homer52
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domenica 12 novembre 2017
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surreale al "quadrato"
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Ho conosciuto il regista Ostlund quasi per caso, vedendo il film "Forza maggiore", e mi è da subito piaciuta la sua capacità di entrare, in modo delicato ma incisivo, all'interno dell'animo umano, delle sue virtù e delle inevitabili debolezze. E' stato quindi ovvio che appena uscito il suo ultimo lavoro "The square", mi sia precipitato al cinema a vederlo. E' un film, questo, totalmente diverso dall'altro non tanto per le tematiche che tratta, che fanno pur sempre riferimento all'animo unamo, ma allo svolgimento scenico che ho trovato molto più simbolico e criptico. Per rimanere nell'ambito dell'arte, che è il nodo centrale del film, è come se nel film precedente il regista avesse rappresentato la realtà coi toni della pittura classica fatta di immagini nitide e ben comprensibili a chiunque mentre in questo film avesse preferito quelli del surrealismo, meno immediati ma maggiormente simbolici.
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Ho conosciuto il regista Ostlund quasi per caso, vedendo il film "Forza maggiore", e mi è da subito piaciuta la sua capacità di entrare, in modo delicato ma incisivo, all'interno dell'animo umano, delle sue virtù e delle inevitabili debolezze. E' stato quindi ovvio che appena uscito il suo ultimo lavoro "The square", mi sia precipitato al cinema a vederlo. E' un film, questo, totalmente diverso dall'altro non tanto per le tematiche che tratta, che fanno pur sempre riferimento all'animo unamo, ma allo svolgimento scenico che ho trovato molto più simbolico e criptico. Per rimanere nell'ambito dell'arte, che è il nodo centrale del film, è come se nel film precedente il regista avesse rappresentato la realtà coi toni della pittura classica fatta di immagini nitide e ben comprensibili a chiunque mentre in questo film avesse preferito quelli del surrealismo, meno immediati ma maggiormente simbolici. Il film dà voce a vari livelli di problematiche. In primis l'arte, il suo significato psicosociale, l'impatto che può avere sulle masse, il valore o meno di ciò che si rappresenta. "La sua borsa messa in un museo è arte?" chiede provocatoriamente Christian all'allibita intervistatrice. Poi le tematiche delle relazioni umane, il rapporto fra ricchezza e povertà, il valore del pregiudizio, il comportamento verso la diversità. Infine lo strapotere dei mass media, il prevalere dell'impatto emotivo sul pubblico per strumentalizzarlo rispetto alla corretta informazione (come ben rappresentato dal raccappricciante video della bambina che esplode). E tanto altro. Il tutto senza dare eccessive risposte preconfezionate ma lasciando lo spettatore in preda alle proprie emozioni e all'affannosa ricerca di una qualche possibile soluzione. Un film che non termina all'uscita dalla sala ma che continua anche fra le proprie mura e all'interno di ogni singolo spazio che delimita la propria estensione relazionale, quel quadrato che ognuno di noi costruisce attorno a sè. Homer52
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alvisebittente
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lunedì 27 novembre 2017
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the square? piazzarsi senza spiazzare
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THE SQUARE, FILM PIAZZATO CHE NON SPIAZZA, 2017, Regia di Ruben Östlund
Film sbagliato, dove centra tutta la sua presunzione sulla libera interpretazione, ma è un film recintato sull'insicurezza di un mostro/nostro umanesimo all'acqua di rose. Il quadro non è un quadrato, in cui si ricava un'inquadratura, l'arte è impietosa e comica come la vita, d'altrocanto, lavora sul fuori frame, qui è tutto in piazza in un mercato che ha fatto dei panni sporchi una sua sforzata centralità obsoleta. L’ipocrisia è mascherata da commedia dell’arte, satira, che in quanto tale, coccola invece che sfregiare.
