inesperto
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giovedì 16 settembre 2021
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che intensità!
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Villeneuve continua a disseminare il mondo del cinema di grandi lavori: da Sicario in poi (il magico Arrival, il rispettoso ma ottimo Blade Runner 2049) non ha sbagliato un colpo. Una sua caratteristica costante è l'uso immaginifico delle musiche: esse immergono completamente lo spettatore all'interno della narrazione. In questo suo remake, che costituisce solo una prima parte, di cui si aspetta con trepidazione la seconda, non fa eccezione. La trama è fitta, intensa, ma esposta molto chiaramente (cosa non banale, oggigiorno) e stabilmente sul pezzo, mai stanca o ferma. Il duca Leto (il bravissimo Oscar Isaac, la cui carriera sta meritoriamente ascendendo), della casata Atreides, è inviato dall'imperatore sul pianeta Arrakis, per assumere il monopolio del commercio della Spezia (la sostanza più importante dell'universo, per varie motivazioni), sostituendo così dopo 80 anni la casata del barone Harkonnen (Stellan Skarsgard).
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Villeneuve continua a disseminare il mondo del cinema di grandi lavori: da Sicario in poi (il magico Arrival, il rispettoso ma ottimo Blade Runner 2049) non ha sbagliato un colpo. Una sua caratteristica costante è l'uso immaginifico delle musiche: esse immergono completamente lo spettatore all'interno della narrazione. In questo suo remake, che costituisce solo una prima parte, di cui si aspetta con trepidazione la seconda, non fa eccezione. La trama è fitta, intensa, ma esposta molto chiaramente (cosa non banale, oggigiorno) e stabilmente sul pezzo, mai stanca o ferma. Il duca Leto (il bravissimo Oscar Isaac, la cui carriera sta meritoriamente ascendendo), della casata Atreides, è inviato dall'imperatore sul pianeta Arrakis, per assumere il monopolio del commercio della Spezia (la sostanza più importante dell'universo, per varie motivazioni), sostituendo così dopo 80 anni la casata del barone Harkonnen (Stellan Skarsgard). La matassa si aggroviglierà sin da subito, portando alla ribalta l'incantevole Rebecca Ferguson, nelle vesti di Lady Jessica, una Bene Gesserit (sorta di strega con poteri del tutto particolari), nonchè il protagonista Paul Atreides, figlio suo e di Leto, la cui profondità è ottimamente trasposta sullo schermo da Timothée Chalamet. Completano il cast stellare Charlotte Rampling, Josh Brolin, Jason Momoa, Javier Bardem e Dave Bautista, oltre alla meravigliosa Zendaya. L'originale del visionario Lynch è ormai un cult della fantascienza, ma questo, se completato con la stessa elevatissima qualità con cui è stato avviato, si appresta ad aggiornarne i fasti. Stupendo.
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samanta
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martedì 21 settembre 2021
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una storia avvincente
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Finalmente è arrivato! E' uscito in Italia in questi giorni il remake (parziale) del film tratto dal romanzo Dune (il primo di una saga di 10) scritto da Frank Herbert. Questo nuovo film smentisce la caratteristica che spesso i remake hanno, di essere una versione sbiadita dell'originale che uscì nel 1984 con regia di David Linch e prodotto da Dino De Laurentis. Il film aveva incontrato non solo una critica negativa ma era stato un insuccesso commerciale perché gli incassi avevano permesso a stento il ripiano dei costi elevati, la trama era troppo complesa e confusa, il cast non adeguato, la regia si era mostrata insicura, Lynch era un bravo direttore ma evidentemente non era in empatia con il soggetto.
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Finalmente è arrivato! E' uscito in Italia in questi giorni il remake (parziale) del film tratto dal romanzo Dune (il primo di una saga di 10) scritto da Frank Herbert. Questo nuovo film smentisce la caratteristica che spesso i remake hanno, di essere una versione sbiadita dell'originale che uscì nel 1984 con regia di David Linch e prodotto da Dino De Laurentis. Il film aveva incontrato non solo una critica negativa ma era stato un insuccesso commerciale perché gli incassi avevano permesso a stento il ripiano dei costi elevati, la trama era troppo complesa e confusa, il cast non adeguato, la regia si era mostrata insicura, Lynch era un bravo direttore ma evidentemente non era in empatia con il soggetto.
