gianleo67
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domenica 12 febbraio 2017
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e desmond...non prese il fucile
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Cresciuto secondo i rigidi precetti della professione avventista, il giovane Desmond Doss si arruola come ausiliario medico durante la seconda guerra mondiale tra le fila dei fucilieri dell'esercito, pur essendo un obiettore di coscienza. Il suo rifiuto di toccare un'arma da fuoco, peraltro sancito da una Legge del Congresso, gli causerà non pochi problemi durante il duro addestramento militare ma, una volta sul campo, metterà anche in risalto il suo grande valore umano e patriottico. Che ad Hollywood e nella sua vasta area di influenza economica e culturale si prediligano i grandi baracconi produttivi e le roboanti storie melodrammatiche (meglio se tratte da una storia vera) a base di pochi ma semplici valori universali, meglio se sullo sfondo di un'immancabile sottotrama sentimentale, è un indissolubile assioma del cinema occidentale che difficilmente sarà confutato dall'evoluzione dei gusti e dall'inarrestabile progresso tecnologico.
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Cresciuto secondo i rigidi precetti della professione avventista, il giovane Desmond Doss si arruola come ausiliario medico durante la seconda guerra mondiale tra le fila dei fucilieri dell'esercito, pur essendo un obiettore di coscienza. Il suo rifiuto di toccare un'arma da fuoco, peraltro sancito da una Legge del Congresso, gli causerà non pochi problemi durante il duro addestramento militare ma, una volta sul campo, metterà anche in risalto il suo grande valore umano e patriottico. Che ad Hollywood e nella sua vasta area di influenza economica e culturale si prediligano i grandi baracconi produttivi e le roboanti storie melodrammatiche (meglio se tratte da una storia vera) a base di pochi ma semplici valori universali, meglio se sullo sfondo di un'immancabile sottotrama sentimentale, è un indissolubile assioma del cinema occidentale che difficilmente sarà confutato dall'evoluzione dei gusti e dall'inarrestabile progresso tecnologico. A guardare questo dramma bellico di ispirazione biografica dal solido impianto classico e dal moderato respiro epico, viene spontaneo chiedersi cosa ne abbia fatto l'australiano Gibson dell'esempio originale e personale dei conterranei Miller (Mad Max) e Weir (Gallipoli) se la sua visione del cinema si riduce ad un polpettone in tre atti che parte dal didascalismo delle memorie di una giovinezza turbolenta, prosegue con la resistenza stoica di un protomartire della non violenza da caserma e si conclude con l'esercizio di una fede spirituale consacrata sul campo di battaglia ad un tacito Giuramento d'Ippocrate. Se la storia ed i personaggi appaiono lineari e quasi privi di un reale spessore psicologico che non sia il profilo romanzato che gli attribuisce una sceneggiatura convenzionale e ricattatoria (il padre combattuto, la madre amorevole, la fidanzata devota), non da meno sembra una struttura narrativa schematica e derivativa che, anche qui, parte dall'antefatto di una formazione spirituale e professionale fondata su due letture che sono due, prosegue con le vicissitudine di un soldato palladilardo mingherlino e beota che si salva proprio perchè non maneggia un fucile e si conclude con le frastornazioni di un D-Day alla Spielberg ricostruite su di un infernale promontorio insulare giapponese. Niente da dire sul versante del puro intrattenimento cinematografico che accontenta le massaie per la sdolcinata storia d'amore, i patiti della retorica a stelle e strisce per aver salvato il lupo della fede nella patria con la capra (il capro) della fede nella chiesa e quelli dell'action puro con l'ecatombe di un mattatoio umano a base di squartamenti vari e 75 fatiche di Ercole assortite (pure un paio di gialli, ma morti subito, eh,eh!). I giapponesi , va da sè, sono brutti, viscidi e cattivi anche se alla bisogna sanno fare harakiri, mentre gli americani sono sempre belli, eroici e benedetti dalla fede in un Dio che si è dimenticato di ricordarsi l'Enola Gay ed il suo angelico messaggero Little Boy: pure un repubblicano di ferro ed inossidabile reazionario come Clint Eastwood ha compreso la necessità di trasmettere il valore della neutralità della Storia, quella con la S maiuscola, anche se c'ha dovuto ricamare sopra per il doppio del tempo. Reparti tecnici presidiati a dovere (sonoro meritatamente in corsa per l'Oscar), mentre per quelli artistici solo ordinaria amministrazione, con un Andrew Garfield meglio valorizzato da Scorsese e dei comprimari come Vaughn e Worthington che...non ti aspetti. Nei titoli di coda le immancabili interviste (alla Lone Survivor) ai testimoni superstiti: tanto per sottolineare il fatto che non si sono inventati tutto! Sparagli Desmond, sparagli ora! Azz...
