enrico omodeo salè
|
giovedì 14 gennaio 2010
|
un corto che ha fatto la storia (1/2)
|
|
|
|
Sembène Ousmane fonda nel 1962 la società di produzione Doomireew e realizza in coproduzione con Actualité Francaises il suo primo cortometraggio1: Borom Sarret, premiato a Tours e a Saint-Cast nel 1963. L’opera, tratta da una sceneggiatura originale, è la prima pellicola di finzione senegalese2 e dell’Africa Nera. Il film è realizzato in pellicola 16mm bianco e nero, dura 19 minuti e comprende 114 inquadrature. Girato con pochissimi mezzi (équipe tecnica di tre persone, attori non professionisti, ambientazione naturale), uscirà nelle sale nel 1966 insieme a La noire de…
TRAMA
Borom Sarret (Abdoulaye Ly), carrettiere di Dakar, saluta sua moglie di buon mattino e si reca come ogni giorno al mercato di Sandaga.
[+]
Sembène Ousmane fonda nel 1962 la società di produzione Doomireew e realizza in coproduzione con Actualité Francaises il suo primo cortometraggio1: Borom Sarret, premiato a Tours e a Saint-Cast nel 1963. L’opera, tratta da una sceneggiatura originale, è la prima pellicola di finzione senegalese2 e dell’Africa Nera. Il film è realizzato in pellicola 16mm bianco e nero, dura 19 minuti e comprende 114 inquadrature. Girato con pochissimi mezzi (équipe tecnica di tre persone, attori non professionisti, ambientazione naturale), uscirà nelle sale nel 1966 insieme a La noire de…
TRAMA
Borom Sarret (Abdoulaye Ly), carrettiere di Dakar, saluta sua moglie di buon mattino e si reca come ogni giorno al mercato di Sandaga. Sulla strada trova dei clienti, alcuni dei quali non lo pagano. Incontra un mendicante, trasporta dei mattoni all’altro lato della città, porta all’ospedale una giovane coppia con una giovane donna sul punto di partorire.
A pranzo mangia una noce di cola. Poi, dopo aver rifiutato di fare la carità a un mendicante, incontra uno scaltro griot1 che gli canta un elogio dei suoi antenati. Onorato, gli offre tutto il guadagno della mattinata di lavoro.
In seguito trasporta al cimitero un signore il cui figlio è da poco deceduto, ma che non potrà seppellirlo a causa della mancanza di un documento. Un signore dall’aspetto borghese gli offre molto denaro per andare al Plateau, il quartiere chic di Dakar. Attratto dai soldi, Borom Sarret accetterà, nonostante l’interdizione per i carrettieri di recarsi in quella zona.
Privo di fortuna, verrà arrestato da un poliziotto, che gli requisisce i documenti, il carretto e il cavallo. Il cliente approfitta della situazione per svignarsela senza pagarlo.
Disperato, il carrettiere rientra a casa più povero di prima. Sua moglie, data la situazione, gli affida il loro bambino e parte alla ricerca di cibo.
STRUTTURA
L’intreccio è semplice, la narrazione è lineare, poichè subordinata allo sviluppo cronologico degli avvenimenti, anche se si percepiscono a tratti dei salti, delle ellissi, delle questioni in sospeso, spesso accompagnate dall’effetto ottico della dissolvenza in nero.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a enrico omodeo salè »
[ - ] lascia un commento a enrico omodeo salè »
|
|
d'accordo? |
|
enrico omodeo salè
|
giovedì 14 gennaio 2010
|
un corto che ha fatto la storia (2/2)
|
|
|
|
TEMATICHE
Borom sarret è il nome che viene dato, a Dakar, a coloro che con un miserabile carretto trainato da un cavallo sostituiscono i taxi. Tali mezzi di trasporto non possono fuoriuscire dai quartieri popolari.
Nel film sono presenti le caratteristiche tipiche del cinema africano: la linearità dello sviluppo narrativo e una recitazione non drammatizzata all’occidentale supportano infatti un’opera di finzione contenente elementi di realismo documentario. Tali elementi sono delle costanti che si riscontrano in quasi tutti i film realizzati nell’Africa Nera, cui si aggiungono l’assenza dell’eroe positivo e la sceneggiatura realista che fa emergere un discorso molto critico sulla situazione post-coloniale.
[+]
TEMATICHE
Borom sarret è il nome che viene dato, a Dakar, a coloro che con un miserabile carretto trainato da un cavallo sostituiscono i taxi. Tali mezzi di trasporto non possono fuoriuscire dai quartieri popolari.
Nel film sono presenti le caratteristiche tipiche del cinema africano: la linearità dello sviluppo narrativo e una recitazione non drammatizzata all’occidentale supportano infatti un’opera di finzione contenente elementi di realismo documentario. Tali elementi sono delle costanti che si riscontrano in quasi tutti i film realizzati nell’Africa Nera, cui si aggiungono l’assenza dell’eroe positivo e la sceneggiatura realista che fa emergere un discorso molto critico sulla situazione post-coloniale. Questo cortometraggio, in un certo senso, fa scuola.
