poche casette malridotte e 15 abitanti,quasi tutti già da subito cordiali e gentili.
Molto di ciò che vediamo è lasciato alla nostra interpretazione ed immaginazione, sentiamo una porta scricchiolare, il cane abbaiare...ma non li vediamo, è tutto reso in maniera molto teatrale e visionaria, ci sono solo pochi elementi caratteristici:la panchina, un pezzo di muro e altri oggetti riconoscibili.
Ma questa particolarità di Dogville è sola la facciata dell'opera,solo l'aspetto esteriore...domandiamoci per un attimo questa scelta, analizzando il film scopriamo che tutto ciò è realizzato per farci capire a fondo la malsana mentalità da piccola cittadina nella quale tutti sanno tutto degli altri, e fanno finta di niente, anche se sanno che all'interno dell'amata cittadina succedono vere e proprie atrocità.
Dogville si basa proprio su questo, LVT ci mostra la vera crudeltà, la malsana violenza che risiede in tutti noi, è incredibile infatti il capovolgimento della storia, tutto inizia in maniera tranquilla e rilassata, dopo la presentazione del paesino e dei suoi abitanti, che cominciano ad accettare la fuggitiva Grace(una splendida Nicole Kidman), la situazione si ribalta, all'indifesa ragazza vengono inflitte le pene dell'inferno, come stupri e violenze di ogni sorta.
La sceneggiatura credo sia una delle migliori mai create, siamo portati ad odiare con tutto il cuore quei maledetti bastardi dei cittadini, così semplici e puri all'apparenza, ma allo stesso tempo così brutali e distruttivi.
Il film,sebbene la notevole lughezza di quasi tre ore, è molto coinvolgente ed appassionante, non vedi l'ora di scoprire come andrà a finire la vicenda.
La scena finale, in particolare, è da antologia del cinema, il dialogo con il padre sull'arroganza è molto significativo e la luna che rischiara e rivela la crudeltà delle persone è un'immagine che non si dimentica, il massacro seguente è un vero e proprio shock, incredibilmente cattivo e catartico.
Quest'opera è una completissima analisi di coscienza, un'analisi bellissima dell'animo umano e la consacrazione definitiva di questo regista così folle e talentuoso.
Notevoli tutte le interpretazioni, a partire da una Nicole Kidman irripetibile e un ottimo James Caan,nota a parte Paul Bettany, un'incredibile rivelazione( ho provato tanto, tanto odio nei confronti di Tom, sono stato veramente colpito dall'orripilanza e la falsità del personaggio).
In sintesi un cattivissimo capolavoro, il miglior film del decennio. 10/10
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pugnochiuso
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venerdì 5 dicembre 2003
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capolavoro
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Punto e a capo. Ogni volta che Von Trier si mette dietro la macchina da presa siamo sicuri di essere davanti ad un evento. Questa volta ancor di piu', ad un capolavoro, al capolavoro di quest'anno(forse in co-abitazione con Mystic river). Opera minimale nella visione ma pregna di significato nel messaggio. Ancor piu' straordinaria se pensiamo che in un'epoca dominata da blockbusters e quindi da vertiginose cifre in fase di produzione, tale idea poteva essere pensata e realizzata da chiunque con un badget ridotto (a parte, ovviamente, il cast stellare). Sempre piu' brava e bella la Kidman.
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vanessa alias italia87
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domenica 16 dicembre 2007
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chi merita di vivere?
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"Dogville" è un film insolito, atroce. Insolito perchè è ambientato su un palco, in un teatro di posa. Volutamente Lars Von Trier non presenta una cittadina specifica, collocata nello spazio perchè vuole raccontare la storia di tutti. La vita così come la conosciamo, la vita che quasi sempre facciamo finta di non vedere. Atroce perchè tremendamente vero. Potrei esaurire tutti i caratteri che ho a disposizione per scrivere questa recensione eppure non riuscirei,( credetemi sulla parola!)a spiegare "Dogville" a nessuno di voi. E' un 'esperienza personale, intima. E' un film che bisognerebbe guardare da soli: per riflettere, indignarsi e anche piangere, se necessario, senza avere il timore che qualcuno ci giudichi se decidiamo di farlo.