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[+] un film sopravvalutato
(di eucast)
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marce84
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giovedì 16 febbraio 2017
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il mondo ha bisogno dei desmond doss
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Mel Gibson dirige un film intenso, duro, violento. La guerra viene vissuta in prima persona e viene vista in tutta la sua brutalità: l’ultima parte del film dimostra tutta l’assurdità della guerra. Non viene risparmiata alcuna violenza, c’è sangue, mutilazioni, corpi martoriati. Viene rappresentata tutta la fragilità e la vulnerabilità dell’essere umano. In questo enorme dramma, il protagonista Desmond viene visto come una luce, un segno di speranza, una sorta di evoluzione della specie umana, perché è l’unico a non imbracciare armi, a non uccidere e ad essere presente solo per salvare vite umane. Per, come dice lui, “mettere insieme i pezzi, di un mondo che sta andando a rotoli”.
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Mel Gibson dirige un film intenso, duro, violento. La guerra viene vissuta in prima persona e viene vista in tutta la sua brutalità: l’ultima parte del film dimostra tutta l’assurdità della guerra. Non viene risparmiata alcuna violenza, c’è sangue, mutilazioni, corpi martoriati. Viene rappresentata tutta la fragilità e la vulnerabilità dell’essere umano. In questo enorme dramma, il protagonista Desmond viene visto come una luce, un segno di speranza, una sorta di evoluzione della specie umana, perché è l’unico a non imbracciare armi, a non uccidere e ad essere presente solo per salvare vite umane. Per, come dice lui, “mettere insieme i pezzi, di un mondo che sta andando a rotoli”. Il suo coraggio è incredibile e il cambiamento della reputazione che i suoi compagni hanno di lui è una delle cose più emozionanti del film: Desmond da elemento di disturbo viene visto come indispensabile alla vittoria della battaglia. Il film è la celebrazione dell’uomo semplice, che però è diverso dagli altri e che grazie alla sua forza interiore, ai suoi valori, al suo credo porta avanti la sua “battaglia personale” e, nemmeno la guerra, il pericolo del nemico, la vicinanza della morte, riescono a scalfire la sua enorme forza e coraggio. E’ l’esaltazione di un’outsider, di un precursore, di un’anticonformista ante litteram. Perché, sembra dire Mel Gibson, il mondo ha bisogno di questi personaggi, il mondo ha bisogno di pace, oggi come allora, adesso come non mai, perché la forza, il coraggio, l’ideale positivo, può essere criticato, umiliato, violentato, ma alla fine, se forte e puro, ne esce vincitore e, con esso ne trae beneficio l’intera società.
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matlevant
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giovedì 9 febbraio 2017
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per i ragazzi come me.
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Questo film mi ha colpito, perché vivo in una generazione in cui si sono persi valori di ogni genere, dove i ragazzi "giocano" con le armi, fanno i gangster, gli "uomini vissuti", quando di "uomo" e di "vissuto" hanno solo il sesso e gli anni che si ritrovano. Questo film dovrebbe essere visto da tutti, per sensibilizzare, per far capire che impugnare un arma non è uno scherzo, perché le armi uccidono e la morte, la morte non fa ridere. Oltre a questo insegna a non mollare, a non abbandonare chi è in difficoltà, di credere in qualcosa, avere fede in te stesso e di essere grato dei piccoli gesti, che sono quelli che ti danno la forza per andare avanti, a non voltarti e scappare, ma guardare dritto e combattere fino a che c'è qualcuno che grida il tuo aiuto.
