I segreti di Osage County,un titolo che superficialmente instilla nello spettatore un’aurea di pietas. Sarà per la parola segreto, per la località che ha un che di esotico ma tanto basta per ripescare dal cassetto remoto dei ricordi sentimentali vicende ambientate in epoche lontane permeate da un soffuso romanticismo e da un’aura di fulgida drammaticità.
Ebbene, il quinto senso e mezzoqui fallirebbe perché la nuova pellicola del regista Wells candidata agli Oscar, ha l’apparenza di una commedia tradendo tuttavia un retrogusto di amarezza e impotenza sulla caducità del destino umano nella sua crudele esistenza.
Crudele è l’aggettivo giusto perché non si può definire diversamente l’apologo qui decostituente e destabilizzante sulla oramai perduta armonia di una famiglia spezzata negli affetti,nelle amicizie e pervasa solo da una sequela, spesso confusa, di sconvolgenti segreti e incresciosi problemi che arrivano a sconvolgere il tranquillo modus vivendi di ciascun membro. Lo spunto iniziale c’è e ricorda il migliore Sam Mendes di American Beauty pur in un contesto totalmente diverso. Eliot,citato all’inizio ce lo ricorda: ““la vita è troppo lunga“. Per cosa? Per vivere,per dirla alla Groucho Marx? Forse per l’inferno della famiglia, l’inghippo pirandelliano che avvolge come una spira ciascun membro costringendo ad accumulare, raggranellare tasselli di una giovinezza perduta riportati prepotentemente alla luce attraverso nervose quanto astiose vicende. La famiglia è una trappola: più ti avvicini ad essa e tanto più rimani invischiato all’interno di trame di cui spesso, avresti fatto volentieri a meno.
Basta una scintilla per scatenare il fuoco ardente della dialettica, della fragile rottura, del sottile cammino di cristallo su cui la famiglia Wenston procede con difficoltà. Il pretesto è semplice e quanto di più lineare si possa immaginare: la morte del patriarca Beverly Wenston, solerte bevitore patriarca presunto suicida (per motivi che si scopriranno vedendo) sposato con Violet (una straordinaria Meryl Streep), drogata di farmaci e pastiglie con figlie a carico oramai emigrate per altri lidi.
Nella vecchia casa in Oklahoma in presenza del triste evento ritornano quindi le tre figlie femmine, Barbara Ivy e Caren, con le rispettive famiglie e gli zii. Il lutto sarà l’occasione di una generale purificazione delle anime e di un avvicinamento/allontanamento con l’anziana madre.
C’era in passato Tetro- Segreti di famiglia di Francis Ford Coppola che tracciava il rapporto conflittuale tra padre-padrone musicista di fama internazionale col figlio succube di un’adolescenza disturbata che aveva rotto i ponti con la famiglia da tempo lavorando come tecnico delle luci a Buenos Aires. Osage Countrydopo quattro anniaffrontatematiche simili senza la venatura autobiografica coppoliana traducendo una pièce teatrale August: Osage Countydel premio Pulitzer Tracy Letts in spettacolo cinematografico, un’arma a doppio taglio affascinante ma pericolosa.
E’sempre un rischio voler conferire un’aura teatrale a un prodotto, quello cinematografico, estremamente più generico e non orientato a una ristretta cerchia di appassionati. Il rischio è un eccessivo schematismo e rigore formale che però inI segreti Orange County non trova applicazione grazie principalmente all’abilità di Streep e Julia Roberts che non riesce mai a rubare la scena alla madrina in grado di padroneggiare con maestria e eleganza un personaggio fragile ma dalle potenzialità nascoste come Violet. Sfruttando le rivelazioni “a tocchi” scandite in un climax che trova il suo apice nel tormentato finale, Wells nelle due ore di “sviscera” e analizza chirurgicamente la psicologia dei protagonisti seguendone con spirito da “Dogma” le loro azioni con precisi primi piani, la loro evoluzione spirituale sino al tragico quanto intenso decadimento.
Fuori la landa sconfinata del deserto dell’Oklahomafa da sfondo al progressivo inaridimento dell’anima, alla convenzione perbenista borghese, al finto riappacificarsi e al deleterio confronto, pronto a esplodere in tutta la sua feroce violenza secondo uno schema consumato da dramma da camera strindberghiano.
La scena in cui si ritrova tutta la famiglia seduta per la cena dopo il funerale di Beverly ne è degna rappresentante: tesi come corde di violino le due madrine, Violet e Barbara, si scontrano, si confrontano in un ancestrale contrasto madre-figlia nello spartiacque tra presente e futuro, tra vincitori e vinti dove tuttavia nessuno ha la meglio, dove purtroppo la precarietà familiare sconfigge ogni logica razionale dialogica verso un baluardo illusorio di stabile equilibrio
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