Come si evince dal titolo originale (Dune part one) questo film riguarda solo la prima parte del romanzo di Herbert, quindi è previsto un sequel la cui realizzazione dipenderà dal box office di una pellicola costosa che ha richiesto un budget di 165 milioni di $.
In un futuro che si colloca tra 8000 anni la galassia è governata da un Imperatore crudele, la merce più preziosa è la "spezia", una sostanza che oltre ad incrementare la capacità naturale del cervello, permette i viaggi interstellari, si trova sul pianeta Arrakis, desertico popolato da enormi vermi (lunghi 300 metri) e da una stirpe di uomini liberi i Fremen nascosti tra le rocce e le caverne, perseguitati dai soldati dell'impero. Il pianeta è governato dalla casata degli Harkonnen feroce e crudele che abitano in un lontano pianeta con a capo l'inquietante barone Vladimir. L'imperatore decide di affidare la gestione del pianeta alla casat degli Atreides il cui capo è il duca Leto (Oscar Isaac: Suburbicon Star wars VII, VIII, IX) vive con figlio Paul (Timothèe Chalamet: Hostiles, Chiamami con il tuo nome) e con la sua madre e concubina la maga Lady Jessica (Rebecca Ferguson: La ragazza del treno, L'uomo di neve), l'incarico in realtà è una trappola per distruggere il suo casato, appena arrivato nel pianeta Leto tradito è ucciso e i suoi uomini massacrati dai soldati di Harkonnen e dell'Impero. Paul e L. Jessica riescono a fuggire e trovano rifugio presso i Fremen.
Il regista e sceneggiatore Denis Villeneuve (Sicario, Arrival; Blade Runner 2049) ha centrato l'obiettivo, realizzando un ottimo film da un romanzo che ritengo sia un buon racconto di fantascienza. Innanzitutto gli effetti speciali computerizzati non sono prorompenti travolgendo il racconto e impoverendo la trama e i dialoghi, ma sono assorbiti naturalmente nello sviluppo della vicenda che è coinolgente nel raccontare lo scontro tra la concezione del potere esercitato brutalmente da quella del potere amministrato con giustizia, intelligente la raffigurazione quasi simbolica del verme gigante che non diventa un mostro ridicolo. Accurata la direzione dei protagonisti che recitano in modo adeguato alle varie personalità: L. Rebecca una maga Bene Gesserit che ha trasmesso a suo figlio con sofferenza i suoi poteri, Paul che prevedendo il futuro si domanda (eterno quesito umano) se sarà all'altezza dei compiti affidati o sia meglio abbandonare l'eredità paterna, appropriata la recitazione degli altri attori compresa Chani (Zendaya giovane attrice e cantante) la ragazza Fremen che appare nei sogni di Paul. Una qualche criticità del film è la lentezza in certi momenti di alcune scene (difetto ravvisabile anche in altri film di Villeneuve) che non impedisce allo spettatore di essere avvinto dal racconto. Certamente finito il film che s'interrompe bruscamente, rimane un pò di amaro in bocca sperando nel sequel che dovrà raccontare lo sviluppo del personaggio di Paul.
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umbertosm
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lunedì 1 novembre 2021
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lentezza disarmante e ingenuità di narrazione
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Sicuramente una bella fotografia e effetti speciali, ma è di una lentezza disarmante, non cambia molto come non-godibilità dalla versione di David Lynch degli anni '80, che almeno nella sua pomposità barocca era anche divertente. Naturalmente non si possono fare paragoni con Star Wars, perché la trama e la filosofia di fondo è ben diversa, ma come film è proprio "una palla"... e poi è disseminato di ingenuità di narrazione: il Duca di casa Atreides e tutto il suo entourage sono degl ingenui matricolati, consapevoli che l'incarico ricevuto dall'Imperatore di andare nel pianeta Dune (o Arrakis) è probabilmente un agguato, ma non fanno nulla per prevenirli: subiscono continui tradimenti e non c'è nessuno che si attiva per cercare di frenarli.