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Questo film mi ha colpito, perché vivo in una generazione in cui si sono persi valori di ogni genere, dove i ragazzi "giocano" con le armi, fanno i gangster, gli "uomini vissuti", quando di "uomo" e di "vissuto" hanno solo il sesso e gli anni che si ritrovano. Questo film dovrebbe essere visto da tutti, per sensibilizzare, per far capire che impugnare un arma non è uno scherzo, perché le armi uccidono e la morte, la morte non fa ridere. Oltre a questo insegna a non mollare, a non abbandonare chi è in difficoltà, di credere in qualcosa, avere fede in te stesso e di essere grato dei piccoli gesti, che sono quelli che ti danno la forza per andare avanti, a non voltarti e scappare, ma guardare dritto e combattere fino a che c'è qualcuno che grida il tuo aiuto. Non tutti siamo forti e coraggiosi, ma ognuno è speciale a suo modo, e a suo modo può cambiare le cose, migliorarle, per gli altri, ma soprattutto per se stesso, e se nessuno crede in te e in ciò che fai, stringi i denti e dimostragli che si sbagliano.
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scila wells
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venerdì 10 febbraio 2017
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una favola reale: un miracolo!
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Mel Gibson non si smentisce mai. Come regista, rimane in assoluto uno dei più appossinati e fedeli alla storia/religione e alla forza delle idee pure. Un film interessante, che fa pensare e che fa venire i brividi per quanto sia reale. Sono fatti accaduti e che tutt'oggi accadono, le guerre, la violenza e le armi non smettono di esistere purtroppo. Cambiano i motivi per cui si combatte, ma lo si continua a fare, anche se lontano da nostri occhi. La storia di quest'uomo è un vero miracolo e fa riflettere. E' un immenso piacere vedere che qualcuno ha ancora il coraggio di scrivere e produrre film meno commerciali e non con il solo fine degli incassi, ma per la bellezza di trasmettere un messaggio.
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Mel Gibson non si smentisce mai. Come regista, rimane in assoluto uno dei più appossinati e fedeli alla storia/religione e alla forza delle idee pure. Un film interessante, che fa pensare e che fa venire i brividi per quanto sia reale. Sono fatti accaduti e che tutt'oggi accadono, le guerre, la violenza e le armi non smettono di esistere purtroppo. Cambiano i motivi per cui si combatte, ma lo si continua a fare, anche se lontano da nostri occhi. La storia di quest'uomo è un vero miracolo e fa riflettere. E' un immenso piacere vedere che qualcuno ha ancora il coraggio di scrivere e produrre film meno commerciali e non con il solo fine degli incassi, ma per la bellezza di trasmettere un messaggio. In un mondo dove solo il cinismo, la vendetta e gli interessi economici comandano su tutto, un film che fa sognare e sperare che non finisca tutto qui... Una storia benedetta in un ambientazione infernale. Complimenti davvero.
Scila Wells
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domenica 12 febbraio 2017
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maestoso
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La vera storia di Desmond Doss, obiettore di coscienza, decorato al valore per aver salvato durante la seconda gerra mondiale, decine di vite umane nel corso una feroce battaglia sull'isola di Okinawa. Magistralmente diretto da Mel Gibson un film di onestà e coscienza,un connubio di opposti come fede e miscredenza, paura e coraggio, guerra e pacifismo. La follia del conflitto narrata con vigore, il marchio di fabbrica di una regia che sa colpire ed appagare in egual misura, sei nomination all'oscar guadagnate attraverso la totale lealtà cinematografica. MAESTOSO!!!!
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giampituo
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giovedì 16 febbraio 2017
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per che ci crede. al di là delle bandiere.
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Buon film. Film americano in tutti i sensi. Come Sully si Cleant Eastwood. Un film che ti riappacifica con il cinema, visto come stanno andando le cose ultimamente.Tornano gli ideali. L'ideologia. La fede. Si vive per ciò che si crede. E per ciò che si crede si è pronti a sacrificarsi. Di questi tempi non è poco. Pensare di andare in guerra in prima linea, da obiettore, senza mai aver imbracciato un'arma e anzi rifiutando l'idea di far male al prossimo. E per di più mettere a repentaglio la propria vita per salvare i propri compagni e anche alcuni nemici gravemente feriti sembrerebbe non credibile. Eppure qualcuno l'ha fatto ed è passato alla storia.
