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Non che ne abbia competenza migliore dell'arte ma la butto subito nel fisiologico: era un diverso. Indizi, come accenna il film, venne in Italia nel '17. C'era la guerra ma lui neutrale, spagnolo, al solito, aspettiamo chi vince. Che vide? Una contadina in costume folkloristico e poi il mare, il nostro, il suo, di un acciaio freddo e cupo, manco il baltico. Dovrei inoltrarmi su una teoria dei colori, sulla loro percezione. Si sa, non esistono in natura, ciascuno li vede a modo suo. Variano a seconda di individuo, etnia, epoca. Nietzsche scoprì che sul "glauco" c'era un po' di confusione. Quindi se il pittore la vede in un certo modo, statevene buoni. Non parliamo se il "genio" ti destruttura la realtà ovvero la sua apparenza.
Su Picasso , se fossi serio, terminerei qui, ma, al pari dei fini commentatori, mi piace perdermi in evanescenze su antropologico, storico, sociale, politico.
IIl suo percorso artistico. Cominciò da una fine, dalla depressione di un frustrato. Sull'immaturo influì quella Parigi, godereccia e romantica ad un tempo, dove però un invaghimento non ricambiato, una turba psicosomatica ti portavano all'infelicità e spesso alla tragedia. Coriaceo, non si lasciò sopraffare. Andò al circo, rappresentazione di vissuto patito però "vita". Trovandomi per caso da solo in una stanza a tu per tu con un Arlecchino ebbi come la sensazione che "respirasse", che volesse parlare.
Les demoiselles d'avignon. Non c'entra la Città dei Papi dove ora circolano i burqa. Una viuzza del barrio gotico di Barcellona frequentata da sempre da senyoritas oggi con apporti africani. Rimasero allora nel cuore del caliente Pablito, nell'isolamento del poveraccio immigrato i "paesani" con cui fece comunella furono catalani.
Nel film, la commentatrice afro è quella che più mi ha convinto. Non viaggiò tanto Picasso ma frequentò il museo etnologico, più del Louvre. In quelle maschere vide un animismo essenziale che doveva essere espresso nella purezza, nella linearità della geometria, meglio solo triangoli e cifre. Interessante pure l'osservazione: "più che infantile, fanciullesco". Avevo sempre pensato a primitivo, nel senso di primordiale, primigenio. Fateci caso, la commistione bestiale, il Minotauro arriva nella maturità. Ha buttato la spugna sul suo essere o ha finalmente capito qualcosa di sè?
Se davvero era un genio non avrebbe dovuto crederci ma fu cooptato lo stesso politicamente. Premio Stalin, nato povero avrebbe avuto a cuore i proletari anche se non se ne conosce uno che abbia posseduto un suo quadro. Quella colomba mi sembra uno scherzo, beffardo, in questo caso davvero "fanciullesco". Senza allegria, come Goya che derise i Borboni, odiò le canaglie napoleoniche e morì, benestante, a Bordeaux.
Non lo sapevo (sempre utili questi film), rifiutò quando gli fu offerta la cittadinanza del Paese che lo rese famoso e ricco e oggi lo musealizza a proprio vanto. Albagia, animosità non del tutto giustificata.
C'è una Francia "éternelle" che si appropria di quel che capita ma c'è pure una Spagna "incurable que nunca pasarà".
P.S. Sull'ineffabile manfrina di "Guernica" ho già dato.
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