carloalberto
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mercoledì 3 novembre 2021
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citti, un poeta incompreso
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Quella di Citti è una storia drammatica, come tante nel martoriato sud dell’Italia del dopoguerra, di una ragazzina cresciuta in un paesino della Sicilia nell’ignoranza e nella povertà, che viene violentata da un notabile democristiano, ex comunista, ex gerarca fascista, rimane incinta e le tolgono il bambino. Una storia qualunque di degrado tradotta in poesia filmica, tra realismo e surrealismo, una favola onirica nella quale i sogni del maniscalco, un grandissimo Harvey Keitel, alcolista perché abbandonato dalla moglie fuggita con l’avvocato del paese, si confondono con la realtà fino a materializzarsi in essa. Nonostante il soggetto compassionevole e la suggestiva sequenza finale siano congegnate per suscitare emozioni, il film non cade mai nel melodrammatico grazie alla visionarietà di Citti, che trasforma gli stereotipi del genere drammatico sentimentale, la madre snaturata, le suore dell’orfanotrofio, e persino il gruppetto di bambini, in personaggi allucinati di un mondo distopico.
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Quella di Citti è una storia drammatica, come tante nel martoriato sud dell’Italia del dopoguerra, di una ragazzina cresciuta in un paesino della Sicilia nell’ignoranza e nella povertà, che viene violentata da un notabile democristiano, ex comunista, ex gerarca fascista, rimane incinta e le tolgono il bambino. Una storia qualunque di degrado tradotta in poesia filmica, tra realismo e surrealismo, una favola onirica nella quale i sogni del maniscalco, un grandissimo Harvey Keitel, alcolista perché abbandonato dalla moglie fuggita con l’avvocato del paese, si confondono con la realtà fino a materializzarsi in essa. Nonostante il soggetto compassionevole e la suggestiva sequenza finale siano congegnate per suscitare emozioni, il film non cade mai nel melodrammatico grazie alla visionarietà di Citti, che trasforma gli stereotipi del genere drammatico sentimentale, la madre snaturata, le suore dell’orfanotrofio, e persino il gruppetto di bambini, in personaggi allucinati di un mondo distopico. Citti coglie nel segno, vede l’essenza come soltanto i poeti, guarda gli uomini e le donne non per come appaiono ma per quello che intimamente sono e li rappresenta espressivamente.
Stesso sceneggiatore, Vincenzo Cerami, e stesso compositore della colonna sonora, Nicola Piovani, del super premiato La vita è bella di Benigni. Anche Citti realizza, come Benigni, una favola surreale prendendo spunto dalla realtà, ma la sua non piace troppo e nonostante la presenza nel cast di due mostri sacri del cinema, Harvey Keitel e Giancarlo Giannini, che fa un duplice splendido lavoro sia come doppiatore di Keitel che come coprotagonista, Vipera del 2001 è caduto nel dimenticatoio. La sua colpa, forse, è di non trattare temi epocali in modo semplicistico e superficiale, facendo commuovere la gente, laddove, invece, ci sarebbe da rimanere a riflettere pietrificati dall’orrore. La storia modesta, minimalista è una povera cosa che non interessa a nessuno. Spiegabile, quindi, perché il film non abbia avuto lo stesso successo del La vita è bella, invece, del tutto incomprensibile resta che Larissa Volpentesta, straordinaria interprete della bambina, non sia diventata nel frattempo una delle migliori attrici del nostro cinema.
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antonello chichiricco
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martedì 19 agosto 2014
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rosetta... "non essere": questo è il problema!
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Di Sergio Citti avevo apprezzato, per motivi diversi, i precedenti "Casotto" e "Mortacci". Da questo suo film, "Vipera", invece, pur riconoscendo lo stile - mi si perdoni l'azzardo terminologico - post-pasoliniano, non posso che restare sconcertato. Nel dipanarsi del racconto c'è una frequente mancanza di logica continuità. A volte si ha la sensazione che al film siano stati tagliati passaggi importanti, diverse scene si succedono le une alle altre senza un legame, come quando il padre della ragazza muore all'improvviso e non si sa come. O così come nel corso della vicenda ci si trova inspiegabilmente sbalzati da una località all'altra. La scelta dei molti primissimi piani sul volto della protagonista dovrebbe aiutare lo spettatore a carpirne sentimenti, pensieri, stati d'animo, ma la fissità monoespressiva delle due interpreti (Rosetta da bambina e da adulta) riesce solo a rendere una inverosimile estraneità ai fatti che le riguardano.