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Buon film. Film americano in tutti i sensi. Come Sully si Cleant Eastwood. Un film che ti riappacifica con il cinema, visto come stanno andando le cose ultimamente.Tornano gli ideali. L'ideologia. La fede. Si vive per ciò che si crede. E per ciò che si crede si è pronti a sacrificarsi. Di questi tempi non è poco. Pensare di andare in guerra in prima linea, da obiettore, senza mai aver imbracciato un'arma e anzi rifiutando l'idea di far male al prossimo. E per di più mettere a repentaglio la propria vita per salvare i propri compagni e anche alcuni nemici gravemente feriti sembrerebbe non credibile. Eppure qualcuno l'ha fatto ed è passato alla storia. Certo Mel Gibson lo conosciamo. L' ha già fatto. Le scene sono crude. Il sangue. La carne in brandelli. Le teste mozzate. I vermi. I topi. Tutto in modo realistico. Senza filtri. Come senza rete e senza filtri mette in campo i propri ideali e la propria fede. Lui ci crede. E ci crede tanto seriamente che ingaggia con il proprio Dio una sfida per arrivare a salvare quanti più uomini possibile. E ci riesce. Passando alla storia. Ma alla storia passa sopratutto l'insegnamento che vivere per qualcosa in cui si crede è l'unica speranza dell'uomo. Al di là delle bandiere.
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mauridal
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mercoledì 8 febbraio 2017
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un sushi di frattaglie
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Quando si sceglie di vedere un film di guerra, allora lo spettatore non può sfuggire alle scene di guerra , le più truculente, aggressive o come direbbe il critico cinefilo “splatter”.
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Quando si sceglie di vedere un film di guerra, allora lo spettatore non può sfuggire alle scene di guerra , le più truculente, aggressive o come direbbe il critico cinefilo “splatter”.E in questo film di schizzi e parti schizzate ve ne sono in gran quantità sangue, budella, gambe , braccia cervella , un misto frattaglie che il buon Mel Gibson , forse non ha mai assaggiato come prelibatezza di certi piatti del sud Italia, dalla trippa alla milza, al piede alla coda .Anche se in questi piatti non di carne umana si tratta. Dunque un film di guerra con tutti gli orrori di una guerra ,combattuta sul campo, boots on the ground , come dicono i militari , ma specialmente gli americani , che come tecniche di guerra hanno usato ben altri strumenti, tipo bombardieri, missili bombe nucleari, napalm , di tutto di più. Poiché l’America in guerra ci sa fare, e sia i cattivissimi giapponesi che i vietcong, ma anche tutti gli altri ,dopo la II guerra mondiale, lo sanno troppo bene. Ma qui si racconta di una battaglia precisa in una guerra tra l’America, e il Giappone, a dire tra una Civiltà democratica e i nemici da eliminare, dovunque essi siano. La grande Storia la conosciamo ,ormai, sappiamo come è andata, e il film marcia su questo dato consapevole, L’esercito americano ha vinto la guerra. La storia del soldato ,protagonista del film , il simpatico Desmond Doss, fosse pure egli un credente cristiano, pacifista, vissuto realmente nel 1945, e soldato obiettore nell’uso di armi da guerra ,potrebbe sembrare una storia insulsa, ma ci si interroga sul senso di un film come questo, oggi , fatto da un regista e un personaggio di cinema come Gibson, che certo non è un tranquillo, romantico, intellettuale , e che si trova a vivere in una America sempre pronta a scendere in campo. Le risposte dubbiose dello spettatore di questo film vanno dall’approvazione e adesione simpatica al personaggio Desmond che vuole salvare vite umane medicando e soccorrendo feriti ,alla condanna della guerra come risoluzione dei conflitti dell’umanità. Ma allora perché rappresentare questa battaglia, questo tipo di guerra .In fondo Gibson vuole rappresentare la parte buona e cattiva dell’uomo , il pacifista e il soldato macellaio, giapponese o americano che sia, per uno che salva le vite ve ne sono cento che si scannano in una stessa battaglia. Questo sembra voglia dire il film , ma il dubbio di significato rimane, visto che la ultima cinematografia americana , quella da oscar per capirci, insiste sulla civiltà occidentale americana in conflitto con quella orientale vedi il grande Scorsese che pure sceglie il Giappone medioevale per il suo Silence. (mauridal )
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router76
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venerdì 10 febbraio 2017
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una storia incredibile per un film incredibile.
