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Della polemica sui dialetti tirata fuori dalla Lega Nord, questo film è precorritore ed esemplare. E non solo per il padovan-trevigiano così ben declamato dagli attori, ma anche per il gusto sboccato e ruzzantesco. La piacevolezza del film - non volgare, si badi, malgrado il linguaggio e l'esibizione del nudo - sta in questo: nel richiamo a una tradizione che risale al nostro teatro popolare del Cinquecento. L'ambientazione nella splendida villa del contado trevigiano meriterebbe di per sé uno studio particolare inteso a valorizzarne la funzione narrativa. E che dire della colonna sonora così orecchiabile e ispirata a motivi di dolcezza contemplativa? La splendente nudità di Ursula si inquadra in questo contesto come gli affreschi tiepoleschi delle ville venete. Insomma un piccolo gioiello di quel regista poco noto che è Nello Rossati.
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