alex2044
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lunedì 23 giugno 2014
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si clint vale sempre il biglietto
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Un film bello, molto bello , mi è piaciuto molto. Certo il pubblico aveva mediamente una certa età ma l'ho visto uscire contento anzi molti si sono fermati a vedere tutti i titoli di coda.Clint ha fatto centro . E' riuscito a fare un film musicale parlando anche di cose più profonde .In un certo senso il film ha anche una parte storica , raccontandoci gli anni cinquanta con una notevole acutezza . Gli attori sono tutti molto bravi , la regia naturalmente ottima e le musiche ? Le musiche sono quelle dei Four Seasons , semplici ma godibilissime . Sono uscito dal cinema contento . Secondo me vale la pena vederlo .
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wounded knee
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lunedì 23 giugno 2014
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non solo musical dal "grande vecchio"
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Alla cassa del cinema, accanto al tittolo del film, nello spazio destinato al genere c'era scritto "Musical". Mai definizione fu più riduttiva. Il film di Eastwood non risulta affatto essere "solo" un musical, ma spazia tra quello e la descrizione di entrata nell'età matura dei personaggi, lòa descriziojne di una parte d'America (New Jersey) di quegli anni, la definizione a tinte psicologiche forti dei personaggi, storie "d'amore"viste da un punto di vista pessimistico a dir poco, relazioni famigliari inevitabilmente contrastate; il tutto condito con la musica (da questo punto di vista, purtroppo è quella che era). Il risultato è che ne esce un film godibilissimo e mai noioso, evitando il tranello della descrizione asettica della nascita e morte del gruppo musicale di turno.
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Alla cassa del cinema, accanto al tittolo del film, nello spazio destinato al genere c'era scritto "Musical". Mai definizione fu più riduttiva. Il film di Eastwood non risulta affatto essere "solo" un musical, ma spazia tra quello e la descrizione di entrata nell'età matura dei personaggi, lòa descriziojne di una parte d'America (New Jersey) di quegli anni, la definizione a tinte psicologiche forti dei personaggi, storie "d'amore"viste da un punto di vista pessimistico a dir poco, relazioni famigliari inevitabilmente contrastate; il tutto condito con la musica (da questo punto di vista, purtroppo è quella che era). Il risultato è che ne esce un film godibilissimo e mai noioso, evitando il tranello della descrizione asettica della nascita e morte del gruppo musicale di turno. Non è certo il "Million dollar baby" dell'incredibile venerabile regista, ma il film resta comunque meritatamente nella sua filmografia.
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ruger357mgm
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domenica 22 giugno 2014
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agiografia senza lodi
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Non perdoneremo mai al vecchio Clint quel dialogo con una sedia vuota in funzione anti-Obama ma volentieri gli perdoniamo questo musicarello biografico che più che ad uno stinto bio-pic somiglia invece al ritratto di almeno due epoche e sicuramente di una generazione.Senza scomodare Coppola e Scorsese,numi tutelari della Brucculinuland,Eastowood ci fornisce uno spaccato onesto e senza cliché precostituiti di questa seconda generazione di italoamericani ,per cui già Little Italy era un lusso e dovevano quindi accontentarsi del New Jersey,dove avevi solo tre modi per tirare avanti o diventavi un mafioso o finivi in galera o avevi successo.In questa banlieue ante litteram si muove Frankie,che si chiamerà poi Valli,coi suoi tre partners,insieme ai quali darà vita ai four seasons,con buona pace di Vivaldi.
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Non perdoneremo mai al vecchio Clint quel dialogo con una sedia vuota in funzione anti-Obama ma volentieri gli perdoniamo questo musicarello biografico che più che ad uno stinto bio-pic somiglia invece al ritratto di almeno due epoche e sicuramente di una generazione.Senza scomodare Coppola e Scorsese,numi tutelari della Brucculinuland,Eastowood ci fornisce uno spaccato onesto e senza cliché precostituiti di questa seconda generazione di italoamericani ,per cui già Little Italy era un lusso e dovevano quindi accontentarsi del New Jersey,dove avevi solo tre modi per tirare avanti o diventavi un mafioso o finivi in galera o avevi successo.In questa banlieue ante litteram si muove Frankie,che si chiamerà poi Valli,coi suoi tre partners,insieme ai quali darà vita ai four seasons,con buona pace di Vivaldi.Il film fa raccontare in maniera corale e singolare ad un tempo l'ascesa,le peripezie,gli amori i drammi e i successi sia del principale protagonista sia dei suoi amici,con il pregio di non avere la pretesa di giudicarli.Infarcito di canzoni,talvolta insopportabili,come i vecchi videoclip anni 60 nostrani, si avvale di una fotografia onesta e di azzeccatissimi costumi.Da soli i titoli di coda valgono le due ore in sala.P.s. Il New Jersey ci ha dato anche qualcosa in più rispetto a Frankie Valli: Greetings from Ashbury Parki,The Boss!
