Un sogno chiamato Florida |
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Un film di Sean Baker (II).
Con Willem Dafoe, Brooklynn Prince, Bria Vinaite, Valeria Cotto.
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Titolo originale The Florida Project.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 115 min.
- USA 2017.
- Cinema
uscita giovedì 22 marzo 2018.
MYMONETRO
Un sogno chiamato Florida
valutazione media:
3,55
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Non scherziamo. Pessimodi EdieSedgwickFeedback: 1239 | altri commenti e recensioni di EdieSedgwick |
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martedì 27 marzo 2018 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Operetta a-morale d'impronta squisitamente indie, uno di quei film spazzatura, in crosta di Sundance. Non mi dilungherò stavolta, non c'è niente da definire più di tanto. E' un diorama bambinesco della vitaccia sboccata e puberale della perfieria della Florida, con tanto di pedofili rimbambiti che gironzolano nei giardinetti (probabilmente la scena che ha fatto invaghire gli Oscar di Dafoe, capirai), cioé una roba che può prediligere solo quella critica-progresso americana che si accontenta sempre delle peggio cretinate. Una pallosissima, inguardabile ora e mezza stridula e concitata di cazzeggio dei bambinetti e rispettive, raccomandabili tutrici. La "recitazione" (per così dire, non si offendano gli attori quelli veri) della protagonista è una cosa indifendibile, per gradire, senza scuse la più scipita, legnosa, fastidiosa, puerile, superficiale, insignificante che si possa apprezzare in un film da qualcosa come dieci anni (dai tempi di Liv Tyler e neanche paragonabile, per intenderci) ma mi ha sorpreso la giustificazione dell'ambiente, del modo di concepire una frattura di realtà eccetera... beh no, non c'entra il personaggio solo perché lo è altrettanto, sguaiato, borderline, quello che sia, non può essere una scusante. E' tutto veramente ma veramente orripilante, non so come faccia qualcuno a dire che è ben recitato (ma cosa avete negli occhi?) - letteralmente la stessissima, irritantissima espressione da teenager scorbutica, ribelle, zoticissima stampata in faccia dall'inizio alla fine, che rispecchia perfettamente l'insulsaggine delle intenzioni di uno squallore divertito. Sarà pure presa diretta, nuda, spiccicata dalla strada, ma ore di smorfie e sbraiti lamentosi monofacciali non sono né recitazione né un estratto suburbano, al di là che si debba imputare a una scelta di "neorealismo" made in usa, come qualcuno ha detto (un complimentone superfluo, fate il favore). Mi ha colpito quello, la sufficienza, dacché il film in sé e per sé mi ha lasciato meno di zero, è come il chewing gum nei capelli o l'assorbente stampigliato sul vetro della residence (che gran trovata, degna di un capolavoro), infantile come pochi. Il tempo darà ragione a chiunque per caso ci abbia solo visto un modo di imbrattare la nozione di cinema per tutta grazia di un trovatello di 'regista' (anche qui è dura metterla così) figlio di Sundance. Forse a questo punto vedo che mi tratto fin troppo bene in quanto films, perché vorrei riavere indietro la visione devoluta a questa scemenza strillante di ricognizione di quel degrado dei sobborghi bifolchi, appestati dalla mala-educazione trasparente d'innocenza, a pennello nel finale, che scende come una pezza sulle patetiche ragioni del film.
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