Sibyl - Labirinti di donna

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Tranfert e contro-tranfert Valutazione 3 stelle su cinque

di vanessa zarastro


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venerdì 3 luglio 2020

Dopo mesi di privazione di cinema, finalmente ieri sera ho visto un film in Arena! “Sibyl” è uno di quelli presentati nel Festival annuale della cinematografia francese di cui 5 su 6 sono registe donne.

Justine Triet al suo terzo lungometraggio confeziona un film suggestivo che poggia principalmente sulla splendida interpretazione di Virginie Efira - cui fa il degno controcanto Adèle Exarchopoulos -, ma con alcuni difetti di sceneggiatura. Avrei, ad esempio, evitato tutta l’ultima parte che sottolinea e insiste sulla fragilità della protagonista, già sufficientemente intuita ed accennata nella prima parte.

Il film mostra la vita della psicoanalista Sibyl divisa tra l’amore per il suo lavoro e il desiderio di tornare a fare la scrittrice. È una dottoressa empatica nonostante ostenti una importante freddezza professionale; decide pertanto di impegnarsi nella scrittura di un romanzo e interrompe i rapporti psicoanalitici con i suoi pazienti. Salvo due: un bambino che ha perso la madre e un’attrice (Adèle Exarchopoulos) innamorata di un collega (Gaspard Ulliel) che ha appena scoperto di essere incinta.

Da qui una serie di intrecci tra flashback della sua vita privata (amori, alcoolismo, psicoanalisi) e la vita attuale con il suo compagno Étienne (Paul Hamy) e due bambini, e tra le vicende sessuali e amorose della sua paziente Margot e quelle che lei intende narrare nel suo romanzo.

Man mano che la storia di Margot va avanti, aumenta la sua richiesta di aiuto alla psicoanalista. Per contro questa è soggetta a un notevole contro-transfert che, poco alla volta, la fa ripiombare in situazioni che lei credeva di aver superato definitivamente.

La regista sposta metà della sua ambientazione sull’isola di Stromboliì e con la suggestiva cornice delle Eolie vuole forse confezionare un omaggio ai registi italiani. Infatti è del 1949 “Stromboli Terra di Dio” di Roberto Rossellini con Ingrid Bergman, interamente girato sull’isola, mentre è di dieci anni dopo l’enigmatico “L’Avventura” di Michelangiolo e Antonioni.

L’intreccio si complica perché Igor, l’attore del film Never Talk to Strangers, convive con Mika la regista tedesca che lo sta girando. Margot abortisce e lo svela alla regista. Ne nasce una gran confusione che solo l’arrivo di Sibyl sull’isola durante le riprese cinematografiche, riuscirà a dipanare. La presenza di una persona terza che finirà per essere la traduttrice ufficiale tra gli attori anche se parlano la stessa lingua, infonde sicurezza.

Sibyl si troverà, a sua volta, invischiata nella storia come fosse la propria e vivrà momenti di totale identificazione con la sua paziente. Le sue difese crolleranno e si troverà di nuovo a bere e a fumare come aveva fatto anni addietro e con lo spauracchio della madre morta in un incidente d’auto perché guidava completamente ubriaca.

Qui le scene hanno strappato qualche risata del pubblico, infatti, sulla linea sottile che separa commedia e dramma non è chiaro quanto il film avesse volontariamente anche un registro comico, ma il coinvolgimento progressivo della psicoanalista nella gestione del film sull’isola vulcanica e nel già affollato ménage a trois, ha presentato un lato grottesco e divertente. In un’intervista Justine Triet sostiene: «Mi piace ridere di cose oscure e tragiche che a volte capitano nella vita» e afferma anche: «In realtà è il tipo di cinema a cui sono più interessata, sia come cineasta che come spettatrice. Sono sempre alla ricerca di situazioni che vanno fuori equilibrio, con alcuni personaggi seri e altri divertenti, e anche alcuni tragici – mi piace mettere tutto insieme».

Io il film lo avrei finito là dove era già chiaro il suo fallimento di ”psicoanalista distaccata”. «Ma come fai ad essere così sicura di te?» aveva chiesto a Sibyl sua sorella: «Faccio finta» le aveva risposto dopo un attimo di esitazione.

L’attrice belga Virginie Efira, mostra bene sia forza e freddezza di superficie sia la profonda plasticità che rende ancora più intenso la sua deviazione.

Come la giornalista di La bataille de Solférino e l’avvocato penalista di Victoria anche qui Justine Triet - per la prima volta in concorso al Festival di Cannes 2019 con “Sibyl” - mette in scena una scissione, svela le contraddizioni di una donna facendo sovrapporre la sua immaginazione fino a contaminare la realt.

 

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