Amici miei

Il  cinema italiano ha un filone sotterraneo di umorismo sottile, amabile e malinconico che comincia forse con il Parlami d'amore Mariù di Mario Camerini  (1931). 
La periodizzazione esclude il cinema muto che meriterebbe un discorso a parte.
Questo filone riaffiora periodicamente e ha tra i registi, oltre al nome di Camerini, quello di Blasetti (Quattro passi tra le nuvole, 1943), quello di Vittorio De Sica (Teresa Venerdì, 1941, Miracolo a Milano, 1951), Luigi Zampa e Pietro Germi. Da qui nasce Mario Monicelli che del filone ha saputo farne un suo metro stilistico preciso. Per lui l'esempio di Germi, molto più del sodalizio con Steno, è determinante. Monicelli nasce artisticamente quando prende Amici miei dalle mani di Germi, quel Germi che con Divorzio all'italiana (1961) e con Signore e signori (1965) ha portato avanti quel discorso umoristico, spregiudicato e libero superando tutti i condizionamenti mentali che opprimevano la più parte dei registi del tempo.
Il valore quindi di Amici miei va visto in questo più ampio contesto  che valorizza un cinema italiano fatto da parsonalità eccezionali di cui si spera di incontrare presto nuovi validi esponenti.

Bustercharlie