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Una storia di eroismo americano incredibile, avvincente, a tratti sublime narrata, diretta e interpretata magistralmente. Un film in cui elementi e sentimenti contrastanti (guerra e pace, odio e amore, salvezza e morte, fede e ateismo, violenza e non violenza) invece di contrapporsi tra di loro urtando contro la sensibilità dello spettatore si fondono insieme in maniera armonica dando origine ad un film di rara bellezza e umanità...l'umanità di Desmond Doss. Spero che di questi film ne vengano fatti molti di più in futuro...Da vedere!
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annalisarco
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domenica 12 febbraio 2017
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benvenuti all'inferno
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C’è una cosa che ci chiediamo sempre quando in film come questi viene mostrata la scritta “Tratto da una storia vera”: quanto c’è di vero in quello che stiamo per vedere? Bene, La Battaglia diHacksaw Ridge, ultimo film di Mel Gibson, è una delle riproduzioni cinematografiche più fedeli alla storia originale che abbia mai visto al cinema.
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C’è una cosa che ci chiediamo sempre quando in film come questi viene mostrata la scritta “Tratto da una storia vera”: quanto c’è di vero in quello che stiamo per vedere? Bene, La Battaglia diHacksaw Ridge, ultimo film di Mel Gibson, è una delle riproduzioni cinematografiche più fedeli alla storia originale che abbia mai visto al cinema. Protagonista è Desmond Doss (Andrew Garfield), obiettore di coscienza arruolatosi come volontario durante la Seconda Guerra Mondiale con l’intento non di uccidere, ma di salvare vite. Con la sua incrollabile fede è riuscito a tener testa agli ordini del Sergente Howell (Vince Vaughn), del Capitano Glover (SamWorthington), e di tutti quelli che come loro impongono le proprie leggi e regole nel momento in cui Doss completa l’addestramento militare rifiutandosi però di impugnare le armi. Ai loro occhi – oltre ad essere un pazzo incosciente che non si rende conto che presto si ritroverá disarmato in un campo di battaglia – è un vigliacco che sceglie di disonorare le vite dei suoi compagni non rendendosi utile sul campo e disprezza le vite dei civili per le quali tutti stanno combattendo. È più facile vederla sotto questa ottica, etichettarlo come un vile che sceglie di “fare presenza” per non sentirsi in colpa con sé stesso, ma che si nasconde nel momento del bisogno; seguire il proprio credo militare in cui chi fa la differenza tiene un fucile in mano, chi uccide più nemici è il salvatore della patria. É più facile pensarla così che vedere l’intenzione dietro un ragazzo mingherlino di campagna che altro non ha che la sua fede. Le scelte di Desmond sono dettate da una serie di eventi del suo passato, tutti mostrati nella prima parte del film insieme all’incontro con Doroty (Teresa Palmer), infermiera di cui si innamora a prima vista e che lo aiuterá, oltre ad incoraggiare la sua passione e i suoi studi per la medicina, a non mollare mai. La prima parte del film ci racconta il protagonista, le sue origini e il suo passato, il suo presente e le sue convinzioni che lo porteranno ad una vita non facile durante l’addestramento militare. Preso di mira anche dai suoi compagni, perché visto come un peso e come un fanatico religioso, il vero Doss ha dovuto affrontare sul serio episodi di violenza da parte loro, in particolare nei momenti in cui si raccoglieva in preghiera. Ha davvero avuto problemi a continuare ció che aveva iniziato perché nessuno voleva mandare uno squilibrato disarmato sul campo di battaglia – almeno questo è quello che vedevano loro. A differenza del film, però, Doss non è mai arrivato alla Corte Marziale, ma il succo è lo stesso: qui si combatte secondo le leggi della guerra, non c’è spazio per i buoni sentimenti e le preghiere, o così o niente. Nonostante le difficoltà, Doss riesce infine a far parte della missione, disarmato e con addosso solamente un elmetto, bende e morfina per curare i suoi compagni, e