Shutter Island |
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Un film di Martin Scorsese.
Con Leonardo DiCaprio, Mark Ruffalo, Ben Kingsley, Michelle Williams, Patricia Clarkson.
continua»
Drammatico,
durata 138 min.
- USA 2010.
- Medusa
uscita venerdì 5 marzo 2010.
- VM 14 -
MYMONETRO
Shutter Island
valutazione media:
3,21
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Shutter island- Il confine tra realtà e finzionedi danilodacFeedback: 3276 | altri commenti e recensioni di danilodac |
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venerdì 1 ottobre 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
1954, Boston Harbor. L’azione comincia su una nave diretta ad Ashecliffe, istituto mentale per criminali situato all’interno di un’isola. Edward Daniels (L. Di Caprio) e il suo assistente Chuck Aule (Mark Ruffalo) devono indagare sulla misteriosa scomparsa di Rachel Solando, rinchiusa nel manicomio per aver assassinato i suoi tre bambini. Nel cercare di risolvere il mistero Daniels si accorge che il Dr. Cawley (Ben Kingsley), responsabile del manicomio, adotta uno strano metodo di cura per i propri pazienti, fuori dagli schemi dell’ordinaria amministrazione. Scoprirà che niente è quel che sembra a Shutter island. Costato 80 milioni di dollari e girato a Boston Harbor (Massacchussets), con frequenti ricorsi in esterni, il 25° film di M. Scorsese è uno psico-thriller visionario di allucinata tensione drammatica, con un taglio espressionistico attraversato da risvolti horror tipici degli anni ’40 o ’50. Nell’ultima pellicola del regista americano conta soprattutto la sceneggiatura di Laeta Kalogridis, tratta da un romanzo (L’isola della paura) di Dennis Lehane, di spiraliforme struttura, in cui la realtà, l’immaginazione e l’inconscio si rivelano tasselli utili alla composizione di un puzzle intriso di dolore e disperazione, imperniato sulla mente umana e la sua manipolazione (shutter sta per chiusura). Il passato (inteso soprattutto come memoria) vi gioca un ruolo importante: nei due giorni da incubo ciò che Edward Daniels esplora veramente non è l’isola del titolo, ma la sua mente. Percorrendo una cifra stilistica a metà strada tra Hitchcock e Kafka, Scorsese mostra la soggettività della realtà e il labile confine posto tra normalità e pazzia, riprendendo abilmente la formula dell’orrore suggerito e dell’atmosfera angosciosa, con i fatti sotto il segno dell’ambiguità. Da un punto di vista antropologico, è una rapsodia scorsesiana che, con inquietante naturalezza, suggerisce che da sempre l’umanità coabita con la violenza, ma è anche un’amara riflessione sull’arte come menzogna che dice la verità, sull’artista come illusionista e sull’impercettibile linea che divide il vero dal falso, nel cinema e nella vita. Il finale, come il resto del film, lascia libero spazio d’interpretazione: “La follia può essere contagiosa?”. Cos’è reale? E cos’è immaginario? “E’ questo che mi è piaciuto del film, che si presta a diversi livelli di lettura” (M. Scorsese). A livello visivo è un compendio dell’itinerario cinematografico di M. Scorsese, regista energico per eccellenza, con un omaggio allo “Scarpette rosse” di Powell & Pressburger. Funzionale apporto della tenebrosa fotografia di Robert Richardson e delle turbanti musiche di Robbie Robertson. Intensa e febbrile interpretazione di L. Di Caprio, coadiuvato da un’ottima squadra di attori ammirevoli per aderenza ai personaggi, tra cui spicca Ben Kingsley, caratterista di poliedrica bravura. Costumi: Sandy Powell. Scenografie: Dante Ferretti. Il montaggio è della veterana e pluripremiata Thelma Schoonmaker.
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