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il che vuol dire che poteva essere appoggiato su qualsiasi lato e poter godersene lo stesso, perfino capovolgendolo come pare andare in uso nei cartelloni cinematografici. Qualcosa avevo intuito tempo fa. Lo vidi, un rettangolone oblungo in verticale, appeso in uno studio tecnico. Me ne meravigliai, un ingegnere mi spiegò che ce lo aveva (im)posto la moglie, artista e intenditrice, che aveva coperto le pareti di casa con opere "sue". Esperto di statica delle strutture, non capiva come gli amanti stessero in piedi. Suggerii di metterlo in orizzontale come penso stiano volentieri coloro che si scambiano coccole. Lo fece subito e trovò che era meglio ma non gli piaceva lo stesso. La banalità di questo ricordo induce a pensare che la notorietà di un'opera d'arte non sempre giova alla sua considerazione.
Il film ci fa conoscere (parlo per me) Klimt. Ad esser sinceri neanche lui ci guadagna. Copia, vaga e divaga per influenze e tendenze ma, poi, si cristallizza, si caratterizza nel suo tipico ibrido. Una parte anatomia (gran bel disegnatore, guardate le dita sulla nuca del baciatore, poteva farle Michelangelo) e in giù stende una carta da parati rutilante di oro e tanti fiorellini. Jugendstil, per caso è un eufemismo per dire infantilismo d'ispirazione? Lasciamo perdere i Bizantini, impalati certo, ma con un culto (e una cultura) di secoli. Quanto a impicciarsi di Beethoven, per favore, Inno alla Gioia sublime ma non ha reso nessuno di buon umore. Assorbì ma non metabolizzò Klimt come la spugna che è pur un essere vivente ma sembra una "cosa". Ironia, si fa per dire, quella di un neurotico nel ritrarre la Signora che fa tanta paura. Non brandisce il falciafieno d'ordinanza, tiene sul petto un randellino rossastro con cui dovrebbe abbatterci ad uno ad uno. Una tedescata, Totentanz, Durer.
Il film non è tenero quando fa notare che in quel quadro la Vita è un groviglio di non dormienti che tengono gli occhi chiusi come rifiutandosi di guardare la realtà. Solo ci scruta dalle fessurine il marmocchio col pisellino in bella vista. Lo studioso con buona volontà vi vedrebbe reminiscenze di pale d'altare viste in Italia.
Art nouveau, stile Liberty, sono apprezzati per il risultato di eleganza mai più raggiunto dopo, ahimè. Valgono, però, in architettura, nell'arredamento e, se volete, in qualche mascherata preraffaellita nel vestiario, carenti sono di pensiero e d'avvenire. Mi distacco dal godereccio Gustav contento di averlo rivisto con queste preziose delucidazioni. Nondimeno continuerei a mettere il Bacio in posizione orizzontale.
P.S. Gentile Rossella, immagino non ne sarai lusingata ma devo riconoscere che di regola mi orienti, mi indirizzi, e spesso come stavolta mi illumini.
Non lo fa il film ma tu (posso?) tiri fuoti Les demoiselles d'avignon. Hai divinato che c'è stato un istante, si è instaurata una temperie che vuole "destrutturare", ciascuno con i propri mezzi, con la propria cultura. Solo che Picasso, come Raffaello, era un genio, quindi bonario, non ha infastidito nessuno.
Rivelo, quando vedo un Klimt mi vien voglia di spogliarlo per poi ritrarmi traumatizzato scorgendo il suo pupillo, Egon Schiele e corro subito a ricoprirlo con la stagnola da regalo. "Viennesi" ambo. Facciamo terno, chiamiamo Freud e la chiudiamo qui.
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