la sua Bibbia tascabile. Ed ecco che la seconda parte del film ci scaraventa direttamente all’inferno. Gibson racconta in modo reale e crudo come solo lui sa fare l’orrore della guerra, il ritrovarsi sul campo di battaglia a dover tenere a mente tutti gli addestramenti fatti, le regole, la preparazione. Ma preparazione a cosa? Non c’è addestranento abbastanza duro che possa prepararti a quello che ti si presenta davanti, perché la guerra è insensata, e forse te ne rendi conto proprio quando ci sei dentro. I soldati giapponesi, i nemici da distruggere in quella maledetta scarpata a cui si accede tramite reti da carico, vengono presentati come macchine pronte a morire pur di uccidere, mentre i soldati americani sono i buoni che svolgono il loro ruolo e cercano di riportare la pace. Questo aspetto è tipico di tutti i film americani – e non solo – che amano descriversi come i salvatori, ma sorprendentemente questo ruolo viene stravolto proprio dal protagonista e dalle sue incredibili gesta: Desmond Doss, ragazzino di appena 23 anni, disarmato e magrolino si trova lá, tra bombe, proiettili, esplosivo, fiamme e morti, con polvere e fango negli occhi senza riuscire a vedere abbastanza lontano da capire dove c’è bisogno di lui. Eppure, il ragazzo riesce a muoversi in quell’inferno, a soccorrere i suoi compagni feriti e a trascinarli all’inizio della scarpata per essere riportati al campo di addestramento e curati. Riesce a rimanere concentrato in quel frastuono di grida strazianti e polvere da sparo, trovandosi da solo davanti ai fucili puntati in faccia, e decidendo di restare anche quando la piccola parte dei suoi compagni rimasti opta per la ritirata. Doss rimane tutta la notte, da solo a cercare e salvare i suoi compagni rimasti feriti, calandoli giù dalla scarpata usando le corde delle reti da carico stringendole a mani nude, consumando quelle mani insanguinate e stanche, ma sempre ripetendo a sé stesso :”Signore, fammene trovare un altro“. La sua incrollabile fede e lui, nient’altro. Da soli in qualcosa di troppo grande per chiunque. Ma la fede è molto più grande di qualsiasi male, l’aiuto del Signore è molto più potente di qualunque arma. Quella notte Doss compie un vero miracolo. Ne salvó quasi 100 tra compagni americani e giapponesi, perché il suo compito era quello di salvare vite umane e di fronte a questo non ci sono schieramenti che tengano. Doss stesso raccontó che la forza più grande, oltre quella data dal Signore e dall’amore per Dorothy, era vedere nel volto dei suoi compagni straziati dal dolore e impauriti, la comparsa di un sorriso al suo arrivo. Era leggere nei loro occhi un “grazie di non avermi lasciato solo”, una speranza che si riaccendeva e la consolazione di non essere più soli in quel campo freddo e angosciante. La mattina seguente, Doss venne visto con occhi diversi da tutti, perfino dai Comandanti che non avevano riconosciuto in lui alcun valore prima di vederlo in azione. Il rumore della guerra, il buio, la continua allerta è qualcosa che Doss non può lasciare alle spalle né dimenticare, la guerra ti cambia. Ma questa volta è anche lui ad aver cambiato i suoi compagni, che adesso ne vedono il coraggio, il valore e forse la superioritá rispetto a tutti gli insensati gesti che si compiono in battaglia credendo di essere nel giusto. Umanitá, fede, speranza, è un bel messaggio quello lanciato dalla storia di Desmond Doss e arrivato a tutti grazie al lavoro di Gibson che ancora una volta ci pone davanti al suo conflitto interiore di odio e amore, crudeltá e fede, di quale sia la giusta misura da dare ad entrambe, di quanto coraggio serva per portare avanti i propri valori che – seppur giusti – in questo mondo devono lottare per conquistare il loro spazio. Desmond Doss fu premiato con la Medaglia d’Onore del Congresso, e quello che ci ha insegnato rimane nella storia. Per la prima volta un film deve rendersi più realistico della realtá stessa: Doss raccontó di come i fucili dei soldati giapponesi si siano spesso inceppati una volta puntati contro di lui. Questo, non è stato raccontato nel film perché sarebbe stato poco credibile. I miracoli esistono, ma iniziano da noi.