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"Dogville" è un film insolito, atroce. Insolito perchè è ambientato su un palco, in un teatro di posa. Volutamente Lars Von Trier non presenta una cittadina specifica, collocata nello spazio perchè vuole raccontare la storia di tutti. La vita così come la conosciamo, la vita che quasi sempre facciamo finta di non vedere. Atroce perchè tremendamente vero. Potrei esaurire tutti i caratteri che ho a disposizione per scrivere questa recensione eppure non riuscirei,( credetemi sulla parola!)a spiegare "Dogville" a nessuno di voi. E' un 'esperienza personale, intima. E' un film che bisognerebbe guardare da soli: per riflettere, indignarsi e anche piangere, se necessario, senza avere il timore che qualcuno ci giudichi se decidiamo di farlo. Non potete neanche lontanamente immaginare quali reazioni susciterà in voi fino a quando non vi troverete da soli, davanti allo schermo. Soli e senza difese, proprio come quando ci si guarda dentro. "Dogville" è in tutti noi e non possiamo negarlo, fa parte di una vita che conosciamo dal momento in cui siamo nati. E' un paese come ce ne sono tanti, ma è soprattutto un "paese dell'anima", un'anima meschina, sporca , gretta, ottusa, spietata. La chiave di volta del film è come direbbe Tom( Paul Bettany)"l'argomentazione", ovvero l'accettazione. Peccando di presunzione e superbia(e di peccati i questo film ce ne sono tanti),Tom approfitta dell'arrivo in città della bella e affascinante Grace (Nicole Kidman), in fuga da un gruppo di gangster,per insegnare ai compaesani l'arte dell' accettare chi è, in un certo senso, diverso da loro. All'inizio viene accolta con riluttanza e paura, poi col tempo gli abitanti di Dogville cominciano ad approvare la sua presenza in città, affidandole mansioni tutt'altro che indispensabili, senza le quali avrebbero continuato a vivere come sempre.La sua vita procede "tranquilla" per un po', ma la minaccia della polizia che è sulle sue tracce scuote la monotonia della vita delle persone. Comincia quindi lo sfruttamento: più ore di lavoro, retribuzione più bassa. Grace è costretta ad accettare a sua volta e suo malgrado i maltrattamenti, le umiliazioni e anche la violenza carnale prima da parte di Chuck, poi da quasi tutti gli uomini del paese. Le donne,gli uomini e perfino i bambini sentono il diritto di privarla della sua libertà e delle sue speranze, arrivando a legarla alla catena come un CANE.Prova più volte a scappare, ma gli abitanti non glielo permettono, forse perchè hanno bisogno di qualcuno su cui scaricare la loro rabbia, il loro risentimento, la loro invidia.Grace diventa il "capro".L'espiazione di Dogville. Sarà lo stesso Tom (innamorato di lei) a consegnarla alla polizia. L’uomo misterioso che la inseguiva, altri non era che suo padre, un killer. Al termine il film cambia faccia, Grace si rivela in tutta la sua arroganza, si erge a giudice e condanna chi ha abusato di lei. Ordina di uccidere. La sua ira non risparmia nessuno, tranne Mosè, il cane. L'unico che merita di vivere.
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fedeleto
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giovedì 19 agosto 2010
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dogville:la terra del'iposcrisia..
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Von trier e' di sicuro uno degli ultimi veri registi che ci sia rimasto,capace di fare un film che porti a riflettere su alcune tematiche interessanti.Dopo averci commosso con dance in the dark,von trier si concentra su un film decisamente differente da tutti gli altri ,e si allontana dal progetto dogma 95.Dogville e' un film che mette in risalto il lato ipocrita dell'uomo,che nella sua avidita',bramosia,saccheggia e distrugge tutto ,ma l'unica cosa che viene distrutta e' appunto l'anima di grace(interpretata da una grande nicole kidman) che capita in questo paesino chiamato dogville,poiche' e' in fuga dal padre mafioso,ma cio' che le capitera' a dogville e' una sorta di inferno dantesco ove ella e' solo un oggetto da usare e ognuno abusa della sua persona sia sessualmente sia materialmente,minacciandola che se reagira' verra' detto ove si trova al padre.
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Von trier e' di sicuro uno degli ultimi veri registi che ci sia rimasto,capace di fare un film che porti a riflettere su alcune tematiche interessanti.Dopo averci commosso con dance in the dark,von trier si concentra su un film decisamente differente da tutti gli altri ,e si allontana dal progetto dogma 95.Dogville e' un film che mette in risalto il lato ipocrita dell'uomo,che nella sua avidita',bramosia,saccheggia e distrugge tutto ,ma l'unica cosa che viene distrutta e' appunto l'anima di grace(interpretata da una grande nicole kidman) che capita in questo paesino chiamato dogville,poiche' e' in fuga dal padre mafioso,ma cio' che le capitera' a dogville e' una sorta di inferno dantesco ove ella e' solo un oggetto da usare e ognuno abusa della sua persona sia sessualmente sia materialmente,minacciandola che se reagira' verra' detto ove si trova al padre.La crudelta' degli uomini di dogville porta addirittura a metterle il guinzaglio,trattarla come una vera e propria bestia,ma solo alla fine quando il padre la reincontrera' grace gli chiedera' di sterminare l'intera popolazione di dogville.Film ove l'anima dell'uomo viene profanata da l'ipocrisia,e il corpo e' oramai non solo prigione dell'anima ma prigione di dogville,una cittadina dove li uomini sono abituati a mentire e a vivere senza una legge ,e questa distanza dalla grande citta' li ha solo resi ancor piu' selvaggi non c'e' niente da fare se non passare il tempo e nascondere cio' che si e' veramente .Non mancano interessanti riferimenti (l'uomo di chiesa rappresenta colui che non riesce a far uscire il suo lato materialista,ed in un certo senso e' un'idealista ma diviene corrotto per via di dogville che annerisce il suo animo, e la sua troppa ragione verra' simbolicamente distrutta proprio dalla pistola di grace,poiche' ha portato solo a peggiorare le situazioni),ma un 'altro punto da non trascurare e' l'originalita' che usa von trier girando tutto in un teatro di posa ove non esiste una scenografia, e cio' porta ad evidenziare ancor di piu' le persone ed i loro caratteri ,in cui non ci si puo' nascondere dietro a niente se non dietro le loro bugie e falsita'.sicuramente uno dei capolavori di von trier.
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