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THE SQUARE, FILM PIAZZATO CHE NON SPIAZZA, 2017, Regia di Ruben Östlund
Film sbagliato, dove centra tutta la sua presunzione sulla libera interpretazione, ma è un film recintato sull'insicurezza di un mostro/nostro umanesimo all'acqua di rose. Il quadro non è un quadrato, in cui si ricava un'inquadratura, l'arte è impietosa e comica come la vita, d'altrocanto, lavora sul fuori frame, qui è tutto in piazza in un mercato che ha fatto dei panni sporchi una sua sforzata centralità obsoleta. L’ipocrisia è mascherata da commedia dell’arte, satira, che in quanto tale, coccola invece che sfregiare. Film velato, d’un velo che si fa mantello, che si fa fazzoletto, che diventa sketch, non come disdegno disillustrato, ma come varietà comico, avente bisogno di spalla, stampella su cui appoggia ancora un’animalità dicotomica da contrappore all’umanoandroide, bisognosa di gruccie al di là del cruccio, per scorazzare goffamente a quattro zampe di nuovo, in piazzata, cioè nella pole position della centralità della tavola rotonda o quadrata chessìa. Il suo difetto è quello di rimanere ancora un film ideologico, novecentesco, perpendicolare, ancora un pasticciato crocifisso di una razionalità mondriana, strasuperata dall’impossibilità fallita dell’ordine, dove si brancola a troppi deboli e miopi tastoni nel desiderio di mettersi in coordinate. Del pitagorico, defecita di una mancata riscoperta inventiva copernicana, e rimaniamo ancora nella dualità “planets of apes”, dove il cavillo non è il primate che mai siamo stati, ma l’uguale che siamo diventati nella differenza dell’altro che abbiamo smarrito, e il problema non è solo socio-politico-economico, è ancora l’idea del misurarsi sul bisogno di una piazza, dove conta più piazzarsi che uscire dalla cornice, si è ancora rimasti recintati nei lager del borderline in questo film, dove l’arte quando è grazia, al di là del marketing e comunicazione, riesce anche un minimo, di pochissimo, a spostarsi e sbandare, decentrata fuor di lato, fuor di pista, over guardrail. Dove, al contrario, la mostra kolossal di Hirst-Pinault, ‘Treasures from the Wreck of the Unbelievable’, è riuscita ad arrivare, incrostando l’immaginario almeno per un primavera-estate-autunno, the square, invece, è rimasto in una passerella, freddo cadavere seccato dalla sua stessa geometrica strategia, di tra i diritti e i doveri, due a zero punto due.
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fabiofeli
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martedì 14 novembre 2017
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"tanto nessuno se ne accorgerà ..."
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Christian (Claes Berg) è il direttore del Museo di Arte Contemporanea di Stoccolma, che dirige con trovate originali, attento all’importanza della pubblicità sulle sue esposizioni. Rivela la sua cinica visione dell’Arte in una intervista ad una giovane giornalista americana (Elisabeth Moss). Un oggetto di uso personale, un ready-made come una borsa da donna, può rivestire valore artistico se inserita con nome dell’autore in un contesto espositivo museale. Tutto ruota attorno al mercato che assegna un valore venale alle opere di artisti già affermati, incluse le performance, significative e/o strampalate e divertenti, come quella dell’uomo-scimmia al vernissage di presentazione del “Quadrato”, nuova opera presentata.
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Christian (Claes Berg) è il direttore del Museo di Arte Contemporanea di Stoccolma, che dirige con trovate originali, attento all’importanza della pubblicità sulle sue esposizioni. Rivela la sua cinica visione dell’Arte in una intervista ad una giovane giornalista americana (Elisabeth Moss). Un oggetto di uso personale, un ready-made come una borsa da donna, può rivestire valore artistico se inserita con nome dell’autore in un contesto espositivo museale. Tutto ruota attorno al mercato che assegna un valore venale alle opere di artisti già affermati, incluse le performance, significative e/o strampalate e divertenti, come quella dell’uomo-scimmia al vernissage di presentazione del “Quadrato”, nuova opera presentata. All’interno di esso regna la pace e tutti hanno uguali diritti e doveri: una specie di santuario che abolisce differenze di classe, cultura, etnia, credo religioso instaurando solidarietà tra gli umani. Christian, però, subito dopo in strada cade in un trucco escogitato per rubargli portafoglio e cellulare, perché solidarizza con chi gli tende il tranello. Per recuperare l’oggetto segnalato da un rivelatore satellitare in caseggiato di periferia, inventa a sua volta un trucco che avrà conseguenze catastrofiche sulla sua vita agiata e tranquilla …