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Sicuramente una bella fotografia e effetti speciali, ma è di una lentezza disarmante, non cambia molto come non-godibilità dalla versione di David Lynch degli anni '80, che almeno nella sua pomposità barocca era anche divertente. Naturalmente non si possono fare paragoni con Star Wars, perché la trama e la filosofia di fondo è ben diversa, ma come film è proprio "una palla"... e poi è disseminato di ingenuità di narrazione: il Duca di casa Atreides e tutto il suo entourage sono degl ingenui matricolati, consapevoli che l'incarico ricevuto dall'Imperatore di andare nel pianeta Dune (o Arrakis) è probabilmente un agguato, ma non fanno nulla per prevenirli: subiscono continui tradimenti e non c'è nessuno che si attiva per cercare di frenarli.
La barriera elettronica che a comando si può attivare sui corpi non ferma nulla, il Duca muore per un punteruolo volante che lo punge, nei combattimenti la lama dei coltelli passa la barriera come se fosse di cartone.... E poi, i cattivi fanno saltare la copertura aerea e sono tutti presi alla sprovvista e corrono fuori... Quando il Duca riceve il capo dei Fremen (Javier Bradem) questi arriva di fronte al Duca in atteggiamento di sfida e nessuna guardia lo ferma, solo il Duca dice inutilmente "fermati" e Bardem impunito arriva di fronte e sputa sul tavolo come nulla fosse... ridicolo!
Quando Lady Jessica con il figlio Paul Atreides si ritrovano nel deserto di sabbia, non viene data alcuna spiegazione del perché qualche scena dopo si trovano in un alloggio sotto la sabbia con stoffe (si vedono dietro a Paul) e dopo un po' escono fuori dalla sabbia senza aver mai spiegato come ci sono finiti...
Concludo: probabilmente è la storia stessa scritta nel 1965 da Frank Herbert che ha queste incongruenze o ingenuità di narrazione, ma Denis Villeneuve non cerca neanche lontanamente di risolverle con lievi variazioni nei passaggi della storia... Mah... io gli do' un 5 su 10.
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loland10
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domenica 26 settembre 2021
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visioni e fughe
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“Dune” (Dune: Part One, 2021) è il decimo lungometraggio del regista canadese Denis Villeneuve.
La pellicola è la prima parte dell'adattamento cinematografico del romanzo omonimo dello scrittore statunitense Frank Patrick Herbert (pubblicato nel 1965) primo capitolo del ciclo di ‘Dune’: lo stesso libro fu trasportato sullo schermo da David Lynch (Dune, 1984); inoltre sono state effettuate due miniserie televisive ‘Dune – Il destino dell’Universo’ (2000 -3 puntate-) di John Harrison e il seguito ‘I figli di Dune’ (2003 -3 puntate-) di Greg Yaitanes.
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“Dune” (Dune: Part One, 2021) è il decimo lungometraggio del regista canadese Denis Villeneuve.
La pellicola è la prima parte dell'adattamento cinematografico del romanzo omonimo dello scrittore statunitense Frank Patrick Herbert (pubblicato nel 1965) primo capitolo del ciclo di ‘Dune’: lo stesso libro fu trasportato sullo schermo da David Lynch (Dune, 1984); inoltre sono state effettuate due miniserie televisive ‘Dune – Il destino dell’Universo’ (2000 -3 puntate-) di John Harrison e il seguito ‘I figli di Dune’ (2003 -3 puntate-) di Greg Yaitanes.
Il cursore cine di Villeneuve sale e scende e linearmente avanza il fondo di sollecitazione immaginifica vista in fantasia, roboante nei criteri, contorta nei neuroni ma alquanto vispa, teatrante, lunga e regnante. E’ un cinema staticamente allarmante dove il ‘punto di vista’ è in angolo (acutamente silenzioso) e la forma s’arrende sulle voci plasmanti: è la prigione inerte che sfocia senza freni dal buco per respirar ossigeno (da ‘Prisoners‘ a ’Sicario’): una fuga inespressa, e un arrivo inesploso, ma ogni quadro di immagini attecchisce e rumoreggia dal fondo di ognuno. La fantasia incontra il ‘Karma’ fantascientifico degli anni sessanta. Un guscio di speranza future e di arrivi mai finiti. La chiusa aperta. Schematico, può darsi, ma gocciolante di fragore intenso e di luci spente. Un cinema sotto la superficie. Luccicante a ritroso, annebbiato di falso rigore. E’ il muro del suono in ottani al quadrato.
