Un sogno chiamato Florida |
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Un film di Sean Baker (II).
Con Willem Dafoe, Brooklynn Prince, Bria Vinaite, Valeria Cotto.
continua»
Titolo originale The Florida Project.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 115 min.
- USA 2017.
- Cinema
uscita giovedì 22 marzo 2018.
MYMONETRO
Un sogno chiamato Florida
valutazione media:
3,54
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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L'anti Disney è un luogo da favola
di Emiliano Morreale La Repubblica
Il primo piano di un muro di cemento, un po' scrostato e slavato, ma di un lilla acceso. I titoli di Un sogno chiamato Florida scorrono su questa immagine-simbolo che dà subito il tono del film. Ci troviamo nei sobborghi di Orlando. Florida, fuori dalla città fatata di Disneyworld, tra motel squallidi, case abbandonate, chioschi e diner a poco prezzo popolati di gente che cerca di tirare avanti più o meno onestamente. Ad accompagnarci in questo mondo è una banda di bambini molto piccoli, che vaga per questo mondo degradato che però, per loro (e per noi, alla fine) ha anche i tratti allucinati di un mondo fatato all'incontrario. È estate. Moonee, 6 anni, è figlia di una sbandata, che è stata in galera e ora vive in un residence miserabile, tutto rosa, il Magic Castle: insieme a due amici, compiendo disastri. Sembrano esistere quasi solo madri single, in questo mondo: unica, umana figura paterna è il gestore del motel, un Willem Dafne in contro-ruolo in una delle sue migliori prove recenti, giustamente candidato all'Oscar. La storia precede in apparenza in maniera orizzontale, a blocchi, ma alla fine il percorso è quello di una parabola. Sean Baker era finora un nome noto solo ai festival: a Locarno e Torino si erano visti Prince of Broadway e Starlet, e da noi era uscito in sala Tangerine (girato interamente con I'iphone, come il finale di questo): tutti ambientati in un mondo di marginali, con stile realista e tentazioni di favola. Per questo film si è parlato di atmosfere neorealiste, perché c'è in effetti il pedinamento (anche letterale, con macchina da presa a mano) dei personaggi, l'amalgama tra attori professionisti e no, i bambini che ci guardano. Eppure, se talvolta la macchina pedina o è ad altezza di bambino, l'inquadratura più tipica del film è il campo medio frontale di un luogo straniante"con il personaggio che lo attraversa o si affaccia. Il modello è più certa fotografia alla Martin Parr o certa pittura; più che neorealismo, è iperrealismo. E i bambini, più che portatori di uno sguardo, sono vettori che servono a farci esplorare uno spazio, e a tratti sembrano essi stessi generati dal luogo. Una anti-Disneyland filmata in pellicola, che diventa un paradossale luogo di fiaba, tra case colorate e squallide, chioschi assurdi, tra un continuo decollare di elicotteri e l'improvviso apparire di fuochi d'artificio o arcobaleni che ricordano appunto il logo Disney. Più che i personaggi, in fondo già visti, e il tono che cade a volte nel patetico, è questa la vera forza del film.
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