Il protagonista ha diverse facce ben descritte da Ӧstlund, già autore del buon film Forza maggiore: sembra una persona di larghe idee, ma è rinchiuso in una torre di egoismo. In fondo disprezza anche le opere esposte nel suo museo: non esita a far fare una riparazione di fortuna ad un’opera danneggiata, perché “tanto – dice – nessuno se ne accorgerà”. Lo svolgimento della trama del film è una carambola di sorprese, tra Arte vera e supposta tale, per fruitori attempati e danarosi. Alla fine chi comanda è il mercato, nonostante le pretese egualitarie di opere artistiche che perseguono armonia e solidarietà. E lo si vede anche nelle strade, affollate di persone concentrate nei propri affari e miriadi di mendicanti. Nella recitazione spiccano Berg e la Moss, ma non sono da meno gli altri: il giovane factotum, il team che segue il lancio pubblicitario del Quadrato, i giovani creativi che ideano lo spot provocatorio e dissacrante che deve catturare l’attenzione di un ampio target. C’è da dire che l’idea non è nuova: anni fa un grande artista italiano, Gino De Dominicis, aveva già presentato il “cubo virtuale” ad una Biennale disegnando in terra con nastro adesivo nero un quadrato 3 metri x 3: tutti giravano attorno al cubo illusorio. Nel film scorrono diverse splendide immagini, veramente artistiche. Ne citiamo due emblematiche del nostro consumismo: quella delle scale mobili del centro commerciale, che ricorda una scena del capolavoro Metropolis, quella dei lavoratori-fantocci impersonati qui dai consumatori; e la ripresa dall’alto del protagonista sotto la pioggia che rovista in un mare di sacchetti di spazzatura per ritrovare la lettera minatoria. Le situazioni che si susseguono strappano spesso il riso: è un ridere amaro di una società che predica solidarietà a parole e la nega nei fatti. Tanti spunti di riflessione valorizzano il film, premiato a Cannes: da non mancare.
Valutazione ****
FabioFeli
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udiego
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sabato 18 novembre 2017
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the square
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"The square", vincitore dell'ultimo festival del cinema di Cannes, ci racconta la storia di Christian. Curatore di un museo di arte contemporanea di Stoccolma, che dopo essergli stati rubati portafogli e cellulare subirà una spirale di avvenimenti che nemmeno lui avrebbe potuto prevedere.
Ruben Ostlund, apprezzato regista di "Forza maggiore", porta sul grande schermo un lavoro che trasmette perfettamente il senso ed il clima dove il film è collocato.
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"The square", vincitore dell'ultimo festival del cinema di Cannes, ci racconta la storia di Christian. Curatore di un museo di arte contemporanea di Stoccolma, che dopo essergli stati rubati portafogli e cellulare subirà una spirale di avvenimenti che nemmeno lui avrebbe potuto prevedere.
Ruben Ostlund, apprezzato regista di "Forza maggiore", porta sul grande schermo un lavoro che trasmette perfettamente il senso ed il clima dove il film è collocato. "The square" è un'opera d'arte contemporanea, dove non c'è equilibrio, dove il senso di inadeguatezza accompagna per tutta la sua durata sia i suoi personaggi che lo spettatore. La sceneggiatura è strutturata in modo che il pubblico passi dal vivere senza apparente motivo dei momenti divertenti ed esilaranti ad altri molto più inquietanti e disturbanti. I personaggi, ben delineati e caratterizzati, con l'evolversi della vicenda non sembrano più in grado di gestire i loro comportamenti e di essere completamente in balia degli avvenimenti. Interessante, soprattutto dal punto di vista sociale, la scelta di sviluppare la vicenda con due elementi di contrapposizione e contrasto, da una parte l'alta società svedese apparentemente attenta alla solidarietà ed alla ricerca dell'uguaglianza, ma in realtà chiusa in se stessa e poco pronta all'aiuto verso il prossimo, e dall'altra i mendicanti, la parte più povera ed emarginata di quella stessa società che li utilizzerà per rappresentare la sua stessa immagine. Inutile negare che "The square" voglia anche essere un film di auto denuncia sociale, ed il tutto è ben rappresentato nella scena dove il povero Christian passa dal voler girare un semplice video di scuse per un ragazzo, all'intrattenere un monologo che poi si trasforma in sproloquio sul senso di colpa. In conclusione "The square", nonostante qualche piccolo difetto come la sua eccessiva durata, è un film che lascia il segno, e che ha la capacità di trasmettere diverse e contrastate emozioni per tutta la sua durata, come dovrebbe fare un'opera di arte contemporanea. voto 4/5
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