Un cinema di misure ad hoc, di strumenti volanti e di schemi vistosi. Cinema che si allarga, si snoda e scomoda la tua sedia accorata e numerata in codice. La sala stenta ad arrivare e tumultuosamente, rumorosamente si invola con le sedie semivuote.
Elegia della settima arte in stile accessorio senza mai tentare, la pomposità spicciola e la corte di un cinema solo di cartapesta. Anti-hollywoodiano o fintamente spettacolare?
Ambientazioni, silhouette, ombre, penombre, colori grigi, nebbie e accumuli sagaci rendono la pellicola gustosamente arcaica e seccamente moderna. Senza fronzoli di sorta il cinema del regista canadese,risulta alquanto pieno di inespresso gioco. Il cuore di un pulsare continuo. E la musica di Hans Zimmer coglie oltre l’immagine l’inquadratura fuori registro. Un cinema antico ma di grande effetto scenico. Prende e conquista ogni minimo sforzo visivo di sguardi impietriti, di gocce di sudore, di granelli volanti, di note a turbina, di veemenze succulenti e di rotazioni di ripresa da brivido. In più momenti il sonoro e il suono sono talmente vistosi, corroboranti e alti che giri come un otto volante in sintonia di proiezione. Purtroppo, ripeto purtroppo, le teste sono davvero poche (neanche venti) a vedere e gustarsi un film altamente appetibile e invogliante.
Cinema in cui si riconosce la cifra di re Artù e della tavola rotonda, il mito come maestro salubre e la spezia come viaggio (‘Il Milione’ di Marco Polo e non solo verso l’Oriente). L’eletto, il messia come ritrovo e inizio di un maestro vivo ancora in viaggio: il laicismo ‘mesto’ e ‘cristiano’. La Preziosa ‘spezia’ e la morte, il rumore e il Duca, il vuoto e l’alacre funerea su Arrakis (in visioni e sperenze).
‘Devi vegliare la tua famiglia’: un qualcosa di spirito e aldilà (’Il Signore degli Anelli’);
‘Io resto qui’: un’avventura segnata e un ritrovo ‘desertico’ (‘E.T. l’Extra-terrestre’);
‘Tanto profitto e …uccidili tutti’: il solito gioco, quello che conosci, tanto vale; la testa-cranio fuoriesce e s’immerge da un liquido tetro (‘Scarface’, ‘Apocalypse Now’);
‘Il bello viene ora’: il seguito da farsi e un viaggio appena iniziato (‘Excalibur’);
‘Il potere del deserto’: ecco il colore smorte di dune sinuose (‘Lawrence d’Arabia’).
Cast;
Timothée Chalamet (Paul Atreides): impressione, sembra fuori parte, invece i suoi modi e la sua sagoma gira benissimo per tutto il film; bravo e soprattutto con i movimenti facciali da tenebra nel deserto, aspettando il contatto con il grande ‘verme’, un ‘duello’ vocale;
Rebecca Ferguson(Lady Jessica Atreides): asciutta, mesta e forte, volontà di tramandare il destino vocale;
Oscar Isaac(duca Leto Atreides): di grande portamento e levatura, segna lo sguardo del figlio ‘eletto’; versatilità di ruoli e atteggiamenti (dai Coen a ‘Star Wars’;
Dave Bautista(Glossu ‘Bestia’ Rabban): dal wrestling alla Marvel, fino a ‘rendersi antipatico’ con la testa che esce dalla ‘liquida’ (spezia); teatralmente onirico;
Charlotte Rampling( Gaius Helen Mohiam): lo spirito strega della ‘dura madre’: prova di forza e sguardo rabbuiato;
Javier Bardem(Stilgar): oramai il ruolo ‘contro’ gli si addice (da ‘Skyfall’ a ‘Escobar’, da ‘Madre!’ a ‘Dune’); ma vederlo in ‘Biutiful’ e ‘Non è un paese per vecchi’ è un piacere e lascia il segno;
Fotografia di Greig Fraser: grande cromatismo in oscura sotto traccia, immagini sospese tra colori riluttanti;
Montaggio di Joe Walker: vera maestria in una pellicola puzzle; lavora con il regista canadese da ‘Sicario’ (2015);
Musiche di Hans Zimmer: imperiose e fulminanti, roboanti a fulmicotone, aperte e compulsive;
Regia di Denis Villeneuve: sintetico e voluminoso, post-moderno e senza scaramanzia (di remake in remake),
Voto: 8/10 (****) -cinema epistolare-
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steven t. ben
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sabato 2 ottobre 2021
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pazzesco!