Borom Sarret è un “testimone, e ancor di più, un mediatore. Cammina attraverso la città per farcela scoprire”1, trasformando il suo carretto in taxi, impresa di pompe funebri, ambulanza. Attraverso i suoi spostamenti assistiamo a un ritratto delle classi sociali di Dakar: la camera di Sembène ci offre un quadro sociologico (dall’interno) della capitale attraverso lo sguardo del protagonista.
Per quanto riguarda i personaggi, ciascuno porta un’apertura su un aspetto della vita sociale di Dakar che interessa l’autore e che gli permette di fornire un quadro d’insieme, documentaristico, della capitale senegalese.
“La città – afferma Maxime Scheifingel - è ricostruita secondo un sistema di opposizioni: quartiere povero-quartiere ricco, mercato centrale- terra brulla non costruita, maternità-cimitero”1.
Dopo che un mendicante gli domanda la carità, Borom non si muove e non gli risponde, pensando: “A che serve, sono come le mosche”. E’il pensiero di chi vive e vede la miseria tutti i giorni e si rende conto dell’inutilità di un gesto misericordioso. Uno stato di indifferenza causato dall’abitudine alla povertà.
Quando invece arriva un griot, che dopo alcune astute frasi adulatorie comincia a evocare il passato glorioso dei suoi antenati, il carrettiere sborserà tutti i soldi guadagnati nella giornata, dimenticando la raccomandazione della moglie: “Ricorda che non abbiamo niente da mangiare”. L’orgoglio e la vanità, “sentimenti che i poveri possiedono spesso a un livello più forte dei ricchi” 2, gli costano cari.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a enrico omodeo salè »
[ - ] lascia un commento a enrico omodeo salè »
|
|
d'accordo? |
|
enrico omodeo salè
|
giovedì 14 gennaio 2010
|
un corto che ha fatto la storia (simboli)
|
|
|
|
La scena del griot è anche una denuncia dell’aspetto mistificatore della religione. Il carrettiere è un musulmano praticante, come il griot. Il primo però è superstizioso, prega con il gris-gris quando deve entrare col carretto in un luogo interdetto e si lascia turlupinare dalle adulazioni dello scaltro santone.
Anche la burocrazia viene ridicolizzata nella scena dell’accompagnamento del cadavere di un bambino al cimitero. Il padre possiede un foglio per la sepoltura ma non lo sa leggere (accenno al problema dell’analfabetismo in Senegal). Il guardiano ha bisogno di un altro tipo di autorizzazione per l’inumazione.
Vi è poi il personaggio del funzionario che trasloca furtivamente durante il crepuscolo chiedendo aiuto a Borom Sarret.
[+]
La scena del griot è anche una denuncia dell’aspetto mistificatore della religione. Il carrettiere è un musulmano praticante, come il griot. Il primo però è superstizioso, prega con il gris-gris quando deve entrare col carretto in un luogo interdetto e si lascia turlupinare dalle adulazioni dello scaltro santone.
Anche la burocrazia viene ridicolizzata nella scena dell’accompagnamento del cadavere di un bambino al cimitero. Il padre possiede un foglio per la sepoltura ma non lo sa leggere (accenno al problema dell’analfabetismo in Senegal). Il guardiano ha bisogno di un altro tipo di autorizzazione per l’inumazione.
Vi è poi il personaggio del funzionario che trasloca furtivamente durante il crepuscolo chiedendo aiuto a Borom Sarret. Non appena l’agente di polizia arresta il carrettiere, si daalla fuga.
La descrizione della burocrazia, che qui viene considerata superficialmente e in maniera indiretta, sarà al centro della narrazione di Le mandat.
Il poliziotto infine è il tipico rappresentante del nuovo governo post-coloniale: esegue (con eccessivo zelo) gli ordini dell’amministrazione nei confronti dei poveri, mentre lascia dileguarsi il ricco funzionario, vera causa del gesto illegale del carrettiere.
SIMBOLI
Borom Sarret all’inizio della giornata possiede un cavallo, simbolo della forza, e un carretto, che rappresenta la tradizione.
Il denaro, scopo del duro lavoro del protagonista, viene mostrato solo nella sequenza del trasporto al Plateau del ricco borghese, ma non viene mai incassato dal carrettiere, nonostante i numerosi clienti che trasporta. E’l’illusione della prosperità post-coloniale, che viene presto sostituito dalla rassegnazione reale dell’eroe che torna a casa senza un soldo.
La medaglia, schiacciata dal poliziotto dopo la confisca del carretto e la multa, fa serrare i pugni del protagonista. Sembra quasi più dispiaciuto per il gesto irriverente dell’agente di polizia piuttosto che della confisca della sua unica fonte di guadagno; probabilmente la medaglia è un premio di guerra a cui il carrettiere tiene particolarmente.
E’un pessimismo senza speranza quello che il regista vuole comunicare allo spettatore? Probabilmente no: più che un messaggio, il film esprime l’inquietudine di un popolo per il proprio futuro. Il bambino di Borom Sarrett, che tiene tra le braccia nell’ultima scena, è l’emblema del grande punto interrogativo che incombe sull’Africa post-coloniale.
La questione finale è: “cosa diventerà il figlio di Borom Sarret”?
[-]
|
|
[+] lascia un commento a enrico omodeo salè »
[ - ] lascia un commento a enrico omodeo salè »
|
|
d'accordo? |
|
|