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diana cardani
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domenica 22 giugno 2014
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walk like a clint eastwood
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E' risaputo: un film di Eastwood non è tale se non c'è della buona musica. Un po' come vedere un film di Tarantino senza un goccio di sangue. Inaudito.
Era speaker radiofonico in Brivido nella notte e sbandato autore di country music in Honkytonk man, ha diretto un tributo alla jazz music di Charie Parker in Bird, ha collaborato con Scorsese nella realizzazione del documentario The Blues suonando con Ray Charles. Insomma, dopo il country, il jazz, il blues e il pop, non poteva dimenticarsi del rock 'n roll degli anni Sessanta e Settanta.
Forse poco avvincente in un primo momento, Jersey boys riesce a incrementare la dose di entusiasmo diventando sempre più trascinante e coinvolgente non solo per merito delle travolgenti e sempre fresche canzoni che hanno costellato la carriera del gruppo musicale (riadattate e cantate dalla superba voce di John Lloyd Young, interprete di Frankie Valli), ma soprattutto grazie ad una modalità di narrazione con cui Eastwood si misura per la prima volta, e aggiungerei, con grande successo: Jersey boys potrebbe essere diviso in quattro momenti, ciascuno dedicato ai quattro componenti dei The Four Seasons, nei quali i vari membri ci espongono le proprie emozioni guardando direttamente in camera.
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E' risaputo: un film di Eastwood non è tale se non c'è della buona musica. Un po' come vedere un film di Tarantino senza un goccio di sangue. Inaudito.
Era speaker radiofonico in Brivido nella notte e sbandato autore di country music in Honkytonk man, ha diretto un tributo alla jazz music di Charie Parker in Bird, ha collaborato con Scorsese nella realizzazione del documentario The Blues suonando con Ray Charles. Insomma, dopo il country, il jazz, il blues e il pop, non poteva dimenticarsi del rock 'n roll degli anni Sessanta e Settanta.
Forse poco avvincente in un primo momento, Jersey boys riesce a incrementare la dose di entusiasmo diventando sempre più trascinante e coinvolgente non solo per merito delle travolgenti e sempre fresche canzoni che hanno costellato la carriera del gruppo musicale (riadattate e cantate dalla superba voce di John Lloyd Young, interprete di Frankie Valli), ma soprattutto grazie ad una modalità di narrazione con cui Eastwood si misura per la prima volta, e aggiungerei, con grande successo: Jersey boys potrebbe essere diviso in quattro momenti, ciascuno dedicato ai quattro componenti dei The Four Seasons, nei quali i vari membri ci espongono le proprie emozioni guardando direttamente in camera.
Jersey boys è un mélange des genres: biografico, senza dubbio, conserva una particolare vena drammatica resa dai tipici toni bassi e seppiosi , che potremmo tranquillamente definire "eastwoodiani". Ma un ingrediente inaspettato è sicuramente la poderosa componente gangsteristica, riassunta dalla figura di Gyp DeCarlo, il boss mafioso interpretato da un adeguato (ma non troppo) Christopher Walken; incredibili l'inserimento di un giovanissimo Joe Pesci (con gli occhi un po' troppo chiari), l'ambientazione di una scena in un minuscolo sgabuzzino riempito di alcolici, pellicce e stecche di Malboro rubate e l'accento siciliano del doppiaggio, che chiaramente sostituisce la cadenza italoamericana adottata dai protagonisti: piccolo tributo allo Scorsese di Quei bravi ragazzi e Casinò ? Io ci vorrei credere.
Ancora più incredibile è l'autocitazione di Eastwood, che lui stesso definisce un "cameo hitchcockiano":lo intravediamo in una televisione, interpretando Rowdy Yates in una puntata della serie televisiva Rawhide che negli anni Sessanta, proprio mentre i The Four Seasons stavano scalando le classifiche mondiali con il primo singolo "Sherry", lo aveva lanciato alla brillante carriera attoriale.