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Di Sergio Citti avevo apprezzato, per motivi diversi, i precedenti "Casotto" e "Mortacci". Da questo suo film, "Vipera", invece, pur riconoscendo lo stile - mi si perdoni l'azzardo terminologico - post-pasoliniano, non posso che restare sconcertato. Nel dipanarsi del racconto c'è una frequente mancanza di logica continuità. A volte si ha la sensazione che al film siano stati tagliati passaggi importanti, diverse scene si succedono le une alle altre senza un legame, come quando il padre della ragazza muore all'improvviso e non si sa come. O così come nel corso della vicenda ci si trova inspiegabilmente sbalzati da una località all'altra. La scelta dei molti primissimi piani sul volto della protagonista dovrebbe aiutare lo spettatore a carpirne sentimenti, pensieri, stati d'animo, ma la fissità monoespressiva delle due interpreti (Rosetta da bambina e da adulta) riesce solo a rendere una inverosimile estraneità ai fatti che le riguardano. Parafrasando il Clint Eastwood di "Per un pugno di dollari" con le famose due espressioni con e senza il cappello - nel nostro caso - potremmo parlare impietosamente di due sole espressioni in entrambe le attrici: con o senza le lacrime. E va bene l'ancestrale cultura contadina, va bene la società arretrata, la decadenza, il fatalismo, ecc. ma la meschinedda più che "Rosetta" avrebbe dovuto chiamarsi "Nulletta": dall'inizio alla fine lei "non c'è" mai; è tutto un succedersi e un confermarsi della sua totale passività nei confronti di ciò che gli altri (uomini, donne, bambini e adulti) tassativamente decidono per lei, nelle piccole come nelle grandi decisioni. La violentano, le tolgono il figlio, la sbattono in collegio, la madre prima la ripudia, poi accetta di ospitarla, poi la caccia via, poi la vorrebbe con sé...
Bravissimi, manco a dirlo, Giannini ("finalmente" nei panni di un balordo!) e Keitel. Scialba la fotografia (considerati gli scenari della vicenda si poteva fare molto di più) poco credibili le riprese di massa, e il commento musicale.. mah, se c'era non me ne sono accorto. La scena più incisiva e meritevole? l'articolata sequenza, quasi espressionistica, della pazzia di "Vipera", madre di Rosetta. E' per questa resa di umana tragicità che ho optato per il secondo asterisco.
In ultimo due modesti appunti per la vostra Daniela recensitrice: il violentatore di Rosetta è solo il "fascistone", non certo il povero padre (questo almeno si capisce); e l'epoca dello stupro non mi sembra sia così facilmente individuabile negli anni Sessanta.
Antonello Chichiricco
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conte di bismantova
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domenica 21 novembre 2010
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mah...
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cara Daniela, credo che tu abbia preso un granchio, nella migliore delle ipotesi. Il padre non la violenta assolutamente. Ciò è talmente importante nella lettura del film da farmi pensare che tu non l'abbia nemmeno visto. fai più attenzione, se non altro perchè ormai su Citti abbiamo già tanta incomprensione, sempre nella migliore delle ipotesi.
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leone
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martedì 29 gennaio 2008
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goffredo fofi è il prete
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Goffredo Fofi ha partecipato a questo film. Quindi è un capolavoro immortale. Lunga vita al maestro FOFI, per sempre! SIIIIIIII!
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pitr
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venerdì 23 aprile 2004
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credo che...
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Le stelle selezionate sono per il grande Keitel e Rosetta da piccola:i 2 personaggi meravigliosi di questo film.Per gli altri...2 stelle!
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mcmurphy
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un capolavoro incompreso... casualmente?
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Ho avuto modo di leggere la recensione in capo e sono disgustato.
Evidentemente non si è visto il film e perchè allora si pretende di recensirlo?
La piccola Rosetta viene abusata dal fascistone e non dal padre che ha sempre cura di lei e la aiuta a sorridere alla vita. Mi è ancora impressa l'immagine in cui la figlia prepara il "minestrone" al padre e la scena in cui i bambini ridendo dicono in coro a Rosetta piangente che il padre è morto.
Critici incompetenti come avete fatto a non capire il film? Come non avete capito un capolavoro di un regista come Sergio Citti? Lo capite il cinema?
[+] grande
(di joker91)
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