Zero Focus

Il rischio dei matrimoni combinati (e non solo) è che non si viene a sapere mai abbastanza del passato del proprio compagno. Così accade all'impaurita Teiko, sposa dell'agente pubblicitario Kenichi, all'improvviso vestita di bianco, poco dopo da sola a casa a pensare al marito in viaggio d'affari verso Kanazawa. Siamo alla fine degli anni Cinquanta (i cellullari non sono diffusi e alcune storie sono ancora possibili), quando le donne fanno fatica a trovare un ruolo sociale importante alla pari degli uomini. In questo clima antidemocratico, succede il guaio: Kenichi non torna più a casa e Teiko, non fidandosi delle rassicurazioni dei parenti, parte per andare a cercarlo. Scoprirà segreti difficili da accettare, incontrerà due donne protagoniste del passato del marito, Murota Gisaku e Sachiko, e dovrà combattere con l'omertà di alcuni vecchi conoscenti.
Alcune sequenze di questo noir giapponese, tratto dal romanzo omonimo di Matsumoto Seicho, sono riconducibili al cinema di Alfred Hitchcock; la vertigine di una caduta dall'alto, le onde impetuose del mare, gli sguardi inquieti delle donne sono caratteristiche tipiche del maestro del brivido. Peccato poi che non si possa ricondurre al grande cineasta tutte le altre peculiarità di Zero Focus. La storia di una scomparsa e degli sforzi ingenti fatti per scoprire dove sia finito il personaggio 'dipartito' è la base della vicenda. Anche se le tappe del percorso conoscitivo della dolce protagonista appaiono un po' confuse (non è chiaro come riesca a intuire tutti i brogli del marito), il rispetto per un certo gusto estetico del passato ipnotizza chi sta a guardare. La cura dei dettagli (dai vestiti al trucco) riesce ad attirare l'attenzione, anche se la storia di per sé risulta poco ritmata, appiattita senza slanci. Sullo sfondo rimangono gli accenni alla condizione degradante della donna giapponese durante gli anni Cinquanta, la corruzione dei politicanti e il gioco squallido di potere tra insicure figure governative. 