Insomma, anche se avrei preferito vedere un Paul Sorvino al posto di Christopher Walken, e sebbene Eastwood non si rivolga ai migliori truccatori specializzati in invecchiamento dei volti già dai tempi di J. Edgar, sono più che convinta che questo film si possa considerare una delle colonne portanti della filmografia del regista. Uno spettacolo per gli occhi e per le orecchie.
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diomede917
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sabato 21 giugno 2014
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i can't take eyes off of you
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Maledetto Clint ma come mai anche quando tratti argomenti e generi fuori dalle tue corde e sotto sotto li giri con la mano sinistra il sette te lo guadagni lo stesso?
Adesso Clint il vecchio sceglie la strada del musical e non un musical qualsiasi uno di quelli che negli ultimi anni a Broadway ha fatto incassi stratosferici e ha vinto numerosi premi, Jersey Boys ossia la vita artistica del cantante Frank Valli e dei suoi Four Season che hanno dominato la scena musicale degli anni 60 con successi quali Sherry o Walk like a man.
Eastwood epura l'aspetto forzatamente "Musical" per farne una storia di riscatto sociale di questi ragazzi segnato dal destino di vivere in un luogo dove se vuoi fare qualcosa o parti militare e muori, o fai il mafioso e muori oppure se hai una bella voce puoi diventare il nuovo Frank Sinatra.
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Maledetto Clint ma come mai anche quando tratti argomenti e generi fuori dalle tue corde e sotto sotto li giri con la mano sinistra il sette te lo guadagni lo stesso?
Adesso Clint il vecchio sceglie la strada del musical e non un musical qualsiasi uno di quelli che negli ultimi anni a Broadway ha fatto incassi stratosferici e ha vinto numerosi premi, Jersey Boys ossia la vita artistica del cantante Frank Valli e dei suoi Four Season che hanno dominato la scena musicale degli anni 60 con successi quali Sherry o Walk like a man.
Eastwood epura l'aspetto forzatamente "Musical" per farne una storia di riscatto sociale di questi ragazzi segnato dal destino di vivere in un luogo dove se vuoi fare qualcosa o parti militare e muori, o fai il mafioso e muori oppure se hai una bella voce puoi diventare il nuovo Frank Sinatra.
Come è il suo solito non sbraca da un punto di vista narrativo, resta fedele al racconto di base e crea le atmosfere giuste ispirandosi molto al cinema di Scorsese (non a caso c'è anche un giovane Joe Pesci nel cammino della band)...... Abbiamo un boss che ha il volto gigione di Christopher Walken che benedice questo ragazzo dalla voce celestiale e i suoi amici balordi.
Eastwood sceglie di rappresentare la storia partendo dai risvolti sociali, l'origine umile dei protagonisti la fa da padrone e giustifica certe scelte legate alla famiglia e l'amicizia affidandosi allo stesso attore che portò Frank Valli anche a Broadway.
La mano invisibile del maestro c'è e si vede in primis esautorando la parte musical della storia facendo Cinema, emozionante la prima di Can't take my eyes off of you al culmine di un roboante giro di emozioni, per poi farlo esplodere nel finale dove lo spettatore si alzerà dalla poltrona ballichiando e canticchiando le canzoni del film insieme a tutto il cast
Voto 7,5
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kleber
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sabato 21 giugno 2014
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occasione mancatissima
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Un film senza costrutto, storia banale che, anche da un punto di vista musicale, lascia nella delusione più totale. Interpretazioni superficiali... da citare l'unica buffa espressione di John Lloyd Young quando fa la "faccia feroce". Peccato, l'ambientazione è ricostruita con maestria e attenzione ai particolari, ma rinuncia a dare uno sguardo più ampio sull'epoca fondativa del pop - rock e non esce dall'ambito ristrettissimo di una improbabile band / gang a mezzo servizio con una mala italo-americana mangia-spaghetti, che sembra un remake da "La leggenda di Al John and Jack" ma senza alcuna intenzione di scherzare.
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Un film senza costrutto, storia banale che, anche da un punto di vista musicale, lascia nella delusione più totale. Interpretazioni superficiali... da citare l'unica buffa espressione di John Lloyd Young quando fa la "faccia feroce". Peccato, l'ambientazione è ricostruita con maestria e attenzione ai particolari, ma rinuncia a dare uno sguardo più ampio sull'epoca fondativa del pop - rock e non esce dall'ambito ristrettissimo di una improbabile band / gang a mezzo servizio con una mala italo-americana mangia-spaghetti, che sembra un remake da "La leggenda di Al John and Jack" ma senza alcuna intenzione di scherzare. Particolarmente a disagio Cristopher Walken nella parte di un "padrino" in tono talmente dimesso e improvvisato, da mettere a disagio, per empatia, anche lo spettatore. Occasione mancata almeno quanto il gol di Balotelli contro il Costa Rica.
