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Nel film Un bugia per due, il regista Rudy Milstein cerca di fare una commedia divertente, frizzante, anche political correct, ‘alla francese’, secondo la tradizione di quel paese. Per far questo sceglie degli argomenti irti di difficoltà su cui fare dell’ironia e fare delle risate, piuttosto che dei pianti mossi dall’angoscia: la diatriba tra la giustizia e la legge, dove il danaro rende vana la frase ‘la giustizia è uguale per tutti’; la causa contro una ditta di pesticidi imputata di aver causato il cancro a molte persone; uno studio di avvocati bellicosi ma solo avidi di danaro, mentre la controparte è deficiente e imbelle; le persone affette da cancro mostrate solo come marionette spelacchiate senza dignità e senza dimensione interiore; la figura del medico che che fa una diagnosi affrettata, sbagliata, impietosa, di cancro avanzato a Louis, è perlomeno oscenamente disumana; la madre di Louis che descrive la nascita del figlio, col figlio presente, come un disastro. Capisco che tutto questo possa però piacere a un certo pubblico perché non pare vero che degli dei possano rotolarsi nella polvere, e perché permette di ‘risolvere con una risata’ tutta una serie di sospesi, tra cui la paura della malattia e della morte. Ma non basta. La solitudine dei personaggi è clamorosa, come la loro incapacità di comunicare tra loro con gli affetti, non ce n'è manco uno che si salvi e che dia un po' di speranza. La solidarietà è assente e il materialismo narcisista e godereccio totale.
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