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Visto al cinema ieri pomeriggio (dopo tre anni che non andavo al cinema è stato strano) insieme ad un'amica anche lei appassionata di fantascienza. La prima trasposizione, quella del 1984 con Kyle MacLachlan, è uno dei miei film preferiti, e lo riguardo periodicamente. Quando ho letto che avrebbero fatto un reboot di Dune, sinceramente all'inizio mi sono un po' spaventato, perché spesso i reboot sono molto brutti. Sono andato al cinema senza sapere nulla del film a parte il cast. E devo dire che sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla qualità del lavoro. Scenografie pazzesche, musiche azzeccatissime, un cast eccellente, con un Oscar Isaac "Duca Leto" che non mi ha fatto minimamente rimpiangere il grande Jurgen Prochnow, anzi! Ieri, a dieci minuti dalla fine ho cominciato a chiedermi come mai fossero così indietro nella storia, e per come è finito devo ammettere che per un momento ci sono rimasto malissimo perché pensavo fosse stato "mozzato", o che avessero voluto fare solo un abbozzo, concentrandosi su Paul e la sua ricerca interiore di un senso in tutto quello che gli succede.
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Visto al cinema ieri pomeriggio (dopo tre anni che non andavo al cinema è stato strano) insieme ad un'amica anche lei appassionata di fantascienza. La prima trasposizione, quella del 1984 con Kyle MacLachlan, è uno dei miei film preferiti, e lo riguardo periodicamente. Quando ho letto che avrebbero fatto un reboot di Dune, sinceramente all'inizio mi sono un po' spaventato, perché spesso i reboot sono molto brutti. Sono andato al cinema senza sapere nulla del film a parte il cast. E devo dire che sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla qualità del lavoro. Scenografie pazzesche, musiche azzeccatissime, un cast eccellente, con un Oscar Isaac "Duca Leto" che non mi ha fatto minimamente rimpiangere il grande Jurgen Prochnow, anzi! Ieri, a dieci minuti dalla fine ho cominciato a chiedermi come mai fossero così indietro nella storia, e per come è finito devo ammettere che per un momento ci sono rimasto malissimo perché pensavo fosse stato "mozzato", o che avessero voluto fare solo un abbozzo, concentrandosi su Paul e la sua ricerca interiore di un senso in tutto quello che gli succede. Dopo pochi minuti un'altra mia amica mi ha detto "guarda che questo è solo la parte 1", e ammetto di esserci rimasto ancora più male, salvo poi ripercorrere tutto il film e accorgermi che avevano decisamente allungato alcuni "percorsi" soprattutto, appunto, quello interiore di Paul, e i suoi legami con la madre, il padre e la famiglia. In definitiva, mi è piaciuto tantissimo, e non vedo l'ora che esca la parte 2 che per me è quella più interessante. Da vedere assolutamente!
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(di samanta)
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carloalberto
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mercoledì 6 ottobre 2021
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soporifero come la spezia di arrakis
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Non pago di aver stravolto Blade Runner di Ridley Scott, Villeneuve si cimenta con un altro classico della fantascienza traducendo nel suo stile patinato ed estetizzante il Dune di David Lynch. E’ una pervicace e continuata opera di dissacrazione dei miti del cinema di genere condotta senza scrupolo. La grafica computerizzata, gli scontati effetti speciali e la roboante colonna sonora danno l’illusione, nei primi dieci minuti, del colossal epocale, poi tutto naufraga repentinamente nella banalità dei duelli in cui il protagonista, il giovane erede al trono di casa Atreides, Paul, interpretato da Timothée Chalamet, viene addestrato all’uso della spada richiamando alla mente il personaggio di Luke di Star wars mentre è istruito dallo Obi alla stessa arte.