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sandra.b.
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sabato 21 giugno 2014
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clint sei un grande!
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Clint non delude mai. Un film che va in crescendo, sottile ironia, e una citazione alla Hichcock che non svelerò per non togliere la sorpresa a chi non ha ancora avuto il piacere di vedere questo film
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sabrina lanzillotti
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sabato 21 giugno 2014
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jersey boys: clint eastwood cambia musica
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“Quattro ragazzi sotto un lampione… La prima volta che abbiamo creato quel sound, il nostro sound… quando tutto scompariva e tutto quello che restava era la musica. Quello è stato il massimo”.
A parlare è Frankie Valli, leader della band degli anni ‘60 “Four Seasons”, e protagonista l’ultima fatica di Clint Eastwood che, per la prima volta nella sua carriera da regista, decide di darsi al musical, e lo fa portando a cinema il premiatissimo spettacolo di Broadway “Jersey Boys”.
Il quartetto è composto da Frankie Valli, Bob Gaudio, Nick Massi e Tommy DeVito, rispettivamente interpretati da John Lloyd Young, Erich Bergen, Michael Lomenda e Vincent Piazza, quattro giovani italoamericani che, tra lavoretti più o meno legali, decidono di unirsi e dar vita a quello che diventerà un gruppo icona del tempo, riuscendo ad influenzare più di una generazione.
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“Quattro ragazzi sotto un lampione… La prima volta che abbiamo creato quel sound, il nostro sound… quando tutto scompariva e tutto quello che restava era la musica. Quello è stato il massimo”.
A parlare è Frankie Valli, leader della band degli anni ‘60 “Four Seasons”, e protagonista l’ultima fatica di Clint Eastwood che, per la prima volta nella sua carriera da regista, decide di darsi al musical, e lo fa portando a cinema il premiatissimo spettacolo di Broadway “Jersey Boys”.
Il quartetto è composto da Frankie Valli, Bob Gaudio, Nick Massi e Tommy DeVito, rispettivamente interpretati da John Lloyd Young, Erich Bergen, Michael Lomenda e Vincent Piazza, quattro giovani italoamericani che, tra lavoretti più o meno legali, decidono di unirsi e dar vita a quello che diventerà un gruppo icona del tempo, riuscendo ad influenzare più di una generazione.
Eastwood cerca di restare fedelissimo all’opera teatrale. Coraggiosa la sua scelta di far registrare le canzoni dal vivo e azzeccata la decisione di affidare i ruoli principali agli stessi attori che hanno lavorato all’opera teatrale, segnando così il loro esordio cinematografico, eccezion fatta per Piazza. Il regista, inoltre, decide di utilizzare al cinema lo stesso espediente utilizzato a teatro, ossia quello dei personaggi che si rivolgono direttamente al pubblico.
A scene comiche si contrappongono inevitabili momenti drammatici, il tutto contornato da canzoni e coreografie che riescono a coinvolgere lo spettatore per più di due ore.
Quando è stato chiesto a Clint Eastwood perché avesse scelto di raccontare la storia dei Four Seasons piuttosto che quella di gruppi più famosi emersi negli stessi anni, il regista ha risposto che quello che più gli interessava era raccontare come questi ragazzi, poco più che maggiorenni, cresciuti in una zona controllata dalla mafia e abituati a vivere di piccoli crimini, fossero riusciti a raggiungere questo enorme successo e di come la musica fosse riuscita a dare a quei quattro ragazzi qualcosa per cui valesse la pena vivere.
Probabilmente non sarà all’altezza di capolavori come Million Dollar Baby e Gli Spietati, ma scuramente Jersey Boys è un film che riesce a commuovere e a divertire fino ai titoli di coda, quando tutti gli attori ballano sulle note dei più grandi successi del gruppo.
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pepoide
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venerdì 20 giugno 2014
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bravo clint
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film molto bello, girato con stile e gusto che non annoia un momento
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sandra.b.
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venerdì 20 giugno 2014
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grande clint!
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Clint Eastwood non delude mai. Un film che va in crescendo, raffinate battutte ironiche fino all'ultimo minuto, una citazione alla Hitchcock di gran classe.
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