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deborahm
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giovedì 16 febbraio 2017
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con la forza delle proprie convinzioni
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Virginia, Desmond Doss cresce in una famiglia dalle forti credenze religiose, e dovrà scontrarsi giorno dopo giorno con un padre veterano che durante la Prima Guerra Mondiale, ha lasciato sul campo cuore ed anima. È il 1942, tra gli americani si fa forte l’odio per i Giapponesi dopo la distruzione della base militare di Pearl Harbor, e Desmond decide di arruolarsi per servire il proprio paese, l’unico problema? È un obiettore di coscienza; questa sua posizione gli recherà non pochi problemi sul campo di addestramento. Forte delle sue convinzioni, Desmond riesce a farsi valere tra i commilitoni e i superiori, riuscendo finalmente, nel 1945, a prendere parte come soccorritore alla guerra ad Okinawa.
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Virginia, Desmond Doss cresce in una famiglia dalle forti credenze religiose, e dovrà scontrarsi giorno dopo giorno con un padre veterano che durante la Prima Guerra Mondiale, ha lasciato sul campo cuore ed anima. È il 1942, tra gli americani si fa forte l’odio per i Giapponesi dopo la distruzione della base militare di Pearl Harbor, e Desmond decide di arruolarsi per servire il proprio paese, l’unico problema? È un obiettore di coscienza; questa sua posizione gli recherà non pochi problemi sul campo di addestramento. Forte delle sue convinzioni, Desmond riesce a farsi valere tra i commilitoni e i superiori, riuscendo finalmente, nel 1945, a prendere parte come soccorritore alla guerra ad Okinawa. Durante il combattimento il giovane riesce a destrarsi bene tra i nemici e a curare e salvare gran parte dei compagni; la battaglia, però, non è giunta al termine e i combattenti americani devono ancora affrontare il peggio, riuscirà Desmond a stare al pari degli altri commilitoni?
La Battaglia di Hacksaw Ridge diretto da Mel Gibson, riceve sei candidature agli Academy Awards 2017. Si tratta di uno storico-drammatico che mette in scena la storia di Desmond Doss, interpretato da Andrew Garfield, il primo obiettore di coscienza a ricevere la medaglia d’onore. Grazie alla grande interpretazione di Garfield, si scatena un forte senso empatico che rende lo spettatore complice delle azioni. Nel film appare la figura di un Vince Vaughn, nei panni del Sergente Howell, che nonostante non recita nella solita commedia, riesce a sbalordirci per le sue doti interpretative. La scenografia di Barry Robinson riesce a ricreare l’atmosfera tetra e pesante di una guerra, mentre la fotografia di Simon Duggan trasporta lo spettatore in un ambiente difficile e soffocante, per quanto ampio possa essere. Mel Gibson a distanza di dodici anni dalla “Passione di Cristo”, riesce ad inscenare un film nel quale la religione ha nuovamente un ruolo fondamentale che delineerà la struttura narrativa e sarà l’elemento caratterizzante del protagonista, che in base alla propria fede saprà prendere le proprie decisioni con fermezza.
I concetti di moralità e rigore mostrati nel film, sconosciuti alla società attuale soprattutto nel mondo giovanile, aiutano a comprendere il reale valore di un credo o di un principio facendo della Battaglia di Hacksaw Ridge un film in cui la fede non rappresenta un ostacolo, ma un elemento di forza che in momenti critici può rappresentare la sola ancora di salvezza.
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