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Non pago di aver stravolto Blade Runner di Ridley Scott, Villeneuve si cimenta con un altro classico della fantascienza traducendo nel suo stile patinato ed estetizzante il Dune di David Lynch. E’ una pervicace e continuata opera di dissacrazione dei miti del cinema di genere condotta senza scrupolo. La grafica computerizzata, gli scontati effetti speciali e la roboante colonna sonora danno l’illusione, nei primi dieci minuti, del colossal epocale, poi tutto naufraga repentinamente nella banalità dei duelli in cui il protagonista, il giovane erede al trono di casa Atreides, Paul, interpretato da Timothée Chalamet, viene addestrato all’uso della spada richiamando alla mente il personaggio di Luke di Star wars mentre è istruito dallo Obi alla stessa arte. In altre sequenze, invece, il ragazzo appare come un clone futuristico del maghetto Harry Potter come quando afferra la libellula assassina simile al boccino volante o quando si trova alle prese con la malvagia strega impersonata dalla Rampling. Nonostante il cast formato da eccellenti professionisti, i personaggi sono piatti e bidimensionali come fossero stati ritagliati con le forbici dalle pagine di un fumetto; la prima volta che appaiono in scena suscitano un qualche interesse, la seconda volta sono già soporiferi come la spezia che circola su Arrakis e come tutto il film che è di una noia mortale.
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dandy
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sabato 28 gennaio 2023
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di nuovo nel deserto.
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Dopo lo sfortunato film di David Lynch,un altro adattamento dell'omonimo romanzo di Frank Herbert.Come da copione il tumulto sui social non è mancato tra i paladini ad oltranza del film dell'84 e i fan entusiasti del nuovo film del regista di "Blade Runner 2049".A conti fatti questo primo capitolo(tratto dalla prima parte "Il pianeta di Dune")non risulta molto dissimile dall'opera precedente.Il regista(che co-sceneggia)ambisce all'interazione tra le tematiche dell'epica(con rimandi al teatro grego ed elizabettiano ed echi dell'"Odissea")la filosofia(il mito platonico della caverna) e il discorso messianico nella figura di Paul.Con innumerevoli(e ovvi) rimandi al presente(la critica alla tecnologia,la guerra,ritorno alla natura,proto-femminismo ed evidenti allusioni alla comunità islamica nella rappresentazione dei Fremen).
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Dopo lo sfortunato film di David Lynch,un altro adattamento dell'omonimo romanzo di Frank Herbert.Come da copione il tumulto sui social non è mancato tra i paladini ad oltranza del film dell'84 e i fan entusiasti del nuovo film del regista di "Blade Runner 2049".A conti fatti questo primo capitolo(tratto dalla prima parte "Il pianeta di Dune")non risulta molto dissimile dall'opera precedente.Il regista(che co-sceneggia)ambisce all'interazione tra le tematiche dell'epica(con rimandi al teatro grego ed elizabettiano ed echi dell'"Odissea")la filosofia(il mito platonico della caverna) e il discorso messianico nella figura di Paul.Con innumerevoli(e ovvi) rimandi al presente(la critica alla tecnologia,la guerra,ritorno alla natura,proto-femminismo ed evidenti allusioni alla comunità islamica nella rappresentazione dei Fremen).L'amalgamazione di tutto questo non è totalmente riuscita e sono inevitabili gli echi da "Guerre Stellari"(ed anche un pizzico di "Il signore degli anelli"),ma come per film di Lynch lo spettacolo e la magnificenza visiva di scenografie,costumi ed ambientazioni sono innegabili.Meno apprezzabile invece il finale tronco,scelta pretestuosa per garantire la visione del sequel,la cui realizzazione è rimasta incerta fino all'ottimo successo mondiale,a dispetto dell'uscita ritardata dalla pandemia.Oscar per fotografia,colonna sonora,montaggio,scenografia,sonoro ed effetti speciali.
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dandy
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sabato 28 gennaio 2023
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di nuovo nel deserto.
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Dopo lo sfortunato film di David Lynch,un altro adattamento dell'omonimo romanzo di Frank Herbert.Come da copione il tumulto sui social non è mancato tra i paladini ad oltranza del film dell'84 e i fan entusiasti del nuovo film del regista di "Blade Runner 2049".A conti fatti questo primo capitolo(tratto dalla prima parte "Il pianeta di Dune")non risulta molto dissimile dall'opera precedente.Il regista(che co-sceneggia)ambisce all'interazione tra le tematiche dell'epica(con rimandi al teatro grego ed elizabettiano ed echi dell'"Odissea")la filosofia(il mito platonico della caverna) e il discorso messianico nella figura di Paul.Con innumerevoli(e ovvi) rimandi al presente(la critica alla tecnologia,la guerra,ritorno alla natura,proto-femminismo ed evidenti allusioni alla comunità islamica nella rappresentazione dei Fremen).
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Dopo lo sfortunato film di David Lynch,un altro adattamento dell'omonimo romanzo di Frank Herbert.Come da copione il tumulto sui social non è mancato tra i paladini ad oltranza del film dell'84 e i fan entusiasti del nuovo film del regista di "Blade Runner 2049".A conti fatti questo primo capitolo(tratto dalla prima parte "Il pianeta di Dune")non risulta molto dissimile dall'opera precedente.Il regista(che co-sceneggia)ambisce all'interazione tra le tematiche dell'epica(con rimandi al teatro grego ed elizabettiano ed echi dell'"Odissea")la filosofia(il mito platonico della caverna) e il discorso messianico nella figura di Paul.Con innumerevoli(e ovvi) rimandi al presente(la critica alla tecnologia,la guerra,ritorno alla natura,proto-femminismo ed evidenti allusioni alla comunità islamica nella rappresentazione dei Fremen).L'amalgamazione di tutto questo non è totalmente riuscita e sono inevitabili gli echi da "Guerre Stellari"(ed anche un pizzico di "Il signore degli anelli"),ma come per film di Lynch lo spettacolo e la magnificenza visiva di scenografie,costumi ed ambientazioni sono innegabili.Meno apprezzabile invece il finale tronco,scelta pretestuosa per garantire la visione del sequel,la cui realizzazione è rimasta incerta fino all'ottimo successo mondiale,a dispetto dell'uscita ritardata dalla pandemia.Oscar per fotografia,colonna sonora,montaggio,scenografia,sonoro ed effetti speciali.
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clavius
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sabato 25 settembre 2021
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la grande industria e il piccolo coraggio
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Una operazione dell'industria cinematografica in grande stile. Non manca quasi niente: cast importante, scenografie sontuose, effetti digitali costosissimi, colonna sonora affidata ad un big, testo di partenza iconico ed il tutto nelle mani di un regista affermato e sulla cresta da qualche stagione. Non c'è dubbio che il film sia ben fatto e non c'è dubbio che siano stati sversati nel suo alveo milioni e milioni di dollari. Eppure non sono sicuro che questa immensa operazione commerciale (ben realizzata) aggiunga qualcosa al cinema di fantascienza. La fredda ed elegante trasposizione del celebre romanzo di Herbert manca di una vera originalità, è un compito eseguito più con la paura di finire fuori tema che con la voglia di stupire.
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Una operazione dell'industria cinematografica in grande stile. Non manca quasi niente: cast importante, scenografie sontuose, effetti digitali costosissimi, colonna sonora affidata ad un big, testo di partenza iconico ed il tutto nelle mani di un regista affermato e sulla cresta da qualche stagione. Non c'è dubbio che il film sia ben fatto e non c'è dubbio che siano stati sversati nel suo alveo milioni e milioni di dollari. Eppure non sono sicuro che questa immensa operazione commerciale (ben realizzata) aggiunga qualcosa al cinema di fantascienza. La fredda ed elegante trasposizione del celebre romanzo di Herbert manca di una vera originalità, è un compito eseguito più con la paura di finire fuori tema che con la voglia di stupire. Non si resta ammaliati, non si sogna. La fantascienza di Villeneuve non turba anche se sulla carta il tentativo di far entrare i temi del libro (politici, ambientalisti, anticapitalisti, filosofici...) c'è, ma la necessità di dosare al meglio gli ingredienti rischia e non poco di rendere tutto piatto, incolore, grigio come la tonalità che imperversa in ogni sequenza. Gran parte di quello che vediamo l'abbiamo già visto negli ultimi anni, magari fatto peggio ma già visto. L'eleganza ricorda più certe riviste di arredamento che fotografano case che nessuno abita nella realtà, fatte di pavimenti levigati monocromatici e arredi che sembrano scolpiti nella pietra tutte immerse in contesti minimali totalmente privi di vita.
Dune è un film che vorrebbe parlare di riscatto, di vita, di oppressione e rivolta, di giustizia, di male e di bene, di profezie e disegni nella Storia (tutti temi presi a prestito dal testo di partenza), ma lo fa prevalentemente restando in superficie e aggiungendo pochissimo alla fantascienza adulta che nel passato avevamo apprezzato al cinema. Il vituperato film di Lynch del 1984 aveva se non altro il coraggio del suo autore che realizzava, da un testo tanto denso e difficile da portare sullo schermo, una versione grottesca e pulp.
Il Dune di Villeneuve assomiglia più ad una bevanda della grande industria. Una bevanda che piace un po' a tutti, che ha grande successo, da accompagnare felicemente alla pizza. Assomiglia ad una coca cola, insomma. Magari con zero calorie per essere più in linea con questi tempi del politicamente corretto (senza alcun senso cambiare genere ad uno dei personaggi principali).
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giacomo
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venerdì 15 ottobre 2021
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anacronistico
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Denis Villeneuve, il più sopravvalutato regista del mondo, quello che fa soldi copiando immaginari di altri - aggiungendo però un tocco che solo in superficie può sembrare d’autore - ripropone una nuova versione del più noto romanzo di Herbert, che già espresse i suoi valori nella seconda metà degli anni Sessanta del Novecento anche grazie alle straordinarie invenzioni visive che Alejandro Jodorowsky fece ideare per un “Dune” colossale e visionario mai realizzato, frutto della creatività di un gruppo d’artisti d’eccezione quali Foss, Giger e Moebius, che ispirerà tutto il cinema commerciale a venire (Star Wars, Star Trek, Alien e Matrix), come viene raccontato benissimo nel documentario “Jodorowsky’s Dune”.
Ebbene, Villeneuve lo ripresenta – dopo cinquant’anni di repliche – con un linguaggio basico, fatto di campi e controcampi didascalici che lasciano talmente annoiati da rimanere stupiti tanto sono prevedibili nel loro ormai anacronistico universo Starwarsiano (ancora dominio di qualsiasi immaginario pseudofantasy), senza un solo personaggio che comunichi un sentimento vero, autentico, sincero, ma solo una reiterazione plastica di monomiti e archetipi che si aggrovigliano su Shakespeare e Campbell.
Lo ripropone, dopo il film fallimento di Lynch, senza l’ironia di un J. J. Abrams, ma con la supponenza di chi si sente autorizzato a enfatizzare a dismisura le ideologie mistiche, l’estremismo religioso contemporaneo ebraico-talebano-palestinese, sfacciatamente unendo “Lawrence d'Arabia” a “The Passion of the Christ”, il peggio dei Mad Max e un onirismo da Netflix, fino alle più recenti tendenze del FantaDigitalTeenMarketing.
Un cast di attori così ricco, con un’esasperata ossessiva attenzione verso la parità di genere e il politically correct etnico, dimostra solo come Hollywood in questi ultimi anni sia completamente in cortocircuito. Sfinenti cori religiosi accompagnano le masse naziste (ancora!) agli ordini del capitalismo senza anima, mentre combattono per “la Spezia” materia prima da sottrarre al deserto schiavizzato, in un continuo tumulto di crudeltà gratuite, interrotte un frame prima di diventare splatter. Su tutto si alternano, in continua intersezione, immagini in CGI (Computer Generated Imagery) che sembrano un videogame, tra cui i risibili occhi blu dei Fremen (la proiezione sullo schermo Harkness Perlux di 30x16,5 metri del Cinema Arcadia di Melzo in ottava fila non lascia dubbi). Un modesto bestiario di cattivi bidimensionali in motion capture vengono mostrati al bisogno, per ricordarci quanto sono spregevoli, in barba a qualsiasi necessità di focalizzazione narrativa o punto di vista… 165 milioni di budget per dirci che l’Universo è solo una questione di estremismo religioso e il predestinato a salvare il mondo è chi sa prendere le armi e uccidere meglio degli altri. E nessuno grida allo scandalo!
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(di maramaldo)
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